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Messaggi - Ipazia

#8266
Citazione di: Carlo Pierini il 02 Ottobre 2018, 21:01:35 PM
...Eppure credo che anche l'universo fisico poggi su un fondamento dialogico. Ma non ho ancora capito qual è.
Potrebbe essere i terzo principio della dinamica di Newtoniana memoria aggiornato al principio di retroazione dei "limiti dello sviluppo", che risale da Eraclito fino alla dialettica posthegeliana.  ;)
#8267
Citazione di: sileno il 27 Settembre 2018, 13:51:13 PM
Citazione di: Jacopus il 27 Settembre 2018, 11:10:05 AM
La distinzione saggistica/narrativa e' piuttosto artificiosa. Da un romanzo si possono trarre conclusioni e riflessioni molto piu' fondate che da un saggio. Esempio: con quanta grazia Voltaire si prende gioco di Leibniz in Candido e sicuramente ha raggiunto un numero di persone molto piu' grande di qualsiasi testo filosofico.
Credo che ad un certo punto saggistica e narrativa si rinforzino a vicenda e possano trarre ispirazione l'una dall'altra.
La psicoanalisi non sarebbe mai esistita se Freud non avesse avuto una solidissima conoscenza dei classici greci. Il nome della rosa non sarebbe quel capolavoro che e' se Eco non avesse conosciuto la filosofia scolastica medievale. E gli esempi potrebbero continuare.
Sì. Perfino alle origini della filosofia, che nasce narrata nei dialoghi platonici. E quando si fa atea lo fa in forma aforistica e narrativa. Anche nelle religioni, occidentali e orientali: ciò che rimane vivo dopo il crollo dei sistemoni teologici è l'anaddotica, la parabola, i cui contenuti a misura d'uomo (la morale della favola) permangono validi e stimolanti sempre. Il tramonto del pensiero medioevale risulta molto più efficacemente rappresentato da Cervantes che dal saggione di Huizinga. Le "relazioni pericolose" di Choderlos de Laclos ci raccontano la putrefazione dell'ancien regime più di tutti i libri di storia. Più tempestivo di tutti i saggi sulla materia è il rapporto tra umani e IA narrato nelle leggi della robotica di Asimov. Sul folgorante "la bellezza ci salverà" la società secolarizzata e atea avrebbe da riflettere più che su tutta la saggistica filosofica moderna. Certo non è facile trovare nel bailamme di narrativa quello che farà la storia del pensiero a venire. Ma c'è un unico per riuscirvi: conoscerla.
#8268
Epicuro aveva ideato una sua ricetta contro la tanatofobia: non è il caso di preoccuparsi della morte perchè, finchè siamo vivi, lei non c'è e quando lei ci sarà, non ci saremo più noi. Senz'altro più originale dei numi. Io trovo che funzioni pensare ogni attimo in sè, proprio come fanno i tuoi saggi compagni canini, ogni giorno come se fosse l'ultimo.

Una volta fatto il grosso salto del rigetto di ogni illusione ultraterrena, il senso della vita - e della morte, che ne è l'ultimo gesto - va ricercato in noi stessi. Personalmente di motivazioni ne ho trovate molte: negli affetti, interessi, conoscenze, curiosità. Nella consapevolezza di essere parte privilegiate dell'universo autocosciente che, con tutti i limiti del caso e del caos, ha un minimo ruolo di protagonista sul proprio destino. Sono soddisfazioni che meritano di essere valorizzate.

Poi anche la natura aiuta al passaggio, un po' come assiste le donne durante quell'autentico percorso di guerra che è il parto: invecchiando la morte stessa si addolcisce e invita suadente a cedere il testimone alle nuove generazioni di umani.
#8269
Detto in poche parole: Fatta la tara della dipendenza deterministica del secondo dal primo, non è possibile applicare la medesima logica al determinismo dell'universo fisico e all'indeterminismo dell'universo antropologico. Concordo con Gadamer, e chiunque altro la pensi come lui, che il linguaggio è il medium delle funzioni superiori dell'indeterminismo antropologico: il Santo Graal, la pietra del contendere. Perchè è strumento operativo comune alle due logiche. E quindi necessita di un regolamento di condominio e di esperti amministratori.
#8270
Citazione di: green demetr il 01 Ottobre 2018, 15:54:24 PM
Vi sono due Filosofie, e vi sono 2 Cristi...
Riguardo ai numi, gnostici o cristiani, ho già detto che non li sposo. Per cui il mio discorso si sposta tutto sul reale che, qualunque cosa esso sia, per essere spiegato non ha bisogno di loro, ma incombe sulle nostre viscere che di esso si devono nutrire. E non solo loro. "Non si pasce di cibo mortale chi si pasce di cibo celeste" rammenta il Commendatore a Don Giovanni. E dall'oltretomba gli fa eco l'Ulisse dantesco: "Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza". Che non si tratti di cannibalismo ce lo spiega anche Newton: "Se io e te abbiamo una mela e ce la scambiamo, alla fine abbiamo sempre una mela; se invece ci scambiamo una buona idea, alla fine abbiamo entrambi due buone idee". L'Eucarestia epistemica moltiplica i pani e i pesci e getta via solo quello che non funziona neppure per narrare una favola.

Il che a volte è controproducente, perchè quando le favole acquistano vita propria, finisce che troppo spesso si raccontano dentro un campo di concentramento. Ma tant'è, e bisogna conviverci con le miriadi di miriadi che hanno continuato a partorirle nella totale sospensione della ragione. Del resto si evolvono anche loro e prima o poi ... Prima o poi che non è facile perchè nella terra di mezzo incombe l'impudicizia dell'ultimo uomo, di fronte al quale anche il cadavere di dio riacquista la sua nobiltà. Ma per poco, perchè, come tutti i cadaveri comincia a puzzare (la grande narrazione storica è impietosa con le narrazioni fallite) ed è buona pratica igienica seppellirlo prima che si decomponga del tutto.
 
E allora che cosa rimane ? Il serpente che si mangia la coda ? Un filosofo che nella forsennata lotta per schiacciare la testa dell'immondo trovò come unica soluzione effettuale la follia ? Rimane l'oltreumano, oltre la follia e i limiti del suo primo pensatore. Perchè è vero che l'eterno ritorno del ciclo vita-morte è ineluttabile, ma non è spezzandolo in frammenti immaginari che lo si supera, bensì nell'amor fati, temperato dall'ingegno che solo ne permette il transumanare a temperature antropologiche. Ingegno di cui dette prova il più fortunato nei favori dell'unica donna amata dal filosofo quando scrisse "Ich lebe mein Leben in wachsenden Ringen ..." Il cerchio non si può spezzare, ma si può dilatare e nel suo dilatarsi incontra altri mondi, individui, soggetti con cui realizza nuovi mondi, individui e soggetti. Il poeta si fermò lì, indeciso tra l'essere un'antica torre, un falco e un grando canto, avvinto dallo stupore della sua creatura poetica. (I poeti sono grandi geni del simbolico e del relativismo ontologico). Noi oltreumani scafati possiamo andare oltre. Grazie alla cano-scienza. Senza trascurare la sua sposa filosofia che ne tempera le velleità immaginifiche.

Un sassolino: Per quanto lo scientismo volgare dell'ultimo uomo sia rivoltante, come si fa a parlare dell'altrui lobotomia, partendo dall'esperienza teista ?
#8271
Per capire come la ricerca fondamentale ragiona su se stessa consiglio i libri di Carlo Rovelli. Da cui ho tratto la persuasione che, in assenza di esperimenti cruciali, le teorie lasciano il tempo che trovano e rimane solo della sofisticata, sovraccarica di enti parametafisici, cabbala matematica su cui disquisire. Nel cui guazzabuglio, va riconosciuto, talvolta si azzecca la visione scientifica del futuro.
#8272
Concordo pienamente con gli ultimi interventi. Di saggistica inutile, prolissa, noiosa, autoreferenziale, apologetica, c'è n'è tanto quanto di narrativa inutile. Con tanta supponenza in più. Che la narrativa sia all'origine della formazione degli umani in età evolutiva dovrebbe far riflettere sulla sua importanza. Romanzo storico e biografie, più o meno, romanzate sono una terra di mezzo di grande valore culturale. Certo oggi scrivere narrativa originale richiede doti assimilabili a quelle di un grande scienziato, dopo tutto quello che si è scritto nel passato. Ma non confonderei l'attuale crisi della narrativa, e ipertrofia meramente commerciale di ciò che si pubblica, con la sua assenza di valore. La grande letteratura rimane e l'arte di scrivere e narrare credo non morirà mai finchè non ci estingueremo.
#8273
Mens sana in corpore sano e kalos kai agathos, esemplificato nella statuaria greca dell'atleta, credo siano la risposta antica al quesito.  Risposta che anche oggi ritengo la più valida. L'attivita fisica è innanzitutto gara con se stessi, contro la propria indolenza, e benessere fisico indipendentemente da ogni competazione o, ancor peggio, narcisismo e interesse economico. Il termine moderno sport tende a spostare l'argomento verso aspetti estranei alla cultura del corpo, che ritengo costituisca l'essenza del miglioramento che si può ottenere in termini di saluta fisica e mentale (autostima e distensione) dall'attività "sportiva", che ridurrei alle discipline che abbiano significativi contenuti motori corporei ciascuno con le proprie abilità. Includerei pertanto anche non-sport come le autodiscipline orientali del corpo.
#8274
Siamo animali dialettici. Il διάλογος comporta l'assunzione dell'oggetto nel soggetto, che metaforicamente può avere un carattere alimentare, eucaristico. Il medium potente di questo processo è il λογος, Verbo, la cui incessante attività produce episteme, conoscenza, dall'evidente carattere trascendentale. Ma la cui forma assume aspetti assai diversi, alcuni dei quali si materializzano in contenuti fantastici quali le religioni, mentre altri mantengono un rapporto più rigoroso con l'oggetto realizzando tecnoscienza. Nulla osta che anche queste realizzazioni diano origine a proprie mitologie. Perchè siamo pure animali mitopoietici. Rimanere nella traccia di un rapporto non mitologico tra oggetto conosciuto e soggetto conoscente è percorso stretto come il filo del rasoio di Occam e come le crune d'ago dei passaggi cruciali. Con i simboli e corrispettivi logici che necessitano. Perchè il logos è un destino da cui non si sfugge.