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Messaggi - Ipazia

#7726
Il relativismo etico pone sullo stesso piano il codice della strada con il fatto che senza cibo si muore. In ciò dimostra la sua incapacità di leggere, in nome della gerarchia naturalistica, la gerarchia dei valori imposti dalla dura lex naturale. Incapacità che non ritengo dovuta a carenze intellettuali, ma alla scelta ideologica di omologazione sociale propria di una koinè inumanizzante fondata sull'accumulazione capitalistica. Anche una razza di cannibali capisce la differenza tra alcuni diritti fondamentali inalienabili e le sue convenzioni. Il capitalismo, no, proprio perchè è inumano e deve rendere tutto convenzionale, anche la vita umana. Soprattutto la vita umana, perchè la sua non calcolabilità negherebbe alla radice l'universalismo valoriale preteso da, e necessario a, l'"etica" capitalistica. Questa sì totalmente arbitraria e convenzionale.

L'assoluto antropologico si regge sulla non calcolabilità del valore della vita umana. Su questo assoluto si fonda un'etica non relativistica che è totalmente immanente, umana, laica. A priori di ogni metafisica celeste. Cui toglie ogni dubbio metafisico convenzionalistico, arbitrario, il fatto oggettivo della morte individuale.
#7727
Citazione di: anthonyi il 25 Dicembre 2018, 19:19:17 PM
La gran parte dei conflitti che nascono nelle società non sono inquadrabili in una lotta di classe, ma sono legati a quello che accade all'interno delle stesse classi dirigenti, o al tentativo di chi tenta di diventare classe dirigente, e magari per diventarlo si inventa la lotta di classe.

I conflitti epocali, che hanno cambiato la storia, sono legati a lotte di classe. La globalizzazione è la risposta di classe alle lotte operaie degli anni 70 che avevano ridistribuito i profitti a vantaggio delle classi subalterne. L'attacco al welfare state (privatizzazioni) e la distruzione delle garanzie del posto di lavoro sono atti espliciti di lotta di classe. Così come il movimento dei gilet gialli in Francia. Che all'interno della borghesia dominante si scatenino lotte intestine per arraffare il più possibile del malloppo è altrettanto vero. Oggi a vincere è la borghesia finanziaria. Sempre in pole position la produzione bellica. Arrembante la IT (Information Technology). Ultima sacca di bene comune bilionario da espropriare: sanità e previdenza, laddove non siano ancora state privatizzate: lotta di classe al calor bianco.
#7728
Citazione di: Phil il 25 Dicembre 2018, 16:09:27 PM

Si tratta di chiarire le categorie coinvolte e, secondo me (lo chiedo comunque ad altri), diseguaglianza e oppressione, pur essendo spesso ma non sempre correlate, non sono esattamente la medesima.


Le diseguaglianze derivanti da scelte personali non sono di tipo oppressivo. Ma quelle derivanti da diseguaglianza dei fatidici blocchi di partenza sono sempre inique.
#7729
Citazione di: viator il 25 Dicembre 2018, 17:54:20 PM

E allora collettivizziamo ! Stop. Argomento già separatamente trattato altrove e da troppi altri. Risaluti e riauguri.


Certo collettiviziamo. La terra a chi (singolo o cooperativa) la coltiva e la sa far fruttare, ma in usufrutto, non in proprietà. Una abitazione potrebbe anche essere data in proprietà ereditaria in cambio di un tot di lavoro passato o futuro, ma l'intermediazione collettiva garantisce dagli strozzini (banche) e permette a tutti di avere la loro tana senza rischio di espropri. Dovuti per lo più ad una gestione irrazionale degli affari privati. Riducendo i quali si riduce anche la dissipazione delle ricchezze personali. Insomma le soluzioni sono le più svariate, senza dover appendere i propri destini al Capitale.

@phil

Abbiamo un concetto molto diverso di "arbitrario". I diritti fondamentali non sono arbitrari perchè non sono negoziabili in quanto la loro alienazione comporta un danno irreversibile per l'individuo. In natura il branco difende e fornisce risorse di sopravvivenza ai suoi componenti e ai suoi piccoli indifesi. Si chiama diritto naturale e fonda archetipicamente anche il diritto umano. Piaccia o non piaccia a chi ha idiosincrasia per tutto ciò che sa di diritto. Ma se vogliamo fare letteratura o sofistica ...
#7730
Un pensierino anche all'Anticristo. E alla sua metafora più proibita: l'eterno ritorno. Un estremo tentativo di fondere metafisicamente essere e divenire, Parmenide ed Eraclito. Forse.
#7731
Allora tematizziamo evitando di fare solo letteratura:

L'arbitrario può manifestarsi laddove il non-arbitrario, l'uguale, glielo consente.

1) L'uguale è lo stato di natura coi suoi bisogni certamente non arbitrari, ma neppure banali: aria salubre, cibo in quantità e qualità, tana confortevole, soddisfazione affettiva. Su questa base naturale si fondano il diritto alla vita, salute e affettività. Qui l'arbitrario non si dà (morte, fame, malattia, inaffettività ?). Oppure si dà ma come patologia sociale.

2) Su questo substrato antropologico si innestano diritti meta-naturali a garanzia di quelli naturali: istruzione, lavoro, sicurezza sociale. Anche qui credo che di arbitrario ci sia poco (analfabetismo, miseria, violenza ? Assenza, esclusione, no, off ?).

Questi due livelli completano il quadro gius/meta/naturalistico ove l'uguale (Presenza, inclusione, sì, on) definisce una struttura, un hardware, sempre upgradabile, in cui la società realizza lo spazio - paritario ai blocchi di partenza -  in cui si può muovere

3) la parte arbitraria, libera, dell'universo antropologico, l'inclinazione personale, il gusto. Articolati nella sfera professionale, artistica, erotica, alimentare, hobbistica, spirituale... Quanto più è ugualitario l'hardware sociale, tanto più è libero il software individuale. Quindi arbitrario sì, ma con giudizio. A priori, nel mezzo, e a posteriori.
#7732
La differenza tra gatti e umani è che ogni gatto si deve conquistare il suo territorio e non lo eredita dai genitori. Il diritto naturale allinea i blocchi di partenza per ogni nuovo nato. L'alterazione di tale principio è valida finchè non legittima una violenza (di classe) maggiore di quella prevista dal diritto naturale. Patologia sociale su cui i giusnaturalisti puntarono giustamente il dito.
#7733
Tematizziamo pure: l'iniquità di Berlusconi e un esodato senza redditi é trasparente. In un contesto di uguaglianza sociale non esisterebbe neppure.
#7734
@ox

Mi pareva fosse chiaro dove fossi d'accordo col giusnaturalismo: su ció che Phil dà per scontato,  ma che a livello ideologico e politico tanto scontato non è. Vedi ad esempio l'aborto selettivo.  Mentre, al contrario, é scontato che le diseguaglianze nei diritti sociali abbiano origine da sopraffazioni di qualche genere. Attendo esempi del contrario.
#7735
Riprendo, da radicalfichetta, la mia critica al c.d. cattocomunismo:

1) La prima incompatibilità è di tipo squisitamente filosofico ed emerge chiarisssimamente dalla citazione del Marx giovane ('43-'44). Che sfortunatamente, per il compagno sgiombo, trova eco poderosa proprio nella critica del mondo dietro il mondo di Friederich Nietzsche. Insomma il comunismo marxista è ateo nel dna e ibridarlo coi numi di certo non ne migliora la natura. Più fecondi contributi può attingere da altri percorsi di ateismo su base filosofico-morale.

2) La seconda incompatibilità è di tipo politico-sociale. I due soli e le doppie verità hanno fatto fin troppi disastri. Il comunismo è compatibile solo con una religione molto intimista e non interferente sulla gestione sociale (penso al buddismo). Pretendere questo da un culto universalistico, καθολικός fin nel nome, significa farsi prendere in giro fino ad esserne fagocitati, com'è accaduto all'ex glorioso partito della classe operaia, il PCI.

3) Resta soltanto una possibilità di alleanza di tipo tattico, fondata sul comune denominatore egualitario ma anche questo, proprio per la differenza ontologica e semantica dell'uguaglianza nelle rispettive Weltanschauung (visioni del mondo), finisce con una gelata resa dei conti quando si passa ai contenuti pratici della lotta di classe e dell'etica sociale e sessuale. Quindi direi un'alleanza tipo Stalin-Churchill, contro le forme più inumane del capitalismo di rapina, e nulla più. Il che, rispetto all'oggi, visto il rovinoso stato dell'antagonismo sociale dal basso, può essere anche molto. Ma apparire molto di più di quello che vale.

Una postilla al tuo ultimo post: ettecredo che chi crede nei numi si affidi obtorto collo alla tecnoscienza numi-free. Se si affidassero solo alla provvidenza divina il mondo sarebbe già ateo da mo !
#7736
Diseguaglianza di che ?

Penso stiamo parlando principalmente di diseguaglianza sociale, diseguaglianza di diritti sociali.

Il modo in cui gli umani sono concepiti e i loro bisogni fisiologici danno ragione ai giusnaturalisti: tutti gli uomini nascono uguali. Ma l'uguaglianza finisce lì. Fattori genetici ereditari e sesso stabiliscono subito una differenza. Le condizioni sociali di una società classista danno la mazzata finale. Quindi la natura aiuta poco a stabilire un principio originario di uguaglianza sociale, che rimane una questione squisitamente et(olog)ica. In tal senso il titolo della discussione è esatto. Si tratta di stabilire l'origine della diseguaglianza (sociale) e dichiarare la propria posizione ideologica di fronte ad essa. Venendo alla mia: ritengo che tutte le differenze di sesso (e predilezione sessuale) e "razza" non giustifichino alcuna subordinazione sociale e che le diseguaglianze sociali su base classista siano inique e prive di qualsiasi fondamento antropologico che non sia la mera violenza di chi possiede in regime di monopolio strumenti di dominio - militari, economici, politici, giuridici - a danno di chi è stato sottomesso. Tale dominio è certamente relativo e tutta la storia, compresa l'attuale, è storia dei suoi stravolgimenti  e delle lotte che li accompagnano.
#7737
Nulla di meglio per rispondere a sgiombo che citare i nostri "profeti" laddove pongono archetipicamente la scissione radicale tra pensiero comunista e pensiero religioso. I comunismo nasce ateo e da lì non si deve schiodare se non vuole negare se stesso.

(Liberando così pure quella discussione da intrusioni indebite come giustamente lamentato da sari  ;))

Se volete continuiamo qui.
.
#7738
Citazione di: viator il 23 Dicembre 2018, 22:31:54 PM
Salve. La responsabilità delle diatribe che animano questa discussione è di chi l'ha aperta,
Avrebbe dovuto titolarla "l'origine dell'egualitarismo".

Infatti gli uomini nascono uguali (in diritti naturali e dignità) ma, una volta nati, cercano di affermare la propria individualità. Sarebbe questa l'origine della diseguaglianza, a parità di altre condizioni esterne alla volontà dell'individuo.

L'egualitarismo (che non è l'eguaglianza in sè ma solo ciò che dovrebbe promuoverla) è stato concepito per realizzare non tanto la parità di condizioni esistenziali (non deve e non può occuparsi di dare la vista ai ciechi dalla nascita o l'intelligenza agli imbecilli) è nato quando in gruppo sociale si è fatta strada la convinzione che esistesse un interesse collettivo superiore (in quelle determinate circostanze) all'interesse dei singoli (sempre in quella determinate circostanze), convinzione accompagnata dalla percezione che quel certo interesse collettivo si sarebbe potuto perseguire in MODO PIU' EFFICIENTE, operando tutti insieme invece che ciascuno per conto proprio.

E' la necessità ( non certo l'ideale) della cooperazione che ha generato l'egualitarismo.

Purtroppo l'egualitarismo funziona sono a certe condizioni ed in circostanze abbastanza precise.

Sgiombo ha affermato che un esempio di società egualitaristiche sia quello delle tribù guerriere.

Giusto. Infatti la necessità guerresca è quella che sempre ha visto affermarsi la creazione  di nuclei, unità il più possibile omogenee (il termine "uniforme" di dice qualcosa ?) mosse dalla cooperazione tattica e strategica.
Inconcepibile fare la guerra o costruire le piramidi AGENDO ciascuno per conto proprio. Non sarebbe EFFICIENTE.

Il problema della cooperazione però, col procedere dell'organizzazione umana, finì con lo scontrarsi con l'economia di scala della propria efficienza.

Aumentando a dismisura il numero dei coinvolti nell'erganizzazione egualitaristica, si ebbe purtroppo che la percezione del singolo della superiore utilità collettivistica tese ad indebolirsi, a sfumare nell'indistinto, nel remoto, nel discutibile.
Gli interessi comuni diventarono così lontani dalla propria esperienza immediata chel'individuo non riuscì più a riconoscerli ed a valutare la necessità della propria partecipazione utilitaria.

Inoltre, sempre per ragioni di "scala" degli eventi, l'interesse comune ormai remoto dovette venir coordinato da un qualche genere di gerarchia, rappresentata da individui che vennero a costituire una "èlite" e dei quali ora magari non si conosceva neppure il volto.
Naturalmente la gerarchia come venne costruita ? Ovvio, selezionando o permettendo di autoselezionarsi qualcuno tra i meno egualitari, cioè i più forti, furbi,sagaci.

Quindi la demografia ed il "progresso" lavorano a discapito dell'egualitarismo.

Di qui il fatto che più una comunità egualitaristca si fa numerosa e "progredita" (cioè complessa), più perderà quel grado di efficienza che magari possedeva quando risultava meno popolata e più vicina alle cosiddette (condizioni di natura". Amen e saluti.

In effetti è andata proprio così ma, se possibile, lo esprimerei focalizzando con più sintesi la questione centrale. La teoria dei due soli è molto più antica del pensatore medioevale che la formulò ed è anche più prosaica. Fin dagli albori dello sviluppo della divisione del lavoro si selezionarono due specie di predatori, il gatto e la volpe, interessate entrambe alla conquista del pollaio. Essendo animali intelligenti capirono che mettendo in comune gli artigli e agilità dell'uno con l'astuzia dell'altra la cosa avrebbe avuto più possibilità di successo. E così fu: millenni di dominio sul pollaio e cibo con poca fatica a sazietà.

La complessità sociale ha favorito il gatto e la volpe, ma pure il pollaio ha trovato il modo di difendersi meglio. Pertanto ritengo che il "progresso" sia un elemento abbastanza neutro perchè complica la vita tanto alle prede che ai predatori. Un tantino più ai primi, perchè i secondi conservano saldamente il controllo dell'intelligenza sociale, che è un po' la pietra filosofale di tutto l'inciampo (in ciò ha ragione viator e la quotidianità ce lo conferma). Al pollaio non resta altra possibilità che imparare a volare. Difficile, ma non impossibile. Come dicevano i miei profeti: hic Rhodus hic salta  :P
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#7739
Tematiche Spirituali / Re:Ciò che Dio vuole da noi
24 Dicembre 2018, 01:03:41 AM
Citazione di: Socrate78 il 24 Dicembre 2018, 00:02:14 AM
La nostra ragione è limitata e non è in grado di sondare una realtà trascendente.

Non abbiamo bisogno di sondarla perché noi siamo una realtà trascendente. Siamo autocoscienza dell'universo. Il che suona molto hegeliano, ma sostituendo l'uomo in carne ed ossa allo Spirito, é accaduto proprio così.

CitazioneP.S. Si può benissimo essere socialisti e comunisti ed essere cristiani, la teologia della liberazione nata in America Latina del resto è di tipo cattolico e marxista al contempo.

Si può esserlo, ma é meglio di no. Anche Cristo mette in guardia dalla commistione spuria tra Dio e Cesare. E i profeti del comunismo furono altrettanto perentori. Considero il cattocomunismo la jattura della sinistra per la confusione teorica e la disfatta pratica cui ci ha condotto. Ma qui ci sarebbe da aprire un'altra discussione.
#7740
Citazione di: 0xdeadbeef il 23 Dicembre 2018, 17:27:43 PM
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La politica come "arte di governo della polis" mi sembra si sia vista, per paradossale che possa sembrare, più a Sparta che ad Atene. Più nella Roma del periodo repubblicano che in quella imperiale. Più nelle comunità Gote o Vichinghe che nel successivo periodo denominato "Rinascimento".
....
Mi dici, in definitiva, come facciamo a pretendere rispetto e libertà se siamo dei rammolliti?
saluti

Platone, estensore della prima utopia comunista, era un grande estimatore di Sparta, dove persino le donne ricevevano un'educazione militare in comunanza con gli uomini, con il corrispettivo grado di emancipazione sociale. Davvero un caso di uguaglianza rara nel mondo antico !