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Messaggi - Phil

#826
Percorsi ed Esperienze / Re:La Grotta
23 Ottobre 2021, 17:21:38 PM
La critica sociale della "rive gauche" (genitivo soggettivo; per ovvi motivi sociologico-commerciali non ve ne può essere altra proponibile nell'intrattenimento a larga scala) è un po' come il teorema di Pitagora: quando lo scopri è "avvincente", ma con il tempo diventa mera esecuzione (formalmente standardizzata) per un determinato e prevedibile fine. Trattandosi qui di arte, chiaramente conta molto anche il "come" qualcosa viene presentato, non solo il "cosa", per cui lo stesso "cosa" può essere (rap)presentato in modalità più o meno innovative, più o meno esplicite, più o meno vendibili, etc. con l'accumularsi crescente di film (o serie, come quella citata che non ho visto) "socialmente critici" siamo forse arrivati alla parodia capitalistica di una critica anti-capitalista, paradosso solo apparente consideranto che si tratta di arte che "deve" (o almeno vuole) comunque vendere e/o affabulare, non solo comunicare (disincanto celato nel doppio fondo di gran parte dell'"arte socialmente impegnata"; fermo restando che criticare l'arte che critica qualcosa non significa automaticamente essere entusiasti sostenitori di quel qualcosa, sempre se si resta nel disincanto, antidoto alle polarizzazioni "pro/contro" che mortificano la riflessione "pre-giudiziale", nel senso che precede eventuali giudizi).
Azzardo: nella tragedia l'antagonista indiretto è solitamente il destino avverso (quello diretto è una divinità crudele o il cattivo di turno), mentre nella critica sociale il ruolo di antagonista diretto è quello del ricco (più o meno corrotto, più o meno sadico, più o meno cinico, etc.), con la società (o meglio le regole di una certa società) a fungere non da sfondo ma da antagonista indiretto; si è dunque passati dall'impotenza (se di tragedia si tratta) nei confronti del destino all'impotenza (almeno iniziale, secondo il copione generico di tali film) nei confronti della società, entrambi pronti a richiedere vittime sacrificali per la fortuna di altri. La differenza cruciale è che mentre il destino, fatalisticamente, "guida chi lo accetta, trascina chi non lo accetta" (Seneca), la società viene criticata per proporre (plausibilmente) una presa di coscienza, forse alludendo ad un anti-fatalistico possibile cambiamento; questo, se non ho preso un abbaglio, dovrebbe/vorrebbe essere il plusvalore semantico/pedagogico/"di denuncia" dell'arte impegnata in questione. Non è affatto ironico che, fuori dalla narrazione della trama, chi in quella trama è rappresentato non possa "vedersi" sul grande schermo (diseredati, poveri, emarginati, etc. difficilmente useranno Netflix o andranno al cinema), poiché tale richiamo alla giustizia, implicito nella implicita critica sociale, è "giustamente" rivolto a chi rischia di essere ingiusto e/o a chi tale ingiustizia alimenta. La società ha una dinamica ingiusta e quindi alla società (quantitativamente parlando) facciamo vedere, in forma ovviamente romanzata, quali sono gli effetti collaterali del benessere di alcuni (pochi?) e quanto sono delicati gli ingranaggi che sostengono tale benessere, per cui la lotta per la grigia sopravvivenza quotidiana per "arrivare a fine mese" (o a "fine giornata") diventa una "battle royale", narrativamente impostata in una competizione per arrivare alla fine del gioco (con tanto di ricco montepremi che metaforicamente rappresenta... un ricco montepremi, come nei migliori romanzi di formazione e nella più spietata critica al capitalismo). Probabilmente l'utilità sociale di tale messaggio è paragonabile all'introduzione del film (non so se ci sia ancora) che ci ricorda che la pirateria è reato; ricordarlo a chi è nel cinema può aver lo scopo di: far sentire in colpa gli eventuali "pirati part-time" (che alternano cinema a pirateria); ricordare quanto sono criminali gli eventuali "amici pirati" che ci hanno detto «non vengo al cinema con te perché mi scarico il film»; farci sentire bravi perché siamo lì, anziché essere pirati, con l'impliclito invito a ritornare prossimamente. Colpa, discriminazione e approvazione, tre categorie indubbiamente sociali, che possono talvolta anche spaziare dal messaggio pre-film al contenuto dei film di critica sociale; tuttavia, si può ribaltare il significato/rappresentazione della critica leggendoci addirittura un compiacimento dello status quo (giocando a fare i critici della critica)? Recepito il messaggio che la società produce disagio (v. emarginati), che il successo è instabile (v. repentino fallimento economico), che la giustizia talvolta non è giusta per tutti (v. istinto di vendetta), etc. davvero una rappresentazione "drammaturgica" di tali meccanismi coincide con una loro critica? Il far vedere "quello che loro non vorrebbero farvi vedere" (che è ormai diventato "quello che voi volete vedere", con annesso "ghigno capitalista"), la rivincita in forma cinematografica del perdente, il riscatto del brutto/sfortunato/fallito, la redenzione del peccatore, etc. non sono forse (uscendo dallo schermo per tornare nella realtà non-cinematografica) come sognanti cartoline spedite dal carcere a chi è fuori dal carcere? Di fatto non diminuiscono la pena (in tutti i sensi) di chi è dentro, né dipingono necessariamente la pena come ingiusta, e producono in chi è fuori una forma di "disempatia" (parodiando la dispatia): "mi dispiace quando mi immedesimo in te, ma sono anche contento che sia solo un'immedesimazione temporanea, che finisce quando finisce il film (o quando mi accorgo che io sono fuori e tu dentro)". Nondimeno si potrebbe persino pensare, rovesciando sicuramente l'intento narrativo originario, che la distopia del "gioco ad eliminazione fisica" non sia altro che una perversione onirica di chi aborra e disprezza le fasce più basse della popolazione, quasi un delirio catartico di un classista benestante infastidito dall'insuccesso altrui e disposto a scommetter sulla vita altrui come su una corsa di spermatozoi (nel senso che solo uno sopravvive), secondo un atteggiamento non dissimile, guarda caso, ai personaggi benestanti che in questo tipo di trama (non mi riferisco a "Squid game", ma nel trailer ho visto soggetti ben vestiti in maschera e... magari mi sbaglio) sono il capriccioso pubblico del cruento spettacolo (una sorta di Colosseo per miliardari). Dove qualcuno (molti) vede una critica della "selettività sociale", empatizzando per gli eliminati e le pene che devono affrontare, altri (pochissimi, magari già avvezzi a "punteggi sociali", pene di morte, etc.) potrebbe anche vedere una perversa fantasia proibita, una sorta di ordalia di massa in cui il destino premierà chi merita una seconda chance (con un'inclinazione "umanista" in fondo non molto dissimile da chi, commentando un barcone affondato con il suo carico umano, osserva rigorosamente a bassa voce, come "è un rischio che loro hanno scelto di correre", che "avrebbero dovuto pensarci prima di imbarcarsi per cercare fortuna", che "tanto arrivati qui qualcuno di loro avrebbe fatto del male a qualcuno di noi", etc. contraddicendo ogni presunta empatia per forme di riscatto sociale reali, fuori dal grande schermo).
In questo tipo di cinema siamo, secondo me, comunque al "trastullo emotivo" (essenza dissimulata di gran parte dell'arte) tramite una simulata situazione di disagio e pericolo di vita, per il gusto di evasione dalla realtà e/o di una proiezione psicologica a tinte forti, quasi fosse un role-playing "al ribasso"; per questo c'è un protagonista a cui affezionarsi, perché agevola l'immedesimazione del pubblico o almeno un "legame narrativo" forte, che rende più coinvolgente la trama; mentre in una "battle royale" con alcuni protagonisti in rilievo ma senza eroe principale dichiarato, ogni spettatore può scegliere a chi affezionarsi, per inclinazione naturale, ma c'è il rischio di ritrovarsi dopo qualche minuto con il proprio beniamino fuori dai giochi, situazione piuttosto spiacevole per lo spettatore (effetto di "abbandono scenico" su cui si potrebbe lavorare per trame meno banali, ma che risulterebbero anche meno digeribili e meno gustose per molti palati).
Detto altrimenti (e più in sintesi): se non c'è ricaduta sociale della critica sociale proposta nei film (semmai sia possibile che ve ne sia), non si tratta in fondo di una vetrina ("borghese e filistea" si sarebbe detto nel secolo scorso) per un messaggio "politicamente corretto" (quindi ad ampio spettro di pubblico) per cui è ovvio che ci sia il lieto fine (seppur "aperto"), il riscatto/redenzione, che è proprio ciò che indebolisce la critica sociale che si vorrebbe proporre (edulcorando la sorte del misero protagonista che spesso finisce dall'altro lato della "barricata sociale")? Non ci si ritrova, volenti o nolenti (ancora ed inevitabilmente) nell'arte fine a se stessa, nell'arte come fruizione emotiva, come esperienza (di senso) esistenziale, forse anche come alterazione momentanea (e modaiola) dell'immaginario collettivo (già dilagano meme a tema, mi pare), ma nondimeno quasi al punto che quel film potrebbe anche essere fruibile (e magari godibile) senza scoperchiare il "prezioso" substrato di critica sociale che fieramente contiene? Fruizione ingenua, infantile ed estranea all'autentico e profondo scopo comunicativo dell'autore, si obietterà; tuttavia è anche vero che una volta inviata la suddetta cartolina, chi la legge lo farà secondo i suoi canoni, siano essi estetici, politici, sociologici o... postali. D'altronde sarebbe sensato chiedersi: mi è piaciuto (se così è) quel film perché contiene un messaggio con cui concordo, perché sa coinvolgermi suscitando emozioni e tenendomi incollato allo schermo, o per entrambi i motivi? Detto semiologicamente: mi piace il significato, il significante o entrambi (con il referente che, trattandosi di critica, è a suo modo un "a priori")? In fondo, trattandosi di cinema, c'è anche da chiedersi quale ne sia lo scopo: essere utile come "racconto formativo", essere "piacevole" (con tutte le sfumature possibili), essere piacevolmente recepibile perché rispecchia in un "bel modo" le inclinazioni dello spettatore, etc. ciascuno risponderà secondo la sua concezione di cinema.

P.S.
Tutto questo per dire che non ho visto "Squid game", ma quando mi imbatto in film del genere, riesco agevolmente a godermeli (se è il caso) senza tenere in primo piano il messaggio di "pubblicità progresso" che contengono, preferendo fruirli come arte espressiva senza contenuti etici o politici che vorrebbero spiegarmi come il mondo dovrebbe essere (oppure hanno per oggetto di riflessione l'"acqua tiepida"); tali contenuti ci sono, indubbiamente, ma non riesco a prenderli troppo sul serio (limite mio, magari) se contestualizzati in un contesto artistico, forse perché dall'arte mi aspetto edonismo (si può dire?), a prescindere da ammiccamenti al "politicamente corretto" o a dinamiche motivazionali(?) di peccato/redenzione o a coperte di seriosa denuncia sociale messe su trame incentrante su pulsioni ludiche e/o richiami ed emozioni forti (è dai tempi di Totò che certi stilemi narrativi "nobilitano socialmente" i contenuti di molte trame, con il risultato che ormai, forse parlo solo per me, si è anestetizzati al richiamo alla "giustizia sociale" o ad "un mondo migliore", richiamo "orale" che resta da sempre confinato in un film, perché se all'uscita del cinema un mendicante ci chiede due spicci, meglio non darglieli, non è certo quella la soluzione ai suoi problemi; magari verrà reclutato in un gioco ad eliminazione e allora, forse, ci affezioneremo a lui e pagheremo per vederlo al cinema o in un reality di cui sarà protagonista... ma non c'era già un film con questa trama, uno di quelli che doveva/voleva insegnarci qualcosa? Oppure, al netto di "intenti da grancassa", voleva solo raccontarci una storia avvincente ispirandosi parossisticamente a come stanno le cose, e siamo noi a vederci un'istruttiva "morale della favola"? Certo, pur non avendolo visto, non credo che la morale di "Squid game" sia che bisogna fare l'elemosina, ma mi viene il sospetto che molta della critica sociale implicita in molti film del genere non vada a parare seriamente da nessuna parte, se non nel far sentire fortunato, o ancora meglio, "meritevole" chi in quella rappresentazione drammatica può immedesimarsi solo "per gioco"; edonismo depoliticizzato sotto coperta socialmente impegnata, come si diceva poco fa).
#827
Scienza e Tecnologia / casa intelligente: si o no?
12 Ottobre 2021, 17:07:23 PM
@InVerno
Giusto segnalare sia la "evolutiva" ibridazione dei lavori di manutenzione, sotto il segno dell'elettronica e dell'informatica (come ricordato anche da @atomista), sia che l'"intelligenza" della casa può essere rivolta anche ad un'ottimizzazione delle risorse (e delle bollette) in chiave green; ad esempio, una luce esterna che si spegne da sola se la luminosità ambientale supera una certa soglia è un buon antidoto tecnologico ed ecologico alle possibili sbadataggini umane. Si tratta, come sempre, di distinguere ciò che "fa mercato" perché piace e/o solletica la crescente "pigrizia termodinamica" umana (la scarsa propensione a compiere lavoro fisico per interagire con l'ambiente circostante) da ciò che "fa mercato" perché ha anche una sua funzione estetica o "etica" (sempre nei canoni affini al mercato, non filosoficamente parlando). Ad esempio, gli sciacquoni con fotocellula nelle toilettes sono riconducibili alla categoria della pigrizia, dell'eticità (igiene, risparmio acqua) o della facilitazione fisica? Un po' tutte e tre direi. Oppure si pensi alle tapparelle elettriche (piuttosto diffuse credo), che rappresentano bene l'ambivalenza dell'utente medio che da un lato tende a risparmiare soldi (anche per i pannelli solari scommetto sia quello il movente principale; l'interesse per l'autoproduzione o l'energia pulita è solitamente quantificato con «in quanti anni me li ripago? quando inizio a risparmiare sulla bolletta?») e dall'altro è disposto a spendere di più (come nel caso dell'elettrificazione delle tapparelle) per qualche confort non strettamente imprescindibile, per guadagnare tempo o risparmiare energia fisica (come dimostra anche la suddetta differenza, sia economica che energetica, fra moka ed espresso).
Ovviamente, ognuno è libero di pagare le bollette per ciò che meglio crede, così come usare litri d'acqua per lavare un'auto non deve necessariamanete far sentire in colpa pensando alla siccità che affligge paesi lontani, a cui l'acqua di quell'autolavaggio non arriverebbe comunque a dar sollievo. Resta dunque possibile interpretare e vendere l'"intelligenza della casa" secondo differenti parametri, facendo leva sul confort, sull'eticità, sul risparmio di denaro e/o tempo e/o energia, etc. Si tratta certamente di una "tendenza alla complessità" (eco di tutta la storia del genere umano) molto futuribile e crescente oggetto di legislazione, quindi è facile prevedere che i suoi sviluppi seguiranno le consuete ramificazioni di mercato, dal lusso sino al fai-da-te, passando per innovazioni tecnologiche e intensificato dialogo con quell'appendice del corpo umano che è ormai lo smartphone (che presto potrebbe diventare il "telecomando" con cui gestiamo e monitoriamo tutta la nostra casa, dal sistema di sorveglianza alla caldaia passando per il caffè, salvo rinunciare a un po' di praticità per avere un po' più di sicurezza usando qualche telecomando in più e/o qualche automazione in meno, accettando una complessità "scomoda" per aumentare la comodità complessiva in caso di problematiche tecniche, che avrebbero meno effetto domino).
#828
Scienza e Tecnologia / Re:casa intelligente: si o no?
11 Ottobre 2021, 12:12:18 PM
La tecnologia propone spesso una comodità/facilità nella fruizione inversamente proporzionale alla comodità/facilità della manutenzione (con tutte le conseguenze del caso); basti considerare la differenza fra moka, macchina espresso e macchina espresso domotizzata: il tempo e la manodopera necessarie alla prima per produrre un caffè diventano un'impresa biblica se paragonati all'avere un'app impostata che tutti i giorni, esclusi vestivi, ti fa trovare la tazza piena di caffè fumante con la giusta dose di zucchero alle 7:52, senza dove far nulla (oppure si pensi ad una macchina espresso a controllo vocale; se non c'è già la inventeranno a breve). Il contraltare è che la moka se cade magari scheggia una mattonella, ma funziona ancora, mentre uno sbalzo di corrente (o la sua assenza) possono rendere la "macchina espresso smart" inutilizzabile (e tocca andare al bar in pigiama o chiedere ai vicini se ci prestano... una moka); inoltre in caso di malfunzionamento la "mano" della manutenzione deve avere requisiti sempre più specialistici man mano che ci si allontana dalla semplicità del meccanico per approdare al digitale. Lasciando dunque da parte la sacralità del rituale di prepararsi il proprio caffè, pressandolo in base all'umidità dell'aria, e la soave melodia del gorgogliare che ci ricorda di quando nostra madre ci annunciava che la colazione era pronta (tutti elementi estetici che spesso cozzano con la quotidiana realtà di non dover arrivare tardi al lavoro, che rende talvolta i tre sorsi di caffè uno dei gesti vissuti con meno consapevolezza della giornata), se estendiamo le possibili criticità d'uso ad un'intera casa in versione IoT, "Internet of things", anche senza scomodare HAL9000 è facile immaginare scenari da trama hollywoodiana (con hacker al seguito).
Indubbiamente una casa smart può agevolare persone con difficoltà motorie o sensoriali (per età o per disabilità) quindi ha un valore di facilitazione da non sottovalutare, l'importante è accertarsi che l'assistenza tecnica sia h24 anche nei festivi, altrimenti si rischia di passare un brutto week end, proprio come quando (esacerbando ancora un cliché hollywoodiano) si rompe un tubo dell'acqua, oggetto per niente smart, di domenica e tocca inventarsi una "soluzione intelligente" per non arrivare al lunedì con una piscina indoor al posto del parquet.
#830
Citazione di: Kobayashi il 06 Ottobre 2021, 17:22:41 PM
La critica alla percezione sensoriale è un classico dello scetticismo.
Proprio in questi giorni stavo pensando a come lo scetticismo sia esercitato diversamente nelle varie epoche e come abbia sempre un significato politico.

All'inizio dell'epoca moderna contro il dogmatismo religioso: un esercizio di umiliazione delle facoltà umane per recuperare equilibrio, buon senso, per disinnescare il fanatismo religioso e garantire una decente convivenza tra chi ha fedi diverse (attraverso la dimostrazione che non esiste un criterio capace di distinguere le autentiche verità religiose: tale criterio non può essere infatti la tradizione cattolica che si è costruita su decisioni umane rivelatesi a volte sbagliate, così come, sul versante protestante, non può essere la coscienza illuminata dalla fede che si esercita sulle Scritture per il suo inevitabile soggettivismo).

Nel pensiero contemporaneo invece lo scetticismo lavora contro ogni concezione umanista diventando esso stesso alla fine una specie di dogmatismo negativo (come lo è stato lo scetticismo accademico) e favorendo l'assoggettamento degli uomini.
Dunque a questo scetticismo, diventato dogmatismo e strumento di un programmato indebolimento della dignità dell'uomo, si potrebbe rispondere con una posizione altrettanto scettica sulle sue ragioni: così ad esempio all'evidenza della problematicità dell'Io si potrebbe opporre l'idea dell'anima, alle argomentazioni del determinismo quelle del libero arbitrio, al divieto di non infrangere il dogma dell'immanentismo le ragioni della trascendenza, e via dicendo.
Lo scetticismo filosofico ha una debolezza strutturale pari alla sua capacità di indebolire il dogmatismo: nel momento in cui lo scetticismo viene strumentalizzato, viene usato come negazione/opposizione forte, smette di essere scetticismo pensante (si "rompe") e perde il suo valore epistemologico. Non credo sia legittimo confonderlo con una mera negazione dialettica (che ne è semmai possibile esito) che oppone un «no» ad un «sì», soprattutto se tale «no» si propone come fondato su una verità; non fa differenza se dimostrata o postulata come assoluta, lo scetticismo non difende la verità, la indaga (salvo nelle sue caricature peggiori, in cui è solo un espediente retorico per propagandare e tutelare la verità del proprio punto di vista, tenuta invece a debita distanza da ogni dubbio).
Le "Scilla e Cariddi" che mettono a rischio lo scetticismo, nella sua delicata valenza metodologica, sono proprio, da un lato, la sua riduzione a posizione alternativa (lo scetticismo non contrappone gerarchicamente trascendenza ed immanenza, essendo applicabile ad entrambe), dall'altro, la sua banalizzazione a «chi può dirlo? Potrebbe anche essere diversamente...» che svaluta a priori possibili riflessioni critiche. Uno scetticismo filosofico che si rispetti, secondo me, dovrebbe avere le sue ragioni e una sua logica (non è poesia), ma per restare tale, non può avere la sua verità (può semmai prenderne in prestito come "strumento", ma non come conclusione: si può essere scettici della verità di x, alla luce della verità di a, b e c, che sembrano essere indizi della verità di non-x; tuttavia, se invece x viene falsificato "oggettivamente" da a, b, e c, non c'è posto per lo scetticismo, essendoci di fatto una dimostrazione convalidata). Di conseguenza, gli ambiti in cui il pensiero scettico può trovare pertinente applicazione sono limitati, usarlo dove non è compatibile può avere effetti collaterali, come quelli di un farmaco preso dalla persona sbagliata.
#831
Tematiche Culturali e Sociali / Evasione fiscale
05 Ottobre 2021, 20:37:51 PM
@InVerno e @Ipazia

Pare che la prima riga "ad effetto" del mio post sia stata letta come conclusione o succo del discorso, mentre era solo l'incipit, il gancio alla citazione iniziale riguardante il binomio assenza-di-possesso/felicità. Il secondo paragrafo, correggetemi se sbaglio, chiarisce come tale utopia "mancino"-francescano-zen, per me, sia destinata ad incagliarsi nell'atavica natura umana (abbassando Hobbes fino a Pinocchio, quindi senza troppi virtuosismi teoretici), per poi arrivare alla conclusione, banalmente messa alla fine del post (seguendo quindi l'ordine che dovrebbe risultare più user-friendly), consistente nella (cito) «buona pace di San Francesco e Buddha» e «la gioia del Gatto e della Volpe», considerato che il possesso di qualcosa (fra le righe si può leggere agevolmente, credo, che si tratti almeno di denaro) sia inevitabile.
Che render contenti il Gatto e la Volpe, non proprio emblemi di virtù, possa essere un "indorare la pillola" da proporre in una narrazione planetaria di marketing "di un certo tipo", o che quel "sarete felici non possedendo nulla" sia da intendere come ecumenica eterogenesi dei fini fra il WEP e l'ideale francescano (o dell'illuminazione zen o di un'utopia marxista), vi (r)assicuro sono "ammiccamenti" che esulano da ogni minima intenzione comunicativa del post (soprattutto se si intravvede un sottile sarcasmo, in quella prima riga, nel tratteggiare il World Economic Forum che si propone di portare la gioia fra le masse appellandosi ad una certa spiritualità... o poco dopo, quando si accenna ad un possedere «che qualcuno potrebbe voler limitare almeno al possesso del necessario»...).
A scanso di (ulteriori) equivoci: quel «sarebbe quasi bello e saggio, se non fosse che...» si riferisce al vivere felici senza proprietà (utopia, si diceva), non al farsi tenere per gli attributi dalla macrofinanza (senza voler entrare nel merito, ben oltre Hobbes e Pinocchio) o all'encomio dell'usura come modo di interazione sociale (direi poco compatibile con S. Francesco e Buddha, che, loro malgrado, tanto hanno dirottato il senso del post, probabilmente non scritto con adeguata attenzione ai "nervi scoperti" dei possibili lettori).
#832
Tematiche Culturali e Sociali / Evasione fiscale
05 Ottobre 2021, 11:59:51 AM
Citazione di: InVerno il 05 Ottobre 2021, 08:28:25 AM
Ricordatevi le previsioni del World Economic Forum: "Per l'anno 2030 non avrete nulla di proprietà, e sarete felici!"
In fondo questo scenario profetizzato (soprattutto se prendiamo per buona la seconda parte) realizzerebbe i migliori intenti dello spirito francescano (e zen): una felicità slegata dalla dipendenza dal possesso, l'insaziabile felicità del possedere (terre, azioni, NFT, etc. che qualcuno potrebbe voler limitare almeno al possesso del necessario) bypassata da una sazia e diffusa felicità del fruire senza possesso (siamo dunque ai confini di una "utopia mancina" inverata, ironia della sorte, dal trionfo della sua nemesi "turbocapitalista"?).
Sarebbe quasi bello e saggio, se non fosse che, temo, anche per fruire di qualcosa senza impossessarsi di nulla, bisognerà pur cedere qualcosa in cambio ("homo homini vulpes", rileggendo Hobbes attraverso Pinocchio), qualcosa che si ha e a cui si rinuncia, che sia tramite baratto o cessione di diritto di proprietà o tramite bitcoin autoprodotto; e quindi alla fine ci si ritrova con la necessità pragmatica di dover comunque possedere qualcosa (e quanto più sarà volatile, tanto più sarà meglio possederne in abbondanza, per non rischiare il digiuno forzato... con buona pace di San Francesco e Buddha, e per la gioia del Gatto e della Volpe).
#833
Citazione di: Eutidemo il 15 Settembre 2021, 11:19:45 AM
Strano, io l'ho postato come "pubblico", per cui chiunque dovrebbe essere in grado di vederlo!
Pare che per rendere il video consultabile anche dai non iscritti a Vimeo, oltre che impostarlo come "pubblico", tu debba anche classificarlo come "adatto a tutte le audiences" (se non erro: privacy/content/select-rating/all-audiances).
#834
Citazione di: Eutidemo il 09 Settembre 2021, 06:36:46 AM
i ricercatori,  utilizzando il nuovo codice "-DownloadFile" dal "comand prompt", come utente locale, hanno potuto utilizzare MpCmdRun.exe per scaricare lo stesso campione di ransomware WastedLocker utilizzato contro Garmin nell'ultimo grande caso di attacco di alto profilo.
Qui viene spiegato che sebbene sia possibile scaricare virus con quel comando, Defender dovrebbe poi comunque rilevare e bloccare tali virus (altri antivirus potrebbero invece lasciarli passare poiché scaricati tramite un programma di Windows). Ovviamente si tratta di una falla che, per risultare dannosa, presuppone che un hacker prenda il controllo (da remoto o in presenza) del "pc vittima" e poi, piuttosto che fare altro, usi la linea di comando per far arrivare alcuni virus, dopo essersi accertato che Defender non sia l'antivirus principale o averlo in qualche modo "inibito"; uno scenario che direi esula dalla casistica di un comune utente domestico.
#835
Citazione di: Eutidemo il 08 Settembre 2021, 07:11:03 AM
Ovviamente, specie per "reinstallare" i programmi, aggiornare i "preferiti" e gli "account" automatici ecc. ecc., ci vuole un po' di tempo; ma, in genere, non più di qualche oretta!
Per alcuni ransomware esistono delle "chiavi di decriptazione" che consentono di recuperare i file annullando il blocco del virus (questo sito ne fornisce alcune). Se non si vuole perdere tempo a reinstallare programmi e simili, più che fare un semplice back up in stile copia/incolla, si può creare una "immagine ghost" del disco (con l'apposita funzione di Windows o con altri software, anche gratuiti se non sbaglio) che all'occorrenza può essere reinstallata nel pc, riportandovi non solo i file personali ma anche i programmi già installati, le impostazioni, etc.
Riguardo gli "account automatici" sono diffidente, soprattutto se usati su siti importanti (banche, etc.), così come per i programmi o app che gestiscono le password: è come mettere un cartello segnaletico sulla cassaforte fidandosi del fatto che sia inespugnabile.

P.s.
Windows Defender, l'antivirus preinstallato nell'omonimo sistema operativo, ha una funzione integrata e personalizzabile di protezione cartelle contro il ransomware.
#836
Tematiche Filosofiche / Re:Metafisica del coronavirus
05 Settembre 2021, 11:39:28 AM
Se proprio si vuole dare una coordinata filosofica alla questione, sono ancora (narcisisticamente?) persuaso da quanto scrissi più d'un anno fa
Citazione di: Phil il 24 Marzo 2020, 11:39:03 AM
Forse, più che una "metafisica" del coronavirus, si potrebbe parlare, parodiando Foucault, della "macrofisica" del virus, totalitaria e senza compromessi [...], rispetto ad una "microfisica" del virus, quella dei comportamenti dei singoli (esco/non-esco, mascherina/non-mascherina, etc.), che pure possono innescare, con sommesso effetto domino, conseguenze dilaganti.
e questo breve articolo (firmato Rovatti) del "lontano" 1999 presenta, in tempi non sospetti, i temi a cui alludo e di cui il Covid rappresenta mera declinazione storica, non certo "evento filosofico".
#837
Ti segnalo che le immagini allegate sono troppo piccole per risultare adeguatamente leggibili e se ingrandite si "sgranano"; conviene usare un sito di image hosting che consenta di caricare immagini con dimensioni maggiori, come ad esempio questo.
#838
Attualità / Il valore di un uomo
01 Settembre 2021, 19:01:36 PM
Mi sembra, nella sua ambigua versatilità, un ottimo esempio di "motto rorschach": ognuno ci si (ri)specchia, nel senso che ci vede quello che vuole, inconsciamente o meno, vederci (perché attiva le sue "battaglie morali", la sua autodeterminazione, o meglio, eterodeterminazione sociale, intesa come identità rafforzata dalla differenziazione, etc.).
Curiosamente, in questa piccola casistica da micro-esperimento social(e), pare si tenda a vederci qualcosa con cui non si concorda, piuttosto che qualcosa che si approverebbe: Jacopus (con Eutidemo) e donquixote hanno dato letture contrarie, entrambi però leggendoci ciò che (magari sbaglio) non condividono; iano vede la "negatività" non nel senso della frase (se non erro), ma comunque nella inconciliabilità con ciò che realmente è chi l'ha proposta (e di cui non condivide i valori); Ipazia, dopo averci letto il minimo etico di una società patriarcale (che suppongo non approvi), nel commentare l'inversione della frase, parla di evidente valore femminile, implicito nel motto rovesciato, e scommetterei che anche tale evidenza non è di quelle che lei vede di buon occhio (sebbene anche il motto invertito sia, ereditando la dispersiva allusività di partenza, un rorschach con differenti interpretazioni: da spogliatoio, edipiche, social-estetiche, etc.).
Per essere una (sibillina) targa in memoria delle vittime del femminicidio, direi che non ha avuto, almeno qui, un grande effetto di "positività", a conferma di come la comunicazione sia un percorso sempre molto sdrucciolevole, anche quando magari si pensa di vincere facile...
#839
"Rilancio" i complimenti ad Eutidemo e, a proposito di bufale, segnalo questo simpatico "gioco didattico", promosso da ONU e OMS per esemplificare le strategie tipiche delle fake news in relazione al Covid; nel gioco si impersona uno "spacciatore di fake", così da mostrare il dietro le quinte di alcune dinamiche comunicative (mi pare sia la versione sintetica di questo altro gioco, in inglese e meno incentrato sul Covid, in cui si mostrano "strumenti del mestiere" come l'appello alle emozioni, polarizzazione, ad hominem, etc.).
Un altro test (in inglese) sul fact-checking relativo al Covid è disponibile qui, mentre per chi volesse invece testare la propria immunità alle fake news questo è invece un breve test, non a tema Covid, in inglese.
#840
Citazione di: ricercatore il 30 Agosto 2021, 12:45:37 PM
quando si è bambini serve l'aspetto "dogmatico" [...]
questo processo è l'ISTRUZIONE, far entrare il bambino all'interno della Civilità, guidandolo per mano e "sopprimendo" (con moderazione) i suoi istinti più animaleschi.

quando si entra nella fase più adulta, in adolescenza, serve cambiare approccio, andare sull'approccio "ellenico", oltre i confini dei Dogmi [...] serve trasmettere l'idea che la persona deve scoprire cosa c'è dentro di lui. il suo pensiero critico si deve sviluppare [...] questo processo è l'EDUCAZIONE, nel senso di "tirare fuori".

il mondo "vero" non ha bisogno di individui che ubbidiscono o si sottomettono a qualcosa, ma di individui vivi, generativi, fecondi.
Se ci fosse poi una terza fase, quella della maturità adulta, in cui serve uno sguardo trasversale e tendenzialmente imparziale che contestualizza, socialmente e storicamente, il senso del proprio agire e le "verità" del proprio mondo, fase caratterizzata dalla riflessione (dopo istruzione ed educazione)?