Da ignorante di filosofia, mi permetto di intervenire in questa bella discussione sul libero arbitrio e sulla morale, per sottolineare quella che a me sembra una delle più belle pagine di letteratura sull'argomento: il destino del Pelide Achille narrato da Omero nell'Iliade e che tutti conosciamo. L' eroe semi-divino, infatti, è consapevole del suo Fato, potrebbe starsene comodamente irato presso le concave navi, o addirittura trarle in mare e far vela verso casa, ma sa che non è quella la sua strada, gli toccherà scendere di nuovo per l'ultima volta in campo per dar man forte agli Achei e al disprezzato Atride. Il suo percorso, infatti, è scritto, il libero arbitrio per lui si riduce unicamente alla scelta del momento per dargli compimento, quello cioè che gli aprirà meglio la strada per la Gloria imperitura e per l'ingresso nell'Epica. Sbranare Ettore, facendone scempio del cadavere, decretando la fine di Ilio sacra e poi morire. Quindi, un libero arbitrio fittizio, angusto, ma comune a tutti, eroi e semplici comparse. Quale morale, in ciò? Probabilmente, la tensione verso l' alto: non scriviamo noi la nostra storia, ma possiamo scegliere se darle colore o viverla in bianco e nero.
