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Messaggi - acquario69

#781
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Radici
10 Maggio 2016, 13:59:25 PM
Un articolo di chiara ispirazione conservatrice, reazionaria.

dipende dal valore che dai all'accezione di conservatrice e reazionaria,per me ad esempio significa qualcosa che andrebbe oltre il significato che tu presumo gli avresti attribuito

Un inciso:  definire la psicologia di Freud "filosofia di serie C" è patetico.

dare del patetico e' qualcosa che te lo puoi tenere per te,del resto puoi dare l'opinione (rispettosa) che vuoi al riguardo,questa e' la tua,la sua e' quella che hai già letto e la mia e' "filosofia di serie D" 

Metaforicamente:

1) L'uomo è un animale mobile, non è un vegetale, senza radici può esplorare in molte direzioni;

avere radici non significa affatto che non possa al tempo stesso essere un animale che esplora in molte direzioni
la differenza sta nel fatto che nel momento che le radici sono recise il suo diventa un vagare senza senso,perché gli manca il supporto e il principio di fondo di cui e' costituito.. una negazione della sua stessa identità..dopodiche viene il nichilismo e a seguire subito dopo il nulla.

2) se le tradizioni e i legami sono scomparsi significa che non erano affatto forti;

3) come sopra, evidentemente l'anima del paese non era affatto profonda.

si,non nego che in parte dev'essere stato anche così,la svolta resta comunque quella che la generazione del dopoguerra in poi si sia fatta incantare dal pifferaio magico,ordito dall'elite globalista (di cui gli USA il suo braccio armato e in tutti i sensi possibili,non solo militari) attraverso i pseudo valori "progressisti e liberali" come cavallo di troia per instaurare di seguito il regime (in realtà nel suo vero volto di matrice consumistico-edonista),più totalitario e assoluto che la storia abbia mai conosciuto finora,essendo riuscito a penetrare nell'intimo di ognuno di noi..tanto da non rendersi manco più conto da difenderlo ad oltranza!
e rimango comunque del parere che l'Italia in particolare sia stato uno degli obiettivi su cui sferzare gli attacchi più feroci per i motivi già detti all'inizio.
#782
Tematiche Culturali e Sociali / Radici
10 Maggio 2016, 08:58:59 AM
posto qui sotto questo (a mio avviso) ottimo articolo per riflettere su un argomento che secondo me vale la pena rifletterci un po sopra

http://www.ilcorrieredelleregioni.it/index.php?option=com_content&view=article&id=8719:silenzio-tra-le-generazioni&catid=130:nuovo-umanesimo&Itemid=161

a me sono venute in mente tante cose e tre punti in particolare;

1) senza più radici non si va da nessuna parte

2) mi sono riapparsi dei ricordi quando ancora adolescente ho avuto la fortuna di vivere in un ambiente dove ancora potevo assorbire forti legami e tradizioni culturali,che oggi sono appunto scomparsi.

3) un altro spunto di riflessione,che solo in apparenza può sembrare poco collegato all'argomento in esame,e cioè che il nostro paese a differenza di altri possedeva,secondo me,ancora un "anima" molto profonda, (nel senso esposto al punto 2)  e che proprio per questo stesso motivo sia stato il paese occidentale in un certo senso più preso di mira e "attaccato" dalla nuova elite globale nascente di quei tempi..(anche storicamente eravamo il paese a "rischio" - vedi contrapposizione usa/urss,dove i "valori" consumistici made in usa dovevano essere garantiti e coltivati A TUTTI I COSTI - vedi anche stragi)..quell'elite che pasolini (io so..disse) aveva perfettamente inquadrato già all'epoca e la sua denuncia,vana e inascoltata riportava proprio le origini e le conseguenze descritte dall'articolo
#783
Tematiche Filosofiche / Re:l'intento filosofico
10 Maggio 2016, 06:48:31 AM
Citazione di: Un ipocrita il 09 Maggio 2016, 23:56:14 PM
Ma più che una riflessione filosofica mi interessava sapere, in secondo luogo, come secondo voi come questi filosofi moderni sono arrivati ad avere le intuizioni sul mondo diviso in due parti, l'intenzione era cercare un principio primo, ma per avere pensieri che riportavano anche se in modi completamente differenti questo concetto di divisione del mondo ci sarà stata una qualche influenza comune o ereditata dal passato?

Oppure tutti quanti hanno avuto queste intuizioni semplicemente riflettendo sul mondo con la loro soggettività e nel loro contesto storico?

Grazie :)
dal mio punto di vista bisogna prima sottolineare la differenza sul modo di concepire il mondo (qui credo inteso come il Reale) che viene "diviso" in due parti.
e penso che l'abbia spiegato bene donquixote.

per provare a rispondere alla tua domanda successiva io credo che tale diversa concezione sia stata ribaltata per come era da sempre e in origine dal momento stesso in cui l'uomo/l'umanita ha cominciato a pensare di essere un ente separato (storicamente ci sarebbero stati diversi passaggi,ma diciamo che quello decisivo sia stato l'umanesimo - già la definizione parla da se - intorno al XIV secolo)
e da quel momento in poi era logica conseguenza che sfociasse poi nell'individualismo e più in generale all'antropocentrismo  in un processo sempre più riduttivo tanto quanto più lontano dal Reale (penso che oggi siamo al solipsismo,non so cos'altro possa esserci dopo di questo..ma si forse l'ultima frontiera a venire sia il transumano!)

oggi persino la fisica moderna ha dimostrato come questo sia stato un errore,che io definirei fatale,viste tutte le conseguenze successive fino ai nostri giorni
#784
Citazione di: HollyFabius il 08 Maggio 2016, 23:30:40 PM
Cosa abbiamo noi, come qualità, che le macchine del futuro non potranno mai avere e per farci mantenere un'idea di un qualche tipo di coscienza a noi soli accessibile?

la differenza sta nel fatto che noi abbiamo una coscienza che e' una facoltà dell'anima (per chi ancora e' in grado di avvertirla,cioè molto pochi e da come si evince saranno sempre di meno)

comunque puoi stare tranquillo,le mie sono solo visioni anacronistiche,quanto mai surreali e del tutto inconsistenti
il futuro sarà (ma e' già presente in atto) delle macchine con annessa avanguardista coscienza.
#785
Scienza e Tecnologia / Re:Introduzione alla sezione
08 Maggio 2016, 06:28:44 AM
secondo me non possono esserci mezze misure o compromessi di nessun genere la tecnologia andrebbe eliminata completamente altrimenti sarà lei ad eliminarci (e questo credo sia sempre più palese che lo stia già facendo)
in questo senso la mia e' una posizione estrema al riguardo ma diversamente quali sarebbero le possibili alternative?

ad esempio,sento dire sempre più spesso (a mio giudizio più come una sorta di auto convincimento) che non e' la tecnologia in se a provocare certi effetti ma soltanto l'uso che se ne fa..ma davvero basterebbe soltanto questo per rimettere a posto le cose? e non sarebbe piuttosto l'assunto di partenza ad essere completamente sbagliato e che la tecnologia in se stessa possa essere davvero neutrale?

sembra pure che siamo immersi in un processo che sembra inarrestabile,ma e' ovvio secondo me,che lo diventerà inevitabilmente per le sue stesse ragioni intrinseche.
a parte l'evidenza del fatto che la tecnologia tende ad inglobare tutto e a sostituire ogni significato fine a se stesso ma se proviamo anche solo ad immaginare che un giorno quando saranno esaurite tutte le risorse energetiche di cui mi sembra non puo farne a meno,si dovra per forza maggiore tornare ad uno stile di vita che ne escluderebbe la sua stessa esistenza.
a meno che non si creda alla bufala delle energie rinnovabili,salvo poi come spiegare (ad esempio) che per costruire pannelli solari o eolici servirebbe un indotto altrettanto tecnologico.. 
(e che se andiamo a vedere meglio anche questo e' il risultato di un antropocentrismo radicato,che pone la natura come fattore subordinato all'uomo,quando e' vero esattamente il contrario)

allora sarà la tecnica che tornerà ad avere la funzione che ha da sempre avuto prima che questa si trasformasse in tecnologia (da tecnica come essenza qualitativa umana a tecnologia quantitativa,puramente meccanica e non più umana)

mi e' capitato di leggere un articolo in cui si raccontava di un esperienza vissuta da due ragazzi;

Aledin ha raccontato la storia di un ragazzo e una ragazza che partono per una gita tanto attesa e affidano tutte le loro informazioni (mappe, orari, rifugi, tracce di animali e altro ancora) a un iPhone. A loro, dice, sembra naturale. Non fosse che, d'improvviso, quando i due si trovano in un luogo che non conoscono, il marchingegno, ovviamente senza avvisare, va in black-out lasciandoli senza alcun aiuto e costringendoli a doversela cavare da soli e ritrovare la strada grazie al "rumore di un ruscello".
#786
Grazie maral per la spiegazione,ora mi sembra tutto più chiaro.

personalmente non sarei molto d'accordo con Ronchi quando dice che ci sarebbe una certa analogia tra un certo tecnicismo gestuale di pratiche,quali il servire il te,il tiro con l'arco ecc e la tecnica (tout court) che viviamo noi oggi in particolare (anche se entrambi perfettamente immanenti all'accadere),perché secondo me la differenza sta nel fatto che la tecnica e' distaccata ed asettica (alienante a mio giudizio,proprio perché separa ma si potrebbe anche aggiungere che in quel caso e' solo l'IO che diventa assoluto) mentre le altre al contrario coinvolgono la persona nella sua più intima essenza che a me viene da dire spirituale,quindi sarebbe un rito
(a mio avviso da non confondere percio col tecnicismo gestuale) nel quale l'esperienza stessa diventa il tramite per raggiungere il proprio centro che equivale all'unita,ossia un aderenza totale del reale poiché privo di distinzioni (distinzioni quale può esserlo tra soggetto ed oggetto)  
#787
Citazione di: maral il 05 Maggio 2016, 22:03:35 PM
Citazione di: acquario69 il 05 Maggio 2016, 16:51:53 PM
su questi due punti sopra avrei delle perplessità..

ritengo che rimettere tutto all'esperienza fisiologica corporale,non sia corretto perché se e' pur vero che non e' il linguaggio a cogliere il reale non può esserlo a mio avviso nemmeno il corpo (il linguaggio del resto non proverrebbe dallo stesso corpo?)
Se il linguaggio proviene dal corpo, il linguaggio è espressione dell'immanenza del corpo, non lo trascende.
Il punto è comunque che l'esperienza pura (in qualsiasi forma si realizzi) è esperienza priva di soggetto, priva di un io, sia corporeo che spirituale, poiché è essa stesso a determinarlo e non il contrario.
Citazionei maestri zen oltre a voler far intuire che bisogna trascendere il linguaggio credo proprio che intendano farlo per l'essere stesso di cui il corpo,nella sua esperienza fisiologica ne farebbe parte a pieno titolo e che sarebbe solo una forma,
la forma ha origine dalla non forma,come il non essere (senza forma) e' all'origine dell'essere (forma) oppure analogamente il non manifesto all'origine del manifesto..ed il corpo,compreso il suo logos e' a tutti gli effetti nel manifesto (dal suo punto di vista,poiché il reale avendo origine dal non manifesto comprende entrambi senza distinzione,cioè la distinzione la facciamo noi ma e' appunto relativa)
ed e' a quello che puntano i maestri zen (e non ad un presenza immanente - l'etimologia di immanente vuol dire infatti rimanere dentro -) a quel "vuoto" senza forma,e trascendente,che comprende tutto ed e' Tutto
Immanente nel senso di presente, del tutto coincidente con l'atto. L'esperienza è presente in atto che non conosce limiti e dunque non ha né passato né futuro (senza origine né fine), è l'istante eterno dell'atto. Non nel senso di interno in contrapposizione con un esterno, poiché nell'esperienza pura non vi è ciò che discrimina l'interno dall'esterno, non c'è l'io e quindi non c'è nulla che possa definirsi interno o esterno a esso. Quel vuoto è  pieno in modo traboccante, come il vuoto quantistico, una continua oscillazione senza tempo di forme metastabili che sono e non sono. E' il gioco di un divenire assoluto che le parole non possono rendere, ma che è esperienza primaria comune a tutto il vivente, dalle piante, agli animali, all'uomo. E questa esperienza primaria si rivela nell'atto puro, quello che nello zen si tenta appunto di realizzare nel gesto perfettamente concluso in se stesso, come una tautologia.

si questo lo avevo appunto capito e posso solo dire e concludere che la tua concezione e' agli antipodi da cio che penso io,perché lo avvertirei come un ribaltamento,anche in riferimento allo stesso zen a cui si sarebbe fatto riferimento..(il "vuoto" delle dottrine Tradizionali,di cui lo zen,non e' secondo me  immanente,ma trascendente dove scompare l'individuale e il soggetto stesso,) dunque per me sarebbe il post-umano,il puro meccanismo e la cesura totale.
una reductio ad unum come un punto privato di estensione (sia spaziale che temporale) e dove nessun orizzonte può essere più possibile,proprio perché reso ormai inconcepibile.

Ad una rilettura mi sembra pure Che Le due versioni risultino per certi versi concordanti e pero non capisco perche allora avresti fatto riferimento in precedenza al corpo e alle sue sensazioni individuali se poi da questo tuo ultimo commento escluderesti l'Io e nulla Che possa definirsi...per l'appunto cio Che lo rende possibile e' il trascendere l'individualita e non la sua ipertrofia
#788
Citazione di: maral il 05 Maggio 2016, 15:19:17 PM
il Nirvana è possibile, ma il Nirvana (l'illuminazione della realtà in sé) la si ritrova solo nella pura esperienza fisiologica corporale e non nella ricerca di una superiore trascendenza fuori dal corpo, ma nel recupero totale dell'immanenza del corpo stesso, nell'energia materia di cui è fatto. Ronchi si rifà qui al termine aristotelico di energheia (un divenire assoluto, senza direzione) in contrapposizione a quello di katakinesis che esprime un movimento direzionato, ossia volto a uno scopo che sta fermo fuori da esso, ossia un progetto guidato da un'idea.

. Il maestro zen non spiega nulla al discepolo con le parole e se fa un discorso lo fa solo per evidenziare la contraddizione di ogni argomentazione logico dicorsiva: solo il puro gesto fisico nella sua perfezione tecnica, del tutto autoreferente, permette di cogliere la verità. Per dare conto effettivo di questa esperienza pura occorre che sia il corpo stesso a fare filosofia, non il linguaggio (un po' come fanno i maestri yoga o, se vogliamo, in ambito occidentale, fecero anticamente in Grecia i Cinici e gli Scettici)

su questi due punti sopra avrei delle perplessità..

ritengo che rimettere tutto all'esperienza fisiologica corporale,non sia corretto perché se e' pur vero che non e' il linguaggio a cogliere il reale non può esserlo a mio avviso nemmeno il corpo (il linguaggio del resto non proverrebbe dallo stesso corpo?)
i maestri zen oltre a voler far intuire che bisogna trascendere il linguaggio credo proprio che intendano farlo per l'essere stesso di cui il corpo,nella sua esperienza fisiologica ne farebbe parte a pieno titolo e che sarebbe solo una forma,
la forma ha origine dalla non forma,come il non essere (senza forma) e' all'origine dell'essere (forma) oppure analogamente il non manifesto all'origine del manifesto..ed il corpo,compreso il suo logos e' a tutti gli effetti nel manifesto (dal suo punto di vista,poiché il reale avendo origine dal non manifesto comprende entrambi senza distinzione,cioè la distinzione la facciamo noi ma e' appunto relativa)
ed e' a quello che puntano i maestri zen (e non ad un presenza immanente - l'etimologia di immanente vuol dire infatti rimanere dentro -) a quel "vuoto" senza forma,e trascendente,che comprende tutto ed e' Tutto
#789
l'esperienza immediata o prassi pura da quel che mi sembra di aver capito affermerebbe che siano i nostri pensieri (?) se non proprio le nostre immediate percezioni a determinare il reale nel suo svolgersi in atto,in pura praxis..

ma allora questa esperienza che si vuole assoluta originaria,da dove prenderebbe la sua stessa origine?
e che fine farebbe l'immaginazione o le idee e i concetti stessi?

e se tutta la cosiddetta realtà rientrerebbe solo in questa pura praxis,attraverso i nostri sensi immediati quindi nella nostra immediata percezione che fine farebbe l'auto coscienza?
a meno che non si voglia appunto negarla,ma non sarebbe comunque una contraddizione voler affermare un idea o un concetto e poi negare implicitamente (visto che come viene detto sopra: "ossia un esperienza che non e' di niente e di nessuno,o se si preferisce,una sorta di coscienza primaria senza l'io e quindi senza l'uomo"..) l'esistenza stessa dell'idea o il concetto espressi un attimo prima?  (e chi sarebbe dunque l'autore di tale concezione? ..niente e/o nessuno?!?)


il "pensiero" orientale o diciamo spirituale a differenza di quanto sopra,arriva a coincidere con la coscienza suprema ed immutabile e la differenza e' che vi sarebbe consapevole coincidenza,che tra l'altro non ha nulla a che vedere col distacco dall'esperienza
#790
io credo che finche si ritiene (ovviamente parlo in generale) che noi siamo un semplice corpo con un cervello dentro la scatola cranica (che ragiona e pensa) non se ne esce.
a mio avviso il primo passo fondamentale e' quello di (almeno farsi venire il dubbio!) essere ben altra cosa ancora (che non significa per questo e affatto trascurare di essere anche "materia",anzi!)
e cioè che siamo anche anima e spirito.

prendere consapevolezza di questo permette di aprire un varco che altrimenti resterà sempre chiuso e circoscritto...dopodiché seguirebbe tutto il resto
#791
Citazione di: Sariputra il 02 Maggio 2016, 10:47:46 AM
Nessuna posizione: Non vi è coscienza nè materia ma solo un grande Vuoto.

e se fosse proprio quel "vuoto" ad essere Tutto?
come potremmo mai anche solo immaginarlo il nulla se fosse nulla?
#792
penso che la coscienza non sia qualcosa di rigidamente definibile,ad ogni modo a me viene da dire che capitano momenti in cui si suol dire (o avvertire) di aver avuto una presa di coscienza..ma che significa?
per come lo intendo io e' quando cio che hai dentro coincide perfettamente con cio che e' fuori e allora spariscono tutte le distinzioni e tu "sai" che non sei ne il tuo corpo ne la tua mente,allora forse la coscienza e' il tramite per la conoscenza (non formale,cioè quella che non si può esprimere)

quindi la coscienza potrebbe essere analogamente la traduzione (o la sua trasposizione) manifesta della conoscenza (come spiegata sopra) che e' immanifesta

riflettendo su quanto mi e' venuto da dire sopra,chissa se le parole coscienza e conoscenza abbiano infatti una stretta relazione anche etimologica,a prima vista sembrerebbe..  
#793
si,si manifestano in relazione di rapporti e contesti e questo credo sia come dice anche Marco come "processo lineare evolutivo" (che io lo definirei in altre parole come processo di conoscenza) cio non toglie comunque sia,che cio che alla fine si manifesta già esisteva...allora si può dire che l'abilita dell' "inventore" sia quella di farla venire fuori.
esempio semplice semplice; la corrente elettrica non perché sia stata scoperta che questa esiste ma esisteva già da prima di venir scoperta.
ad ogni modo a parte le diverse forme interpretative il concetto mi sembra chiaro e credo univoco

e' interessante secondo me poter considerare questa trasposizione sul potenziale che possono avere le idee e sul loro scambio anche dai più diversi punti di vista ma che abbiano appunto l'obiettivo sotteso di arrivare ad una scoperta,intesa come rendere manifesto cio che esiste già di per se - e in questo caso riguarderebbe in maniera più specifica il potenziale in ognuno di noi,(in maniera più o meno analogo espresso sopra) e che percio per sua stessa natura e' inconfutabile..quantomeno come obiettivo
#794
ce un "confine" un limite nell'io individuale,manifesto e relativo,per cui tutto cambia incessantemente così da avere quasi l'impressione di una impermanenza assoluta e in definitiva una non identità
cio che si ignora e' la sua origine e la sua provenienza,senza la quale non potrebbe nemmeno esistere (ex-stare = venire fuori,anche in inglese exit,uscita,uscire) ed essere,e che e' il non essere,immanifesto,immutabile e perenne..e se così si può dire quella e' la nostra autentica identità,e' quell'io-sono di assoluta certezza.

Trenta raggi convergono nel mozzo,ma è il vuoto del mozzo l'essenziale della ruota.
I vasi sono fatti di argilla,ma è il vuoto interno che fa l'essenza del vaso.
Mura con finestre e porte formano una casa,ma è il vuoto di essi che ne fa l'essenza.


l'essere serve come mezzo utile,nel non essere sta l'essenza.



gran cosa la libertà,come queste parole appena accennate,libere come il vento :)
#795
Tematiche Filosofiche / Le invenzioni non esistono
30 Aprile 2016, 04:40:41 AM
Si sente dire spesso della creazione di nuove invenzioni,di qualsiasi natura,dal semplice manufatto o magari un opera musicale,letterale o altro ancora
ma si può sostenere il fatto che siano inventate o non sarebbe corretto invece dire scoperte?
per inventare credo venga comunemente inteso come il far "nascere" una cosa,e che questa sia dipesa da chi l'avrebbe appunto inventata,come se fosse lui l'autore,invece io sono del parere che quella cosa sia soltanto una scoperta di cio che già esisteva da prima e da sempre in potenza.

quindi secondo me non può esistere invenzione di nulla, perché si potrebbe anche banalmente dire che tutto e' creato al principio,(e anche dire più sottilmente,che nulla nasce e nulla muore),ma che si può solo arrivare a scoprirlo o anche rivelare e renderlo manifesto.