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Messaggi - Ipazia

#7936
Molti ancora negano il l.a., o meglio la libertà di agire, postulando il principio di causalità come assoluto. Argomento retorico ancora prevalente per dimostrare l'esistenza di dio, con regressione all'infinito al seguito. Ma, per dio, questo e altro. Questo e altro anche per negare l'esistenza di uno spazio indeterministico in cui la volontà può liberamente districarsi. Ma mi chiedo: che senso ha postulare una cosmogonia su quello che è avvenuto prima del bigbang ? E ancor peggio imporla dogmaticamente ? Il l.a. sarà pure ovvio ma, in mancanza di meglio, teniamoci l'ovvio.

Nel frattempo a picconare sul l.a. ci pensano le neuroscienze ma neppure esse, salvo qualche talebano scientista, fingono ipotesi che non sono in grado di dimostrare. Mi pare che i filosofi abbiano argomenti ancora meno solidi per dimostrare l'assenza del l.a. Basta armarsi di tanta pazienza e smontare logicamente i loro sofismi. Con l'empiria si arriva ancora prima e si perde meno tempo.
#7937
Citazione di: Jacopus il 25 Novembre 2018, 22:52:35 PM
...
Una visione con al centro l'uomo concreto e non il compagno/camerata/fedele astratto, la consapevolezza che grandi cambiamenti avvengono su grandi tempi e l'assenza di ogni consolazione religioso-escatologica. Sono queste le mie tre bussole, piuttosto incompatibili con il materialismo storico.

L'uomo concreto è una creazione del materialismo storico. Prima esisteva solo l'uomo ideale. Il passaggio che manca nel tuo discorso riguarda la natura (ontologica, visto che siamo tra filosofi   :P ) del materialismo storico che è scienza umana pura il cui oggetto di studio è l'uomo, divenuto concreto, dopo millenni di idealistica astoricità, nella sua evoluzione storica. Nel materialismo storico non c'è null'altro.

Altro c'è invece nelle scienze umane applicate che attingono alla sua gnosi per motivi di studio o interesse. Alle prime appartengono discipline come storia (ovviamente), antropologia, psicologia, linguistica,... le quali hanno confinato tutto lo strumentario idealistico nella fiction. Alle seconde appartengono le ideologie, religiose o profane, il cui interesse consiste nel dominio sull'uomo concreto e il suo mondo. Tutte vi hanno attinto, anche prima che il materialismo storico venisse formalizzato. Anche il cristianesimo: i principi pedagogici di Ignazio di Loyola sono tutt'altro che idealistici.

Tra le ideologie moderne che ne hanno tratto profitto direi che l'allievo più meritevole sia proprio il liberismo capitalistico che ha tranquillamente abbattuto il figlio primogenito di Marx affetto da troppe paturnie idealistiche e tare materialistiche. Come mostra la storia del cristianesimo, con le prime si può prosperare migliaia di anni, ma con le seconde si naufraga in pochi decenni. I cinesi pare stiano recuperando terreno con un mix diverso tra struttura e sovrastruttura.
#7938
Tutto ha i suoi  canoni. Anche l'utilità, il bene, la giustizia. Si tratta di scoprire quali sono più radicati nella psiche umana e da lì partire per capire i valori su cui si fonda la morale. Che saranno un mix di quante ho citato, ma della cui efficacia il senso estetico non è certo minoritario. Soprattutto quando abbiamo a che fare con ciò che spinge a volgere lo sguardo: la bruttezza.

Basta andare in quel gran museo che è il Vaticano o ascoltare la musica di Bach, Hendel, Pergolesi,... per capire quanto conti la bellezza nel contesto etico.

Citazione di: Kobayashi il 25 Novembre 2018, 08:12:07 AM
...
Così come il viso di una persona sconosciuta che ci incanta all'improvviso tra la folla: come quando camminando in un bosco ci si ritrova inaspettatamente in uno scorcio di natura perfetta.
Il segno di una pienezza possibile che va accolto con gratitudine.

Appunto  :)

#7939
Subdolo no: conclamato e trionfante. Si chiama Europa. L'Europa che ha abolito le tutele dei lavoratori e amplificato a dismisura il potere dei padroni ad un livello che nessun stato fascista del XX secolo riuscì a realizzare. L'Europa che ha realizzato il divide et impera su scala continentale attraverso il dumping interno del lavoro e dei capitali, azzerando il potere contrattuale dei lavoratori e dei sindacati. L'Europa che sanziona come aiuti di stato ogni forma di tutela nazionale dei propri posti di lavoro. L'Europa che ha stabilito libera concorrenza e mercato come dogmi assoluti, incurante della macelleria sociale che questi orrori producono. Un'Europa cosi fascista che se oggi si ritrova ancora qualcosa a tutela dei suoi cittadini bisogna andarlo a cercare negli eredi del fascismo del XX secolo, nei demagoghi, populisti sovranisti che sono l'unica difesa rimasta alle proprie popolazioni.
#7940
Citazione di: Socrate78 il 24 Novembre 2018, 10:29:58 AM
Si può notare come la nostra civiltà, anche se a volte non lo dichiara troppo apertamente, dia un'importanza spropositata ed esagerata all'estetica e alla bellezza esteriore: il corpo considerato "bello" (femminile ma anche maschile) secondo canoni in fondo relativi viene proposto ovunque, nella pubblicità, nei mass-media, e l'industria della bellezza ha di conseguenza un fatturato altissimo. Tuttavia, almeno secondo me, la bellezza esteriore è un involucro effimero e per molti aspetti anche illusorio ed artificiale, che non determina affatto il valore della persona: si può avere un fisico scolpito e perfetto ed essere ignoranti, incompetenti, abietti persino, molto stupidi o manipolatori e corrotti, quindi dall'involucro non si può intuire il "contenuto" della persona. In fondo l'inconsistenza della bellezza esteriore si può comprendere vedendo un oggetto che può essere bellissimo esteriormente, ma non servire a nulla: la sua bellezza è un inganno, che nasconde l'inutilità.  Da che cosa deriva l'importanza così forte data all'estetica? Io credo che sia perché, siccome ormai non esistono più valori etici riconoscibili da tutti, allora si vuole ripiegare verso qualcosa che, pur effimero, viene imposto come universale e in cui tutti si devono riconoscere, la bellezza appunto. E' corretta la mia riflessione?

Mica solo la nostra civiltà. La storia parte da lontano, dal busto di Nefertiti fino al καλός καὶ ἀγαθός (kalòs kai agathòs) che coniugherà bellezza e virtù nel corpo di una dea immortale Afrodite, immortalata da Prassitele nel corpo nudo di una dea mortale: Frine. Così divina per la koinè greca da salvarla in tribunale dalla stessa accusa di Socrate semplicemente mostrando il suo corpo nudo (ammetto che il confronto sarebbe stato impari). Leggenda o verità cambia poco: quello che i giudaico-cristiani-maomettani considerano demoniaco, per i padri della filosofia occidentale era divino e non poteva essere condannato. L'eticità del corpo nudo e dell'eros è ben presente pure nella filosofia classica orientale che riporta il kamasutra sui muri dei suoi templi. Io ripartirei da qui per definire l'etica del bello e del sapere che lo celebra, l'estetica. Ma andrei ben oltre l'amor cortese che nacque intorno al bel corpo di Eleonora d'Aquitania e che Phil riduce al suo diminutivo, l'etichetta. E ci andrei proprio appoggiandomi alle parole profetiche di Dostoevskij. La salvezza dalle manifestazioni più orrende della nostra evoluzione: guerra, sfruttamento, consumismo,... sara tanto più radicale quanto più si fonderà su un sentimento profondo come il disgusto che solo l'occhio estetico può dare. Il disgusto della bruttezza. In ciò io vedo che la potenza etica della pulsione estetica è ben superiore al sempre addomesticabile utile e all'impotente, nella sua astrattezza e opinabilità, bene.

Se devo spendermi in qualcosa questa è la mia verità, che da Prassitele al Rinascimento a Klimt fino ai nostri giorni si presenta sempre allo stesso modo: nuda Veritas.

(Con ciò non nego gli aspetti degenerativi segnalati dalla discussione, ma essi sono assai meno gravidi di "bruttezza" delle degenarazioni fondate sulle etiche dell'utile e del bene)
#7941
Citazione di: Jacopus il 25 Novembre 2018, 01:26:11 AM
Da molto tempo, dopo la necessaria infatuazione giovanile pro-Marx, ritengo il marxismo una sorta di religione terrena, dove al posto del paradiso celeste, viene fatto posto ad un paradiso terrestre, una società senza classi e piena di felicità. E' probabile che proprio questo substrato religioso sia stato un motivo importante della popolarità del marxismo, ma come nelle società dominate dalla religione, le società dominate dal marxismo hanno mostrato un volto senza pietà, quello del potere che non perdona e che persegue "il meglio" anche a costo del "bene".
Non a caso Marx proveniva da una famiglia pia, dove addirittura il nonno esercitava l'ufficio di rabbino, e Stalin fu istruito in un collegio di religione ortodossa.
Escludendo il "lieto fine", ritengo comunque il marxismo un notevole passo avanti nella capacità di analisi delle società moderne e molti suoi insegnamenti e analisi sono tuttora validi.

E lo sono perchè nessuna società regge senza una ri-legatura, che rimanda semanticamente al re-ligio di Lucrezio. Ma appunta di rilegatura terrena, tutta immanente, si tratta, in cui la pietra di paragone non sta nell'aldilà, ma nell'aldiqua. Alternativa a questa rilegatura terrena su base egualitaristico-solidale è ciò che sperimentiamo quotidianamente in una società in cui il paradiso in terra si realizza nei centri commerciali e nel feticistico culto della merce, con l'ascesi al cielo attraverso l'accumulazione capitalistica e il suo figlio primogenito, la crescita. Infinita come tutte le cose divine. L'esito di tale religione è il nichilismo più compiuto e persistente che abbia realizzato il suo regno in terra.
#7942
Citazione di: davintro il 24 Novembre 2018, 23:50:11 PM
personalmente penso che l'affermazione per cui la religione in realtà esprime la sofferenza, il sospiro dell'uomo, che cerca di scorgere in una dimensione di trascendenza l'appagamento di quelle esigenze che trova frustrate nell'ingiustizia della società attuale, vale in riferimento alla questione genetico-antropologica sull'origine della fede nell'uomo, "cosa spinge l'uomo a credere". Tale questione è però distinta da quella, più propriamente filosofico-metafisica, dell'effettiva verità della religione. Ammettendo come valida la tesi dell'origine della fede come desiderio di giustizia mondana, fede che il cui appagamento storico dovrebbe di fatto annullare, questo ancora non determinerebbe la verità o falsità oggettiva della fede in questione, a meno di non concepire, in una piuttosto insensata epistemologia, che la verità coincide con il consenso maggioritario delle persone, cioè a far dipendere la verità di Dio dalla fede delle persone. In realtà, i due piani restano distinti, e nulla potrebbe escludere che anche nella massima realizzazione possibile delle istanze di giustizia umane che il mondo, nella sua imperfezione può offrire, resti costante una riserva di aspirazione verso un'ideale di giustizia ancora più compiuta, trascendente le imperfette realizzazioni mondane, quindi un margine di religiosità, magari, almeno si spera, che si esprimerà in forme diverse da quelle finora conosciute,  più pure, perché forse più consapevoli dello scarto incolmabile tra la perfezione della giustizia divina e l'imperfezione di ogni sua imitazione storica, dunque più consapevoli dei limiti della pretesa di un certo clericalismo di far coincidere la chiesta visibile fatta da uomini, e la "Chiesa invisibile", irriducibile a ogni presunta rappresentazione storica. Azzarderei un, magari strampalato, tentativo di interpretazione storico-filosofico, forse questo legame di dipendenza del problema della "verità" della religione da quello dell'origine umana della fede, potrebbe essere un residuo di mentalità idealistica che il marxismo ha preservato in se stesso, l'idea della dipendenza della realtà oggettiva dall'attività cosciente del soggetto o dei soggetti.
Direi di no. La religione viene vista già dal giovane Marx come il surrogato di una giustizia assente, perseguibile però tutta per via immanente. Che la realtà oggettiva sociale (non certo quella naturale) sia modificabile dall'attivita cosciente del soggetto e dei soggetti (classe) mi pare si possa affermare anche in ambito materialistico, che, a livello sociale, contrappone sempre soggetti a soggetti. Come effettivamente è. Ma contrapposizione di soggetti storicamente determinati, non di idee astratte come avviene nell'idealismo.
#7943
Citazione di: Kobayashi il 24 Novembre 2018, 10:48:05 AM
È buona cosa criticare la metafisica, poi però non ci si deve aspettare che la filosofia possa avere la stessa robustezza del passato e quindi, delusi, definirla come irrilevante o addormentata se procede per tentativi fragili.
Del resto, cara Ipazia, per essere terra-terra, la filosofia che ciascuno di noi sperimenta non è un adeguarsi faticoso ai sistemi riprodotti nei volumi della propria biblioteca, ma uno sforzo personale che si declina in parte nello studio, in parte nello scrivere, in parte nel parlare ad alta voce come dei pazzi...
Siamo noi a doverci svegliare. Impariamo ad essere un po' più spudorati nello sfruttare l'immenso deposito di sapere che abbiamo a disposizione per la costruzione della nostra verità... ma che sia una verità bella, ricca, feconda, lussureggiante! Non la striminzita formula di un certo materialismo (o di un certo fondamentalismo della ragione).

Forse è proprio la robustezza del passato a rispondere alla domanda sulla debolezza dell'oggi. Ma non sarà la nostalgia del passato a riesumarla con le sue striminzite formule sull'Essere, Nulla, e sulla robinsoniana dialettica Soggetto-Oggetto. Non più di un certo materialismo da shopping e di un scientismo che ne è il sommo profeta. Se il Soggetto è la vita umana nel suo esserci reale circoscritto tra la nascita e la morte, da lì bisogna ripartire. E c'è spazio pure per la trascendenza. Umana.
#7944
Due questioni da sviluppare:

Solo la bellezza ci salverà (Dostoevskij)

L'etica su base estetica

...... saluti
#7945
Un rosso minaccioso messaggio mi consiglia di aprire una nuova discussione, ma non lo faccio perchè questa mi sembra quella giusta per chiarire la contrapposizione tra me e Lou & Ox sul rapporto tra struttura, sovrastruttura, materia vs. Oggetto-Soggetto. Ma ancora più giusta perchè è il luogo idoneo per un approfondimento di quella filosofia della prassi di cui il marxismo fin dalle origini (Tesi su Feuerbach) si fa promotore. Filosofia della prassi significa sostanzialmente etica/morale.

Il primo post di Sgiompo afferma il carattere etico e antimeccanicista del marxismo come risulta dalla lettera di Engels. La replica all'iniziatore della discussione (chissà se la leggerà ...?) è opportuna per iniziare a sviluppare il mio discorso.

Citazione di: davintro il 08 Marzo 2018, 23:56:56 PM

Ciò che mi verrebbe ora da osservare è la possibilità di considerare come un interessante fattore, l'idea di come l'assunzione di un'accezione rigidamente materialista del marxismo, nella quale la struttura (economia) pare presentarsi come principio assoluto e autosufficiente degli eventi storici, vada contestualizzata nell'epoca in cui Marx ed Engles vissero, l'ottocento culturalmente dominato dall'egemonia filosofia del positivismo, con la sua visione della storia per la quale i fattori naturalistici, studiabili dulla base delle scienze utilizzanti il linguaggio quantitativo e matematizzante  finiscono col determinare l'esistenza della dimensione qualitativa-spirituale, privata così di una effettiva autonomia. Sarebbe cioè possibile che alcune sfumature o modalità interpretative insite nel marxismo possano essere state motivate dal clima ideologico dell'epoca in cui sorse. Controprova di ciò potrebbe essere identificata nel fatto che nel secolo successivo, con la crisi del paradigma positivistico (anche sulla base dei nuovi indirizzi epistemologici, penso in particolare al falsificazionismo popperiano), sorsero letture del marxismo nelle quali, al di là delle varie differenze, tratto comune era il presentare la teoria come sempre più svincolata dall'appiattimento verso un rigido determinismo economicistico avente pretese di scientificità, e sempre maggiore ambiti di autonomia alla coscienza soggettiva e individuale venivano riconosciuti nell'opera di costruzione della dinamica storica (penso all'esistenzialismo sartriano, o alla scuola di Francoforte o a Gramsci che si rifacevano in larga misura a correnti filosofiche dalle premesse teoriche per certi aspetti antitetici al positivismo, come l'idealismo hegeliano o il neoidealismo gentiliano): insomma, un marxismo umanistico, che effettivamente sembra molto più in linea, con i chiarimenti, che qua in particolare Sgiombo ha portato. In questo senso si renderebbe ben maggiormente ragione di questa visione della storia nella quale gli interessi economici non determinano in modo meccanicistico la "sovrastruttura", ma dove lo "spirito", comprendente anche il senso morale individuale e l'idea di giustizia di ciascuno interagiscono attivamente con le dinamiche economiche, senza ridursi a effetto passivo di queste ultime.

Non solo, ma proprio la struttura stessa viene ricondotta alla sua occultata natura di relazione tra uomini, mistificata in relazione tra cose. L'oggettività della struttura è antropologicamente vincolante, ma metafisicamente/ontologicamente falsa, e la critica marxista riesce a destrutturarne la falsità oggettiva negli interessi soggettivi che l'hanno fondata. Tale falsificazione è inevitabile in qualsiasi società classista. Aristotele riteneva gli schiavi per loro natura degli oggetti animati perchè l'attributo umano nel bios-polis era la capacità di agire liberamente, ovviamente preclusa allo schiavo:

(Aristotele, Politica I, 4-5)

La dissimulazione ontologica prosegue, e si ingigantisce in quanto falsa coscienza sovrastrutturale, nella società liberal-borghese che, mentre proclamava il diritto alla felicità e si abbeverava a Rousseau, si faceva servire nei campi, officine e a letto da schiavi africani. Tale  mistificazione idealistica continua nelle forme attuali del lavoro salariato (e dei mostrusi surrogati del globalismo finanziarizzato), dove tutta la soggettività del cittadino cessa nel momento in cui, timbrato il cartellino, diventa un oggetto tra i fattori della produzione e dell'accumulazione. Col vantaggio, che non facendo parte del capitale fisso, può essere sacrificato in qualsiasi momento senza alcuna perdita del valore aziendale. Come spiegò magistralmente Marlon Brando in Queimada, confrontando la moglie con la prostituta.

La critica marxista mostra nel suo pieno disvelarsi il collasso della funzione d'onda dell'ideologia liberal-borghese, scissa tra un'onda libertaria e una materia schiavistica, indeterminabili - alla Heisemberg - nello stesso istante. Questa divaricazione di falsa coscienza, di doppia verità, è quella che ancora regola i rapporti politico-economici della modernità.

In conclusione, ben lungi dal deificare la struttura, superati gli ultimi sprazzi di positivismo, la filosofia della prassi marxista la decostruisce nei suoi aspetti soggettivi di mera violenza e dominio di classe. A cui non risponde in termini di automatismi meccanicistici, che ci riporterebbero alla cattiva oggettivazione, ma attraverso la soggettività di un processo rivoluzionario delle classi subalterne, sempre cosificate dall'ideologia, filosofia e storia dominanti.

Il materialismo storico è lo strumento teorico di destrutturazione di struttura e sovrastruttura nel cui procedimento ermeneutico l'oggetto idealizzato (stato, proprietà, mercato, capitale) si annulla, disvelando la reale contrapposizione di soggetti portatori di interessi contrapposti.

Citazione di: davintro il 08 Marzo 2018, 23:56:56 PM

Connesso a tutto ciò sarebbe interessante lasciar emergere un'altra questione, cioè se l'impianto materialistico anche nel senso ontologico (ateismo e definizione della religione come "oppio dei popoli) possa cessare di essere visto come elemento necessario del marxismo, ma solo sua possibilità accidentale, mentre la sua necessità, sarebbe solo un'apparenza effetto del clima materialistico tipico dell'ottocento positivista (considerando per "religione" non necessariamente aderenza a una determinata confessione storica organizzata, ma anche un generico senso della trascendenza spirituale).

Nell'Introduzione alla "Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico" il giovane Marx scrive (1843)

Il fondamento della critica irreligiosa è: l'uomo fa la religione, e non la religione l'uomo. Infatti, la religione è la coscienza di sé e il sentimento di sé dell'uomo che non ha ancora conquistato o ha già di nuovo perduto se stesso. Ma l'uomo non è un essere astratto, posto fuori del mondo. L'uomo è il mondo dell'uomo, Stato, società. Questo Stato, questa società producono la religione, una coscienza capovolta del mondo, poiché essi sono un mondo capovolto. La religione è la teoria generale di questo mondo, il suo compendio enciclopedico, la sua logica in forma popolare, il suo point d'honneur spiritualistico, il suo entusiasmo, la sua sanzione morale, il suo solenne compimento, il suo universale fondamento di consolazione e di giustificazione. Essa è la realizzazione fantastica dell'essenza umana, poiché l'essenza umana non possiede una realtà vera. La lotta contro la religione è dunque mediatamente la lotta contro quel mondo, del quale la religione è l'aroma spirituale.

La miseria religiosa è insieme l'espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale. La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, così come è lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l'oppio del popolo.

Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale. L'esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua condizione è l'esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni. La critica della religione, dunque, è, in germe, la critica della valle di lacrime, di cui la religione è l'aureola.

La critica ha strappato dalla catena i fiori immaginari, non perché l'uomo porti la catena spoglia e sconfortante, ma affinché egli getti via la catena e colga i fiori vivi. La critica della religione disinganna l'uomo affinché egli pensi, operi, configuri la sua realtà come un uomo disincantato e giunto alla ragione, affinché egli si muova intorno a se stesso e perciò, intorno al suo sole reale. La religione è soltanto il sole illusorio che si muove intorno all'uomo, fino a che questi non si muove intorno a se stesso.

E' dunque compito della storia, una volta scomparso l'al di là della verità, quello di ristabilire la verità dell'al di qua. E' innanzi tutto compito della filosofia, la quale sta al servizio della storia, una volta smascherata la figura sacra dell'autoestraneazione umana, quello di smascherare l'autoestraneazione nelle sue figure profane. La critica del cielo si trasforma così nella critica della terra, la critica della religione nella critica del diritto, la critica della teologia nella critica della politica.


Col senno di poi direi che l'oppio non può essere abolito per decreto, ma esso non è un gran problema: va legalizzato e tenuto sotto controllo perchè non faccia troppi danni, in attesa che la verità - ovvero la storia - ce ne liberi del tutto dalla sfera civile, lasciandolo solo al regno incontrovertibile - ampio e creativo - della fantasia umana.
#7946
Citazione di: 0xdeadbeef il 23 Novembre 2018, 16:08:56 PM
Che senso ha digiunare un giorno alla settimana? E poi gli altri giorni cosa mangiare?
Non è forse meglio seguire una dieta ben fatta? Come dice un ottimo sito di informazione sportiva ("albanesi.it"), bisogna
sempre abbinare dieta alimentare E attività sportiva. Mai fare solo dieta o solo sport.
saluti

Ha senso per chi interpreta l'invito di FN a pensare in movimento col movimento del pensiero (che muscolo non è) sotto un noce di fronte al mare. In tal caso il digiuno e la modica dieta sono l'unico antidoto al sovrappeso.
#7947
Anch'io mi rivolgo a chi ricerca la verità. Mostrando tutte le incongruenze della Verità e della sua logica.

Per far la qualcosa devo interagire col logos dei depositari della Verità. Ma senza pretendere alcuna interlocuzione da quel versante (ammesso sia possibile non schiodarsi mai dal Trono  ;D ).
#7948
Dall'interpretazione dei sogni è nata la psicoanalisi. Sicuramente un progresso rispetto agli spiriti e ai numeri del lotto. Io constato che il senso di costrizione o di libertà del mio mondo onirico si accompagna assai coerentemente alle fobie e gioie della vita quotidiana, per cui li considero un indicatore utile e obiettivo della salute del mio esserci. Più di una volta il sogno mi ha dato l'input per risolvere situazioni sgradevoli proponendomi, con le sue simbologie (leggerezza, volo, immersioni marine, corsa, in contrapposizione a situazioni claustrofobiche), la ricetta risolutiva. Come in una santa alleanza tra conscio e inconscio. Tra volontà e sua rappresentazione simbolica nel profondo.
#7949
Citazione di: Kobayashi il 24 Novembre 2018, 08:58:46 AM

Un ragionamento decisamente riduttivo. La ricerca di senso non ha a che fare solo con la morte, ma anche con cose come libertà, coscienza, bellezza, amore etc. Esperienze che se fossero solo il prodotto dello sforzo di rimuovere la paura della morte sarebbero fragili come certe costruzioni religiose (le idee di una vita oltre la morte a cui praticamente nessuno crede veramente). Invece hanno la forza di qualcosa di fondamentale, di irriducibile.

Del resto che dopo millenni di ricerca filosofica su questi temi ci si debba oggi affidare alla biologia mi sembra il segno per la nostra civiltà di un fallimento clamoroso.

Concordo: della filosofia. Che a forza di cercare nel mondo dietro il mondo i suoi fondamenti non si accorgeva, e continua a non accorgersi, di averli lì davanti: la vita umana. Da riempire di senso nella sua caducità e unicità (l'unico Uno che meriti la maiuscola). Cosa che gli umani fanno da sempre a prescindere e spesso contro i postulati metafisici dettati dalla falsa coscienza e dai veri interessi, riempiendola di libertà, coscienza, bellezza, amore, (conoscenza,..) per quello che è loro dato possibile fare. E le stelle stanno a guardare mentre la bella addormentata continua a sognare.
#7950
Citazione di: bobmax il 24 Novembre 2018, 08:22:53 AM
I paradossi di Zenone dimostrano l'Uno. Achille raggiunge la tartaruga perché il molteplice è un'illusione.

La logica va tenuta ben ferma. Non va mai disprezzata. Occorre seguirla, sino a portarla al suo Limite.

Occorre però fede nella Verità!
Senza la quale, si arriva al paradosso (questo si davvero assurdo) di negare la Verità e poi dare per certo l'ovvio...

Nichilismo, che si nutre di una pseudo logica, una logica a uso proprio...

I paradossi di Zenone dimostrano solo che la matematica dei greci era ancora inadeguata a risolvere una progressione.

La logica è ingannevole, a cominciare dai suoi sillogismi. I sofisti completeranno la frittata.

Occorre fede nella conoscenza
Con la quale, partendo dall'ovvio si arriva al sapere.

Nichilismo è il mondo dietro il mondo