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Messaggi - Apeiron

#811
Grazie sgiombo delle obiezioni (e dell'apprezzamento!) :)

Per quanto riguarda il linguaggio privato, non hai torto, può essere inteso come lo intendi tu. L'importante è chiarirsi :) (stesso discorso con epicurus... ammetto che a volte non so spiegarmi)

Sul discorso dell'argomento a favore: io credo che per qualche motivo sia una dimostrazione vera e propria (è un'intuizione). Purtroppo ci servirebbe un logico per formalizzare il tutto. Per questo motivo ritengo che anche nella filosofia è giusto rimarcare anche gli "argomenti molto forti" che non sono dimostrazioni. Però sono d'accordo con te che bisogna anche ammettere che non è una dimostrazione. 
#812
Epicurus, capisco che le mie risposte non siano convincenti e non lo sono nemmeno per me :) come ti ho detto sarà un mio limite, però credo che per riuscire a superare l'impasse dovresti darmi una tua definizione di "sensatezza". Non tutte le proposizioni che sembrano sensate lo sono. Per me "2+2=4" non si assoccia a nulla di "reale" e quindi non è "sensato" ma semplicemente è una proposizione "valida" nel contesto della grammatica dei numeri naturali. Per un platonista matematico è sensato. "Questa frase è sensata" non mi da alcuna informazione. Cosa dovrei capire da questa frase? :) Se vuoi per me "senso=significato=informazione contenuta dalla proposizione". Se ti ho stufato, porta pazienza e non rispondermi. Sono dell'idea che certe cose non sono in grado di capirle.  

Sgiombo, un linguaggio "privato" NON è comunicabile. L'Esperanto sì. Con linguaggio privato intendo un "linguaggio che solo io comprendo". Se questo non è possibile allora il solipsimo è insensato: un solipsista non potrebbe "capire" di essere tale in quanto per capirlo dovrebbe pensare di essere un solipsista. Per pensare qualcosa è necessario esprimere un pensiero (=creare un linguaggio). Se esisto solo io non avrei necessità di comunicare: anzi non mi verrebbe nemmeno in mente di farlo, non potrei nemmeno pensare di farlo. Questo mostra come il linguaggio sia almeno un "argomento a favore" del fatto che ad un "io" si debba sempre opporre un "altro". Un linguaggio privato (=non comunicabile) riuscirebbe a ovviare questo problema in quanto sarebbe auto-referenziale. Ma senza tale linguaggio come potrebbe il solipsista essere cosciente di sé? :)

P.S. Se per linguaggio "privato" intendi un lingaggio che capisco solo io ma che riesco ad utilizzarlo per comunicare in linea di principio allora sono d'accordissimo con te che l'Esperanto lo è.
#813
Citazione di: epicurus il 29 Giugno 2017, 11:57:16 AM
Citazione di: Apeiron il 28 Giugno 2017, 19:51:42 PMFin da piccolo sono stato sempre una persona riflessiva e questo da un lato mi aiuta ad accorgermi di problemi che altri non vedono, dall'altro però mi crea angoscia e depressione.
Mi dispiace sentire di questo disagio. Comunque, quando nel mio messaggio precedente ho scritto "molte volte il mio atteggiamento verso un quesito filosofico è il medesimo di quello che ho per un bel enigma da risolvere" era per comunicare proprio che il mio approccio alla filosofia è antitetico a quello di chi pratica l'attività filosofica spinto da un malessere esistenziale. Non solo sono convinto che sia possibile vivere serenamente filosofeggiando, ma credo che sia la situazione migliore. Credo che se la spinta fosse una curiosità "ingenua", la ricerca filosofia sarebbe più proficua e oggettiva, o almeno più divertente. :)
Citazione di: Apeiron il 29 Giugno 2017, 11:04:36 AMRisposta breve: "filosofo perchè anche se non lo faccio comunque sto filosofando (male)". Pensiamo all'etica... se lo scopo della mia vita è "amare il prossimo come me stesso" comunque devo capire cosa significa tale massima, ergo devo filosofare sul concetto di "amore". Pensiamo alla scienza... affinché non sia un semplice lavoro da contabile devo chiedermi "cosa vuol dire fare una teoria scientifica? o cos'è una teoria scientifica e qual è il suo legame con la realtà?". Quindi filosofo perchè semplicemente è inevitabile visto che la non-filosofia è una filosofia.
Ma è come dire "visto che tutti fan di conto, tutti sono matematici", "oppure tutti usano almeno un po' la logica, quindi sono tutti logici". Mi pare un po' riduttivo, e così saremmo tutti logici, matematici, informatici, economisti, politilogi, psicologi.... in pratica, tuttologi. ;D Il fare filosofia in senso pieno del termine significa qualcosa di più che il semplice "ogni tanto rifletto su quello che faccio o dico". Inoltre, conosco molte persone che vivono la vita in modo spensierato. Ragionano sui problemi lavorativi, politici o amorosi, ma hanno un approccio meno propenso alla riflessione profonda e/o astratta. Non si pongono "problemi sui massimi sistemi" o sulle fondamenta di alcune questioni. Ecco, questo mi pare l'esatto contrario del fare filosofia. E, aggiungo, non ci vedo nulla di male o di sbagliato. A me interessa la filosofia, a lui la finanza o la biologia... nessun problema. :)

So benissimo che la mia opinione è molto particolare e non è condivisa da tutti. Riguardo al malessere esistenziale ritengo che sia abbastanza indubbio che è un motore abbastanza comune della ricerca filosofica, specie quando questa è accompagnata da una forte spinta etico o perfino "religiosa" (anche se questo termine è pericoloso...). Riguardo poi a quanto dici che "tutti usano un po' di logica quindi sono tutti logici" cerco di farti considerare la cosa da un altro punto di vista. Qui in occidente, in genere, vuoi per l'ossessione medievale per il controllo delle coscienze vuoi per il fatto che la scienza ha dato una direzione molto "esterna/ingegneristica" al pensiero, ci siamo dimenticati che la filosofia è centrale nella vita di un uomo. La comprensione delle cose, la comprensione di come funziona il nostro ragionare ecc si può anche considerare non come mero intellettualismo ma come una spinta genuina alla ricerca della verità, dell'"eudamonia", del bene ecc. Ma ahimé tutto questo si è perso :( In India, e in generem nell'estremo oriente, questo problema tra i filosofi non sussiste. Il primo interesse della filosofia orientale sembra quello di unire la conoscenza e l'etica, tant'è che spesso senti dire che "la distorsione del pensiero è la causa della sofferenza" (concezione che era presente nel mondo ellenistico e perfino tra i primi filosofi cristiani tipo Boezio). In realtà l'idea mia di filosofia non è diversa da quella espressa da Schopenhauer, Nietzsche, Kierkegaard e Wittgenstein dai quali mi sono ispirato moltissimo. Il primo viene tacciato come "incoerente" (e lo era, ma non si può rifiutare il suo pensiero in questo modo...) perchè mai come prima di lui nessuno ha parlato della sofferenza in modo così onesto (e infatti è apprezzato da Jung, Einstein... non da filosofi accademici), Nietzsche e Kierkegaard sono perfetti esempi invece di come filosofia (o se vuoi "ricerca") e vita si intrecciano. Infine Wittgenstein lo apprezzo sia come filosofo/logico sia dal punto di vista esistenziale: "la filosofia è un lavoro su se stessi". Perchè? perchè una mente chiara è più pronta a migliorarsi, una mente chiara riesce meglio a svuotarsi di pregiudizi e distorsioni della realtà, una mente chiara è più pronta a riconoscere i propri difetti e per tutto ciò è anche più pronta ad accogliere l'altro senza pregiudizi ecc... http://www.canonepali.net/an-1-45-46-udakarahaka-sutta-uno-specchio-dacqua/ . Purtroppo per noi occidentali così convinti che sia un ramo del "sapere" come il resto abbiamo perso l'antica idea che "la filosofia è un lavoro su se stessi". "Conosci te stesso" (Oracolo di Delfi) - mi è inutile una conoscenza logica che non mi faccia conoscere me stesso. Con questo però sono profondamente convinto che ognuno debba seguire la sua via e proprio per questo cerco di non giudicare nessuno. Giudico semmai l'azione: secondo me chi non filosofa si perde la possibilità di "conoscere se stesso" e oltre ai vari motivi etici, si perde anche tutto il divertimento (o meglio la "passione") :) Non ho nessun problema con loro ma non condivido il modo in cui chi non si pone domande e problemi vive.

P.S. Non prenderlo come una polemica, ma per me questa è filosofia (intesa come "amore per la saggezza"). Senza scomodare l'India per capire il mio punto di vista ricordati di Socrate, Platone, Anassimandro, Eraclito, Plotino, Pirrone ecc
#814
Risposta breve: "filosofo perchè anche se non lo faccio comunque sto filosofando (male)". Pensiamo all'etica... se lo scopo della mia vita è "amare il prossimo come me stesso" comunque devo capire cosa significa tale massima, ergo devo filosofare sul concetto di "amore". Pensiamo alla scienza... affinché non sia un semplice lavoro da contabile devo chiedermi "cosa vuol dire fare una teoria scientifica? o cos'è una teoria scientifica e qual è il suo legame con la realtà?". Quindi filosofo perchè semplicemente è inevitabile visto che la non-filosofia è una filosofia.
#815
Citazione di: sgiombo il 28 Giugno 2017, 20:55:53 PM
Citazione di: Apeiron il 28 Giugno 2017, 19:42:04 PMCurisosità: ritieni che sia possibile un linguaggio capace di portare significato e privato? A mio giudizio ciò sarebbe possibile solo se si possono costruire proposizioni autoreferenziali sensate e valide.
CitazioneChiedo scusa per l' intromissione. Credo che le lingue artificiali, come l' Esperanto, o almeno quelle fra di esse inventate da un unico autore, prima di essere proposte al pubblico costituiscano esempi di linguaggi capaci di significare e (sia pur momentaneamente) privati.

Obiezione interessante. Tuttavia anche l'Esperanto ha come scopo la comunicazione, ossia serve ad informare qualcun altro. Quello che mi chiedo io è se è possibile pensare a linguaggi che siano "essenzialmente" privati. Nel caso dell'Esperanto non è privato perchè ha come assioma la comunicabilità mentre un linguaggio "davvero" privato deve anche essere in grado di non essere comunicativo. Il problema del Monismo (e per certi versi del solipsismo) d'altronde è proprio che il linguaggio (come lo intendiamo noi) richiede la pluralità. Se ad esempio io sostengo "tutto è uno senza secondo" (Advaita Vedanta, Spinoza, solispsismo...) ritengo che le distinzioni siano illusorie. Ma il linguaggio richiede molteplicità e distinzioni (soggetto/oggetto, emittente/ricevitore...), quindi se si provasse che non è possibile formulare tale linguaggio allora tutte queste metafisiche sono prive di senso.  Se si prova invece che il linguaggio è illusorio per se allora le distinzioni "soggetto/oggetto, io/non-io ecc" sono illusorie e la teoria dell'"anatta" buddista (ossia che l'io è puramente convenzionale)è corretta. Secondo me questo dibattito è di fondamentale importanza. Se l'auto-referenzialità non è un semplice giochetto formale allora nemmeno l'io può essere considerato illusorio perchè sarebbe possibile costruire proposizioni auto-referenziali con un linguaggio privato. In caso contrario TUTTA la nostra scienza si basa sull'assunzione errata che si possano nominare "cose" (errata perchè se le cose sono puramente convenzionali, allora a livello ultimo non esistono...).

Per epicurus... "ieri c'è stato un tornado nella provincia di Pavia" è sensata e il significato della proposizione è un fatto. "Questa frase è sensata" a cosa si riferisce? "Questa frase è scritta in italiano" si riferisce ad una proprietà della frase stessa e non alla frase stessa...
#816
Citazione di: Trauma il 26 Giugno 2017, 17:42:53 PM
Ciao a tutti!

Mi sono dedicato alla lettura delle regole del forum, ma spero comunque di non romperne nessuna con questo mio primo post. Abbiate indulgenza, c'è sempre una prima volta.

Ho letto un po' di topic sparsi qui e là, il livello generale di interesse mi sembra -non per piaggeria - alto... ma.

Mi viene in mente una piccola osservazione, che spesso mi torna durante la vita vissuta. Nel vostro -credo- quotidiano rapporto con la filosofia... qual è lo scopo che vi ponete? Mi spiego meglio, anche se la questione è di suo banale e sicuramente trattata più volte nel corso della storia... ma proprio il fatto che sia stata trattata più volte rivela che è materia non risolta.

Le discussioni ad altissimo livello di astrazione, per quanto mi attirino, faticano ad avere un posto preponderante nella mia attitudine al filosofare. Volendo spiegare la questione in termini semplici: per me la filosofia è un'estensione della mia mente, una vera e propria appendice di me che non posso fare a meno di usare per compiere un'azione, un pensiero, una parola. Per me -per fare un esempio - il modello di analisi della realtà delle categorie kantiane ha un'applicazione quotidiana. Non perché io effettivamente applichi le categorie kantiane a ogni azione che faccio, ma so che se voglio riesco a scomporre i processi che mi hanno portato a fare una certa azione e comprendere la sua consecutio logica. E questo mi ha aiutato tante volte nella vita, sul serio.

Certe volte, la pura accademia erudita, ovvero la rimasticazione dei livelli più alti di astrazione di pensatori preesistenti, senza nemmeno un tentativo applicativo, mi sembra un po'...sterile, non c'è altro modo di dirlo. ma, ancor più, mi sembra che sia una parte del problema che porta ogni giorno di più tanta gente a considerare la filosofia un inutile orpello (per quanto, per  me, la scelta di non far filosofia è una filosofia - l'ignavia come scelta!) e allontanarla a priori dalla sua vita.

Cos'è, e che obiettivi si pone per voi il filosofare, soprattutto rapportato alla vostra pratica quotidiana?

Mi auto-cito: "

La ricerca filosofica è il tentativo di comprendere il più possibile la "realtà". Nasce da un bisogno intrinseco dell'uomo, che secondo me tutti hanno ma di cui non tutti ne sono coscienti, di avere una "visione del mondo". Chiaramente è un "surplus" nella vita e quindi per forza di cose richiede molta fatica, specialmente quando si è in un ambiente dove questa ricerca non è contemplata. 

Perchè mi dedico alla filosofia? Beh semplicemente perchè non voglio passare la mia vita "dormendo" (nel senso che voglio essere sempre cosciente per quanto possibile di quello che sta succedendo). Fin da piccolo sono stato sempre una persona riflessiva e questo da un lato mi aiuta ad accorgermi di problemi che altri non vedono, dall'altro però mi crea angoscia e depressione. Se nessuno si fosse mai messo a filosofare saremo ancora nelle caverne: questo perchè senza la filosofia non si è coscienti dei problemi e quando uno non è cosciente di un problema come può trovare una soluzione al problema?

Chiarisco subito con un esempio: la scienza e la tecnica sono "figlie" della filosofia perchè sicuramente sono nate dal bisogno di prevedere e comprendere i fenomeni naturali (scienza) e di cambiare la realtà in modo da renderla adatta al nostro benessere (la tecnologia). Chiaramente uno prima di imbarcarsi ad esempio nella scienza deve riconoscere che l'ignoranza è un problema e questo è già filosofia.

Inoltre ci sono applicazioni della filosofia anche al carattere esistenziale ed etico. Nel primo caso è la filosofia che ci spinge a chiederci ad esempio domande come: "come posso ridurre la sofferenza?", "come posso uscire dall'angoscia", "come posso dare uno scopo alla mia esistenza?". Nel tentativo di rispondere a queste domande sono nate le religioni, l'arte e anche la psicologia. Nel secondo caso una riflessione ci mostra subito che non è affatto banale chiedersi come "ci si deve comportare", "che principi etici bisogna seguire ecc". Da qui è nata se vogliamo anche la politica.

Perchè dunque faccio filosofia? Perchè credo che sia l'attività più caratteristicamente umana di tutte, e avendo una sola vita e sapendo che questa vita è breve e piena di affanni voglio "viverla" al meglio. Tutto qui. So che non è una vita facile (non ho conosciuto nessuna persona angosciosa quanto me, per esempio) però d'altronde piuttosto di vivere una vita "da macchina" preferisco soffrire per la libertà e per la comprensione delle cose.
"

Filosofo semplicemente perchè ritengo che facendo così do valore alla mia umanità. Ovviamente la vita quotidiana non aiuta molto, ma ritengo che ciò sia dovuto ad un misto di paura, pigrizia, "cultura del telefonino/social network" (che in realtà non sono di per sé il problema, ma se si utilizzano solo per complottismo, futilità ecc tendono a far perdere fiducia nel genere umano  ;D ), sfiducia nella filosofia ecc. Eppure tutta la nostra cultura, il nostro benessere, la scienza ecc viene da lì.
#817
@Epicurus,
forse non ci arrivo io, però a mio giudizio confondi ancora validità con sensatezza. "Questa frase è in italiano" è una frase "valida", nel senso che "sta in piedi". Di certo in informatica/logica/matematica (e anche grammatica :) ) questa frase è ammissibile. Se mi dici poi che è sensata potrei anche essere d'accordo perchè è informativa, visto che io "imparo" che tale frase è scritta in italiano e ciò è dovuto al fatto che anche io "so" a priori cosa significa "che una frase sia o non sia in italiano". In un certo senso anche "2+2=4" è una frase con significato perchè "imparo" l'applicazione di una regola. Tuttavia "2+2=4" in sé non dice nulla perchè è una semplice proposizione formale. Se tu intendi la frase "questa frase è in italiano" come informativa allora OK ti do ragione che è "sensata" e "vera". Ma io posso scrivere "questa frase è in italiano" senza intenzione di comunicare nulla ed ergo diventa "priva di senso" ma "valida".

"Questa frase è vera e sensata" non significa nulla perchè "vera" e "sensata" si applicano a qualcosa di "esterno" alla frase. Altrimenti cadiamo nella tautologia o nella contraddizione o nel nonsenso.

Curisosità: ritieni che sia possibile un linguaggio capace di portare significato e privato? A mio giudizio ciò sarebbe possibile solo se si possono costruire proposizioni autoreferenziali sensate e valide.

Nella nostra "diatriba" può aiutare considerare questa frase: the limit of language shows itself in the impossibility of describing the fact which corresponds to a sentence (is its translation) without repeating that very sentence (Wittgenstein).
#818
Tematiche Spirituali / Re:Sono un essere inadeguato
26 Giugno 2017, 15:11:45 PM
"Piangiamo per il lamento di un uccello, ma non per il sangue di un pesce... Beati coloro che hanno voce" (una citazione zen)

Trovo questa frase di una bellezza e profondità unica. La sofferenza per quanto grande trova consolazione e comprensione se "ha voce".  Chi ha una sofferenza che "non può essere comunicata" (o ha difficoltà ad esserlo) non troverà mai conforto. Chi d'altronde si preoccupa di aiutare un essere sofferente se tale sofferenza non è comunicabile? Questa è l'importanza di "avere una voce". Eppure a volte l'uomo stesso è "senza voce", parla della sua sofferenza ma non riesce a farsi capire e diventa come il pesce (non a caso il poeta non lo capisce nessuno... eppure tutti lo apprezzano). In questo senso (e solo in questo senso) posso rispettare la credenza in una qualche divinità personale, una Presenza. Una divinità che consoli chi "non ha voce" (forse è per questo che si dice che Dio è silenzioso e il silenzio è il modo per rapportarsi con Dio?).

Mi pare di aver capito che stai passando un momento difficile. Che questa Presenza - se c'è - ti sia di conforto.
#819
epicurus è fantastica quella proposizione:) non ho commentato perchè non riuscivo a commentare  ;D 

Comunque analizziamo la proposizione:"questa proposizione o è falsa o è senza significato".
Verità/Falsità: una proposizione per essere vera deve riferirsi a qualcosa di "oggettivo" (o meglio "intersoggettivo", esperibile da più di un soggetto...), ossia deve essere sensata. Quindi dobbiamo prima analizzare la sua sensatezza: a cosa si riferisce tale proposizione? Si riferisce a sé stessa, ha solo se stessa come criterio e nient'altro. Ergo è senza significato, ossia è un connubbio di parole senza senso.  Pensiamo infatti al viceversa: "questa proposizione è vera e sensata". Non dice nulla. Cosa significa infatti la proposizione "questa proposizione è sensata"?
#820
Tematiche Spirituali / Re:Sono un essere inadeguato
25 Giugno 2017, 19:23:15 PM
Bellissimi post, Sari :)

Comunque sono contento che ti sei interessato anche alla cultura nipponica. Troppo spesso, a mio giudizio, viene "etichettata" come banale o come "estrema" (ad esempio mi viene in mente il tema dell'onore...). In realtà è molto ricca e spesso questa ricchezza la trasmettono in mezzi e in modi molto diversi da quelli a noi più congeniali (e ovviamenti in modi e mezzi diversi da quelli indiani). Vedere la ricchezza in mezzi a volte bizzarri, come alcuni cartoni animati, a mio giudizio è interessante perchè ti fa vedere che qualcosa di buono lo trovi nell'inaspettato ("spera l'insperato" Eraclito)

Sinceramente trovo la religione shintoista molto bella con la sua insistenza che i "kami" (gli dei) sono ovunque. In un certo senso è uno dei pochi animismi che sono rimasti ancora. Oppure... oppure... se per "kami" intendiamo "oggetto di venerazione" beh allora il messaggio è profondissimo: tutta l'esistenza, perfino le piccole cose (anche le cose difettate) sono degne di venerazione. D'altronde se trovi la felicità in tutte le piccole cose cominci a non desiderare l'eccesso. E non desiderando l'eccesso si trova la contentezza, la felicità. E anzi se trovi la "Qualità", il "Valore", il "Kami" (la Presenza?), la "Natura di Buddha" arrivi ad assaporare il Nirvana:

"Vi è quella dimensione dove non c'è terra, né acqua, né fuoco, né vento; non vi è la dimensione dell'infinità dello spazio, né la dimensione dell'infinità della coscienza, né la dimensione del nulla, né la dimensione di 'né-percezione-né-non-percezione'; non vi è questo mondo, né un altro mondo, né sole, né luna. E lì, io dico, non vi è giungere, né andare, né rimanere; né scomparire né sorgere: non è fisso, né si evolve, senza sostegno (oggetti mentali). Questa, solo questa, è la fine della sofferenza."

Questa dimensione "v'è", non ci sarà in un futuro remoto o c'è stata in un passato remoto. C'è. Qui e Ora. Ma perchè c'è la violenza, la tristezza ecc se tutto ha "valore"? Perchè ci sembra che le "piccole cose" siano oggetti "sacri" e invece l'animale e (ancor più) l'uomo è violento, infelice ecc? Perchè in realtà cerchiamo questa dimensione "fuori" da noi. Cerchiamo le "presenze", i kami, la Natura di Buddha là da qualche parte, invece no il Kami è la disposizione interiore. Non a caso Buddha ad un certo punto ci consiglia di trattare tutti gli esseri (buoni e cattivi!) come la madre tratta il figlio http://www.canonepali.net/snp-1-8-karaniya-metta-sutta-lamore-universale/.  Perchè ci è così difficile rispettare gli esseri e le cose? Questo è il mistero! Perchè se il kami è ovunque, sempre con noi c'è così tanta sofferenza? Strano... Forse siamo esseri in delirio perenne, che cercano cose che in realtà già hanno. Trovo la dottrina della Natura-di-Buddha ironica in questo senso: siamo già risvegliati, ma non ce ne rendiamo conto. Comincio veramente a pensare che sia così.

Metta Sari  ;)    

P.S. Il "mono no ware" è un tema pervasivo nella cultura (seria) giapponese.
#821
Citazione di: epicurus il 22 Giugno 2017, 11:07:31 AM
Citazione di: Apeiron il 21 Giugno 2017, 20:42:05 PMIl problema che vedo io è che "mentire" ha senso solo come semplice negazione di qualcosa di determinato. Voglio dire "ieri ho mentito a riguardo di questo...". Il punto è che prima di dire qualcosa bisogna fare una convenzione sul significato delle parole che si usano. "Io mento su tutto" non ha significato perchè il mentire è sempre riferito a qualcosa di particolare.
Quindi, come ho chiesto a Phil, tu vieteresti interamente le proposizioni autoreferenti? E la proposizione "Adesso Trapani è capitale d'Italia e questa intera frase è falsa", che si riferisce a qualcosa di particolare (come richiedi tu), come la vedi? Prova a confrontarla con questa: "Adesso Roma è capitale d'Italia e questa intera frase è vera".
Citazione di: Apeiron il 21 Giugno 2017, 20:42:05 PMConcordo con Phil su quanto ha obbiettato a epicurus. Il problema è che questi "paradossi" sono semplici insensatezze, come affermare che "nei numeri reali è vero che "2+2=4" e che "2+2=5"". Il più delle volte o sono paradossi inesistenti come quello che ho appena detto oppure è perchè si pretende di usare regole e/o parole in contesti dove non si applicano (dire "il vero è più esteso del vento" non significa nulla anche se le parole singolarmente vogliono dire qualcosa).
La cosa assolutamente interessante è cercare di capire dove e come il linguaggio generi queste insensatezze. E la non banalità del problema ci mostra proprio come il PM non sia una semplice insensatezza come dire "2+2=5" (che in realtà è falsa) o "Casa gli sicché democrazia" (questa sì palese insensatezza). Inoltre considera che la logica, per gestire il PM, ha permesso la creazione di cose molto interessanti. Tra l'altro, considera la versione nonsense del PMN: "Questa proposizione è falsa o è senza significato". Vedi il fascino del PM rispetto, diciamo, a "Casa gli sicché democrazia"? ;D
Citazione di: Apeiron il 21 Giugno 2017, 20:42:05 PMP.S Sono ritornato, anche se il forum lo frequenterò poco :)
Anche se stona detto da un utente pseudonuovo come me, bentornato. :D


Hai ragione, ho fatto confusione tra falsità e insensatezza (ossia ho creato un po' di confusione linguistica). Provo a chiarire le cose cercando di eliminare la confusione.
Verità/Falsità: è un valore logico, ossia è un valore che si può applicare ad una proposizione "valida" (ad esempio "oggi piove" può essere o vera o falsa).
Invalidità/validità: una proposizione si dice valida se la sua forma è "permessa" dalle regole/assiomi da cui si parte. "Io essere Apeiron" è, in italiano, una frase grammaticamente errata e quindi invalida.
Sensatezza/insensatezza: una proposizione è sensata se porta un significato. Può essere vera o falsa.
Il problema è distinguere tra queste tre categorie. "Il buono è più bello del vento" è "valida" perchè ha una struttura grammaticale corretta. Tuttavia è chiaro che non porta significato, i.e. è insensata. Tuttavia se includiamo le regole semantiche (che pure fanno parte di un linguaggio) nei criteri per stabilire la "validità" di una proposizione allora la frase "il buono è..." è invalida. Il PM a mio giudizio ha proprio il problema di non rispettare le regole semantiche, ossia di usare le parole fuori dal contesto in cui esse hanno significato. Per questo a mio giudizio "io mento" (ossia "io mento su tutto") è insensata. "2+2=5" invece a mio giudizio è invalida (oppure falsa se ritieni che gli enti matematici siano reali, ossia se appoggi una forma di realismo matematico...). Il linguaggio genera paradossi perchè come ogni altra nostra facoltà è limitata e imperfetta e quindi spesso per esprimerci siamo costretti a usare parole senza alcun senso, perchè decontestualizzate. In sostanza se vuoi proprio qui nel linguaggio vedi l'anelito (infinito e quindi mai soddisfatto) dell'uomo di trascendere i suoi limiti. Prova ad esempio a "immaginarti" un atomo. Quella che ti crei è un'immagine formata da concetti che valgono nel mondo macroscopico e che non posso essere estesi al mondo microscopico. Quella che ti crei è un'immagine "senza senso" perchè usi concetti dove non possono essere utilizzati. Idem per la poesia, per la metafisica, per la religione ecc.  

In genere la mia visione del linguaggio è mutuata dal secondo Wittgenstein, ossia come una sorta di "cassetta degli attrezzi" che modifichiamo a seconda dell'uso che vogliamo farne. A volte però ci mettiamo a usare un cacciavite anziché una chiave per aprire una porta XD

P.S. Grazie della (ri)accoglienza
#822
Il problema che vedo io è che "mentire" ha senso solo come semplice negazione di qualcosa di determinato. Voglio dire "ieri ho mentito a riguardo di questo...". Il punto è che prima di dire qualcosa bisogna fare una convenzione sul significato delle parole che si usano. "Io mento su tutto" non ha significato perchè il mentire è sempre riferito a qualcosa di particolare.

Il caso diverso e più interessante è se la logica si applica al divenire. Io sono e non sono lo stesso di cinque anni fa (e quindi entrano i catuskoti: ossia si deve ammettere che "io sono e non sono quello di cinque anni fa" e "io non sono né non sono quello di cinque annifa" sono due frasi di senso compiuto). Oppure se non si accetta questo paradosso allora "io" non esisto come realtà (anatta....).

Concordo con Phil su quanto ha obbiettato a epicurus. Il problema è che questi "paradossi" sono semplici insensatezze, come affermare che "nei numeri reali è vero che "2+2=4" e che "2+2=5"". Il più delle volte o sono paradossi inesistenti come quello che ho appena detto oppure è perchè si pretende di usare regole e/o parole in contesti dove non si applicano (dire "il vero è più esteso del vento" non significa nulla anche se le parole singolarmente vogliono dire qualcosa).

Comunque sono abbastanza ignorante di teorie come quelle di Tarski, quindi quello che dico prendetelo con le pinze.

P.S Sono ritornato, anche se il forum lo frequenterò poco :)
#823
Interrompo nuovamente la mia attività sul forum per due ragioni. 1) sarò molto impegnato forse fino a metà giugno (sessione d'esami...), quindi non ha molto senso che inizi discussioni che non riesco a portare a termine, specie se sono serie. 2) Ho notato che nei miei ultimi post c'erano tutti gli errori che mi avevano fatto lasciare l'altra volta.

Questi errori sono il mio rapporto col forum, o più precisamente con le discussioni. Sono diventate per me un attaccamento e spesso ho notato che mi interessa "vincere il dibattito" piuttosto che "scoprire la verità". Ciò causa in me - non so in voi - "dukkha", frustrazione ecc. Per questo motivo mi ritiro di nuovo per "riordinare" le cose e tornare con una mente più "vuota" e "ricettiva" e meno "arrogante" e "incoerente". D'altronde ritengo che se uno non è sereno e calmo durante una discussione è meglio che non le faccia nemmeno (e che nemmeno legga le discussioni, una mente che non è calma e serena non è distaccata ed ergo non può certamente interpretare correttamente le affermazioni altrui).

Ringrazio tutti coloro con cui ho avuto una discussione.

Arrivederci amici dell'Hotel Logos, alla prossima.
#824
Citazione di: giona2068 il 23 Maggio 2017, 10:04:18 AM
Citazione di: Apeiron il 23 Maggio 2017, 08:59:07 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 22 Maggio 2017, 13:35:24 PMMi hai fatto ricordare il racconto, secondo me molto profondo, del gabbiano Jonathan Livingston, che vuole cercare il meglio, volare più in alto, ma più va in alto, più si ritrova solo.
Sì è molto bello e rende molto. Purtroppo chi cerca il meglio è sempre solo anche se rimane nella sua tradizione. Non a caso nel Medioevo la gran parte di chi "cercava il meglio" veniva descritto come eretico oppure si isolava diventando profondamente religioso. Purtroppo il vero problema secondo me è che veramente pochi decidono di "cercare il meglio" e inoltre ognuno ha una sua unicità e quindi tra di loro ci sono enormi divergenze. Basta pensare ai filosofi: sono tutti estremamente diversi :)
Chi cerca il meglio si ritrova solo! OK Il problema non è essere soli cioè senza compagnia umana ma la solitudine la quale non è mancanza di compagnia umana bensì mancanza del Signore Dio nel proprio cuore; quel senso di vuoto che fa sentire inutile la persona. Ritrovarsi soli nel senso di cui sopra è un aspetto della ricerca del meglio. In altre parole chi cerca il meglio cerca le cose di lassù le quali si trovano lasciando quelle di quaggiù. Una delle cose di quaggiù è la compagnia umana. Si arriva a vivere nel mondo senza essere del mondo. Per questo il Signore dice: Chi ama sua madre, suo padre, sua figlia ecc.. più di me non è degno di me. Mi chiederete allora come si vive il comandamento che dice di amare il prossimo come se stessi? L'uomo che ha trovato il Signore Dio nel suo cuore non ha bisogno di altri ma è disponibile ad aiutare quelli che vogliono camminare sulla strada che lui ha percorso. Questo è l'amore. Fino quando non avremo raggiunto questa dimensione chiameremo amore il bisogno di altri ed in particolare il bisogno di compagnia. Arriverà il giorno in cui scopriremo che gli altri non possono riempire il nostro cuore e che attaccandoci a loro non abbiamo camminato. Geremia: Benedetto l'uomo che confida nel Signore Dio e maledetto l'uomo che confida nell'uomo. L'uomo che ha trovato il Signore non è solo né soffre di solitudine perché sente di esser parte di un'immensa vita.

giona rispetto la tua opinione - anche se ritengo che vedi le cose "troppo in bianco e in nero". In effetti il bello del cristianesimo è come diceva anche Duc che non ci si sente mai solo perchè "Dio è sempre con noi...". Ma Dio - se esiste - mi ha donato una mente estremamente curiosa, che è in continua ricerca (e per ricercare bisogna essere scettici), piena di debolezze ecc. Ritengo e probabilmente mi sbaglio che il mio dubitare, il ricercare ecc sia il miglior modo con cui posso usare questo dono (che in certi momenti è un fardello...). Io continuo a farmi domande, a farmi domande scomode ecc. Sicuramente chi non è interessato a queste question non ha "fede" (non solo nel cristianesimo ma in tutte le "fedi"). Ma continuare a farsi domande??? Perchè Dio avrebbe donato ad una certa fetta della popolazione una mente che continua a problemizzare tutto, fede inclusa? Forse quel ... di Calvino ha ragione "alcuni forse sono destinati a non salvarsi!". Davvero devo credere in un Dio che condanna scetticismo e dubbio visto che è proprio lui che dona una ragione? Tu dici spesso che dire di credere non equivale a credere. Ma allora chi crede? Forse crede di più il non credente di chi crede di credere?...Troppe contraddizioni, troppe. Visto che parliamo di cammini. Tu che consigli daresti ad un non-credente ? Oppure: se trovi un buddista cosa gli diresti?

Citazione di: Angelo Cannata il 23 Maggio 2017, 11:40:13 AM
Citazione di: Apeiron il 23 Maggio 2017, 08:59:07 AMBasta pensare ai filosofi: sono tutti estremamente diversi :)
Infatti per certi versi penso che Sartre abbia un po' di ragione quando dice che "l'inferno sono gli altri"; nella mia visione di spiritualità il male è l'universo, oppure anche gli altri; ovviamente non in senso metafisico, ma come percezione che mi sembra si verifichi abbastanza spesso. Di conseguenza anch'io sono un male per gli altri, nella misura in cui sono un loro concorrente. D'altra parte, omogeneizzare tutto significa morte. Da qui ritengo che non sappiamo se e come il male possa essere eliminato; proprio il fatto di non saperlo mi induce ad andare per tentativi, tentativi storici. Forse del bene si può fare e se questo sospetto si lascia pensare non abbiamo altro da fare che compiere questi tentativi storici.

Già concordo sui tentativi... e se il male, come dicono i buddisti, deriva da noi? Ossia dai nostri tentativi di possedere, identificarci ecc?

Citazione di: green demetr il 23 Maggio 2017, 13:57:03 PM
Citazione di: Apeiron il 22 Maggio 2017, 09:44:27 AM
Citazione di: green demetr il 22 Maggio 2017, 00:17:48 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 21 Maggio 2017, 20:28:15 PMTrovo simpatico questo tuo sospettare. Di fronte al bisogno di individuare mete, orizzonti, la via che io seguo è quella del raccogliere nel presente la storia. Cioè, mete e orizzonti non possono essere stabiliti con pretesi criteri assoluti, universali, validi per sempre: quanto più si pretendono tali, tanto più facile è sottoporli a critica e demolirli. Perciò ritengo più sensato tener conto che, sia ognuno di noi, sia il mondo intero, facciamo parte di una storia con fisionomie ben precise. Allora, quando mi trovo in necessità di compiere delle scelte, oppure di individuare mete e orizzonti, cerco di fare una sintesi della storia mia e del mondo, una sintesi ovviamente soggettiva, tutta da sottoporre a revisione la volta successiva in cui compirò lo stesso lavoro. Faccio una sintesi, non solo razionale, ma in ascolto di tutte le mie migliori facoltà, e compio la mia scelta provvisoria, individuo il mio orizzonte provvisorio, assumendomene le responsabilità e dico: "Oggi mi sembra bene questo, mi sembra bene andare in questa direzione, domani vedremo". A questo punto è ovvio che poi la questione si trasferisce sull'interpretare la storia, e quindi discutere anche di politica, ma non solo.
Di politica qua proprio no ;) non si può. (ciò già provato ;) ) Ma ovviamente se per esempio diciamo l'amore, si aprirà la possibilità di andare contro a questo concetto. (ma d'altronde giona veglia su di noi comunque ;) ). Ma infatti mi sembrava strano l'apertura di questi topic da parte tua. Per come ti sto conoscendo, per te la priorità è proprio sulle modalità di conoscenza. Ma le religioni (spero giona, in mancanza di duc in altum possa correggere se lo ritiene) non impostano un discorso di conoscenza, ma di divulgazione di un certo tipo di saggezza. Io da quando ho provato a stare in questa sezione, devo ancora trovare la dimensione giusta. Sono felicissimo delle conoscenze di JsebBach, e ora di myfriend. ma come mi sembra scriveva Inverno, dire delle questioni storiografiche ancora non dice nulla della religione, come saggezza diffusa. E d'altronde essendo un neofita della religione cristiana, nemmeno riesco a capire certe durezze di un duc in altum, o di un giona, cerco di seguire, ma non trovo ancora la mia dimensione. Poi certo capisco benissimo il tuo discorso che cerca la sintesi, precaria molto precaria, o semplicemente debole. Ma mi pare astratto. Troppo astratto. (le cose più importanti d'altronde sono quelle che hai deciso di raccontarci del tuo vissuto). Seguo comunque con interesse.
greendemetr, la saggezza presente in tutte le religioni. Persone di spiccata spiritualità le trovi OVUNQUE: nell'induismo, nel cristianesimo, nel buddismo, nel taoismo, nell'ebraismo, nell'islam ecc. Sono davvero tutte interessanti e sono come dice Angelo un tesoro di spiritualità. Ma nuovamente hai una scelta: o ne scegli una e non vuoi nemmeno riconoscere la saggezza altrui - anzi li consideri nemici - come fanno i fanatici o ne scegli una ma resti tollerante o cerchi di trovare il meglio. Nell'ultimo caso sarai un ricercatore solitario, uno dei pochi che cerca la strada da sé. Certa gente la vede come una sorta di arroganza o di stupidità. La scelta deve essere tua. A dire il vero ho notato che le persone più "spirituali" delle varie tradizioni pensano (e vivono o almeno cercano di vivere) in modo simile. E queste persone sono quelle più "aperte" che nelle loro tradizioni hanno voluto però fare un loro cammino personale. Ma ricordati che la maggior parte delle persone non vogliono fare questa sfida...
Certamente lo so che la via è solitaria. Vi è un capitolo nell'eterna ricerca dell'uomo del Maestro Yogananda, che insengnava una verità molto semplice, solo chi ha varcato il cancello del silenzio, è pronto ad accogliere Dio. Lato occidentale, mi vengono in mente, le pratiche monacali. La missioni di Yogananda era quella di trovare una ritualità che rispondesse al gusto occidentale. Il suo messaggio di amore, la sua luce interiore hanno toccato persone totalmente aliene come Steve Jobs. Yogananda era una persona altamente tollerante. Ma la dimensione introspettiva è fondamentale nel mondo orientale, perchè da quella parte del Mondo il reale è illusione. Ma il reale non è illusione. Ormai anche L'India, che come scriveva il Maestro Terzani, era l'ultimo grande baluardo contro il capitalismo, sta cedendo sempre più. Il rito non può nulla contro la tecnica. E' stato a lungo, e tutt'ora viene cavalcato come trait d'union della società, ma gli individui più colti, vanno oltre, cercano il meglio per loro e per le loro famiglie. E così anche in India. Stiamo assistendo a quello che è già successo in Giappone, il sincretismo culturale, dove tecnologia e templi si innestano gli uni accanto gli altri. Dove l'umanità perde sempre più il suo senso. (e d'altronde il Giappone, essendo l'avanguardia mondiale dei fenomeni sociali (pensiamo al fenomeno del gender, avvenuto lì già negli anni 80), sta vedendo un serie di mutazioni comportamentali, che allarmano parecchio: il sincretismo sta scoppiando, le persone o si rinchiudono in sè, o spariscono). Sto raccontando questo, perchè l'eremitismo, il monachesimo, e le forme interiorizzanti d'occidente e d'oriente, possono funzionare SOLO DENTRO una società. Quindi è annessa a quelle pratiche un qualcosa che si dava per scontato. (l'eremita riceveva cibo, e il monaco commerciava). In questo senso nell'epoca moderna non possiamo occuparci solo di una cosa, ma di entrambe. Sia del lato spirituale, sia del lato sociale. La mia attenzione è allora stata catturata dal maestro Panikkar recentemente. Spero presto di occuparmene. ciao!

Secondo me serve un equilibrio. Però come dici tu questo obbiettivo non implica la non-differenziazione. Anzi, l'equilibrio si fonda sull'unità nella diversità.

P.S. In topic come questo io credo che sia giusto "dare consigli e parlare della propria esperienza". Non pretendo di possedere la realtà.
#825
Citazione di: Sariputra il 23 Maggio 2017, 12:17:56 PM@ Apeiron scrive: Diamine cos'è che rende interessanti Platone, Gesù, Buddha, Laozi, Spinoza ecc se non questa loro visione che trascendeva la propria persona. Quello che manca oggi, Apeiron è la coerenza, solo la coerenza... Perché ritengo, per es., oggi , dopo 2.500 anni circa, più interessante studiare Siddhartha Gautama che non Arthur Schopenhauer ? Perché il primo, dopo aver insegnato per cinquant'anni a tutti, senza distinzione tra re o senza casta, ormai morente e in preda a terribili dolori ( e in questi giorni ne so qualcosa che vuol dire riuscire a controllare la mente quando sei in preda al dolore fisico intensissimo...) ancora rimprovera il fido Ananda che non vuole che un asceta itinerante lo disturbi, un asceta che voleva conoscere il suo insegnamento...mentre il secondo , grande filosofo perdinci, che predica l'ascetismo e la compassione non esita a scaraventare giù dalle scale una vecchietta che "gli dava fastidio" ... Forse sono l'ultimo dei romantici...ma per me queste cose fanno la differenza...

Eh oggi ci manca la forza e la volontà di essere coerenti. Io sono il primo ad essere incoerente, sono uno Schopenhauer: penso, penso, dubito, faccio bei discorsetti sul trascendere sé stessi... E rimango il solito pirla. Se c'è un motivo per cui posso meritarmi l'inferno probabilmente è l'ipocrisia. Purtroppo hai ragione: siamo incoerenti. Quando dico di aver trasceso le ideologie finisco per andarci dentro come un pollo:

Citazione di: Angelo Cannata il 23 Maggio 2017, 11:59:03 AM
Citazione di: Apeiron il 23 Maggio 2017, 09:13:17 AM... quello che manca è la "prospettiva" giusta ossia la prospettiva di vedere le cose "sub specie aeternitatis": cioè di vedersi in qualcosa di più grande della propria persona. Per questo motivo manca la contemplazione, cosa essenziale per la filosofia. Diamine cos'è che rende interessanti Platone, Gesù, Buddha, Laozi, Spinoza ecc se non questa loro visione che trascendeva la propria persona. Vista la pericolosità delle ideologie...
Mi sembra di vedere una contraddizione: ciò che indichi nel primo spezzone che ho citato non è forse un'ideologia? Un'ideologia è un sistema di idee. Le ideologie sono cadute perché, a livello generalizzato, il mondo si è reso conto che non esistono né idee, né sistemi di idee in grado di autogiustificarsi, di avere senso, di essere migliori di altre. Solo che il mondo non ha portato ulteriormente avanti la riflessione e si è bloccato in una sfiducia generalizzata verso il pensare, verso la filosofia. Io ritengo che un'ideologia qualsiasi può essere sfruttata come strumento di dialogo e di ricerca, a patto di considerarla provvisoria e quindi in ascolto continuo di altro, sempre pronti a modificarla o a sostituirla con altro. Le ideologie contengono la tentazione di dire "il mondo va male perché non fa o non pensa come dico io". Anche la mia potrebbe essere considerata un'ideologia, nel momento in cui dico che dovremmo utilizzare le ideologie come strumento; ma all'interno di ciò io provo ad astenermi dal dire che gli altri farebbero bene a fare come dico io; piuttosto cerco di mantenermi in ascolto e, se penso qualcosa, cerco di fare in modo che anche questo qualcosa contenga un ascoltare continuo e una disponibilità a modificarsi o sostituirisi. Cioè, più che "pensare", "faccio", senza pretesa di ritenere che ciò che faccio sia il meglio, e in questo fare cerco di far esistere anche ascolto.

Già predicare significa voler stabilire "la giusta via" (la via che può essere detta non è l'eterna via  ;D ). Lo so ma continuo a ipotizzare vie e soluzioni. Maledetto il mio "ego" che non ha confini.

(c'è un po' di esagerazione in questo post ma è una buona approssimazione dei pensieri che mi vengono quando - inevitabilmente - mi accorgo di essere il solito ipocrita...).

Un po' come Paolo "io sono per me stesso un enigma... faccio quello che detesto". La cosa interessante che trovo in me (ma forse è un discorso che si può estendere è che a volte ci piace fare robe a cui non siamo d'accordo).