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Messaggi - doxa

#826
Riflessioni sull'Arte / Galatea e Aci
12 Novembre 2020, 09:53:52 AM
Galatea e Aci, due personaggi della mitologia greca che evocano il Mar Ionio, le falde dell'Etna, nove toponimi nel catanese, ma anche Roma e la Villa Farnesina dove è raffigurato in affresco parietale il mito ovidiano.



Roma, Villa Farnesina.  In questo edificio c'è l'affresco raffaellesco "Trionfo di Galatea".

La dimora fu costruita dal 1506 al 1512  su progetto dell'architetto e pittore Baldassarre Peruzzi per il ricchissimo banchiere senese  Agostino Chigi.

All'epoca il complesso edilizio era denominato "Villa Chigi".

Con la morte del banchiere, nel 1520, la villa decadde e venne depauperata degli arredi e delle opere d'arte. Nel  1580 fu acquistata dal cardinale Alessandro Farnese e fu denominata "Villa Farnesina".



Il giardino all'italiana che completava la villa è stato molto alterato nel tempo.

Nel  1884 l'apertura del  Lungotevere comportò la distruzione di una parte dei giardini e della loggia sul fiume.

Dal  1927 l'edificio appartiene allo Stato italiano, che l'ha fatto restaurare. E' sede dell'Acccademia Nazionale dei Lincei, ma è visitabile.



La loggia serviva da palcoscenico per le feste e le rappresentazioni teatrali organizzate dal proprietario.
Per la decorazione interna Agostino Chigi chiamò i migliori artisti del tempo per eseguire negli spazi interni cicli di  affreschi.


Una delle sale contigue alla loggia è la "Sala di Galatea", con archi aperti sul giardino, che vennero chiusi nel  1650.
La sala deve il nome all'affresco di Raffaello Sanzio, che dipinse il "Trionfo di Galatea"







Roma, Villa Farnesina, "Sala di Galatea", nel riquadro sulla sinistra, sopra la porta d'ingresso, è raffigurato Polifemo, dipinto dal pittore veneziano Sebastiano del Piombo (1512 – 1513); invece sulla destra è rappresentato il "Trionfo di Galatea", la bella ninfa fu raffigurata nel 1512 circa da Raffaello circondata da tritoni, nereidi e amorini.



Sebastiano del Piombo, "Polifemo", Sala di Galatea
Il pittore raffigurò Polifemo nudo;  in seguito, per "decenza", parte del suo corpo  fu coperto con una specie di  body clothes di tonalità azzurra.


"Trionfo di Galatea"


Questo dipinto fu ispirato da un episodio nelle "Metamorfosi" di Ovidio.

L'affresco parietale mostra la bella ninfa Galatea fra tritoni, nereidi e amorini. La giovane è su una conchiglia che funge da  cocchio tirato da due delfini.

In alto, tre eroti con archi e frecce stanno per lanciare i dardi amorosi contro di lei. Un quarto putto, quasi nascosto da una nuvola,  tiene un fascio di frecce.



La scena si svolge in mare: Galatea è  l'unico personaggio in piedi.  indossa una veste rossa, gonfiata dal vento, simile a una vela; ha le braccia tese in avanti,  le sue mani sorreggono le briglie  che comandano due delfini che trainano sull'acqua il fantastico cocchio a forma di conchiglia, guidato dal putto alato Palemone. 

Guardando il dipinto,  sulla destra ci sono due suonatori, di cui uno è un  tritone;  sulla sinistra  è raffigurata una nereide col braccio destro sollevato mentre tenta di sottrarsi all'amplesso  di un tritone. 

segue
#827
Tematiche Spirituali / Re:Spiritualità atea
11 Novembre 2020, 23:24:33 PM
Nel X libro delle "Leggi" Platone distingue tre forme di ateismo:

negazione della divinità, coincidente con il materialismo naturalistico;

negazione che la divinità  possa curarsi delle vicende umane;

negazione che si possa propiziare la divinità attraverso doni, sacrifici ed offerte.


Gli atei credono che Dio o gli dèi siano costruzioni umane motivate dal bisogno del trascendentale.

Per quanto riguarda la spiritualità, questa è uno "spazio aperto", senza Chiese e senza dogmi imposti da un'ecclesia. Il protagonista è l'individuo. Invece la religione impone regole di vita, omaggi, venerazioni, genuflessioni, adorazioni.

La Chiesa cattolica ha finalmente smesso di scrivere dogmi da credere per fede, ma non dimostrabili,  di qui la graduale decadenza del loro ascendente fra le masse, rivolte a dare fiducia alla scienza.

Pretendere che l'uomo contemporaneo assuma un'affermazione come certa, senza che gliene possa essere data una prova, una dimostrazione, appare oggi in contrasto con il sapere scientifico.

Ormai nelle religioni prevale l'aspetto rituale, sociale ed esteriore.

Per sperimentare la spiritualità  non è necessaria una religione né del sacro.


Ancora Platone, nell'Alcibiade Maggiore, sostiene che per conoscere adeguatamente noi stessi, dobbiamo cercare il divino che è in noi, tramite un percorso spirituale interiore.
#828
Socrate, stamane ti offro virtualmente un caffè,  mentre lo bevi leggiti, se ti va, il capitolo 12 del Deuteronomio, poi fammi sapere se quel volere è del tuo Dio o dei rabbini che elaborarono quel testo. Ovviamente essi  vollero far credere di aver scritto sotto dettatura divina.

Questo è il link

https://www.wordproject.org/bibles/it/05/12.htm

Tutta la religione ebraico-cristiana è un volere umano spacciato per volere divino.
#829
Ciao Anthonyi,

Dal mio punto di vista ateo è "male" illudere i creduloni sull'esistenza dell'ultramondano con premi e castighi, vita paradisiaca ecc.. Io sono convinto che nel post mortem c'è il nulla. Ma come ho detto la mia verità è valida al 50%.
Invece i credenti fanatici si reputano possessori al 100%  della "verità", insegnata loro dalla religione e dall'ecclesia. Si sentono protetti da Dio e dallo stuolo di santi,  sono certi della "felicità che li attende nell'aldilà.

Nel "cortile dei gentili" non può esserci il dialogo tra credenti e non credenti.  Mi dispiace per il cardinale Ravasi, fautore di quello spazio per l'incontro, che nell'antichità era nell'antico tempio ebraico.  Ognuno rimane con la propria certezza. 

Tu sai che durante la Messa si recita il "gloria", ebbene leggiti le parole, io le considero assurde, ma se al credente lo tranquillizzano, Così sia.

"Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichia­mo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente. Signore, Figlio unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre, tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mon­do, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo nella gloria di Dio Padre. Amen".
#830
Socrate ha scritto
CitazioneQuindi sembra essere questo l'atteggiamento che Dio vuole da noi, un atteggiamento di fiduciosa sottomissione e non di dubbio.
Ciao Socrate, hai scritto "quindi sembra...", la frase esprime il dubbio, non la certezza.

Dio vuole questo, Dio vuole quest'altro... E se invece Dio non vuole nulla perché non esiste ?

Penso  che i visionari profeti dell'Antico Testamento, i cosiddetti "Padri della Chiesa" nel Nuovo Testamento,  ed altri immaginifici abbiano fatto del male ai credenti. Ma c'è chi ha bisogno di credere alle favole, allora va bene così..., anche perché la mia verità equivale al 50%, l'altra metà è del credente.
#831
Percorsi ed Esperienze / Re:Autobiografia
05 Novembre 2020, 10:15:32 AM
/5





Il prof. Vittorio Pelligra, docente di politica economica e studioso dei comportamenti economici in  dialogo con la psicologia cognitiva e le neuroscienze, afferma che il valore di sé è valore nei confronti della  propria coscienza.

Il processo di costruzione di senso attraverso la narrazione appare particolarmente importante per il modo in cui ciascuno di noi vive e affronta gli eventi negativi e le oggettive difficoltà che la vita spesso ci presenta.

Essere capaci di dare un senso alle cose, anche agli eventi più traumatici e difficili, ha come conseguenza non solo una migliore salute psicologica, ma anche, e questo può apparire per nulla scontato, una migliore salute fisica.

L'autobiografia, la capacità di raccontarsi, rispetto alle avversità della vita, rappresenta un processo efficace attraverso il quale impariamo a gestire delusioni, conflitti e sofferenze. Questo processo narrativo non è esente da rischi,  per esempio l'autoinganno, sempre in agguato, l'eccesso di fiducia e di ottimismo, così come l'opposto senso di persistente e invincibile insoddisfazione.

Un altro aspetto da considerare  è la "riflessività". Una caratteristica determinante  nella costruzione narrativa è l'interazione tra le nostre storie personali e la "grande storia" del nostro tempo.

L'auto-narrazione della propria vita struttura la percezione, segmenta e attribuisce finalità agli eventi della vita, organizza la memoria, individua dispiaceri e piaceri.
Il filosofo ed economista britannico John Stuart Mill (1806 – 1873) propone in questo brano una variazione del calcolo morale dei piaceri.

"Quando si tratta di valutare i piaceri, è assurdo considerare in essi soltanto la quantità e non la qualità. È un fatto indiscutibile che coloro i quali conoscono e apprezzano due specie di maniere di vita danno la preferenza a quella tra esse che impegna le loro facoltà più elevate. Sono poche le creature umane che accetterebbero d'esser mutate in animali inferiori se si promettesse loro il godimento più pieno dei piaceri delle bestie; nessun uomo intelligente consentirebbe a diventare imbecille, nessuna persona istruita a diventare ignorante, nessuna persona di cuore e di coscienza a diventare egoista, anche se loro si dimostra che un'imbecille, un'ignorante, l'egoista sono più soddisfatti della loro sorte. Un essere dotato di facoltà elevate esige di più per essere felice, soffre più intensamente, e in certi punti è stato più accessibile alla sofferenza che non un essere di tipo inferiore. E tuttavia un tale essere non potrà mai realmente desiderare di cadere in un tipo d'esistenza inferiore.

Vale meglio essere un uomo infelice che un maiale soddisfatto: vale meglio essere Socrate infelice che uno stupido soddisfatto. E se lo stupido, o il maiale, sono di diversa opinione, ciò si deve al fatto che essi conoscono soltanto un lato della questione.

La morale utilitaristica riconosce negli esseri umani il potere di sacrificare il loro più grande bene per il bene degli altri. Essa rifiuta soltanto di ammettere che il sacrificio sia un bene per se stesso. Un sacrificio che non aumenti, o non tenda ad aumentare, la somma totale della felicità, lo considera come inutile. La sola rinuncia che essa approva è la devozione alla felicità, o ad alcunché che serva alla felicità, degli altri: sia dell'umanità collettivamente, sia degli individui, nei limiti imposti dagli interessi collettivi dell'umanità".


(John Stuart Mill, "Utilitarismo")

the end
#832
Percorsi ed Esperienze / Re:Autobiografia
05 Novembre 2020, 09:27:37 AM
/4



Lo psicologo sociale statunitense  Roy F. Baumeister ha teorizzato quattro bisogni fondamentali per produrre la visione significativa della propria esistenza.

1. La"finalità". Gli eventi che viviamo e le azioni che mettiamo in atto acquistano significato nel tempo e nello spazio solo nel momento in cui riusciamo ad attribuirgli una finalità capace di unire ciò che abbiamo fatto, ciò che siamo stati e ciò che oggi viviamo. Gli ideali della vita, i sogni della giovinezza, i progetti e le passioni, ma anche le svolte dolorose che ci aprono nuove strade o che ci bloccano il cammino. La finalità genera senso in quanto inserisce gli eventi e le nostre scelte in una catena intellegibile di causalità, in una sequenza di cause ed effetti attraverso la quale possiamo provare a dar conto del nostro vissuto.

2. La giustificazione. Il racconto  deve  "giustificare" ciò che descrive: giustificare ciò che ci capita e ciò che facciamo. Deve consentire  la valenza di "giusto" o "sbagliato" a eventi e azioni. Mentre la finalità genera senso inserendo gli eventi in  una catena di cause ed effetti, la giustificazione situa i fatti dell'esistenza all'interno di un codice morale personale.

3. L'efficacia. La possibilità di leggere le nostre azioni come capaci di "fare la differenza", di avere un impatto su ciò che consideriamo meritevole e di modificare la probabilità che ciò che desideriamo si avveri.

4. Le motivazioni. Nella storia della propria esistenza  sono necessarie le ragioni per descriversi come degno di valore e apprezzamento. Non si desidera solo la lode, ma si desidera esserne degno, anche se non lodato da nessuno".

segue
#833
Percorsi ed Esperienze / Re:Autobiografia
05 Novembre 2020, 09:22:57 AM

/3





Scrivere l'autobiografia significa mettere ordine ai propri ricordi, schematizzare gli argomenti e scriverli.  E' anche  un procedimento di autoanalisi, coinvolge l'Io, la tecnica narrativa, la creatività. Permette di catalogare gli eventi più significativi della propria vita, diventa lo "strumento" che ci aiuta a capire quali sono i passaggi fondamentali del nostro processo di crescita personale, quale significato hanno avuto gli eventi passati.

Inquadrare eventi, cose e persone: sono gli elementi base dello storytelling, dell'arte di raccontare, di strategia di comunicazione persuasiva. Elementi validi anche per descrivere eventi  della propria vita, per trasformarla in oggetto narrativo, pensando al passato, alle esperienze positive e negative, alle situazioni e alle persone che ne hanno fatto parte.

La trama dell'autobiografia include  i protagonisti principali e i comprimari, gli antefatti, le svolte, i colpi di scena, la tensione psicologica per raggiungere l'obiettivo prefissato.


Il racconto deve integrare nella sua struttura ciò che penso, ciò che mi definisce in maniera univoca: i miei valori, le mie capacità, la mia storia passata, i miei successi, gli sbagli, le giustificazioni.


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#834
Percorsi ed Esperienze / Re:Autobiografia
05 Novembre 2020, 09:16:54 AM
/2





Scrivere di sé può nascere dal desiderio di introspezione, dal tentativo di scoprire la verità celata sotto l'apparenza. La scrittura salva la memoria del vissuto. Ma scrivere la propria storia significa addentrarsi in un labirinto e scegliere un percorso senza la certezza del traguardo.

Il viaggio narrativo comincia senza una meta precisa, ma è importante procedere con la "bussola", cioè secondo uno schema, per non perdersi in vie secondarie e senza uscita.

Scrivendo la strada si rivela, s'intravede l'uscita dal labirinto e il dispiegarsi da lontano  di una parte della propria vita, quella che si racconta.

L'io narrante è una forma di autoanalisi, usata nell'ambito della psicoterapia.  Scaturisce  dall'inquietudine della ricerca,  della domanda, dell'interrogazione, della curiosità,  dalla dimensione epica e dalla visione corale degli avvenimenti.

La tendenza alla ricerca, anche interiore, induce ad osservare, ipotizzare, predire, analizzare e rivedere l'ipotesi.  Mette in luce le proprie emozioni, i sentimenti, le motivazioni. 

Nell'Apologia di Socrate il filosofo Platone nel descrivere l'eredità del suo maestro gli fa dire: "Una vita senza ricerca non merita di essere vissuta" (cap. 28). 

La ricerca storico-memoriale mette in luce emozioni, sentimenti  che accompagnano e spesso determinano il corso di un'esistenza e quasi sempre restano "senza voce" o si sedimentano in memorie familiari.



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#835
Percorsi ed Esperienze / Autobiografia
05 Novembre 2020, 09:08:27 AM



"Autobiografia" è una parola composta di origine greca. Scomponendola nei suoi elementi costitutivi si ha: "autòs" (= stesso, di sé stesso) + "bìos" (= vita) + "graphèin" (= descrivere; graphé = descrizione): "vita di un individuo descritta da sé stesso". 

L'autobiografia è un genere letterario.

Sembra facile autodefinirsi. Ricordo un individuo che si autodefiniva "imbevuto di charme", ma chi lo conosceva diceva che era "imbevuto di vino", e durante l'ebbrezza, con vista sul cielo e sull'orizzonte,  colloquiava con la sua "anima": un'auto-analisi per riconoscersi nei propri difetti e nelle proprie virtù, nel male e nel bene.

Non è facile narrare parte della propria esistenza in modo retrospettivo. Come  iniziarla ? Come strutturarla ?  Qual è la motivazione che sprona  ?

Non è necessario essere un abile narratore o un affabile divulgatore, un poeta errante o itinerante.

Scrive di sé chi decide di rievocare avvenimenti  che  considera importanti. E' il protagonista delle vicende raccontate. Ma ricordare può diventare "gaudium et spes", gioia e speranza oppure "tristitia et desperatiōnis", tristezza e disperazione.

L'autobiografia consente di "osservarsi da lontano", di attraversare e sostare nei luoghi più importanti della propria vita,  costringe a sequenziare gli eventi, a ricomporre gli episodi, a non trasfigurare le esperienze, le affettività, le emozioni, i sentimenti, gli stati d'animo.

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#836
Storia / Re:"Le donne, i cavalier, ..."
02 Novembre 2020, 22:18:02 PM
/8

Un altro personaggio dell'epica cavalleresca fu il menestrello: questo nome deriva dal provenzale "menestrals" (= "servo di casa"). In epoca feudale spesso era l'artista di corte, incaricato dell'intrattenimento della famiglia del feudatario e dei cortigiani.  Suonavano, cantavano, recitavano


I menestrelli erano anche cronisti, confidenti, messaggeri segreti, venivano pure utilizzati  come ambasciatori.




Menestrelli con viella e liuto – miniatura dalle "Cantigas de Santa Maria" di Alfonso X di Castiglia – 1280

Essi non erano né poeti né compositori, cantavano esuonavano brani composti da altri, o presi dal repertorio della musica popolare del tempo.
 
Al centro della loro produzione era la Chanson de geste che pur essendo prevalentemente letteraria, non fu senza influsso sulla musica del XII e XIII secolo.

La canzone di gesta era una cronaca epica, nata per celebrare le prodezze di Carlo Magno, di Rolando e di altri famosi eroi.

Anche i villaggi ingaggiavano i menestrelli  girovaghi per animare fiere, tornei e mercati.


the end
#837
Storia / Re:"Le donne, i cavalier, ..."
02 Novembre 2020, 22:14:30 PM
/7

Un altro esponente della Scuola poetica siciliana fu Jacopo da Lentini (1210 circa – 1260 circa), considerato l'ideatore del sonetto: è un  breve componimento poetico musicato. Il nome "sonetto" deriva dal provenzale "sonet", diminutivo di "son" (= suono).


"Jacobus de Lentini domini imperatoris notarius": così si firma in un documento messinese del 1240 il funzionario della corte di  Federico II che  Dante poi cita come il "Notaro", nel Canto XXIV del Purgatorio, verso 56.


L'Alighieri lo cita anche nel "De vulgari eloquentia" per una canzone che considera esempio di stile limpido e ornato.
 
Si conoscono altri atti firmati da Jacopo  in varie città  del Regno di Sicilia.

Egli visse tra Lentini e il palazzo reale di Palermo, in cui era notaio di corte. Morì intorno al 1260 all'età di cinquant'anni.

Fu probabilmente lo "Iacobus de Lentino" comandante del castello di Garsiliato (Mazzarino), nominato in un documento dell'aprile 1240.


resti del castello di Mazzarino

La produzione letteraria di Iacopo e dei poeti della Scuola Siciliana è basata sulla lirica cortese  provenzale con temi amorosi. Ma a differenza di questa, i poeti siciliani eliminavano i riferimenti a vicende concrete, alla cronaca della vita cortigiana e a persone identificabili.  I loro componimenti erano su un piano più astratto e letterario.  La donna è cantata come la nobile signora e padrona da servire con dedizione.
#838
Storia / Re:"Le donne, i cavalier, ..."
02 Novembre 2020, 22:11:59 PM
/6

Fra trovatori e giullari spesso c'era un rapporto di collaborazione nella realizzazione di spettacoli nelle corti nobiliari. Il trovatore offriva la sua prestazione artistica come poeta, il giullare accompagnava questa attività con il testo della canzone elaborato dal trovatore.


C'erano giullari stabili presso le corti e giullari  meno fortunati che per vivere erano costretti a girovagare di castello in castello e di villaggio in villaggio per presentare il loro spettacolo sulla piazza, di solito davanti la chiesa o sul sagrato della chiesa.  C'erano cantastorie e  musicanti, danzatori e mimi di umile condizione economica. 




Simone Martini, dettaglio dall'affresco della Vestizione di San Martino, Basilica inferiore di San Francesco, Assisi


Questi  artisti involontariamente avevano  anche un'importante funzione di collegamento: nelle corti e nei villaggi  oltre agli spettacoli  comunicavano le notizie di avvenimenti in altre località.

Prima che prevalesse il termine generico "giullare" tali attori venivano chiamati con appellativi specifici che indicavano la loro "specialità": i saltatores (saltimbanchi), i balatrones (ballerini) i bufones (comici) e persino i divini (gli indovini), trampolisti e acrobati.

Nel Medioevo quegli artisti di "strada" per le esibizioni  non potevano vestire secondo il loro gradimento, ma dovevano indossare abiti secondo disposizioni delle autorità locali. Di solito l'abito del giullare era considerato diabolico e simbolo del disordine: doveva essere multiforme e colorato, ma di due soli colori, con strisce verticali alternate.




La Chiesa li considerava con sospetto, ne condannava la vita e i canti, li sopportava fin quando possibile.

In Italia uno degli esponenti  rappresentativi della poesia popolare giullaresca del XIII secolo fu Cielo (Ciullo) d'Alcamo, poeta e drammaturgo della scuola siciliana, detta anche "Scuola poetica siciliana", movimento letterario nato  a Palermo tra il 1220 e il 1266 nella corte dell'imperatore Federico II di Svevia.

La poesia della Scuola siciliana fu la prima in "volgare" italiano. Era ispirata dalla lirica amorosa dei trovatori provenzali, basata sull'amor cortese.

"Contrasto
" è il titolo del più noto componimento poetico di Cielo d'Alcamo, un personaggio colto che così comincia la sua poesia:  "Rosa fresca aulentissima..."): è un  "contrasto" dialogato tra uno spasimante di origine popolare e una giovane donna che all'inizio fa la ritrosa e finge di rifiutare il corteggiamento dell'uomo, per poi cedere gradualmente e alla fine  si concede.

Il testo è un tipico esempio della poesia comica e giullaresca nell'Italia del Due-Trecento, destinato forse alla recitazione a più voci di fronte a un pubblico di illetterati, come forma di "teatro di strada". La lingua presenta una commistione di termini aulici e tipici della letteratura "alta" con espressioni popolari e gergali, per cui non è da escludere un intento parodistico verso la poesia lirica amorosa.
#839
Storia / Re:"Le donne, i cavalier, ..."
02 Novembre 2020, 22:08:08 PM
/5
i trovatori


Maestro del Codex Manesse, "Poeti trovatori" miniatura (1305-1340), Heidelberg, Biblioteca Universitaria.

Il più noto fra i cosiddetti "trovatori" italiani è Sordello da Goito (prov. di Mantova). Nacque nel XIII secolo da famiglia nobile ma decaduta. Da giovane frequentò la corte del conte Riccardo di San Bonifacio, in quel tempo signore di Verona.


Sordello s'innamorò di Cunizza (moglie del conte Riccardo e sorella di Ezzelino da Romano), e  la celebrò nelle sue poesie.

Questo poeta frequentò varie corti in Italia poi  andò in Provenza alla corte del conte Raimondo Berengario IV. In seguito passò al servizio del re Carlo I d'Angiò, col quale tornò in Italia, dove ebbe da lui in dono alcuni feudi in Abruzzo.

Dante Alighieri nella Commedia incluse Sordello tra le anime del secondo balzo  dell'Antipurgatorio. Compare nei Canti VI, VII e VIII del Purgatorio.

La più antica poesia d'amore in lingua italiana, che serba memoria di letture trobadoriche,  è titolata "Quando eu stava in le tu' cathene", scritta tra il 1180 e il 1220 da un autore anonimo.
#840
Storia / Re:"Le donne, i cavalier, ..."
02 Novembre 2020, 21:42:07 PM
/4



L'amore "clandestino" tra il cavaliere o il poeta e la domina era sempre asimmetrico,  anche dopo il coitus, perché  la donna era di rango più elevato.

Nella poesia trobadorica la donna ideale era di solito la moglie del sovrano o del feudatario, la ricca e potente padrona del castello.

Così scrive un trovatore: "Desiderio ne ho, come nessuno mai ne ebbe più grande, ma il suo magnifico pregio mi incute spavento".
 
L'amor cortese non può che essere allora un amore extra-coniugale, anzi, esso è considerato superiore al vincolo coniugale, è il vero amore contrapposto al matrimonio proprio perché al di fuori di ogni considerazione utilitaristica.

Infatti  nel passato il più delle volte le unioni matrimoniali  dell'aristocrazia  non avvenivano per amore ma erano basate   su calcoli politici e di successione dinastica.

Il "matrimonio combinato" necessitava poi di sbocchi emotivi...

La libertà d'amare non poteva che realizzarsi al di fuori di matrimonio, al punto che il citato Andrea Cappellano  nel "De amore" scrisse  che nel matrimonio non c'è  "amor fino",  perché il vincolo matrimoniale elimina la trepidazione che nasce dal desiderio ostacolato, ed essendo il matrimonio un contratto stipulato per ragioni dinastiche o economiche,  manca di  un requisito indispensabile dell'amore: la gratuità.

L'adulterio acquisiva una sua eticità nel momento in cui diveniva itinerario di perfezionamento morale per gli amanti, ed era questo il viaggio più importante dell'amore trobadorico, che potenzialmente abbatteva le barriere fra le classi sociali: solo chi possedeva nobiltà d'animo poteva cimentarsi nell'amore cortese, indipendentemente dal rango e la ricchezza, che non erano garanzia di nobiltà d'animo.