Il calcio professionistico non ha alcuna utilità sociale, anzi è spesso causa di disordini e di azioni facinorose. Basterebbe frequentare gli stadi, per notare l' inusitato dispiegarsi di forze dell'ordine all'interno e all'esterno della struttura sportiva, che controllano chi entra, i tifosi ospiti, insomma l'ordine. Logicamente, la cosa è anche dovuta alla massiccia concentrazione di persone in un'area limitata. Il potere politico non usa il calcio professionistico per distogliere l'attenzione delle masse più di quanto utilizzi i mass media più comuni, o altre manifestazioni sportive tipo il basket o l'automobilismo. Questo anche perchè il calcio professionistico è un mondo a parte, che si muove in autonomia, con proprie leggi e regole che possono perfino collidere o non tener conto di leggi dello Stato. Ricordo il presidente di un club professionistico italiano di serie A aver perseguito e caldeggiato in Federazione/Lega una linea di "normalizzazione/regolarizzazione"" delle gestioni economico-finanziarie dei club e aver visto la sua società retrocedere in modo quanto mai strano negli anni di Calciopoli, tra l'esultanza e la commiserazione di chi era contrario, con la conseguenza inevitabile di un profondo dissesto economico anche personale.Il calcio, al suo massimo livello, muove cifre importanti, di conseguenza rischia di essere uno sport finto, almeno nei risultati. Devo dire, da tifoso, che assistere a una bella partita di calcio e a bei duelli tecnici e fisici in campo dà soddisfazione, al di là del risultato. Il detto " la palla è rotonda", per giustificare risultati anomali o strani, nasconde a volte manovre sotterranee anti-sportive. Secondo me, il problema del calcio professionistico in Italia è il risultato, la classifica. Se l'importante è vincere, a scapito dello spettacolo, il calcio è morto, secondo me.
