Citazione di: davintro il 03 Dicembre 2018, 17:49:54 PM
uscendo per un attimo dal tema della discussione (ma spero ci si potrà tornare a breve, magari in topic maggiormente "ad hoc"), direi che la distinzione tra etica e diritto può basarsi su un assunto che io trovo logico, cioè i valori etici non sono "fatti", realtà oggettivamente esistenti in natura, ma ideali indicanti un "dover essere", criteri di giudizi non descrittivi, ma prescrittivi. in quanto fondativi delle azioni (se così non fosse, se i valori etici fossero fatti oggettivi, che bisogno ci sarebbe di agire per realizzarli, dato che già sarebbero realizzati? Se il "dover essere" coincidesse con l' "essere" allora la realtà così come è dovrebbe appagare moralmente chiunque, mentre l'insoddisfazione tra la realtà così come è e la realtà come vorremmo che fosse testimonia lo scarto tra l'oggettività della prima, e la soggettività ideale della seconda).
tal quale il diritto. Chi ha mai detto che l'etica è oggettiva ? Non lo è neppure il diritto. Sono entrambi determinati dai principi etici condivisi di una determinata società. Ovviamente ci sono delle differenze, ma sono funzionali, non sostanziali. E se ne può pure parlare ...
Citazione di: davintro il 03 Dicembre 2018, 17:49:54 PM
E se il compito della politica è quello di garantire un massimo livello di benessere per il massimo numero di cittadini possibile, e il benessere coincide con una vita condotta con i propri valori personali e soggettivi, allora la conseguenza che trovo più logica è quella di non far coincidere il diritto, che deve ispirare delle leggi che riguardano la vita di tutti, con un sentimento etico soggettivo, che, se coincidesse con il diritto, dovrebbe per forza coincidere con il sentimento etico soggettivo dei governanti, o più in generale della classe politica che fa le leggi, che imporrebbero i LORO personali valori etici, le LORO condizioni esistenziali di benessere, al resto della popolazione, composta, almeno potenzialmente, di individui che perseguono diversi valori, e diversi modelli di realizzazioni della personalità, cioè di benessere (come nel caso delle teocrazie, che sono modelli di stato etico, né più né meno dei totalitarismi laici"). Ecco che la distinzione etica/diritto diventa la strategia più efficiente perché più persone possibili possano accedere a un livello di benessere, seguendo i loro valori personali, senza essere ostacolati da interventi esterni ispirati a valori diversi da loro e contrapposti. La neutralità assoluta dello stato può considerarsi come un'astrazione impossibile da seguire in forma pura, ma almeno si potrebbe mantenerlo come ideale regolativo, a cui cercare di ispirarsi nel modo più coerente possibile, entro i limiti dell'imperfezione umana e delle contingenze storiche empiriche entro le quali cerchiamo di applicare gli assunti teorici
Tutto questo discorso è alquanto incoerente e idealistico. La politica è governo della polis reale, non di quella ideale. La politica di una società classista non tutela certo le classi subalterne. E il diritto segue a ruota. Lo stato non è neutro per definizione. E' stato istituito e continua a funzionare a tutela della parte socialmente egemone. Lo so che la teoria liberale glissa su tutto ciò e postula un'uguaglianza teorica, sempre contraddetta dai fatti economici su cui si incardina pure il diritto nella società borghese liberale.

In fisica è sempre riconducibile ad una qualche funzione matematica che, a posteriori, lo formalizza attraverso il calcolo statistico più o meno accurato secondo le conoscenze empiriche di cui si dispone.
ha riepilogato il determinismo a corrente alternata, proprio di tutta la filosofia e scienza in salsa maschile.