Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - 0xdeadbeef

#781
Tematiche Spirituali / Re:Che cos'è la Fede^
04 Agosto 2018, 14:15:31 PM
Ma poi perchè mai filosofia (e in questo termine io includo la scienza) e fede e/o speranza dovrebbero escludersi a
vicenda?
Sempre se posso portare ancora la mia esperienza personale io non le sento, in me, escludenti. Come del resto non mi paiono
escludenti in Dostoevskij (per rispondere soprattutto a Sariputra).
Sonija, come il principe Myskin o Alekseij Karamazov (cui voglio aggiungere addirittura il Cristo così come raffigurato
nell'episodio del Grande Inquisitore) rappresentano il lato religioso dell'essere umano, cui naturalmente fa da
contraltare il lato filosofico, rappresentato dai vari Raskolnikov, Ivan Karamazov e il Cardinale Inquisitore.
A parer mio si nota in Dostoevskij un particolare molto interessante: il lato filosofico è più acuto, più intelligente,
più profondo del lato religioso (abissale a mio giudizio il discorso che il Cardinale fa a Cristo); che è invece, sì,
gioioso e "puro", ma anche quasi fanciullesco nella sua ingenuità.
Sembra che Dostoevskij si riferisse ad Alekseij (Karamazov) con l'appellativo di "idiota". E sicuramente avrà pensato
qualcosa di simile anche per Sonija e per Cristo stesso (oltre che, ovviamente, per il principe Myskin)...
Ecco quindi, l'uomo religioso come un "idiota", cioè come un qualcosa di riferito non certo all'idiozia come comunemente
intesa, ma appunto come ad una ingenuità fanciullesca (che però il senso comune, da Dostoevskij tenuto in gran conto,
reputa appunto come equivalente all'idiozia).
E però, alla fine, la religione "vince"...
"Vince" come vince nell'esistenza terrena di molti uomini (me compreso, come dicevo in un intervento precedente), che si
sentono forti finchè un giorno capiscono che questa forza era solo una apparenza (parla per te, potrebbe dirmi non a
torto qualcuno...).
Ecco allora che a quel punto il "filosofo" (potremmo indicare con questo termine l'oltreuomo nietzschiano) cerca semplicemente
una carezza (Ivan da Alekseij), un bacio (Raskolnikov da Sonija), un gesto semplice, fanciullesco ed ingenuo che, al medesimo
tempo, riconcilia, acquieta ma anche INquieta (come inquietato è il Cardinale Inquisitore dal bacio di Cristo), perchè dà
la misura di come la sapienza filosofica, da sola, non sia in grado di riconciliare ed acquietare.
saluti
#782
Tematiche Spirituali / Re:Che cos'è la Fede^
01 Agosto 2018, 16:38:18 PM
Vi ringrazio, tutti, delle bellissime risposte.
Ma che senso potrebbe mai avere un Dio che non è "altro" dall'uomo? Un Dio che, in sè, non fosse distinzione del giusto
e dell'ingiusto? Come possiamo vivere senza la speranza vi sia un qualcosa che ripari la profonda ingiustizia della
terra?
Anni fa ero profondamente ateo. A seguito di una malattia che ha colpito un mio familiare mi sono ritrovato per giorni
e notti dentro un ospedale nel cui corridoio vi era una immagine sacra. Era una continua processione di persone "semplici"
che chiedevano la grazia o che semplicemente pregavano quell'immagine, e lì ho capito di non avere alcun diritto di
propagandare il mio stupido ateismo, come fin'allora avevo fatto irridendo i "creduloni".
Da quel momento, anche grazie alla filosofia, è cominciato un percorso interiore che se non mi ha portato alla Fede
mi ha portato quantomeno a "scegliere di stare con Dio", perchè anche se Dio non dovesse esistere (cosa che io ritengo
probabilissima) quelle persone che dicevo, e noi tutti, abbiamo il diritto "assurdo" di sperarvi.
Conoscevo un prete (gran persona) che usava dire: "cari parrocchiani dobbiamo tutti sforzarci di essere buoni per
meritarci il paradiso. Poi, certo, se di là non ci fosse nulla sarebbe una bella fregatura"...
saluti
#783
Tematiche Spirituali / Che cos'è la Fede^
29 Luglio 2018, 14:07:16 PM
Da molto tempo mi chiedo se il desiderio di Dio possa equivalere alla Fede...
Se posso portare la mia esperienza personale, io mi sento come quel personaggio di Dostoevskij che afferma: "se
anche Dio non fosse verità, starei con Dio, non con la verità".
Il desiderio di Dio è in me fortissimo, ma altrettanto forte è il timore che non ci sia nulla di vero; che dal
nulla proveniamo ed al nulla torneremo.
Potrei dunque mai dire di "credere"? Io non credo (...), laddove penso che "credere" voglia dire aver se non la
certezza perlomeno una qualche speranza.
Anni fa, nel vecchio forum, a seguito di queste esternazioni qualcuno (non ricordo il nome) mi consigliò di
andare a Medjugorje: non sono ancora andato e sono ancora fermo in quel medesimo "punto"...
Qualcuno di voi mi sa dire in cosa consiste la Fede?
saluti
#784
Trovo sia inessenziale parlare di locale, nazionale o sovranazionale senza aver prima "risolto" il problema ad un
livello più profondo di quello.
Perchè il problema è che la sovranità economica non vuole quella politica (...).
Naturalmente quando si parla di "sovranismo" si intende velatamente il sovranismo nazionale, ma siamo sicuri che se,
invece della dimensione nazionale, si proponesse una dimensione sovranazionale (ad esempio quella dell'intera UE)
i sacerdoti dell'ortodossia economica (e certo non occorrono le virgolette, perchè tali sono) lo accetterebbero non
dico con entusiasmo, ma semplicemente lo accetterebbero?
Ora, la sovranità economica non vuole quella politica essenzialmente per due ragioni.
La prima, banalmente, è perchè si metterebbe in discussione il potere DI CHI detiene le redini dell'economia (ma non
è tanto un discorso sul "chi", cioè non è tanto un discorso sui "poteri forti" o complottismi vari).
No, è anche quello, certamente, ma vi è qualcosa di più profondo e determinante.
L'economia si è strutturata ormai da molto tempo come scienza. Ed essendo la scienza ricostituzione dell'inflessibile,
come accennavo precedentemente, essa, l'economia, ha la pretesa di guidare in maniera ottimale la società umana.
Anzi, non tanto ottimale quanto "esatta"; quanto inconfutabilmente scientifica, appunto.
Chiaramente chi da questo stato di cose trae vantaggio ha tutto l'interesse affinchè le cose non cambino: il
"complottismo" non ha ragion d'essere.
Dunque a parer mio agli, chiamiamoli così, "spiriti consapevoli" non resta che prendere atto della grande profondità
del problema, che si situa in una dimensione filosofica molto prima che in quella politica.
Trovo che affrontare il problema da un punto di vista "minimale" come quello politico non porti davvero da nessuna
parte. Il, per così dire, "lavoro di scavo" da fare è tanto; e non può che cominciare con queste domande: "cos'è
l'economia? Cos'è la politica?
saluti
#785
A parer mio a fondamento di tutte queste dinamiche che stiamo analizzando c'è l'autentica divinizzazione cui è stata
fatta oggetto la scienza ormai da molti decenni a questa parte.
Severino parla, a mio giudizio acutamente, di "ricostituzione dell'inflessibile"; un "inflessibile" originario (le
varie forme con cui si è presentata la divinità) che è stato "flesso" (e, sembrava, definitivamente con la "morte
di Dio"), ma che si ricostituito PERCHE', essenzialmente, l'essere umano non è capace di essere "oltreuomo"; cioè
non è capace di sopportare il peso esistenziale che deriva dalla consapevolezza del tragico divenire delle cose (la
Tecnica, dice Severino, è il rimedio contro l'angoscia suscitata dal divenire delle cose).
Oggi tutto è "scienza". Sono numerosi coloro (a anche in questo forum abbondano) che ritengono la scienza ormai come
il sapere definitivo; un sapere che ha soppiantato tanto la religione quanto la filosofia.
Così non è. con tutta evidenza, ma quel che conta non è il "vero" quanto ciò che viene ritenuto vero...
L'espressione che qui più ci interessa di tutta questa dinamica "scientista" è nell'economia e nella politica, non a
caso (e assurdamente) anch'esse ritenute scienze.
Ah certo, c'è qualcuno che in in rari momenti di consapevolezza (o di pudore...) parla di "metodo" scientifico così
come di scienze per così dire "hard" o "soft", ma nulla cambia nella sostanza: le scienze, e per cui anche l'economia
e la politica, vengono prese per definitive ed infallibili, cioè per divine.
Nasce in questo modo il potere tecnico: la "tecnocrazia".
E allora ripeto la domanda che ho fatto in una precedente risposta: chè bisogno c'è di consultare il popolo quando già
si sa qual'è la decisione da prendere?
Non ce n'è evidentemente nessun bisogno, ed infatti il potere decisionale del popolo è ridotto ad un simulacro vuoto.
Vorrei dire ad Anthomy che qui si è ormai andati ben oltre il pensiero liberale classico (qui la base filosofica è
semmai lo "spontaneismo" di Von Hayek).
Come già J.Schumpeter faceva notare negli anni 40 del 900 il capitalismo moderno semmai tende ad accentrarsi in oligopoli
e monopoli, ed è semmai la politica che può assumere il ruolo di argine contro questa tendenza di fondo.
Questo, certo, avveniva nel pensiero liberale classico (nel quale la politica aveva ancora un ruolo importante), ma
avviene e può ancora avvenire tutt'ora? Io avrei al riguardo molti dubbi...
Certo c'è qualche importante segnale al riguardo (come i casi che Anthony cita), ma a parer mio non basta di certo ad
arginare un fenomeno che appare inarrestabile se fronteggiato con questi scarni e scarsi strumenti di cui disponiamo.
Torna allora su questo punto quanto già dicevamo: occorrerebbe una "sovranità" politica per poter agire in tal senso
in maniera efficace. Ma quale "sovranità" se già il termine stesso (certo riferito a, forse, anacronistiche sovranità
"nazionali") procura alla tecnocrazia dominante una, diciamo, forte reazione allergica?
Perchè il punto torna sempre ed è esattamente questo: la "tecnocrazia" esclude necessariamente ogni potere ad essa
alternativo nel modo speculare in cui lo scientismo esclude ogni sapere che non sia ritenuto "scienza".
saluti
#786
Citazione di: paul11 il 27 Luglio 2018, 18:34:35 PM
Le similitudini fra democrazia e capitalismo vanno a braccetto.


Ciao Paul
Ritengo che questa affermazione vada presa come si suol dire con le molle...
Non ricordo se già te ne parlai, ma c'è un saggio di J.P.Fitoussi di qualche anno fa che analizza proprio il rapporto
che sussiste (e che è beninteso innegabile) fra democrazia e mercato (al tempo questa ricerca era quasi l'unica disponibile,
visto che il tema non era praticamente trattato da nessuno).
Insomma, Fitoussi individua nel Messico di quegli anni il più efficace (da un punto di vista razionalistico) rapporto fra
diritti democratici e libertà economiche.
Quindi sì, senz'altro vi è una connessione fra democrazia e capitalismo, però bisogna pur sempre vedere "quale" democrazia,
visto che la democrazia, come insegna il compianto G.Sartori, non è un traguardo ma un processo (nei miei precedenti
interventi tendevo a mettere il luce come nella storia vi siano stati numerosi esempi di potere "spalmato", pur senza
poter parlare di democrazia).
Dunque "quale" democrazia? Ma forse soprattutto "quanta" democrazia? Negli ultimi decenni a me pare si sia assistito
ad un regresso del, chiamiamolo, "tasso di democraticità". Come dicevo nel mio precedente intervento la "tecnocrazia"
sembra proprio mal digerire questi "fuochi" (di paglia? Ai posteri l'ardua sentenza...) che la possibilità di un voto
ancora e tutto sommato libero appicca.
Vedo ancora come molto lontani i blocchi confederati di stati di cui parli (viceversa la globalizzazione economica è
già realtà in atto). Mi pare anzi che ben pochi li vogliano veramente e perseguano una strada ("come sta avvenendo
con trattati commerciali, di diritti") in tal senso (trattati commerciali senz'altro, ma gli altri molto meno...).
saluti
#787
Citazione di: Jacopus il 26 Luglio 2018, 21:50:36 PM
Be' Ox. Anche tu ne dici di cose da sottoporre a seria riflessione. Tragedia e democrazia e' un binomio interessante. La tragedia e' l'impossibilita' di decidere univocamente. La consapevolezza che ogni scelta nasconde un veleno. Avere questa consapevolezza e' pero' gia' un antidoto contro le forme piu' violente di potere, che non si riconoscono nella tragedia ma nella rassicurante netta distinzione paranoica amico/nemico. La tragedia contrapposta al film a lieto fine.


Sì, in effetti volevo indicare un paragone con l'attuale crisi della democrazia nel senso che il, chiamiamolo, "debolismo
decisionale" che a parer mio contraddistingue la democrazia male o nulla si concilia con l'attuale pensiero "forte" di
cui è espressione la tecnocrazia.
Che bisogno c'è di consultare il popolo quando già si sa qual'è la decisione da prendere?
Questo, tra l'altro, è uno degli esiti cui conduce lo "scientismo", cioè l'indebita estensione ad ogni ambito del vivere
dei principi della scienza (a riprova che la scienza non è in grado di riflettere su se stessa).
E', ad esempio, sotto gli occhi di tutti come la serie di riforme denominata "Decreto Dignità", seppur sacrosanta (e benchè
all'acqua di rose...) trovi numerosissimi oppositori fra i sostenitori della "scienza economica" (che per essi coincide con
il Mercato). Alla fine, vedrete, poco o nulla si farà, perchè fra "spread" e paletti vari che costoro metteranno fra le
ruote del decreto, ne risulterà una tal paura di contraddire la "scienza" che una retromarcia è quasi inevitabile.
Ora, è chiaro (chiaro a chi ha occhi per vedere, naturalmente) che la suddetta "scienza" è per così dire agli ordini di
qualcuno (e non è ad una tesi complottista che mi sto riferendo); ma ancora manca del tutto la consapevolezza che scienza
e tecnica sono "in ultima istanza" (...) solo dei mezzi, per cui c'è necessariamente qualcuno che questi mezzi adopra (a
proprio vantaggio, ovviamente).
In un simile quadro (di cui ho giusto accennato qualcosa), risulta evidente che la democrazia come sistema politico è
semplicemente superflua...
Sui popoli guerrieri sì, mi sembra che anche questo ci sia da dire. Nel senso che non è semplicemente della "democrazia"
come sistema "tecnico" che sto parlando. Dicevo del potere politico "spalmato", e questo lo ritroviamo ad esempio a Sparta,
che pur certamente non fu una democrazia.
C'è un bellissimo aneddoto che riguarda il mercenario anglo John Hawkwood, generale dell'esercito mediceo (fra
l'altro raffigurato in un affresco all'interno del Duomo di Firenze).
Dopo la conquista di una città, si dice che un soldato anglo (chiaramente i fiorentini non combattevano...) catturò
una bellissima donna, Il generale la vide e disse al soldato: "quella donna è mia". Ed egli rispose: "la donna l'ho
catturata io, quindi è mia". Il generale pensò a lungo poi disse: "per l'antica legge del popolo degli Angli tu hai
ragione, mio prode soldato. Ma io sono il tuo generale, quindi è anche mia". Dopodichè, si dice, tagliò la donna in due
e la divise col soldato...
Emerege chiaramente la figura di un uomo (John Hawkwood) a cavallo fra due culture. Il condottiero anglo rispetta la
tradizione, che vuole che la preda sia di chi la conquista; mentre il generale fiorentino la vuole tutta per se, ed
unicamente in virtù (p vizio...) del suo potere.
Mi sembrerebbe significativo...

saluti
#788
Un post davvero molto interessante...
Dunque, l'argomento è di grande complessità e vastità, per cui già un primo approccio diventa problematico...
La prima cosa da chiedersi ritengo sia questa: "che cos'è la democrazia?". Da questo punto di vista la democrazia è
l'opposto della "autocrazia", cioè del potere che si auto-nomina tale (in genere sulla base della forza delle armi o/e
della ricchezza). Quindi la democrazia è, o sarebbe, un potere per così dire "spalmato"; un potere che è tale in virtù
di forme egualitarie fra i membri che compongono lo "stato" (la cosiddetta "res-publica")
Sulla base di questa definizione la prima cosa che personalmente noto è che, nella storia, si sono avute molte forme
di potere "spalmato", pur non potendo in senso stretto parlare sempre di "democrazia". La seconda è che queste forme di
governo si danno allorquando i membri dello stato, il "popolo", presenta delle qualità guerriere.
I casi sono stati molti; ne cito solo alcuni: Sparta, la Roma repubblicana, le comunità barbariche, il primo medioevo,
la società vichinga etc.
Allorquando le suddette qualità guerriere sono venute meno (la tarda grecità, la Roma imperiale, il Rinascimento etc.)
si è in genere assistito ad un oblio delle forme di potere "spalmato" ed all'avvento di oligarchie o principati.
Una caratteristica (singolare) del potere "spalmato" che mi sento di evidenziare mi viene suggerita dal contemporaneo
verificarsi di due eventi: sembra quasi che la democrazia si instauri in quelle società che presentano la forma d'arte
della "tragedia" (persino banale citare la Grecia classica e l'Inghilterra).
Che rapporto può esservi, se c'è?
Forse in certi momenti e in certe società si avverte la necessità di affidarsi al popolo proprio per superare lo stallo
dovuto all'indecisione (celebre da questo punto di vista il processo a Cristo). Forse, bah, un sentimento di "debolezza
decisionale" che pervade società in cui vi è una consapevolezza appunto "tragica". Non so, si tratta di un mio pensiero
liberamente espresso...
Sicuramente, e qualcuno già l'ha osservato, la democrazia "necessita" di un corpo sociale pienamente consapevole e
critico (questo argomento era stato espresso da Kant); di un corpo sociale che, insomma: "sa cos'è bene per lui e sa
come perseguire questo bene" (come disse in senso negativo quel tale di cui non ricordo mai il nome).
Mah, mi sembra che le cose da dire siano davvero tantissime...
saluti
#789
A Daveintro
E' chiaro che una contrapposizione filosofia/scienza non ha alcun senso...
Io resterei, per così dire, più sul "classico" affermando che la filosofia è essenzialmente riflessione sul "tutto", sull'
interconnessione dei saperi particolari come ricerca (che può essere anche vana, intendiamoci) di ciò che vi è unitario nel
molteplice.
Da questo punto di vista, mi piace immaginare il sapere come una torre a tre piani. In quello più alto c'è l'arte, che vede
lontano ma non chiaro; in quello più basso c'è la scienza, che vede chiaro ma vicino; in mezzo la filosofia, forse "giusto
mezzo" fra il vedere chiaro e il vedere lontano...
Non sarei troppo d'accordo nel definire l'epistemologia come quella disciplina che: "dovrà tener fermo questo ideale
regolativo di un sapere del tutto certo ed evidente come parametro di valutazione di quanto una certa metodologia scientifica
sia più o meno adeguata ad esso".
Perchè mai dovrebbe essere così? Ma direi nemmeno la filosofia stessa, quindi presa in un senso più "largo", "dovrà" (tener
fermo etc.). E semplicemente perchè a parer mio la filosofia non "deve" un bel niente (dicevo appunto che la ricerca dell'
unitario nel molteplice può anche non dare risultato, ovvero dare come risultato la nullità di questa ricerca).
Sulla gnoseologia kantiana ti chiederei se è mai possibile non "segare il ramo su cui si è appollaiati"...
Certamente vi è in Kant una profonda "frattura" fra la Ragion Pura e quella Pratica, una "frattura" (epistemologica) che
Kant cerca di sanare, come dire, "a posteriori" relegando nel ruolo di "speranza" quel fondamento metafisico su cui
la Ragion Pratica si basa e di cui la Ragion Pura ha, come giustamente affermi, decretato la sostanziale nullità.
Ma, appunto, è forse possibile fare diversamente?
saluti
#790
Citazione di: Carlo Pierini il 25 Luglio 2018, 15:37:53 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 25 Luglio 2018, 14:37:09 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 24 Luglio 2018, 13:55:07 PM
Se è vero, come sostengono certi "critici" (Kant, Hume, Berkeley, Korzybski, Bateson, ecc.), che i criteri di verità della Scienza sono infondati, indimostrabili, non-provabili e di valore solo intersoggettivo,

Dopo aver letto sciocchezze simili solo nelle prime due righe è inutile andare oltre.
Non si può mistificare in questo modo e pretendere di esser presi sul serio. Tutti sono capaci di filosofare, ma non tutti
sono capaci di comprendere il pensiero dei filosofi e la storia del pensiero in genere.
saluti

CARLO
Non tengo conto di giudizi non argomentati.

Ti rendi conto di cosa hai scritto in quelle due righe?
Dire di Kant e di Hume che hanno sostenuto che i criteri di verità della scienza sono infondati, indimostrabili etc
significa semplicemente non avere la più pallida idea dell'argomento di cui si vorrebbe parlare (cerca in rete come
Kant considera la scienza del suo tempo, e vedi se non la considera anche lui come te, chiaramente errando,
definitiva, certissima etc.)
Ma cosa vuoi argomentare con simili presupposti...
Mah
#791
Mi sembra ci sia poco da aggiungere, arrivederci in qualche altra discussione.
Ciao
#792
Citazione di: Carlo Pierini il 24 Luglio 2018, 13:55:07 PM
Se è vero, come sostengono certi "critici" (Kant, Hume, Berkeley, Korzybski, Bateson, ecc.), che i criteri di verità della Scienza sono infondati, indimostrabili, non-provabili e di valore solo intersoggettivo,

Dopo aver letto sciocchezze simili solo nelle prime due righe è inutile andare oltre.
Non si può mistificare in questo modo e pretendere di esser presi sul serio. Tutti sono capaci di filosofare, ma non tutti
sono capaci di comprendere il pensiero dei filosofi e la storia del pensiero in genere.
saluti
#793
Citazione di: Carlo Pierini il 24 Luglio 2018, 18:09:00 PM
Infatti, l'ippogrifo, a differenza della supercazzola e della birottarda, è un simbolo, cioè un significante che trova il suo significato in una certa possibile attività dell'anima umana: quella che permette all'Io di ricongiungersi con dei contenuti rimossi e inabissati nell'inconscio (il volo dell'Ippogrifo fino alla Luna per il recupero del "senno perduto" di Orlando).

Quindi "Ippogrifo" è un pensiero ozioso se riferito ad una specie appartenente al regno animale, mentre è un pensiero significativo se inteso come simbolo, come metafora di una facoltà dell'anima umana.


Infatti, la supercazzola, a differenza della birottarda, è un simbolo, cioè un significante che trova il suo significato
in una certa possibile attività dell'anima umana: quella che permette all'Io di ricongiungersi con dei contenuti rimossi
e inabissati nell'inconscio (Il grande "Amici miei", con gli indimenticabili attori che ne furono protagonisti, l).
Quindi "supercazzola" è un pensiero ozioso se riferito ad un qualcosa di reale, mentre è un pensiero significativo se inteso
come simbolo, come metafora di una facoltà dell'anima umana ("il termine è utilizzato per indicare chi parla senza dire nulla"
-voce inserita nel vocabolario Zingarelli).

Ti scongiuro: tira fuori un cartello con su scritto: "benvenuto su scherzi a parte"...
#794
Citazione di: sgiombo il 22 Luglio 2018, 22:00:50 PM
CitazioneSì, ma volevo chiarire che diversa da questa dell' oggetto reale del pensiero (se e quando c' é) rispetto al pensiero stesso (magari -a volte- privo di oggetto reale) é la questione dell' "inseità" ("noumenica") dell' oggetto della sensazione (reale) rispetto alla "non-inseità" (ma "fenomenicità") della sensazione stessa e dei suoi contenuti (di ciò che la costituisce), dei quali l' "esse est pericipi".

Stai in altre parole dicendo che "c'è" un pensiero dell'ippogrifo in sè...
Sono d'accordo, certo per estensione il concetto di "cosa in sè" può venir riferito anche ad un pensiero. Però il prendere
questo alla lettera può avere conseguenze "pesanti", ed è bene esserne consapevoli (ad esempio può portare a ritenere
reale qualunque pensiero, come nella cosiddetta "prova ontologica" di S.Anselmo sull'esistenza di Dio).
Il pensiero dell'ippogrifo può ad esempio assumere una "inseità" nel momento in cui esso è "comunicabile" (nel senso in
cui è comunicabile il "bello" nella Critica del Giudizio di Kant), per cui una immagine distorta dell'ippogrifo può
essere detta non corrispondente all'ippogrifo in sè - all'ippogrifo così come è da tutti inteso, insomma. Però, dicevo,
è bene essere a mio parere consapevoli che vi è una profonda differenza fra il pensiero di una cosa reale ed il pensiero
di una cosa immaginifica.
Come dicevo, per me la "chiave" per capire la differenza risiede proprio nella consapevolezza (della differenza).
Mi sembra del resto che anche tu rimarchi chiaramente la differenza, solo che non riesco a capire "dove", in quale punto,
tu poni, diciamo, l'importanza del sottolineare questa differenza.
saluti
#795
Citazione di: Carlo Pierini il 22 Luglio 2018, 21:18:05 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 22 Luglio 2018, 20:30:05 PM

OXDEADBEEF
Queste poche parole bastano e avanzano per capire come tu ragioni.
saluti
PS
Giusto per curiosità: e quale sarebbe la data di nascita della scienza? Visto che essa ha solo tre secoli dovresti ricordartene...

CARLO
Una domanda sciocca come questa basta e avanza per capire come ragioni tu.
Ne ho un'altra ancora più sciocca: come mai, dopo questa affermazione: "è la teoria a decidere cosa possiamo osservare",
non metti Einstein nella tua affollatissima (Kant, Nietzsche, Popper...) hall of fame degli "sparacazzate"?
saluti