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Messaggi - Ipazia

#8221
FN aveva la lucidità dei folli. Nei suoi scritti c'è tutto e il suo contrario. Ma tanto nell'un caso che nell'altro c'è materiale di riflessione. Il suo meglio non è la visione politica del mondo, datata e spesso impresentabile, ma quella filosofica. Da cui c'è ancora molto da attingere, perchè in FN la filosofia era inscritta nella carne. Capisco comunque che il suo pensiero sia inconciliabile con qualsiasi forma di teismo, religioso o profano.
#8222
Citazione di: Carlo Pierini il 17 Ottobre 2018, 15:21:45 PM

Ah, ho capito cosa vuoi dire. ...Ma chiamare le creazioni tecnologiche "pratiche delle rappresentazioni" mi sembra piuttosto ...eccentrico. Restando nell'ambito della metafora, io le chiamerei piuttosto "frutti ...dell'albero della conoscenza".  :-)
Ma no. Se la critica della rappresentazione non è rappresentazione, ancor più non lo è il prodotto materiale della rappresentazione che, nella sua materialità, è critica palpabile, oserei dire "vivente", dei derivati metafisici della teoria della rappresentazione. Gli alberi della conoscenza li lascio all'Eden, dove hanno già combinato tanti guai  8) 
#8223
Tematiche Filosofiche / Re:Il solipsismo
17 Ottobre 2018, 19:15:45 PM
Citazione di: viator il 15 Ottobre 2018, 21:39:00 PM
Salve. Lo spunto per questo argomento mi è stato fornito da DonaldDuck attraverso il seguente suo intervento comparso in "Tutto Bene e niente Male" : Cito : "Anche il fatto che si possa parlare di "esistenza" prescindendo dalla mente mi sembra un'altra supposizione gratuita. Tutto quello di cui possiamo parlare è racchiuso nella mente, non si dà, per quanto possiamo sapere o concepire, nessuna realtà senza mente (intesa come centro di coscienza, di soggettività), dato che la realtà è definita dalla mente stessa. Non smetto mai di stupirmi di come si continui ad ignorare questa semplice evidenza".
Secondo me si tratta di un annichilimento antropocentrico della causa nell'effetto: poichè la realtà è conoscibile solo attraverso la mente, senza mente non c'è realtà. Questa posizione può portare all'estremo di un solipsismo metafisico, che però non regge al confronto con la fisica, ma può alimentare vari tomi di filosofia idealistica. Può anche non arrivarci, prendendo atto che la causa evolutiva ha avuto come effetto un'intelligenza che interpreta la realtà attraverso la sua mente. Qui "realtà" gioca un ruolo ambiguo: come costruzione mentale del mondo e come ente sostanziale oggetto di conoscenza. Il solipsismo mi pare giochi proprio su questa ambiguità.
#8224
Citazione di: viator il 17 Ottobre 2018, 15:08:28 PM

Vedi Ipazia, quanto siamo diversi ?


Come il cielo e la terra

Tu sei così tanto ... metafisico. Ma anche un ottimo narratore ("...mi piacion le fiabe, raccontane altre...") salutoni.
#8225
@ Oxdeadbeef

Rispetto la tua visione e contraccambio con una mia impressione personale. (Temo che) la globalizzazione ci renda sempre più "affini" e che questa affinità coatta si converta in imperativi categorici che non fanno  sconti a nessuno: né sul piano politico-economico, né ambientale, né etico-filosofico.
#8226
Io non ho mai detto nei miei post che la scienza possa invadere l'ambito filosofico, ma che la filosofia insiste a voler dire la sua su un ambito ontologico scientifico, toppando miseramente, e non sa più fare bene il mestiere nel suo ambito proprio. Ormai per una decente epistemologia e critica del pensiero scientifico bisogna essere scienziati-filosofi. Capirci davvero di relatività, quantistica, biologia molecolare, genetica è essenziale per non cadere in quelle teorie cosmicomiche che, da occidente ad oriente, si avventano sulle trasposizioni variamente immaginifiche della scienza fondamentale, rianimando favolistiche che parevano estinte, e ottenendo al fine il risultato canonico: dalla tragedia alla farsa.

La differenza sociopolitica abissale tra Marx e Nietzsche non è altrettanto mostruosa quando si tratta di rifondare la filosofia su una episteme filosofica esente da numi e succedanei moderni. E di ciò anche un marxista - e molti più preparati di noi l'hanno fatto -  tiene conto, rendendo al folle ateo l'onore delle armi teoriche. Tanto in Marx che in Nietzsche, vi è una costante e ossessiva critica degli elementi di alienazione della modernità. Centrata sul lavoro e l'accumulazione capitalistica quella di Marx e sull'ideologia quella di Nietzsche. Con tutte le contraddizioni della sua appartenenza di classe e formazione umana, che ne limitano la critica e il suo esito, ma su una cosa ci azzecca più di qualsiasi critico marxista: la fenomenologia dell'ultimo uomo. Da lì deve ripartire continuamente la filosofia se vuole scardinare la barbarie che avanza; su un terreno ontologico d'elezione per il suo armamentario teorico.
#8227
La precettistica mosaica la trovi anche tra gli aborigeni australiani e i nativi americani. Pur in assenza di tavole della legge e con numi assai diversi da quelli della tradizione biblica. Nessuna comunità umana può essere fondata su omicidio, furto e menzogna. Non si tratta del Bene come idea innata dei filosofi, ma del bene come necessità esistenziale all'interno della comunità. Le cui regole non valevano di certo rispetto a comunità straniere ostilmente interessate al suo territorio e ai suoi beni. Non a causa del Male innato dei filosofi, ma per una naturale competizione tra branchi diversi sulle stesse risorse. 

Diventando i branchi, clan, tribù, nazioni, imperi, la competizione si è raffinata e sublimata in forme politiche. Tale evoluzione "progressista" è reale e con essa si è evoluta anche l'idea di bene. Ritengo più per merito della potenza distruttiva crescente degli armamenti che per l'evoluzione del concetto di Bene di preti e filosofi. Anche se le due cose vanno di pari passo, mentre anche il concetto di Male dei politici, spesso ispirati da preti, filosofi e scienziati, non se ne stava certo a guardare. Sia come sia, oggi l'idea di una comunità umana globale è il campo di gioco da cui non si può prescindere. Per cui, anche senza i numi e il Bene innato o catechisticamente imposto, bisogna provvedere.
#8228
Citazione di: 0xdeadbeef il 16 Ottobre 2018, 19:52:51 PM
A Ipazia
...
Il tuo discorso mi sembra inficiato "in nuce" da un concetto che permea nel profondo la nostra cultura (e che proviene essenzialmente dalla sfera religiosa): quello di "progresso".
Io non vedo alcun "progresso" morale (diverso discorso, naturalmente, va fatto per la scienza e per la tecnologia); vedo altresì "mutamenti", che possono essere verso il "bene" come verso il "male" (sempre assolutamente intesi...).
Non dandosi progresso morale, l'innatezza di cui parlate sia tu che l'amico Sgiombo rimame legata a quell'"empatia" di cui parlavo nel precedente intervento, e che come dicevo non può per me essere identificata con la morale (essendo empatia verso un particolare gruppo umano - e di conseguenza escludente verso altri).

Bisogna sempre partire da qualche archè. Nel caso specifico è il forte legame affettivo e protettivo che si instaura in un branco di animali sociali. Da lì parte l'etica umana. Che poi viene razionalizzata producendo diritto, filosofia, politica. Il passaggio dal branco familiare al branco globale non è poi così ideologico, appena la ragione prenda atto che la casa di questo branco è l'intero pianeta e, tanto per fare un esempio, che la plastica finita in mare non conosce confine alcuno e ci avvelena tutti. Nessuna etica di successo può partire dall'ideologia, ma deve essere profondamente radicata nel corpo sociale vivente, nella sua natura, prima biologica, poi sociale, poi razionale. Dalle tavole mosaiche possono scomparire i numi, ma non la precettistica che anche oggi è alla base del nostro diritto universale, proprio perchè saldamente radicata nella natura umana. Non mi interessano le etichette: progressismo, utilitarismo, ... Mi interessa la sostanza, ed è quella che ho detto.

Nell'ethos ci sta pure il Male dei filosofi ? E allora dovremmo stracciarci le vesti ? Ma anche no. Preso atto che il branco si è dilatato a dismisura e l'ethos con esso, si lavora per un'etica, che rammento è tecnica della gestione della casa comune, soddisfacente, sfruttando la razionalità che ha fatto sì che questo accadesse. Non è un passaggio ideologico, idealistico o materialistico, ma è pura necessità evolutiva. Etica o barbarie. In questo dilemma, e nella sua soluzione, la filosofia può riprendere a volare.
#8229
Citazione di: sgiombo il 16 Ottobre 2018, 20:08:09 PM

Non vedo come lo sviluppo della scienza possa porre problemi o costringere a "rincorse col fiato corto" la filosofia (l' ontologia generale, compresi i suoi eventuali "contenuti od oggetti metafisici"), per lo meno per quel che riguarda le filosofie razionalistiche
(quanto alle poi religioni e alle filosofie irrazionalistiche non solo la scienza, ma anche una sana filosofia metafisica può ben contribuire a superarle).
Anzi, probabilmente meglio perché non si limitano ad estendere i confini dello scientificamente conosciuto, ma vanno a snidare religioni e filosofie irrazionalistiche anche dei loro "rifugi metafisici" inaccessibili alla scienza.

Se anche si sapesse tutto dell' universo fisico, un religioso potrebbe sempre dire che l' inesistenza di Dio non é confutabile.
E non la scienza ma la filosofia potrebbe ribattere che inconfutabile é ' esistenza di un Dio umanamente insignificante, una specie di "Superman" completamente trascendente il mondo fisico - materiale e che se ne frega dei destini umani (lo sforzo di credere indmostrabilmente-inconfutabilmente nel quale non varrebbe di certo la pena), ma quella di un Dio provvidente, immensamente buono e onnipotente é assurda data l' evidente esistenza del male.

La stessa impossibilità dei "miracoli" (interventi divini, o anche diabolici, in natura) non può essere scientificamente dimostrata, ma soltanto filosoficamente si può dimostrare che la possibilità di miracoli  é contraddittoria  con la credenza nella conoscenza scientifica, la quale necessita come conditio sine qua non (indimostrabile) del divenire materiale ordinato secondo regole o leggi universali e costanti, le quali devono necessariamente essere pensate ineccepibili per poterne parlare sensatamente, non autocontraddittoriamente: questa é gnoseologia, o come preferiscono dire gli anglosassoni, epistemologia, cioé una branca della filosofia.

La metafisica è ancora lì a cercare la cosa in sè, quando non solo la scienza ce la presenta in maniera più convincente (in tal senso l'ontologia corre sulle sue ali), ma è arrivata perfino a capire che l'ineffabilità della cosa in sè è una vecchia paturnia filosofica di cui possiamo tranquillamente fare a meno, contando solo la cosa-per-noi su cui la scienza compie quotidianamente i suoi miracoli.

E' pur vero che la metafisica atea può snidare gli ultimi rifugi di dio, mica ci vuole tanto, bastava Voltaire. Ma dopo Nietzsche si è entrati in una fase di ritirata strategica di tipo spiritualista fino alla cupezza di un essere-per-la-morte che si sposa col peggio della politica novecentesca, lasciando varchi imponenti al ritorno della superstizione.

Nella traiettoria da Schopenauer a Nietzsche passando per Marx ci sarà pure una sfumatura di positivismo, ma c'è un elemento essenziale per intervenire efficacemente sulla realtà propria del sapere filosofico che Marx sintetizza fin dall'undicesima tesi su Feuerbach: «I filosofi hanno finora interpretato il mondo in modi diversi; si tratta ora di trasformarlo.». Filosofia della prassi, elaborata diversamente da Nietzsche, ma sempre su proprie ali che oggi non volano più. E stancamente si rivive l'antica storia dell'ancella di altri saperi, inclusa una rediviva religione. Oppure svolazzamenti nella gabbia dei tempi eroici: Parmenide, Platone, Aristotele, Kant,... con le loro minestre ontologiche riscaldate sempre rigorosamente con la maiuscola davanti. Buona notte Filosofia. Che il risveglio ti sia lieve e arrivi presto.
#8230
edit
#8231
CARLO

...Ma un risultato pratico non è una rappresentazione.

IPAZIA

L'ho detto io per prima, e l'hai pure nerettato

CARLO

Insomma, fammi un esempio di "pratica tecnica delle rappresentazioni" altrimenti non ci capiamo.

IPAZIA

il pc, la bicicletta,...
#8232
Citazione di: 0xdeadbeef il 16 Ottobre 2018, 15:18:59 PM
A Ipazia e Sgiombo
Si parlava, se non erro, di innatezza della morale...
In un precedente intervento, dicevo che l'empatia verso l'"altro" scema man mano che ci si allontana da se stessi. Quindi se
stessi, la propria famiglia, la propria cerchia di amici e parenti, quella dei conoscenti, e così via fino ad arrivare agli
sconosciuti che vivono in paesi a noi lontani sia geograficamente che culturalmente.
Sulla base di ciò, mi chiedo se la definizione di "morale", e di "bene", di Ipazia ("L'etica è qualcosa di molto concreto,
finalizzato alla sopravvivenza di una comunità umana con aspetti egoistici e altruistici equamente ripartiti") e Sgiombo
("ciò che è utile alla sopravvivenza e riproduzione di individui e specie") "dica" la moralità o dica qualcos'altro...
Sicuramente la morale così come da loro intesa è un qualcosa di innato; ma è davvero ancora definibile come "morale"?

Sì, perchè è adeguata all'evoluzione dei costumi (mores) di una comunità. Pensi davvero che questo esempio:

Citazione di: 0xdeadbeef il 16 Ottobre 2018, 15:18:59 PM
Su una tale base, come è possibile, ad esempio, reputare immorale l'intenzione nazista di cancellare la "razza" (...)
ebraica? Non era forse, essa, vista dai nazisti come un pericolo per la sopravvivenza della razza ariana?

lo sia ? O non sia stata piuttosto un'operazione politica oscenamente strumentale, la cui falsità era percepibile da chiunque avesse un pur minimo livello etico/culturale consono ai livelli di civiltà europea di quell'epoca, tedeschi compresi.

Citazione di: 0xdeadbeef

E allora? Lasciamo forse che sia il "nomos" umano a dirimere su ciò che è degno di sopravvivere e riprodursi e ciò che non
lo è (come del resto nell'esempio degli Hindi riportato da Jacopus)?
Ah sì, nei fatti non possiamo che agire in tal modo, d'accordo; ma, appunto, se reputiamo come "fondata" una morale che
fa NON della sopravvivenza e riproduzione dell'INTERO genere umano, ma della sopravvivenza e della riproduzione di un
particolare gruppo umano la propria sostanza, allora siamo in tutto e per tutto dentro la definizione utilitaristica della
filosofia anglosassone. Naturalmente con quel che ne consegue. E cioè con l'impossibilità di "dire" la moralità e l'immoralità al di fuori di una certa specificità (cioè al di fuori di un certo "contesto"). Che vuol dire l'impossibilità "ultima" di giudicare alcunchè
("non puoi giudicarmi", dice infatti la casalinga oggetto originario di questo post).
Non credo esista un "dato evolutivo reale" che possa confortarci circa una possibilità concreta di superare "oggettivamente"
questa impossibilità di "dire" la moralità e l'immoralità (se c'è, io non lo conosco...).
Mi tengo allora la definizione "continentale". Pur se "senza sbocchi" (Ipazia);

Non mi ispira l'utilitarismo ideologico che postula le comunità e gli individui eternamente immobili in loro stessi, tipico della metafisica anglosassone, ma un'evoluzione etica che rifonda continuamente il significato di comunità e di individuo al suo interno. La dichiarazione universale dei diritti umani ha contenuti che corrispondono al ceck di quello che intendo per evoluzione etica e mi pare che postuli l'intera umanità come soggetto di tali diritti.

Citazione di: 0xdeadbeef
pur se, giustamente, a rigor di logica dovrei pormi il problema della bistecca di manzo e della carota;

Essì, altrimenti postuliamo un Bene a mezzo servizio, specista, anziché razzista. Relativista a sua insaputa.

Citazione di: 0xdeadbeef
essa mi dà però un riferimento che l'altra non può darmi.
Ma quale riferimento? Non certo quello di un articolo di fede...
Essa mi indica non tanto una oggettività "possibile" (altrimenti ci sarebbe uno sbocco...), quanto appunto la necessaria
mancanza di ogni riferimento nell'altra, sulla quale è appunto impossibile la formulazione di qualsiasi giudizio di valore,
o morale che dir si voglia.
saluti

Sull'utilitarismo anglosassone e la sua progenie darwinista sociale, concordo. Sulla necessità di calare l'innata pulsione morale, ancorata fin da subito al valore "vita umana", in un processo evolutivo, non credo vi siano alternative di sbocco. Siamo già coinvolti in questioni etiche da Io robot di Asimov e tra poco rischiamo seriamente di finire in quelle poste da 2001 Odissea nello spazio e Blade runner. Senza tralasciare quelle già emerse aspeciste.
saluti
#8233
Il suo risultato pratico, no. E' un artefatto, un prodotto materiale.
#8234
Citazione di: Carlo Pierini il 16 Ottobre 2018, 13:26:02 PM
IPAZIA
c'è la rappresentazione (del mondo) e c'è la pratica di questa rappresentazione. E ciò comporta che la pratica delle rappresentazioni non è essa stessa una nuova rappresentazione.

CARLO
Non è esattamente così: anche la pratica delle rappresentazioni è oggetto di rappresentazione. Ti faccio un esempio: l'uso di equazioni matematiche per esprimere delle leggi fisiche è una "pratica delle rappresentazioni". Eppure esistono due rappresentazioni diverse e inconciliabili di questa "pratica": quella di Hume-...Sgiombo, secondo cui l'immutabilità-eternità della logica matematica non garantisce l'immutabilità-eternità delle leggi fisiche che essa esprime, e quella di Pitagora-Platone-Galilei-Leibniz-Spinoza-...Pierini che, invece, concepisce i numeri come gli eterni archetipi del creato, cioè i modelli immutabili sui quali sono plasmate le leggi immutabili-deterministiche del mondo.

Mi riferivo alla pratica tecnica delle rappresentazioni non al metalinguaggio logico-matematico che le rende universalmente fruibili e realizzabili. Sul linguaggio della Natura non mi pronuncio. Sicuramente è un linguaggio sulla natura di quella parte della natura che è l'homo sapiens. Dire di più sarebbe violare il 7.mo e ultimo punto del Tractatus.
#8235
Salve viator, premetto che sono una estimatrice del tuo rigore metafisico al quale mi inchino. Mi permetto di intervenire solo dopo una premessa "anche restando nel limitato ambito umano ...". Sussunzione è termine non colloquiale per comprendere, nel senso di includere, non di capire. Includere in senso logico, non nel senso metafisico che ti è congegnale. Sistemata la semantica, se non è troppo umano, gradirei una critica alla mia idea tanatologica di inclusione. Contraccambio i saluti.