@ Apeiron
Io assumo il punto di vista della cosa-per-noi, non della cosa-in-sè. Da questa prospettiva "pragmatica" e realista le cose sono molto più semplici e richiedono meno dimostrazioni. Quello che la ricerca scientifica offre mi basta e avanza. Ad essa consegno l'ontologia degli enti materiali incluso l'Essere e il suo ibrido Creatore. Ritengo tale posizione filosofica sostanzialmente materialista. A questo punti tu dici: non mi basta. Concordo e pertanto mi riservo uno spazio ontologico particolare, cui attribuisco un carattere trascendentale, agli enti immateriali prodotti dall'attività umana (res cogitans) interagendo con la Natura (res extensa) non intesa come realtà esterna vista da fuori, ma da dentro da una sua parte interagente. Tale interazione modifica la natura sia materialmente che "spiritualmente", trascendendo la legge esclusiva del DNA. Il processo ha caratteristiche dialettiche, di feedback, retroattive ed è su questa dialettica che si gioca il destino umano, la sua progettualità. Anche questa posizione mi pare compatibile con una filosofia materialistica (homo sive natura). Certamente non meccanicistica e dogmaticamente deterministica. Peraltro, delle patenti di ortodossia scolastica, non mi preoccupo granchè. Mi basta ridurre tutto il reale alla sua dimensione - in divenire -antropologicamente rappresentabile. La quale dà ragione anche della singolarità evidenziata da Einstein: il mondo è così comprensibile perchè anche gli strumenti della sua comprensione sono farina del nostro sacco.
Io assumo il punto di vista della cosa-per-noi, non della cosa-in-sè. Da questa prospettiva "pragmatica" e realista le cose sono molto più semplici e richiedono meno dimostrazioni. Quello che la ricerca scientifica offre mi basta e avanza. Ad essa consegno l'ontologia degli enti materiali incluso l'Essere e il suo ibrido Creatore. Ritengo tale posizione filosofica sostanzialmente materialista. A questo punti tu dici: non mi basta. Concordo e pertanto mi riservo uno spazio ontologico particolare, cui attribuisco un carattere trascendentale, agli enti immateriali prodotti dall'attività umana (res cogitans) interagendo con la Natura (res extensa) non intesa come realtà esterna vista da fuori, ma da dentro da una sua parte interagente. Tale interazione modifica la natura sia materialmente che "spiritualmente", trascendendo la legge esclusiva del DNA. Il processo ha caratteristiche dialettiche, di feedback, retroattive ed è su questa dialettica che si gioca il destino umano, la sua progettualità. Anche questa posizione mi pare compatibile con una filosofia materialistica (homo sive natura). Certamente non meccanicistica e dogmaticamente deterministica. Peraltro, delle patenti di ortodossia scolastica, non mi preoccupo granchè. Mi basta ridurre tutto il reale alla sua dimensione - in divenire -antropologicamente rappresentabile. La quale dà ragione anche della singolarità evidenziata da Einstein: il mondo è così comprensibile perchè anche gli strumenti della sua comprensione sono farina del nostro sacco.