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Messaggi - Ipazia

#7696
Tematiche Filosofiche / Re:Darwinismo delle idee?
11 Gennaio 2019, 16:23:41 PM
Vi è analogia, similitudine, tra la sopravvivenza del più idoneo, organismo o pensiero. Ma si applica a mondi distinti con modalità assai diverse sulla causalità deterministica, per cui non cederei alla tentazione strumentale del sociodarwinismo.

Citazione di: green demetr il 10 Gennaio 2019, 10:43:03 AM
Per il normale fruitore di filosofia che non si occupi del pensiero ebraico-mesopotamico (astrologico), dovresti pensare a cosa intendevano dire quando i GRECI (non i ROMANI E ROMA disastro del MONDO) dicevano "LA NATURA AMA NASCONDERSI"

Oibò, poveri ROMANI ! Eppure, tutte le strade portano a ROMA. E da lì hanno dipartito per quasi mezzo millennio il pensiero greco urbi et orbi salvaguardandone il sapere nel tempio laico di Alessandria finchè gli eredi del pensiero ebraico-mesopotamico non l'hanno annichilito col supremo argomento teologico che un Libro bastava ed avanzava e gli altri libri erano o doppioni o falsi. Perfino l'ipercritico filosofo caro ad entrambi riconosceva nell'impero romano il paradigma storico più vicino alla sua volontà di potenza. Al suo dionisiaco e apollineo.
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#7697
Citazione di: sgiombo il 11 Gennaio 2019, 08:55:09 AM
Non credo proprio che costituisca una caduta nei lacci e lacciuoli dell' ideologia dominante il rilevare che la sensazione soggettiva dell' "ora" degli impazienti in sala d'attesa sia reale solo e unicamente in quanto valutazione soggettiva errata e falsa del tempo da loro trascorso in tale ubicazione fisica-materiale da meno di dieci minuti veri, reali, rilevati dagli orologi, compresi eventualmente quelli obsoleti a pendolo; ovvero che si tratta di "un' ora" meramente apparente, reale solo come apparenza e in nessun altro senso, e non effettivamente, non come aspetto veramente attribuibile alla realtà intersoggettiva dell' universo materiale alla quale comunque si riferisce (almeno nel caso -di fatto generalizzato- nel quale intendono non che nel loro vissuto soggettivo sono lì da un tempo non misurabile quantitativamente ma comunque avvertito come lungo, ma invece che é passata intersoggettivamente un' ora nel sistema di riferimento inerziale costituito dalla sala d' attesa nell' ambito del mondo materiale reale; e infatti spesso e volentieri se la prendono indebitamente con i proletari, magari alla dipendenza dello Stato borghese ma in altri casi pure di privati capitalisti, della cui opera necessitano, che attendono).

Non ci siamo proprio. Il tempo antropologico ha ben poco da spartire col tempo fisico temperato equalmente da qualsiasi tipo di orologio, inclusi gli atomici. Ragionare in termini di tempo antropologico significa contemperare la differenza di valore di tempi cronologicamente uguali. Significa che ogni tempo cronologico va corretto da una costante antropologica che varia in funzione del sacrificio in esso contenuto. Tralasciando il tempo della sala d'attesa, che è comunque tempo di vita perso, quantomeno da ridurre, occupiamoci di un tempo di vita "sacrificale" non azzerabile: il lavoro. I bolscevichi, che ci capivano qualcosa di tempo antropologico, pagavano di più il tempo-lavoro manuale di quello intellettuale perchè contiene un livello di sacrificio maggiore, benchè riconoscessero il grande valore sociale di entrambi. Ma se il secondo poteva essere considerato una Grazia divina umana fornita dalla natura (e riconosciuta dallo stato socialista attraverso il diritto allo studio e alla professione), etimologicamente gratis come tutte le grazie, il lavoro manuale non poteva essere equiparato ad alcun tipo di grazia ma derivare solo dalla necessità sociale del suo svolgersi. La sintesi dialettica tra i due lavori sta nell'umanizzazione del sacrificio attraverso la sua intellettualizzazione tecnica. Quindi il "progresso", non come chimera teologica rivolta all'aldilà, ma liberazione umana dalla schiavitù del lavoro e congruo riconoscimento sociale dei residui irrisolti o irrisolvibili di tale processo di liberazione.
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#7698
Che la filosofia abbia bisogno di trasfusioni ideali e sanguigne forti è fuor di dubbio, altrimenti il suo ruolo ancillare tra i vasi di ferro religione e scienza durerà in eterno. Mi permetto pertanto, in vece del nuovo ospite che le rimanda (cui va il mio benvenuto), di rispondere ad alcune questioni del valido e scettico viator, che saluto cordialmente

Citazione di: viator il 09 Gennaio 2019, 23:15:32 PM
Se lo fa utilizzando la sintesi allo scopo di riuscire a raggiungere una visione panoramica, totalizzante che ci mostri un senso complessivo, è destinata a fallire (la sintesi prosegue all'infinito senza alcun costrutto poichè affrontera sempre più numerose molteplicità senza mai raggiungere la totalità).

Perchè fallire ? Basta limitarsi al Tutto possibile conforme allo Spirito dei Tempi. Alle soluzione che il nascere del problema ha già nel suo grembo, di cui consegna alla filosofia, oltre che alla storia, il nobilissimo compito della levatrice. Demiurgico più che ancillare. Non escludendo del tutto il secondo, non indegno per una filosofia della prassi. L'unica che possa avere voce propria nel Mondo. O nei mondi, visto che ce ne sono almeno due: il fisico e l'antropologico. Per qualcuno ce n'è un altro ancora, ma direi che in quel mondo la filosofia ha già dato e non ne è uscita bene.

Citazione
Se invece utilizzarà l'analisi (cercando di riconoscere una radice comune, universale di ciò che analizza), lo scopo sarà quello di risalire all'origine (al monismo), anche qui però senza potervi riuscire. (l'analisi termina davanti alla insuperabile duplicità oggetto/soggetto).

Oggetto/soggetto  ;D Se vogliamo rimestare la minestra fredda della metafisica, per quanto la si riscaldi concordo sia una partita persa in partenza. Ma se la intendiamo come relazione dialettica tra mondo fisico e mondo antropologico si spalancano davanti enormi praterie che solo il sapere scientifico-filosofico può colonizzare. Non un sapere dissociato tra scienza e filosofia (discorso da sviluppare nei continuti in seguito). Purtroppo, per non limitarsi al ruolo ancillare di filosofia della scienza, bisogna saper filosofare sulla scienza. E per farlo in maniera non parodistica o comica bisogna capirci di scienza. Come d'altro canto bisogna capirci di filosofia per diventare uno scienziato-filosofo senza scadere nella cosmicomica.

Tralascio Dio e Anima perchè, come dice viator, c'è già un terzo mondo che se ne occupa. Sull'anima immanente ci si può fare comunque tanta matura e feconda psicofilosofia. Fuori dalla caverna.
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#7699
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
11 Gennaio 2019, 08:22:12 AM
Citazione di: davintro il 10 Gennaio 2019, 23:33:31 PM
ammettere un salto qualitativo dato dalla presenza della coscienza tra le forme di vita in cui essa è presente e quelle in cui è assente, fintanto che si intende la coscienza nella sua essenzialità, coscienza in generale, senza riferirla alle specifiche forme in cui si realizza in una determinata specie vivente come l'uomo, cioè come coscienza umana, non comporta alcun pregiudiziale antropocentrismo. Questo grazie alla distinzione, a cui avevo fatto cenno nel mio messaggio di prima, tra piano empirico in cui si cerca di collocare una specie animale nelle varie categorie osservando il loro comportamento, e piano essenzialistico in cui si cerca di individuare le implicazioni logicamente necessarie per ogni singola categoria. Grazie a questa distinzione nulla impedisce aprioristicamente di poter modificare la classificazione di ogni singola specie o individuo animale, nel caso vengano scoperti nuovi elementi. Tutto sta nel non pretendere di sovrapporre in modo necessario il salto qualitativo tra concetti originari e logicamente "primitivi" o "semplici" come "vita cosciente" e" vista sensitiva", e il salto, eventuale, tra categorie indicanti realtà composte  come "essere umano" o "essere animale", senza escludere che una di quelle "semplici" possa essere compresa tra gli elementi con cui definiamo una realtà "composta" nella quale inizialmente non si riteneva potesse essere presente. Il problema della distinzione qualitativa tra vita cosciente e vita sensitiva intesse nella loro essenzialità è insomma altro da quello della distinzione eventuale, empirica tra uomo e altri animali. Questo del resto sarebbe lo stesso errore in cui ricade un certo materialismo, che confondendo l'accezione universale e esaustiva dell'idea di "coscienza" con quella empiricamente determinata come "coscienza umana" (una determinazione nella quale la coscienza è legata a vincoli di dipendenza con il corpo e la sensibilità) pretende di dedurre l'impossibilità di una vita cosciente puramente spirituale in una dimensione sovrumana e sovramondana, prendendo un aspetto accidentale del concetto di coscienza (la situazione storica in cui si dà come coscienza umana) e trattandolo come fosse un dato essenziale.

1) Donde viene l'essenza, il piano essenziale ?

2) Nessuno nega la superiorità apparente della coscienza umana e tantomeno i suoi afflati sovramondani, ma che ne sappiamo di tutto ciò che non appare alla nostra ignoranza ? Chi ce ne può liberare, comprese le eventuali sorprese, se non il piano empirico della conoscenza ?
#7700
Citazione di: sgiombo il 10 Gennaio 2019, 18:33:38 PM
La realtà fisica certamente no.

appunto  :D

Citazione
Ma quando ricercatori di vaglia parlano (evito un altro termine recentemente da me rivolto a un altro amico del forum in un altra discussione per non essere troppo provocatorio) di "interpretazione a Molti Mondi (MWI dall'inglese Many-worlds interpretation)" della MQ o di possibili "viaggi nel tempo" mi pare che il loro misticismo (il misticismo proprio delle loro teorie fisiche) raggiunga livelli che neanche le religioni più sperticatamente irazionalistiche...

La scienza, tra le tante cose che è, è pure una nuova religione universale di grande successo.

Citazione
Ma non avevi sostenuto che nella fisica odierna il tempo non scompare ma invece si relativizza?

Si relativizza a livello applicativo, galileiano, ma esistono livelli nei quali, dice Rovelli, si può prescindere totalmente da f(t).

Citazione
NOn capisco bene come il "tempo antropologico" (suppongo la soggettiva percezione dello scorrere del tempo, per la quale un amplesso "é stato bellissimo, peccato che sia già finito" mentre in una sala d' attesa tutti gli utenti impazienti -solitamente il 95% del totale, improvvidamente non munitisi di libri o giornali- "é da un' ora che aspettano" già dopo dieci minuti scarsi che ci sono arrivati) possa decidere come é (anziché come sembra) la realtà (a meno che si tratti di quel peculiare caso di realtà -anzi realtà meramente costituito dalla- apparenza soggettiva limitata al "tempo antropologico" della realtà intersoggettiva del tempo cronologico). Ma forse anche stavolta parli in senso metaforico (basta precisarlo, per lo meno a beneficio di un "iper-razionalista" -lo so, é un deliberato ossimoro- come me, che tende spiccatamente a prendere tutto in senso letterale "fino a precisazione contraria")

Perchè dovrebbe essere meno "vera" la relatività del tempo antropologico rispetto alla relatività del moto di un pendolo. Forse è arrivato il tempo di prendere coscienza del tempo umano liberandolo da tutti i lacci e lacciuoli dell'ideologia dominante e delle sue "verità oggettive" scientisticamente camuffate. Girando attorno alle quali ci perdiamo del tutto il senso della gravitazione universale umana, dei suoi centri di gravità reali, altri da quelli della realtà come la ci si vuole far apparire laminando il tutto nel marcatempi della produzione capitalistica.
#7701
La realtà antropologica è ancora più ingannevole di quella fisica, che non conosce il mistico e il mistificato. Nell'umano il tempo gioca un ruolo fondamentale tanto nell'essere che nel narrare. Nell'essere perchè lo racchiude in uno spaziotempo limitato, nel narrare perchè la trascendenza umana è assai fantasiosa. Ma proprio nel narrare si dilata il tempo umano facendosi storia. Così, mentre nella fisica il tempo scompare, e l'ideologia ci mistifica sopra decretando la fine della storia e l'annichilimento del tempo di lavoro umano, il tempo antropologico si prende la sua rivincita in ogni attimo della nostra vita decidendo lui come appare è la realtà. Così diversa nel tempo umano di un amplesso, di una sala d'attesa, di una catena di montaggio, checchè ne dica il tempo cronologico.
#7702
Citazione di: sgiombo il 09 Gennaio 2019, 12:20:07 PM
Citazione di: Ipazia il 09 Gennaio 2019, 11:04:29 AM
Il punto della questione è che una particella, una galassia e un vivente sul pianeta terra esperiscono tempo e spazio in maniera completamente diversa. Basta un mutamento di ordine gravitazionale per modificare il tempo degli orologi, probabilmente anche biologici, e cambiare lo spazio esperito nel movimento anche di un umano.
Salvo il "completamente", concordo (in maniera di fatto per lo meno quasi sempre a noi percettibile solo attraverso sofisticatissimi strumenti: conseguentemente pratiche assai scarse, ma amo la teoria).

E' il destino antropologico. Mica la natura ti regala la facoltà di averne coscienza. Lei ha fatto la sua parte, ora tocca a noi. E siamo ancora così barbari, troppo barbari.

Citazione di: sgiombo il 09 Gennaio 2019, 12:20:07 PM
Ma mi sembra che quanto qui affermi, lungi dal negare la realtà del tempo, casomai la confermi (qui mi rivolgo più ad Apeiron, che trovo un po' ambiguo in proposito, che non a te che se non sbaglio non neghi la realtà del tempo ma ne affermi la relatività: Il precipitato filosofico della fisica moderna è l'inesistenza di una dimensione assoluta del tempo"

Certo non lo nego nella sua relatività, ma anzi lo valorizzo: se esiste un campo del vivente, il divenire temporale è il suo quanto fondamentale. In esso si svolge la saga evoluzionista che alla fine ha prodotto una sua (imperfetta, ma perfettibile) autocoscienza. Hegel alla grande, direi. Senza togliere il dovuto ad Eraclito. E a Democrito, che anche se non aveva studiato Planck, aveva intuito la natura granulare, discreta, del reale. Che si accompagna coerentemente con la finitudine dell'infinito reale. Non so se questa cosa farà felice il nostro Apeiron, ma penso che anche quello di Anassimandro, dovendo riscuotere i debiti, alla fine si sarebbe stancato di un debito infinito. I nostri debiti col sapere vanno dal (in)finitamente piccolo al (in)finitamente grande. E non abbiamo nient'altro che la scienza per poterlo saldare. Intesa, al netto di ogni specialismo, come teoria del Tutto. Con la quale siamo tornati alla pietra filosofale. Materica, ma capace di riempire di senso (trascendentale) il nostro esserci nel nostro tempo.
#7703
Citazione di: sgiombo il 09 Gennaio 2019, 10:44:14 AM
Incomprensione totale da parte mia: perchè mai se uno ritiene che lo spazio-tempo è 'totalmente reale' allora, chiaramente, non ci può essere un vero 'cambiamento' (ovvero se si ritiene reale tutto lo spazio-tempo...)?
La totalità comprende e non nega il prima-inqualcheluogo e il dopo-inqualcheluogo, esattamente come il sempre-intuttiiluoghi.

Il punto della questione è che una particella, una galassia e un vivente sul pianeta terra esperiscono tempo e spazio in maniera completamente diversa. Basta un mutamento di ordine gravitazionale per modificare il tempo degli orologi, probabilmente anche biologici, e cambiare lo spazio esperito nel movimento anche di un umano. La scienza corrisponde all'esperienza mistica di vedere la realtà al di là di come ci appare e nel far ciò fornisce gli strumenti ontologici per sconfiggere qualsiasi misticismo illusionale. A te che ci capisci qualcosa di scienza consiglio vivamente di leggere questo libro perchè permette di fare il punto della ricerca scientifica di punta senza la necessità di possedere il sapere matematico richiesto a chi la fa. Lo scienziato filosofo è chi sa tradurre il sapere specialistico in sapere universale. Per questo è lui il signore del futuro. Se non vuoi chiamarlo mistico, chiamalo come vuoi. Ma se non vuoi confrontarti con la trascendenza umana, sarà la trascendenza inumana a dilagare. Perchè la natura, e la quantistica lo ha riaffermato, aborre il vuoto.
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#7704
Anche in Leopardi, seppur per lo più in negativo, si scopre come, a differenza di quanto sostenuto da lady Macbeth Thatcher, non esistono gli individui, esiste solo la società. E gli specifici individui, il loro pensiero, ne sono il risultato quasi speculare.

P.S. Leopardi era un nobile e poteva contemplare l'infinito in perfetta e armonica solitudine dal cortile di un palazzo principesco. Anche in seguito la sua vita raminga fu comunque garantita da una piccola rendita nobiliare. Per cui riscriverei, declinandola irriverentemente (di cui mi scuso col poeta) sul sociale, quella bellissima e psicologicamente acuta frase finale così:

La solitudine è come una lente d'ingrandimento sociale: se sei solo e sei ricco stai benissimo, se sei solo e sei povero stai malissimo.
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#7705
La differenza tra misticare e masticare è la mistificazione del dettato naturale che obbliga anche chi mistica a masticare. Superata tale mistificazione rimane a chi mistica l'unica via di redenzione, l'unica giustificazione, nel valore che il misticare aggiunge alla masticazione. Impegno mica da poco in un universo masticante dominato dal karma - specifico e specista - di un essere nello spazio in divenire nel tempo, la cui quantistica masticante non risparmia neppure i valori e rimane lontana anni-luce * dall'apeiron-Tutto, tanto agognato, che forse solo una casta eletta di scienziati-filosofi può fargli baluginare nel profondo vuoto del suo intelletto. Detto in parole povere: leggete questo libro, è la mistica del futuro. Vi aiutera a trattare con maggiore filosofica saggezza il vostro karma nell'essere e tempo antropologici godendone, dal di fuori, nella leggerezza di una gravità azzerata, la relatività.

* Anni-luce è uno spazio espresso in tempo o un tempo espresso in spazio ? Oppure spaziotempo semplicemente ?
#7706
Citazione di: Sariputra il 07 Gennaio 2019, 12:06:20 PM

Ipazia:
Guarda che l'attitudine "masticheggiante" della nostra specie è assai più distruttiva di quella "misticheggiante" ( riguardante da sempre probabilmente meno dello 0.0000000001% delle cavallette umane...)  :(

A che prò tanta modestia ? L'eterno ritorno della religione non è forse il manifestarsi di una costante antropologica assai diffusa. Così diffusa che riesce ad investire anche aree apparentemente lontanissime come l'economia, la tecnologia, la fiction e la scienza. Su queste cose il razionalista LW ci ha visto più di tutti gli altri. Siamo ruminanti più di cibo celeste che terreno. Quest'ultimo ci limitiamo a divorarlo senza pensarci troppo su.
#7707
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
08 Gennaio 2019, 19:33:45 PM
Citazione di: Sariputra il 07 Gennaio 2019, 19:33:03 PM
Nonostante io sia per una concezione della coscienza enormemente più vasta di quella che ordinariamente viene ritenuta, come ho già scritto, sono però perplesso quando si 'proiettano' desideri, sensazioni, giudizi ed emozioni umane sul comportamento animale. Così quando un cane resta per qualche tempo in attesa del padrone deceduto si proietta su di lui l'idea che sia consapevole, stia soffrendo e sia triste come lo siamo noi in siffatta condizione. Ma il cane potrebbe star lì semplicemente perchè abituato da sempre a gironzolare attorno al padrone...quindi senza alcuna partecipazione 'emotiva' al fatto...Non possiamo saperlo...

Basta farsi un giretto in rete per trovare qualcuno che queste cose le studia e ne sa più di altri:

Gli animali domestici possono soffrire per un lutto. Ecco cosa c'è da sapere

Anche da un punto di vista meno specialistico chiunque abbia avuto esperienze minimamente empatiche con animali domestici ha sperimentato questo cose di persona. Ricorderò sempre la condivisione del dolore di una pastora tedesca con una mia amica rimasta prematuremente vedova. L'atteggiamento della vedova canina e la sua vicinanza emotiva alla vedova umana, il modo in cui le posava il  muso sulla coscia, il guaito, l'occhio triste, le orecchie basse, il rifiuto del cibo, erano palpabili a chiunque avesse un minimo di coscienza animale.
#7708
Citazione di: Apeiron il 07 Gennaio 2019, 00:04:11 AM
Riguardo a Rovelli e il tempo... Ora che ci ripenso, lui crede che il fatto che le equazioni fondamentali siano esprimibili senza la variabile temporale significa che è possibile pensare che il tempo come dimensione non esista.

Lui fa l'esempio per cui invece di parlare di orari come se fossero coordinate temporali, possiamo usare gli eventi stessi come riferimenti. Ovvero, che non esiste una coordinata temporale in cui ordinare gli eventi. In questo modo, non c'è una 'dimesione tempo' indipendente dagli eventi (e quindi dal divenire). Ovvero invece di dire che gli eventi succedono nel tempo, si dice che essi avvengono.

Quindi Rovelli sembra propendere per la 'C', se ho ragione. E sarei d'accordo con lui se ritiene il tempo non è una realtà indipendente dagli eventi e dal cambiamento.

Tuttavia, non sono sicuro che l'implicazione della 'sparizione' della variabile 't' (temporale) dalle equazioni fondamentali porti solo a quanto detto prima (come pare dire Rovelli) e non ad una totale impossibilità del divenire.
E infatti questo è il mio dubbio.

Il precipitato filosofico della fisica moderna è l'inesistenza di una dimensione assoluta del tempo. Questo è il messaggio che veicola lo scienziato-filosofo Carlo Rovelli. La quantistica sta demolendo anche il corrispettivo concetto di spazio assoluto inteso come un vuoto che si riempie di eventi e permane tale anche in assenza di alcun evento. La quantistica si sta orientando verso una concezione atomistico-democritea anche dello spazio. Il paradosso della simultaneità, mediata da onde elettromagnetiche, di parti dell'universo che noi percepiamo presenti mentre non lo sono più, o sono assai mutate da come oggi ci si rivelano, da miliardi di anni, evidenzia la difficoltà di manipolare teoricamente la realtà utilizzando la grandezza assoluta tempo. Bypassando le complessità del calcolo matematico, il concetto di campo pare il più fecondo nella rappresentazione attuale del reale. In tale modellistica il divenire diventa il tempo quantizzato nel campo esistenziale dei viventi. Insomma, una questione tutta antropologica, fatta salva la nostra conoscenza ignoranza del campo esistenziale di altri viventi. Non soddisfacente per le necessità epistemiche della fisica.

Le quali, rispondendo a Pierini, e sostenuto prima di lui autorevolmente da Wittgenstein, anche una volta del tutto risolte non risponderebbero minimamente all'afflato mistico della nostra specie.
#7709
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
07 Gennaio 2019, 09:58:54 AM
Citazione di: davintro il 07 Gennaio 2019, 00:04:36 AM
intendendo come coscienza quel complesso di vissuti nei quali un Io si dirige verso dei contenuti oggettivi, riconosciuti come tali, allora non si potrebbe considerare ogni forma di vita come necessariamente dotata di coscienza, dato che la coscienza starebbe proprio a costituire uno scarto, una presa di distanza rispetto allo spontaneo scorrere della vita.

Un predatore dirige il proprio Io verso i contenuti oggettivi della preda e si può legittimamente supporre faccia dei ragionamenti a tal rigurado perchè l'operazione vada a buon fine. Lo stesso fa la preda nei confronti del predatore per sfuggire alla cattura. La differenza del grado di autocoscienza e di strategie coscienti per garantirsi una sopravvivenza soddisfacente (di prede e predatori) pare andare di pari passo con l'arricchimento neuronico del SNC.

Citazione di: davintro
Di per sé la vita, nella pura accezione biologica del concetto, può intendersi come un flusso energetico del tutto spontaneo, irriflesso, mentre la presenza della coscienza consente di un margine di distacco, tramite cui l'Io può porre la propria stessa vita come "tema", oggetto di valutazione, concetto tra i tanti, e una cosa, nella misura in cui diviene oggetto, diviene anche passivo ricevente di significati da parte del soggetto riflettente e oggettivante. Nella coscienza la vita non è più un flusso impersonale di energie che sovrasta l'Io, ma tema da valutare, e dunque suscettibile messo in discussione nel suo valore, raffrontato a dei modelli ideali in relazione a cui riconoscerne il grado di adeguatezza, in ogni momento la coscienza ci consente di valutare quanto la vita che conduciamo rifletta le nostre aspettativi, il nostro ideale personale di "vita degna di essere vissuta". Ed ecco che ad esempio una cosa come il suicidio è  concepibile solo in soggetti dotati di coscienza, tramite la coscienza l'Io si ribella a lasciarsi trascinare in un mero istinto di autoconservazione, e in alcuni casi, può decidere di interromperlo, questa possibilità presuppone lo scarto, il margine di distanza che la coscienza segna tra l'Io valutante e riflettente e la vita biologica come oggetto da tematizzare, da cui l'Io, a questo punto non solo biologico ma spirituale, si rende autonomo nei suoi criteri di valutazione. Il suicidio è in fondo la più radicale, tragica, ma anche evidente manifestazione della spiritualità.

Si riportano casi di animali domestici che si sono lasciati morire di fame presso la tomba dei loro defunti referenti umani. Forse erano arrivati a concepire il concetto di "vita degna di essere vissuta". Ovvero ad una vera e propria coscienza etica fondata su valori. Cosa che l'antropocentrismo considera prerogativa esclusivamente umana.

Citazione di: davintro
Sicuramente è vero che non possiamo avere certezze dall'esterno della vita interiore di un animale o di una pianta, questo è un problema generale che riguarda l'epistemologia di ogni forma di sapere empirico, la mancanza di adeguate garanzie di corrispondenza fra percezione soggettiva e realtà oggettiva, ma tenuto fermo il richiamo a questo margine di incertezza, mi pare di poter dire che al di fuori dell'essere umano non sembrano notarsi manifestazioni di una esistenza nella quale le finalità trascendano quelli della sopravvivenza biologica, sia quella individuale o di specie, ovvero manifestazione di "coscienza" nel senso stretto del termine. Non solo l'uomo è l'unico essere a suicidarsi, ma anche l'unico che pare impegnarsi nella creazione di cose del tutto "inutili" o gratuite dal punto di vista biologico, la formazione di teorie scientifiche/filosofiche che appaiono del tutto  slegate della soddisfazione di bisogni materiali necessari alla vita, la creazione artistica, espressioni di una bellezza del tutto inutili dal punto di vista biologico, ma esprimente in modo simbolico valori universali, al di là del nostro vivere "qui e ora". Possiamo restare affascinati dall'ingegno di un formicaio o di un alveare, ma non credo potremmo trovarci alcun aspetto che non sia riconducibili ai bisogni di preservazione della vita, mentre un quadro, una scultura, una basilica sono dal punto di vista biologico solo uno spreco, ma dal punto di vista spirituale, di una coscienza slegata dalla funzionalità vitale, esprimono i valori personali dei loro creatori

Poi, se un giorno ci capiterà di scoprire una scimmia,  un cane, un gatto, che si suicidano, che cominciano a elaborare idee filosofiche, a creare per puro e disinteressato amore del bello... potremmo sempre  farli rientrare nella categoria di "animale razionale" che oggi riserviamo solo all'uomo...

Sulla coscienza estetica animale si trova molto materiale in rete. Segnalo questo breve articolo che cita il mio esempio prediletto: l'uccello giardiniere.

Le citazioni di Sariputra evidenziano la perplessità dei ricercatori rispetto al salto quantistico netto che la coscienza umana dovrebbe avere rispetto al resto del mondo vivente. Esiste indubbiamente un salto, mediato dal linguaggio, che evolvendoci verso forme sempre più astratte di ragionamento epistemico ed esistenziale ha approfondito il divario, ma non è sufficiente per esprimere una totale differenziazione qualitativa sul bios originario. Ponendosi dal punto di vista del quale la superiorità astrattiva umana si sgonfia come un pallone di fronte alla lacerante superiorità di pressochè tutto il mondo vivente, rimasto allo stadio naturale, nel garantirsi la sopravvivenza una volta ci venissero a mancare gli orpelli tecno-retorici su cui si fonderebbe la nostra presunta alt(e)ra superiorità.

Citazione di: davintro
Le definizioni, le classificazioni in fondo sono sempre convenzioni linguistiche di comodo, che possono sempre essere modificate, allargate, ristrette... sulla base di come l'esperienza effettiva ci pone come maggiormente opportuno. Il lavoro filosofico sulla questione penso possa limitarsi solo a valutare la coerenza logica interna dei singoli "idealtipi", delle singole categorie o schemi terminologici, utilizzando il pensiero analitico e deduttivo per stabilire le implicazioni necessarie di una certa definizione o categoria, lasciando poi al ricercatore empirico il compito di stare sul campo a osservare in quale categoria sia più opportuno collocare il singolo cane, gatto, scimmia in base ai loro comportamenti

Accettando pure, con filosofico distacco, i risultati, se non propriamente allineati coi pregiudizi antropocentrici così antichi da essere probabilmente radicati perfino in qualche gene del nostro DNA.

@sgiombo

Hai perfino in firma l'eziologia della (auto)coscienza. Essere è percepire la differenza tra io (auto) e altro (oggetto di co(no)scienza). Tale determinazione è negazione dell'io laddove inizia l'altro. Quindi è l'autocoscienza il nucleo della presa di coscienza della realtà, a partire da quell'altro saziante, dolce e amorevole che è, per ogni mammifero, la tetta materna . Il "self" inglese attribuito sia all'io che alla coscienza non potrebbe essere più esplicito di tale comune origine. E' a partire dalla "negatio", dal "percepito", dall'"altro" riconosciuto nella sua piena alterità che si costituisce nell'età evolutiva del vivente quella coscienza universale e sociale nella quale non intravedo null'altro che un dilatarsi dell'autocoscienza iniziale. Quindi qualcosa di totalmente immanente, seppur con attitudini trascendentali particolarmente sviluppate nella nostra specie, che non mitizzerei più del necessario perchè è vero che hanno affinato le nostre facoltà razionali ed  estetiche/etiche (che per L.Wittgenstein sono della stessa "natura"), ma ci hanno regalato pure le guerre di religione/ideologiche e lo schiavismo antico e moderno.
#7710
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
06 Gennaio 2019, 15:05:02 PM
Che ne sappiamo noi di cosa pensano e progettano i viventi di specie diverse dalla nostra ? L'etologia e psicologia animale sono ancora agli albori. Quando un predatore caccia sta progettando il suo futuro. Quando un cane riconosce un umano é cosciente del suo passato. Dimostra di possedere una storia esistenziale.

Trovo abbastanza scolastica e convenzionale, forse funzionale, ma non scientifica sul piano ontologico, la distinzione tra autocoscienza e coscienza, la cui dissociazione é rintracciabile solo in situazioni di grave alterazione chimica o psicopatologia dello stato cosciente. Persino nella condizione particolare del sogno la distinzione tra io e non-io si riconferma.