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Messaggi - Phil

#826
Citazione di: Jacopus il 07 Novembre 2022, 19:24:44 PMPhil. In realtà abbiamo prodotto la civiltà attuale proprio perché siamo in grado di concettualizzare il mondo e pensarlo "differente".
Rileggendo ora la parte finale del mio post, mi rendo conto che non si capisce bene che mi riferisco al "realizzare" concetti inerenti il post mortem (paradisi, giudizi divini, trasmigrazione delle anime, etc.) e non al realizzare concetti progettuali in realtà concrete pre-mortem, realizzazioni che hanno palesemente scandito la storia dell'umanità. Grazie per la segnalazione e la possibilità di disambiguare.

@viator
Mi fido sulla parola, anche perché il senso del mio discorso non cambia anche se l'elettricità venisse intesa come "non materiale" (ma se "qualcosa" si muove, pensavo dovesse pur avere una massa e quindi supponevo fosse a suo modo "materia", nella mia concezione ingenua del termine ovviamente).

@Ipazia
«Eternare i propri individui attraverso la cultura e la tecnologia» può aver senso solo se guardiamo all'uomo dall'interno, stando ai suoi giochi simbolici e semantici (v. suddette "concettualizzazioni elettrificate"); se proviamo a guardarlo da un punto di vista antropologico o, con ancor più distacco, quasi "dall'esterno", non c'è eternizzazione, né cultura, solo ruderi di habitat caparbiamente modificato e manufatti che per tutti gli altri viventi non si distinguono dal resto del paesaggio in cui cercano di (sopra)vivere. Può far parte della concettualizzazione umana anche prender le distanze dalla concettualizzazione stessa, per acquisire uno sguardo meno antropocentrico e autoreferenziale, più "oggettivo" nel senso disumano del termine.
#827
Citazione di: viator il 07 Novembre 2022, 16:32:02 PMSalve phil. OK. Ma quale è la discriminante sostanziale, materiale tra la condizione di lampada accesa e quella della lampada spenta o rotta ?.
La lampada accesa, come l'uomo vivo, è percorsa da un adeguato flusso elettrico di particelle (materia, se non erro); quella spenta potrebbe esserlo, ma non lo è; quella rotta potrebbe esserlo, ma se lo fosse, a causa della sua sopravvenuta "inadeguatezza", non produrrebbe più luce (in generale, elettrificare un cadavere non lo riporta in vita).
Questa è secondo me la "narrazione oggettiva" (ossimoro voluto) di base, da cui l'uomo può "elettrificare" astrazioni semantiche che spaziano dal calcolo matematico, alla teoresi metafisica (etica, estetica, etc.), ai mondi possibili, etc. ma, "dall'esterno", restiamo un animale vivo (ossia elettrificato) con spiccata capacità di scambiarsi segni e suoni che costruiscono universi concettuali, secondo cui manipolare la realtà (mentre gli altri animali, essendo meno "cerebrali", in tutti i sensi, la manipolano con meno astrusità e con risultati quindi differenti per impatto sul mondo e sui loro simili). E quando un animale si spegne, si spegne, uomo o altro che sia (dubito che la sua capacità di pensiero astratto possa produrre realmente ciò che ha concettualizzato quando era elettrificato; ma forse, in questa umana concettualizzazione, mi sbaglio).
#828
In breve, guardandosi intorno (e guardando anche al passato), dopo la morte di un uomo esiste quello che esisteva prima, ma in condizioni di stato differenti; il corpo umano che pensava «io sono», diventa un corpo umano che si decompone. Dove "va" quel pensare? Nello stesso "posto" in cui "va" la luce di una lampadina quando questa si rompe.
Dopo la rottura di una lampadina, c'è una lampadina rotta in più (e una funzionante in meno); dopo la morte di un uomo, c'è un uomo morto in più (e uno vivo in meno).
#829
Citazione di: niko il 03 Novembre 2022, 01:16:24 AMQuanti erano i possibili candidati alternativi alla Meloni?

Uno, naturalmente. Indovina quale?

Quello del PD.
Ipazia direbbe che è cherry picking (e stavolta avrebbe ragione): i possibili candidati alternativi alla Meloni, non erano solo quello del PD: per fare una statistica onesta dobbiamo contare tutti quelli presentatisi alle elezioni, dentro e fuori al gruppo della Meloni... quanti erano uomini e quante donne? Chi ha vinto? 
Ovviamente (spero), la conclusione che proponevo è volutamente fallace (per essecondare la tua); dimostra bene come la statistica vada spiegata, ma possa essere anche piegata (impropriamente) alla propria ideologia.
Lieto che (almeno) il caso del Friuli abbia falsificato il fallace rapporto fra composizione statistica del campione e selezione umana dello stesso, fra differenziazione interna e "elezione" qualitativa esterna.

@Ipazia
Onestamente individuare la causa diretta (magari sbagliando) non è cherry picking, lo sarebbe se fra molteplici cause dirette ne escludessi in malafede alcune. Se con «patriarcato» vogliamo intendere «l'intera gamma dei comportamenti umano» (cit.) basta concordarlo a tavolino (cadendo così nella "fallacia del vero scozzese" letta al contrario: il patriarcato ha condizionato la storia dell'uomo, quindi tutto ciò che accade nella storia dell'uomo è patriarcato). 
Tuttavia, proprio come la statistica di Niko e la discriminazione delle donne, non sostengo che il tuo discorso sia totalmente falso, ma, argomentativamente, le ragioni a sostegno possono essere altre e qui stiamo forse (s)forzando la semantica per farla diventare una coperta ideologica, un po' troppo corta per coprire sia antropologia che ideologia (gli ombrelli, per quanto grandi, non riparano al contempo sia dalla pioggia che dalle pozzanghere).
#830
Citazione di: niko il 02 Novembre 2022, 22:33:52 PMse il venti per cento della popolazione e', ed e' rimasta, obesa per cinquanta anni,  e per cinquanta anni su una lista di venti premier nessun premier e' mai stato obeso, una qualche correlazione a "monte" o a "valle" o tutt'eddue, ci deve essere, praticamente per forza.

Questa non e', o meglio non sarebbe, una libera opinione, e', o meglio sarebbe, un dato scientifico.
Solitamente si chiama non sequitur o anche in altri modi, ma il succo della fallacia che proponi è confondere le regole statistiche dell'estrazione con quelle basate su una selezione volontaria, non casuale. Data la distribuzione di un elemento in un gruppo, prelevando un sottogruppo a campione, la proporzione fra gli elementi dovrebbe presentarsi tendenzialmente simile a quella del gruppo intero. Ciò è vero se si parla, appunto, di prelievo casuale; il voto, notoriamente, ha dinamiche ben differenti e non casuali, per questo non rispecchia i dati statistici (e non è pertinente mischiare i valori demografici con i valori politici).
Se non ci guardiamo dalle fallacie, alla statistica, presentandola come scienza inopinabile, possiamo far dir di tutto: quanti erano i possibili premier uomini prima delle elezioni? Vogliamo concludere che oggi per una donna è così facile diventare premier che ne basta una (o due, non so) contro tanti?
Anche in assenza di discriminazione la fallacia che proponi si conferma tale: non seguo il calcio, ma facendo una rapida ricerca è emerso che negli ultimi 40 anni nessun giocatore convocato in nazionale è stato molisano, valdostano, trentino o friulano... concludiamo che se in ben 40 anni nemmeno un giocatore di quelle regioni è stato convocato, allora, stando alla statistica, "per forza, a valle o a monte" il calcio italiano discrimina quelle regioni?
Altro esempio (dato che gli obesi non hanno avuto successo): se il 10% delle popolazione è bionda (altro numero a caso), dovrebbe essere biondo anche il 10% degli spazzini, altrimenti concludiamo che i biondi sono discriminati come spazzini?
Con ciò non dico che non ci sia discriminazione delle donne in politica (commetterei la tua fallacia al contrario), ma che per analizzarla e spiegarla non tutte le statistiche son buone a tirar acqua al proprio mulino (per quanto magari condivisibile).

@Ipazia
In un uomo che non accetta di essere lasciato ed uccide la propria compagna, o in una persona violenta fino ad uccidere per gelosia o simili, vedo poco patriarcato e tanti problemi psichici (confermo il mio sospetto che stia diventando una "parola ombrello" che mischia sospettamente antropologia ed ideologia).
#831
Non sono sicuro di seguire l'accostamento fra governanti e statistica: in democrazia, i rappresentanti del popolo dovrebbero rappresentare la composizione statistica dei votanti oppure il volere (o almeno i gusti) degli elettori? Se, dando un numero a caso, il 20% della popolazione è obesa (ipotetico fatto), è giusto (valore) che circa il 20% dei premier sia obeso, a prescindere da ciò che indicano i votanti (voto che è processo di selezione, non estrazione), altrimenti significa che c'è discriminazione degli obesi in politica? Il cratos del demos dovrebbe essere imbrigliato (autocontraddittoriamente) da vincoli statistici di "composizione biologica" dell'elettorato per essere "buono e giusto"?
Non è che «patriarcato» sta diventando la nuova "buzzword di ribellione generalista" (sostituendo «nazismo» e altro) per indicare superficialmente tutto ciò che non ci piace socialmente (anche se ben poco ha a che fare con il patriarcato)? Trovo che questa fascinazione per alcuni termini sia più "sociologicamente sintomatica" delle desinenze grammaticali, nel cui caso è appunto sintomatico il discorso che suscitano, non la loro funzione grammaticale in sé (uso «sintomatico» non in senso clinico, ma come indice di una situazione più profonda e complessa dell'elemento in questione).
A proposito di emblematico, nella sua umana sincerità, lo è il fatto che spesso (non mi interessa qui l'ad personam, parlo in generale basandomi su esperienze personali) affermazioni come «tutte le persone e tutte le scelte sono degne di rispetto» risultino piene di asterischi nascosti, e non per motivi di genere, ma perché solo qualche riga dopo si parla di «battaglie stupide», per poi finire a chiedersi, seppur con «domanda aperta», se davvero non sia il caso di passare dalle rivendicazioni alle vendette in stile legge del taglione, cavalcando il "rispettabile" (o no?) binomio «giustizia/vendetta»... ecco emergere l'uomo in quanto tale, indeciso e oscillante fra estetismi filantropici e richiamo adrenalinico del sangue, un po' donatore Avis e un po' aspirante vampiro. Chiedere a quest'uomo di "perdere" uno di questi due aspetti, significherebbe disumanizzarlo e alienarlo (più di quanto facciano attività e relazioni umane vecchie come, appunto, l'uomo...). Il tertium fra discriminazione ostile e parità forzata c'è, ma essendo una dialettica tanto delicata quanto funzionale ha i suoi limiti di "attecchimento sociale" e si finisce quindi, in modo non a caso tipicamente umano, per sbilanciarsi spesso in uno dei due poli, talvolta cambiandolo a seconda del discorso.
#832
Citazione di: Eutidemo il 30 Ottobre 2022, 05:46:25 AM
I droni iraniani, peraltro, sono facilmenti dirottabili e/o fatti precipitare con dei semplici "jammer" da pochi soldi acquistabili online; come ho fatto io l'hanno scorso con un fastidioso drone che ronzava sul mio giardino.
Per dovere di cronaca, è bene ricordare che, se non erro, l'uso di jammer da parte di civili, soprattutto all'esterno della propria abitazione e in prossimità di luoghi pubblici, può avere anche conseguenze (il)legali.
#833
Non vorrei "spoilerare" sviluppi post-hegeliani sul tema, ma, passando da una fenomenologia all'altra, la questione assumerà anche i panni della sintesi passiva in Husserl (v. ad esempio qui).
#835
Citazione di: Alexander il 31 Agosto 2022, 09:10:26 AMBasta ammettere che si è sbagliato. Se lo si fa non in malafede, pensando che era la cosa migliore da fare, che problema c'è? Eppure non lo ammette più nessuno. Manca l'umiltà. E' quello il problema. Così la gente non si fida più di nessuno e sono costretti ad obbligarti.
Questo punto è forse l'ago della bilancia, che ciascuno tira dalla propria parte (buona vs cattiva fede), spesso senza sentire il peso dell'onere della prova, ma accontentandosi di correlazioni apparenti e facili rimproveri a posteriori.
Esperimento mentale da ombrellone estivo (siamo ancora ad agosto, no?): se ciascuno di noi fosse a capo del governo di uno stato in cui si manifestano repentinamente i primi casi e i primi morti di una malattia sconosciuta e contagiosa, e ci venisse proposto un vaccino plausibile seppur ancora sperimentale, mentre altri stati contano già molti morti, incassano pesanti contraccolpi economici e non sanno che pesci prendere fra "immunità di gregge", lockdown, selezione naturale e altre improvvisazioni; noi sceglieremmo di aspettare stoicamente tutti i mesi (o gli anni) necessari alla fine della sperimentazione del vaccino, pur sapendo che i virus evolvono e che ciò significherebbe rispondere nel frattempo a molti elettori che ci chiedono perché li stiamo lasciando morire, intubare e/o fallire economicamente, oppure accetteremo di ricorrere al vaccino, pur sapendo che non è perfetto e che se usato da una parte ridotta della popolazione non eviterebbe il peggio, né economico né obitoriale? Lasceremmo ad ognuno la libertà di scegliere se vaccinarsi o meno nella consapevolezza che dall'adesione al vaccino dipendono l'esito del contenimento della pandemia, l'economia nazionale e, non ultima, la nostra poltrona? 
Qualcuno dirà di sì, qualcuno dirà di no... e come al solito verrà "dimostrato" che i migliori governanti sono purtroppo confinati nei bar e nei forum.
Postilla: chiaramente dopo circa tre anni (mi pare) di pandemia, siamo tutti esperti di proteine spike, di indici di contagio, etc. tuttavia per una buona riuscita "contestuale" dell'esperimento è necessario proiettarsi qualche anno indietro, quando, se non ricordo male, ci stavamo specializzando solo in diritto marittimo, migranti e spread. Buona scelta.

P.s.
Intendiamoci, non propongo affatto un'apologia di chi era/è al governo né un tana libera tutti in virtù di aprioristica buona fede e interessi nazionali; condividendo con baylham l'attesa di qualcosa di meglio del vaccino (poiché processi norimberghiani e altre "a posteriorità" non curano né le persone né la "salute" dello stato) propongo solo un, per me non facile, esperimento mentale, quasi come il "compito di realtà" della paginetta dello scandalo.
#836
@Kobayashi @Ipazia

La comunicazione, come saprete meglio di me, è fatta di contesti; questo vale per la comunicazione scolastica, per quella "di regime", per quella amorosa, etc. Saper contestualizzare adeguatamente un testo è una competenza a cui gli alunni vengono solitamente indirizzati; con «contestualizzare» si intende in generale, correggetemi se sbaglio, considerare attentamente mittente, destinatario, contenuto, tempi e luoghi della comunicazione, etc.
Contestualizzando dunque quella singola pagina, destinata ad alunni delle scuole medie, e considerandone il contenuto, che onestamente mi pare piuttosto "moderato" (le fake news in oggetto sono elencate nel link, non c'è scritto che ogni possibile critica sia una fake news, non c'è esplicito divieto di critiche al vaccino, né vengono stigmatizzati i no-vax, né viene assolutizzata o elogiata la perfezione della medicina, si glissa infatti su dettagli "da adulti", come parametri di efficacia e altre misurazioni), non ci vedo alcuna proposta scandalosa, né dal punto di vista didattico («una discussione critica sugli aspetti scientifici della costruzione e dell'efficacia di un vaccino», auspicata da Kobayashi, magari è un po' prematura per le scuole medie, anche rispetto ai loro programmi didattici; v. contestualizzazione destinatari), né dal punto di vista "dottrinale" (in quella paginetta, di dogmi totalitari e di genuflessione alla scientismo, non ne leggo, da adulto, e dubito un ragazzo possa assimilare tale singola "simulazione pubblicitaria" al punto da diventare improvvisamente alfiere di ideologie che nemmeno può comprendere; v. contestualizzazione del contenuto).
Riguardo lo "sbufalamento" di previsioni e procedure scientifiche, ricordo solo en passant che, al netto di ovvie ingerenze economiche e del cacofonico folklore mediatico-politico, qualcuno lo chiama(va) «falsificazione» ed è ciò che rende la scienza tale.
#837
Citazione di: InVerno il 30 Agosto 2022, 01:03:17 AMIo tralaltro non ho proprio capito quale dovrebbe essere il senso di questa pagina, suppongo mi manchino le altre del libro, non vi trovo niente di educativo riguardo a come affrontare le informazioni e distinguere fakenews, e neanche capisco che cosa ne abbia da guadagnare un bambino nel fare pubblicità ad alcunchè (tanto meno un vaccino), a meno che non abbia scelto "marketing" già dopo l'esame di quinta elementare. Se non cominciare a pensare alla medicina e alla scienza come "questione di marketing", cioè avvicinarlo alle posizioni di Ipazia. Pura eterogenesi dei fini.
Credo di capire le tue perplessità, tuttavia le smorzerei proprio considerando come il contesto didattico non sia una scuola di marketing o un'università, ma una scuola media in cui i confini disciplinari non sono troppo da prendere sul serio. I ragazzi (e non solo, ma non divaghiamo) apprendono molto e meglio con giochi di simulazione, anche se non necessariamente verosimili e, aggiungerei, non necessariamente da leggere come indottrinamento e plagio delle giovani menti (questione di quantità e qualità di tali "giochi": per una singola paginetta piuttosto diplomatica, non ne farei un dramma). Ad un ragazzino delle medie si può anche chiedere «cosa cambieresti della tua città se fossi il sindaco?» senza temere che l'alunno si lanci in ardite promesse elettorali o senza aspettarsi che saggiamente chieda prima di leggere il bilancio del comune; se "da grande" si occuperà di pubblicità o politica lo farà di certo con meno infantilismo d'adesso, ogni cosa a suo tempo. L'età del target dei lettori spiega adeguatamente anche (@Ipazia) come mai il testo di riferimento linkato sopra sia semplicistico, sintetico e poco "dubitativo" (non a caso, non si entra nel merito dei «requisiti di qualità e sicurezza»); nessun genitore avveduto, quando dà una medicina al figlio, gli ricorda tutti gli effetti collaterali scritti sul bugiardino, né gli fa scegliere liberamente se prenderla o meno, come se si parlasse fra pari (questione di ruoli necessari, di male minore, etc. robaccia da adulti che i ragazzi avranno modo di scoprire, ed utilizzare loro stessi, crescendo).

Circa le tematiche di attualità a scuola, nel mio piccolo, sarei persino favorevole a trattarle prima di quelle storiche (penso ad esempio che la storia della filosofia andrebbe studiata "all'indietro", proprio come nei libri gialli si parte dal morto e poi si indaga a ritroso, ma questa è un'altra storia): preferisco un bambino vagamente informato sul Covid a quello che sa dirmi tutto della peste nei «Promessi sposi», ma poi crede che il Covid lo attaccano i pipistrelli o, tanto per dire, non sa cogliere le differenze fra il nazismo e la gestione pandemica quando sente adulti accostare infelicemente i due fenomeni. In quest'ottica, affrontare, seppur nei limiti del contesto, il tema delle fake news relazionate al Covid, chiedendo agli alunni di rifletterci sopra, credo sia molto più utile, didatticamente, che riflettere su tematiche più aliene alla realtà che li circonda; prima iniziano ad oliare gli ingranaggi del senso critico, ciascuno con i suoi tempi e modi, guardandosi attorno (e non tanto al passato), meglio è; ne avranno certamente bisogno e magari sapranno dare una oliata anche a quelli di mamma e papà.
La questione delle domande di autovalutazione, scritte addirittura in prima persona, la trovo uno spunto interessante, soprattutto in un'epoca in cui abbondano i giudizi altrui e le nuove generazioni hanno bisogno di farsi una corazza per incassarne di ogni tipo; un po' di sana autoreferenzialità, se non di autocomprensione e auto-nomia, credo sia un invito non superfluo (certo, molti si promuoveranno sbrigativamente con "quattro sì", ma sono sicuro ci sarà almeno una minoranza che su quelle quattro domande ci spenderà un momento con gli ingranaggi accesi, momento importante, anche per chi non farà il giornalista...).
#838
Il "compito" (che prende spunto da questo articolo) non si pone in modo esplicitamente polarizzato (come invece possono essere gli occhi che lo leggono): sin dal titolo si parla di «vaccino sì, vaccino no» (dunque non solo «vaccino sì»), poi si chiede di «realizzare delle pubblicità sul vaccino anti-Covid», da notare il «sul» non «pro» o «a sostegno di»; viene inoltre spiegato che «le pubblicità possono informare sui lavori scientifici che stanno dietro al vaccino», con quel «dietro» che potrebbe far la gioia di molti complottisti eruditi. 
L'immagine dell'articolo è condizionante e troppo mainstream? Per essere più neutri, si sarebbe potuto mettere l'immagine di un ragazzo/a pensieroso/a, indeciso/a nello scegliere; ma poi la stessa immagine andrebbe messa ogni volta che un compito propone di attivare il senso critico. A fare l'avvocato del diavolo, si potrebbe partire proprio da quell'immagine per muovere una critica alla comunicazione sul Covid, poiché, di fatto, nel "compito" non è escluso il parlare del vaccino in modo antagonista, separando le fake news dalla verità, anche quella eventualmente tenuta nascosta dei media ufficiali e dallo scientismo. Se ci fosse un giovane complottista in classe o qualcuno che per altri motivi non condivide il vaccino, avrebbe la sua opportunità per esporre le sue idee e creare la sua "pubblicità progresso" (anche nel rispondere alle quattro domande finali non dovrebbe aver problemi, salvo il caso in cui sostenga che non c'è mai stata alcuna fake news sul Covid; tuttavia, se così fosse, il difetto non sarebbe nella domanda, ma nello studio delle fonti, come il suddetto link, dove, senza scomodare trasmissioni in 5g o simili, si associa il vaccino al benessere economico).
#840
Citazione di: Kobayashi il 14 Agosto 2022, 14:35:45 PMÈ ovvio che ogni cosa che dico in quanto detta da me è personale.
Il termine "anonimo" che ho usato va preso naturalmente nel senso di una tendenza verso una comunicazione sempre meno personale, e quindi inutile nel lavoro che la scrittura compie nella costruzione della conoscenza di se'
Non so se intendi "sempre meno autenticamente personale" o "sempre meno personale" nel senso di pubblico anonimato, fermo restando che la scrittura, che sia quella privata del "diario segreto" o quella planetaria dei social, contiene sempre un distillato dell'autore e quindi ha sempre il potenziale per essere utile alla «costruzione della conoscenza di sé»(cit.): anche chi riposta acriticamente slogan di cui ignora il senso o battute banali e inflazionate sui social, ha in questo suo ripostare pedissequo una rilevante fonte di possibile autocomprensione, che può essergli preziosa per riflettere sul suo rapporto con il mondo e con gli altri.
Tornando all'anonimato: nel secondo caso ("sempre meno personale" nel senso di pubblico anonimato), di certo poter ricorrere ad avatar, pseudonimi, nomi falsi, etc. aumenta l'anonimato della persona che si espone con giudizi, opinioni, etc. e la stessa tecnologia fornisce anche strumenti informatici per tutelare o aumentare tale "scudo di anonimato". La conseguenza è che solo Kobayashi sa chi è davvero Kobayashi fuori dal forum, quindi il suo scrivere post può servire come autocomprensione solo a lui, poiché per gli altri è semplicemente un utente che non possono profilare nella realtà e leggerne i post è come leggere un taccuino firmato da "mister x": il contenuto può essere totalmente compreso, ma dell'autore si sa solo ciò che egli decide di rivelare, sempre fidandosi che non menta o, come hai osservato, si autocensuri. In questo caso l'autore resta dietro alle sue manifestazioni, in una posizione tanto unica quanto privilegiata per comprenderne il senso, potendo relazionarle ad altre manifestazioni e informazioni che gli altri, al di là della cortina dell'anonimato, non sanno (quindi, in questo caso, l'anonimato non lede «la costruzione della conoscenza del sé»).
Nel primo caso (se cioè intendi "sempre meno autenticamente personale"), secondo me si può osservare in altri casi una iper-personalizzazione (antitesi dell'anonimato) in cui l'individuo cerca di distinguersi, calcando la mano nel ricercare originalità e visibilità (v. influencer o aspiranti tali), al punto da non rappresentare fedelmente la propria identità quotidiana, ma una sua versione estremizzata, alterata e "commerciale". In questa situazione, opposta alla precedente (come l'esteta è opposto all'uomo etico in Kierkegaard), l'individuo tenta di essere più identificabile possibile, ostentando connotati (estetici, artistici, sociali, etc.) che lo rendano ben distinguibile dagli altri, rendendo la sua autocomprensione un fenomeno che va di pari passo con l'esposizione allo sguardo (e al commento) altrui, alla perenne ricerca di consenso e godimento (mediatico e non). Tuttavia anche questo "caricaturarsi" può essere comunque una tappa di riflessione importante per «la costruzione della conoscenza del sé».
Più in concreto, credo che il ruolo per nulla anonimo della comunicazione a distanza (nelle sue differenti forme) sia stato sperimentato da molti durante l'esperienza del lock down, dove ciascuno ha potuto capire quale sia il proprio rapporto con la comunicazione, con il dialogo, con la scrittura, etc. vivendo un'importante "esperimento" di autocomprensione, magari scoprendo alcuni aspetti della propria relazionalità (e della propria memoria) che altrimenti avrebbe ignorato.
L'anonimato della comunicazione per me è spesso solo negli occhi di chi guarda o legge, ma se parliamo di «costruzione della conoscenza del sé» tramite la scrittura, pur con differenti gradi di "profondità analitica", nessuno è anonimo a se stesso, quindi la possibilità di autocomprendersi nelle proprie tracce comunicative c'è, fintanto che tali tracce sono reperibili (non me ne voglia Platone) pur con tutte le "patologie" del caso (manie di "archivismo", difficoltà nel distacco dai ricordi, strumentalizzazione del passato, etc.).

Citazione di: Kobayashi il 14 Agosto 2022, 14:35:45 PMLa filosofia è etimologicamente "cura della sapienza", ma questa sapienza ha un carattere liberatorio (declinato nelle contingenze delle diverse epoche)?
Sulla tematica della "liberazione" in rapporto alla "cura della sapienza" preferisco non addentrarmi, considerando come la sapienza sia, a suo modo e secondo me, perlopiù conoscenza dei "meccanismi umani" e dei loro limiti possibili, quindi più che una liberazione, un'acquisizione di consapevolezza di vincoli e legami; consapevolezza che include anche i condizionamenti delle metafore demagogiche o te(le)ologiche proprie della nostra cultura.