Mi scuso con viator che ho avuto occasione di apprezzare, ma chi nega il libero arbitrio mi rammenta sempre la nera tarantola di nicciana memoria che tesse la tela intorno alla sua vittima inoculandogli il veleno dell'illusione. Illusione diventa ogni cosa piacevole del vivere, mentre la vera vita è altrove. Francamente mi sono stufata di questi narratori di un mondo dietro il mondo, della tirannia del Tutto, dell'Essere e della sua recondita cosa-in-sè, declinati tra dio e natura. Di questi eviratori, come li chiama il profeta, della gaia scienza e del piacere della vita per quella che è, compresi i margini di autodeterminazione che essa ci offre.
Ox e everlost ne hanno mostrato la semplice empirica evidenza: qui davvero simplex sigillum veri. Jacopus ha opportunamento relativizzato la tesi opposta e Sariputra ha proposto un'immagine perfetta da cui prendere le mosse per il prosieguo. La natura dà le carte e fissa i limiti, detta pure le regole della sopravvivenza e fornisce un aiutino con la memoria genetica. Su tutti questi elementi l'uomo, come specie e come individuo, ha saputo ampliare il suo grado di libertà. Il modo in cui lo fa è meno semplice, perchè le nuove libertà, implicano nuovi vincoli, che a loro volta rideterminano il concetto e la sostanza della libertà possibile. La dialettica umana ha un suo negativo e Adorno lo racconta. Il movimento complessivo è quello di una spirale che ritorna su se stessa, ma allargando il suo raggio d'azione. Ich lebe mein Leben in wachsenden Ringen, canta Rilke (vi lascio il piacere della traduzione). Tornando a Sariputra, anche le regole del gioco antropologico si modificano giocando, e questo modificarsi impone nuove regole. Ma anche questa è libertà dai vincoli naturali (e divini, se esistessero).
Persino sul più ingegnoso trucco naturale per esorcizzare la morte individuale attraverso il divenire della specie, il DNA, la nostra specie ha messo lo zampino della libertà, creando (poiesis) un secondo canale di eternamento di noi stessi. Canale a cui,noi i filosofi, siamo sono particolarmente affezionati. Certamente più del deterministico DNA.
Ox e everlost ne hanno mostrato la semplice empirica evidenza: qui davvero simplex sigillum veri. Jacopus ha opportunamento relativizzato la tesi opposta e Sariputra ha proposto un'immagine perfetta da cui prendere le mosse per il prosieguo. La natura dà le carte e fissa i limiti, detta pure le regole della sopravvivenza e fornisce un aiutino con la memoria genetica. Su tutti questi elementi l'uomo, come specie e come individuo, ha saputo ampliare il suo grado di libertà. Il modo in cui lo fa è meno semplice, perchè le nuove libertà, implicano nuovi vincoli, che a loro volta rideterminano il concetto e la sostanza della libertà possibile. La dialettica umana ha un suo negativo e Adorno lo racconta. Il movimento complessivo è quello di una spirale che ritorna su se stessa, ma allargando il suo raggio d'azione. Ich lebe mein Leben in wachsenden Ringen, canta Rilke (vi lascio il piacere della traduzione). Tornando a Sariputra, anche le regole del gioco antropologico si modificano giocando, e questo modificarsi impone nuove regole. Ma anche questa è libertà dai vincoli naturali (e divini, se esistessero).
Persino sul più ingegnoso trucco naturale per esorcizzare la morte individuale attraverso il divenire della specie, il DNA, la nostra specie ha messo lo zampino della libertà, creando (poiesis) un secondo canale di eternamento di noi stessi. Canale a cui,

