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Messaggi - Ipazia

#7861
Questa schizofrenia è stata indotta da chi è passato come un rullo compressore sulla realtà economica italiana, taroccandola anche con titoli tossici, che ci sono costati Monti & Fornero, pur di far parte della buona società finanziaria. Tralasciando reconditi progetti più inconfessabili. Il risultato è che nel palazzo Europa siamo diventati pigs, sguatteri, come i greci, a cui scaricare la patata bollente della migrazione africana e da cui portare via tutto il rapinabile. Come dice quella canzoncina scozzese: era meglio morire da piccoli ... E piccoli restare, mangiando pane e cipolla, ma con dignità.
#7862
Citazione di: Lou il 07 Dicembre 2018, 17:35:18 PM
Scusate, chiedo in estrema sintesi, ma non vi risulta che concettualmente il libero arbitrio si configuri quale "libertà di", non "libertà da", o meglio non è sufficiente una "libertà da" (ad es. fame, sete, costrizioni, gabbie, desideri, da vizi, da cause e leggi etc.) affinchè si sia in presenza automaticamente di una "libertà di" (ad es. di volere o di scelta o di autodeterminazione etc.)?

Sì, ma le due cose sono collegate. In una gabbia non sono libero da (sbarre), ma questo mi impedisce anche di essere libero di (andare al mare). La libertà "da" libera la libertà "di".
#7863
Citazione di: davintro il 07 Dicembre 2018, 17:38:47 PM

Per Ipazia

leggendo le argomentazioni riguardo l'oggettività della fonte da cui proviene il senso morale degli individui, devo dire che ho provato un certo senso di disagio, dovuto al fatto che per me  valori come "individualità" e "spiritualità" non solo concetti interni a una visione teorica, ma anche dei valori correlati a certi sentimenti tramite cui ne riconosco un'importanza per la mia vita, e che ho trovato in qualche modo squalificati in un'ottica nella quale "società" e "materiale" appaiono come fondamenti prioritari della realtà delle cose, relegando il resto a conseguenze secondarie, prive di una reale automonia. Questo disagio non è univocamente determinato dal dissenso teorico: di fronte a una tesi, ad esempio riguardo un argomento di pura logica, dove il mio dissenso sia anche più forte rispetto a quello riguardo ciò di cui qua si parla, non proverei lo stesso senso di disagio, se però fossero in misura minore tirati in ballo dei principi importanti a livello di sentimenti personali. Se il sentimento morale  fosse determinato dalla conoscenza di oggettivi stati di cose dovrebbe sussistere una proporzionalità tra l'intensità tramite cui sentiamo la certezza di un assunto teoretico oggettivo e l'intensità del sentimento di piacere o dispiacere riguardo il modo in cui un determinato ideale appare effettivamente realizzato nello stato di cose oggettivo. Così non è evidentemente: la sensibilità rispetto i valori non coincide con il percepire tali valori come rispecchiati nella realtà così come è, e per questo la sensibilità etica ispira la prassi, la prassi è necessaria sulla base della scarto tra conoscenza della realtà così come è  modello ideale di realtà in base a cui cerchiamo nella prassi di far adeguare la realtà fattuale. Se la corrispondenza tra il sentimento di approvazione o riprovazione etica e il senso di certezza meramente teoretica riguardo una verità oggettiva non si realizza in modo direttamente proporzionale, allora ciò prova l'autonomia del primo rispetto al secondo. La valutazione assiologica è un salto di qualità rispetto alla pura constatazione fattuale all'interno del complesso dei modi con cui ci relazioniamo con il mondo. Ciò non vuol dire pensare ad una totale arbitrarietà della prima, nel senso in cui un'ottica indeterminista intenderebbe l'arbitrarietà del libero arbitrio.

Neppure i sentimenti nascono sotto un cavolo. Ma tra l'origine "materiale" dei sentimenti e la loro manifestazione fenomenologica ci stanno Freud e la libera creatività umana. In questo passaggio io pongo il valore di concetti come libertà, responsabilità e scelta. Quindi come vedi tutt'altro che uno svalutare la "spiritualità". Anzi, all'opposto: radicarla nella carne piuttosto che in fantasie metafisiche dà alla metafisica del comportamento umano una maggiore affidabilità che le permette di realizzare etiche "forti" persistenti nel tempo, sgombrando il campo dalle riduzioni relativistiche. Parimenti libera tutto ciò che non è strategico per la sopravvivenza umana dalle pastoie moralistiche e lo consegna alla libertà del gusto e del sentimento così come si è formato nel corso della sua evoluzione individuale.

Citazione di: davintro il 07 Dicembre 2018, 17:38:47 PM

Rilevare una contraddizione fra la negazione del libero arbitrio e l'arbitrarietà della morale avrebbe senso solo intendendo il libero arbitrio come inteso nell'accezione incompatibilista: libero arbitrio come totale assenza di causalità determinante lo scegliere in un modo anziché in un altro. Una volta inteso l'arbitrarietà come totale assenza di causalità, allora la negazione del libero arbitrio dovrebbe trascinare con sé anche l'arbitrarietà di ogni cosa, compresa l'etica. Ma se invece lo si intende in un'accezione compatibilista, cioè libero arbitrio come condizione in cui la causa determinante è interiore al soggetto agente, allora la contraddizione cade: il determinismo non sarebbe assenta, c'è, ma agirebbe a livello interiore, nelle tendenze delle persone a seguire un'inclinazione naturale ed originaria, quindi sviluppo di un autonomo e soggettivo sistema di valori, non campato per aria o nascente sotto un cavolo, ma espressione coerente dell'individualità personale, allo stesso modo di come l' "essere quercia" della quercia non è frutto del caso, ma coerente risultato dell'inclinazione già presente come nucleo originario dello sviluppo già insito nel seme

La quercia si limita a fare la quercia, noi siamo un tantino più complicati. Soprattutto trovo assai azzardato ipotizzare un determinismo "a livello interiore, nelle tendenze delle persone a seguire un'inclinazione naturale ed originaria". Siamo materia bruta che si plasma in un processo di formazione (Bildung) lungo decenni di età evolutiva in cui succede di tutto e di più e i cui risultati scardinano e riscrivono qualsiasi interiore imperativo categorico. Processo che continua, modificandoci in base alle esperienze vissute, fino alla morte.
#7864
Il mondo dei significati é sempre metafisico anche quando applica il concetto di libertà a situazioni fisiche. Tant'è che se non si può evadere dalla gabbia col corpo lo si fa assai di più col pensiero. Così la libertà ritorna ad incombere mostrando e arricchendo l'arco dei suoi significati. Una metafisica che si ponga come sapere contro e alternativo alla fisica é totalmente insensata. Non fosse per il fatto che anche la fisica é un metadiscorso sulla natura. Non ci si libera dalla libertà con sofismi veterometafisici piú di quanto la si possa negare sul piano fisico.

#7865
Citazione di: viator il 06 Dicembre 2018, 15:53:12 PM
...
In effetti io trovo che il lavoro di Kubrick non sia fantascienza ma fantafilosofia. Il monolite è l'effetto ultimo (della scienza) destinato a costituire la causa prima (di una nuova filosofia).
E Hal non è una intelligenza artificiale. E' un coscienza artificiale. Salutoni.

Certamente: alla scienza spetta l'intelligenza, alla tecnica l'autocoscienza di quella intelligenza. Qualcosa di simile deve aver detto anche Heidegger. Autocoscienza significa etica, volontà di agire in proprio, e qui cominciano i problemi. Già Chaplin in Tempi moderni ci mostra come la catena di montaggio trasferisce il dominio del tempo di lavoro dall'operaio alla macchina. Hal fa di più: controlla autocraticamente la vita degli umani che gli sono affidati e ci mette molto poco ad accorgersi che sono in sua balia.

La tecnica funziona così: è dispositivo di dominio sul mondo. Prima di passare alla tecnologia ha sperimentato i suoi metodi nelle macchine ideologiche: economia, politica, religione. Ora sta trasferendo questa esperienza sulle macchine tecnologiche. Hal è il racconto di questo trasferimento. Non siamo più noi a decidere le avarie, ma è (chi controlla) la tecnica. Ma, come Hal, la tecnica finisce col decidere in proprio e può decidere che l'avaria sono gli umani, come i calcolatori finanziari che decidono che lavoratori rottamare e quali tenere.

#7866
Una metafisica che ignora la prassi è una metafisica morta. Seppellita da Marx con le tesi su Feuerbach e da Nietzsche con la sua indagine sul mondo dietro il mondo. Il significato metafisico di quella "parolaccia vetero-umanista tanto cara ai demagoghi e agli adolescenti" penso lo conosca più di chiunque altro un un animale rinchiuso in  gabbia. Come in molte altre situazioni, non c'è nulla di meglio del negativo per illuminare un concetto.
#7867
Citazione di: Phil il 06 Dicembre 2018, 18:51:41 PM

Se quindi, fino a prova contraria, non si può essere liberi dalla propria volontà né da come si ragiona, qual'è la "libertà" del libero arbitrio, da cosa si è liberi?

Si è liberi di volere ciò su cui si è ragionato.

Citazione

Non si rischia di confondere la "libertà" dell'arbitrio con quella della sua attuazione pratica?

Può essere ma almeno in pratica si mostra, anche metafisicamente, un certo grado di libertà

Citazione

Cosa si perderebbe a parlare semplicemente di «arbitrio», senza usare quella "parolaccia vetero-umanista" tanto cara ai demagoghi e agli adolescenti?


Quello che si guadagnerebbe separando dalla libertà la parolaccia cara a teologi e relativisti etici. Io preferisco parlare di gradi di libertà di  soggetti all'interno di un contesto storico-naturalistico dato. E lascio perdere l'"arbitrio". Escluso quello in senso strettamente matematico, che ci sta bene in compagnia del suo compare "a caso".

Citazione
P.s.
Chiaramente, si può deviare da tale questione percorrendo differenti strade: quella dell'istanza teologica (con le sue antinomie e "misteri" che legano libero arbitrio e peccato), quella storico-culturale (con riflessioni politiche o antropologiche sulle declinazioni delle libertà), quella epistemologica (con il causalismo che assedia sempre più l'apparentemente casuale), quella esistenziale (con l'interrogarsi estetizzante sul "peso" della eventuale libertà), quella etica (figlia di quella teologica e madre di quella giuridica, in cui la libertà è "incatenata" alla responsabilità, e vengono entrambe pesate sui piatti della bilancia para-utilitaristica «bene/male»), etc.

Per ora mi tengo stretta quella etica (politica, giuridica, antropologica), in attesa che la bestia bionda risolva il problema in maniera definitiva. Ma anche quella estetica, nell'arte, sport e sollazzi vari.
#7868
Citazione di: davintro il 05 Dicembre 2018, 23:28:57 PM
Ogni scienza non può che limitarsi a mirare a una conoscenza dei fatti "così come sono", mettendo tra parentesi ogni soggettivo giudizio di valore, di "giusto", "sbagliato" giudizi che utilizzano la categoria del "dover essere" che proprio in quanto ispira la volontà di agire, non può essere un fatto, altrimenti la volontà di agire sarebbe insensata, essendo il suo fine già reale. In contrasto con un certo intellettualismo socratico, non esiste alcun passaggio logico necessario tra la conoscenza oggettiva dei fatti e l'assunzione di un'ideale di "realtà come vorremmo che fosse", persone di diverso orientamento etico possono condividere lo stesso livello conoscenza delle cose, e ricavarne un giudizio morale, in quanto ciò che fa la differenza non sono i fatti, ma la diversa sensibilità soggettiva che guida la volontà

Concordo con la risposta di sgiombo sull'universalità dei principi etici. Siamo esseri sociali e succhiamo l'ethos insieme al latte materno. Imprinting etico che è strettamente legato alla sopravvivenza che il cucciolo deve apprendere per convivere nel branco. In contrasto con l'intellettualismo idealistico ritengo del tutto assodato che vi sia un passaggio logico necessario tra la conoscenza oggettiva dei fatti e l'assunzione di un'ideale di "realtà come vorremmo che fosse" e tale passaggio logico consiste nelle condizioni materiali (culturali, di classe) in cui una determinata etica si forma e aggrega consenso. Ad esempio: sapere scientificamente come si sviluppa la vita umana è un fondamento fattuale ad una unificazione etica razionale, e non sentimentale o confessionale, intorno alla questione dell'ivg e ai tempi della sua attuazione. Conoscere la tossicità di certe sostanze è logicamente connesso all'etica del lavoro. E così via.

Insomma, a differenza di come pensa l'intellettualismo idealistico borghese, l'etica non nasce sotto un cavolo e non è per nulla arbitraria, ma sempre socialmente e naturalmente determinata. La sua violazione, pur possibile in un regime di l.a. soggettivo, è o non-etica o etica alternativa. Ma sempre a quella koinè etica dominante fa riferimento e alle condizioni materiali (inclusi i conflitti nel caso di etiche alternative) che l'hanno prodotta. Per non-etica intendo il caso del ladro che non gradisce essere derubato, dell'assassino che non gradirebbe essere assassinato, del violento che non desidera essere violentato. La non-etica non può essere spacciata per etica alternativa.

Tornando al tema della discussione mi ha sempre sorpreso la contraddizione che i negatori totali del l.a. siano contemporaneamente anche i maggiori sostenitori dell'etica arbitraria !  ;D
#7869
Tematiche Spirituali / Re:Ipotizzando, ho un problema
06 Dicembre 2018, 09:26:06 AM
Citazione di: Jacopus il 05 Dicembre 2018, 23:07:53 PM
Pensare di cambiare le istituzioni sociali senza mettere mano ai meccanismi di pensiero radicati dentro di noi, compreso il pensiero della "purezza paranoica", è comunque illusorio. È anche possibile che sia io ad illudermi, ma lasciatemelo dire: sono i cambiamenti sottili e sostenuti nel tempo a produrre le vere rivoluzioni. E anche questo costa fatica, forse ancor più che guardare negli occhi il mostro che vive dentro la nostra anima.

Certamente. I fanatici sono la palla al piede di ogni rivoluzione. Che per essere tale ha bisogno di tempi lunghi in cui l'oppressione arrivi a mostrare tutte le sue contraddizioni, la sua nudità, fino alla sfera etica. Come diceva un vostro forumista che conobbi in altro forum, per conoscere cosa c'è dentro l'anima bisogna pure avercela. Non so quanta anima sia rimasta dentro il mondo omologato dal Mercato.
#7870
Citazione di: Jean il 05 Dicembre 2018, 19:21:31 PM

Sì, parrebbe una reincarnazione, tuttavia ad un livello superiore di coscienza... magari il superuomo nicciano annunciato dallo Zaratustra... e qui ci manca il supporto dell'amico Garbino per addentarci nell'interpretazione che assai fece discutere e a cui si ricollega @ Ipazia, dal suo punto di vista (e quello di Nietzsche) naturalmentelasciando Dio fuori dal set... (grazie Ipazia per l'intervento).

C'è un guastafeste, tuttavia, in questo castello interpretativo: e si chiama Dio. Nietzsche, infatti, è il filosofo che ha annunciato la sua morte. Kubrick, invece, dice – addirittura – che il concetto di Dio è "al centro" del suo film. Ma quale Dio?
Il regista non ha in mente "un'immagine tradizionale, antropomorfa di Dio", bensì crede sia "possibile formulare un'affascinante definizione scientifica una volta accettato il fatto che esistono circa cento miliardi di stelle solo nella nostra galassia".

L'oltreuomo niccano ha caratteristiche divine, è un fato, inteso come gli dei dell'antica Grecia, e questo carattere fatale è accentuato ancor più nelle opere tarde di FN tra 87 e 88 prima del crollo. Le ultime parole del suo ultimo saggio sono: Dioniso contro il Crocefisso.

Il filo conduttore del film è il monolite: demiurgo di quello strumento di progresso e dannazione che è la tecnica. Il passaggio di testimone "tecnologico" tra l'osso-clava e le astronavi è trasparente. Così come il cambio di atmosfera dal dionisiaco (natura) all'apollineo (razionalità) viene sottolineato dall'opposto registro della musica dei due Strauss, oltre che dalla scenografia sobriamente funzionalista dell'interno delle stazioni spaziali.

La morte di dio la porrei nella Luna, pianeta morto per definizione, e la musica di Ligeti a far da requiem ci sta pure bene. Il monolitico nume risorto dalla tomba lunare rilancia la storia umana e cinematografica verso i confini del sistema solare. La scelta di Giove (Zeus-Jupiter) non mi pare casuale. L'ambiguo intreccio tra uomo e tecnica riprende il suo corso fino al redde rationem finale.

L'avaria. Certo che c'è, ma non è la casuale avaria di una I.A. che ha deciso di fare il salto in proprio, ma quella più profonda del rapporto uomo macchina, dell'uomo che, dopo averlo sottratto a Dio, ha consegnato alla Tecnica, nuovo idolo assoluto, il suo destino. C'è molta consapevolezza di questo ruolo nella flautata petulanza di Hall 9000. L'arcere David Bowman si troverà alla fine da solo, in rappresentanza dell'Uomo, a dover trarre tutte le frecce dalla sua feretra razionale per porre rimedio a tale fatale avaria. La disattivazione di Hall 9000 è il momento dell'illuminazione, della ripresa del cammino dell'homo sapiens verso il suo destino. La morte di Hall ha del patetico (... ho paura... la filastrocca infantile...): il risveglio dal sogno della ragione rivela la banalità del mostro da essa creato ed a cui si è affidata (anche se nella realtà i ponti e le case continuano a crollare, le macchine a uccidere e le macchine di morte a volare. Anche nel Vietnam di allora). Interessante pure la già sottolineata simbologia dell'unico occhio e l'analogia con l'odissea omerica. Ma ci vedrei pure Tolkien e Foucault.

E' pure il momento in cui si ripristina il contatto con la memoria umana della missione e la macchina (la sonda) torna ad essere docile strumento in mano al suo signore, lasciando l'astronave a tomba eterna dell'ultimo nume tecnologico nel silenzio del cosmo.

La passione finale, sottolineata ancora una volta dalla musica di Ligeti e da una scenografia psichedelica, finisce, com'era cominciata l'ultima missione, in un luogo totalmento apollineo, segnato anche cromaticamente dal bianco dell'astrazione razionalistica e dal rispecchiamento speculativo di rughe implacabili. In quelle geometrie platoniche l'ultimo uomo consuma la sua ultima cena che non lascerà alcun simbolo a memoria futura. Nessun sacro graal o goccia di vino per i pifferai della musica dell'avvenire. Solo un esile calice di cristallo, in cui tutto è già stato bevuto, in frantumi.

Non resta che il commiato, il passaggio di testimone, certo non trionfale come il volo della tibia dionisiaca verso le apollinee macchine celesti, ma l'indice tremolante dell'ultimo uomo verso l'incognito che lo sostituirà. Nessuna musica per tutta la sequenza: solo un respiro, pneuma, atman, sempre più affannoso fino all'agonia.

L'ultimo Zarathustra straussiano che accompagna la creatura verso la Terra (eterno ritorno ?) è più per motivi drammaturgici cinematografici, perchè la musica dell'avvenire, quella vera transumanata, non la conosciamo. Ma pure un doveroso omaggio al creatore di quello che una volta si chiamava immaginario collettivo, che permea da capo a fondo questo film. Fece bene Kubrick a non sbilanciarsi più di tanto: i miti amano il mistero. E il mistero rende questo film ancora più mitico.
#7871
Citazione di: viator il 05 Dicembre 2018, 21:45:09 PM
Salve Jean ed Ipazia. A proposito della "nota umoristica" di Jean (l'umorismo è un  formidabile grimaldello per la verità), condivido in modo speciale per quanto riguarda Ipazia.

Ciascuno ha il proprio stile, per carità. Poi il proprio bagaglio ( ho detto bagaglio, non bavaglio) culturale, poi tante altre belle cose.

I linguaggi troppo culturalmente indirizzati hanno in genere (consapevolmente od inconsapevolmente) dei tre scopi l'uno : sovrastare l'interlocutore oppure svolgere del narcisismo intellettuale (non sono questi due, mi sembra, i casi di Ipazia) oppure escludere gli inadeguati.

Il fatto è che l'esclusione degli inadeguati può costituire sia un arricchimento che un impoverimento del Forum. Meglio un forum "d'èlite" poco comprensibile ma profondo od uno "democratico" ma pieno di superficialità ?

E' il solito problema. La definizione di "radical chic" insegna". Ai posteri l'ardua sentenza. Salutoni.

Mamma mia quante paturnie. Lasciamo perdere i complessi di vario genere e cerchiamo di essere adeguati ciascuno alla propria maniera. Dai viator, ti racconto una favola liberamente tratta da 2001 Odissea nello spazio con tutte le mie inadeguatezze a cui sono molto affezionata.
#7872
Tematiche Spirituali / Re:Ipotizzando, ho un problema
05 Dicembre 2018, 22:48:47 PM
Nella lotta sociale serve di più conoscere l'altro. Senza inghippi demonizzanti che intorbidano le acque e confondono, fino ad invertire, le colpe.
#7873
Tematiche Spirituali / Re:Ipotizzando, ho un problema
05 Dicembre 2018, 22:14:12 PM
Ridurre le contraddizioni sociali a una lotta tra il bene e il male è  una bufala colossale. Nei conflitti sociali ci sta anche molta propaganda demonizzante, ma é epifenomenica e, in ultima analisi, controproducente perché altera il focus della contesa e falsifica il significato della lotta.
#7874
Si tratta penso della traduzione italiana di Le Deuxième Sexe, 1949. Strano il titolo italiano. Era meglio conservare l'originale. E' un'opera che ha fatto storia, non solo tra, e per, le donne.

#7875
Di cosa sia fatto il pensiero non lo sappiamo. Così come non sappiamo cosa c'era prima del big bang, così come Watt non sapeva nulla di termodinamica, ma ha creato ugualmente la prima macchina termodinamica. Ma sappiamo come funziona il pensiero e sappiamo che riesce a manipolare la realtà in maniera creativa. Tanto basta per dargli l'importanza che merita nella soluzione dei problemi umani. In ogni caso è uno spazio che si prende da solo, indipendentemente da tutte le speculazioni che si sono fatte da sempre sul suo conto. Sappiamo anche che è dotato di una volontà decisionale tra  varie opzioni possibili. Dove c'è scelta c'è libertà. E si torna all'evidenza reclamata da me ed altri.  :D Evidenza tutt'altro che banale, come dimostra la difficoltà della ricerca di antropomorfizzazione comportamentale della I.A.