cit. A.Cannata:
Nella nostra discussione ciò significa che non ha senso stabilire in anticipo che la realtà esiste o non esiste: se si vuole ricercare senza pregiudizi, bisogna escludere qualsiasi limitazione del campo della ricerca. In questo punto trovo situato quello che mi sembra un fraintendimento di Sariputra: egli parla come se il relativista avesse stabilito che tutto è illusione e dunque avesse stabilito la certezza dell'illusione. Non è così, Sariputra. Il relativista non è affatto certo del trattarsi di illusione. Il relativista critica tutto, critica anche il proprio stesso criticare, quindi le obiezioni che hai posto presuppongono un fraintendimento di come la pensa il relativista.
Ciò potrebbe sembrare corrispondente alla posizione 3) espressa da Apeiron. In realtà, Apeiron, tutte le posizioni che hai indicato hanno a mio parere un difetto: sono posizioni, cioè sono statiche, fisse, monolitiche, predefinite. Quella del relativista, per come la concepisco io, non è una posizione, poiché il relativista è critico anche verso sé stesso, egli non è per niente contento del proprio modo di pensare. Questo è ricerca. Ricercare non è una posizione, perché il ricercare critica anche sé stesso, non si adagia su niente, non si culla su alcun modo di procedere stabilito.
Il commento sopra in riguardo alla tesi di Apeiron risponde anche a questa tua obiezione.
Proprio per il fatto che non si è realizzata la "verità" si va continuamente alla ricerca e si mette tutto in discussione. Questo presuppone che non si è affatto soddisfatti del proprio modo di pensare e dei risultati che questo modo ha ottenuto. Altrimenti, ovviamente, non ci sarebbe più alcuna ricerca. Nella ricerca servono strumenti e uno di questi ( ma non è l'unico) è la logica.
Dire che "non ci deve esser alcun modo stabilito di procedere" sembra come voler dire che sia possibile pensare senza il pensiero. E' totalmente assurdo. Come procedi se non pensando di procedere? E si "procede" se non c'è nulla da raggiungere? Al massimo si può dire che "ci si muove" ( con il concreto rischio di continuare a girare in tondo...).
Se ""Il relativista critica tutto, critica anche il proprio stesso criticare,", dovrebbe considerare di mettere in discussione anche la bontà del proprio relativismo, non trovi? Altrimenti cade in quello che critica nel pensiero altrui, cade cioè nella fede nel relativismo.
Nella nostra discussione ciò significa che non ha senso stabilire in anticipo che la realtà esiste o non esiste: se si vuole ricercare senza pregiudizi, bisogna escludere qualsiasi limitazione del campo della ricerca. In questo punto trovo situato quello che mi sembra un fraintendimento di Sariputra: egli parla come se il relativista avesse stabilito che tutto è illusione e dunque avesse stabilito la certezza dell'illusione. Non è così, Sariputra. Il relativista non è affatto certo del trattarsi di illusione. Il relativista critica tutto, critica anche il proprio stesso criticare, quindi le obiezioni che hai posto presuppongono un fraintendimento di come la pensa il relativista.
Ciò potrebbe sembrare corrispondente alla posizione 3) espressa da Apeiron. In realtà, Apeiron, tutte le posizioni che hai indicato hanno a mio parere un difetto: sono posizioni, cioè sono statiche, fisse, monolitiche, predefinite. Quella del relativista, per come la concepisco io, non è una posizione, poiché il relativista è critico anche verso sé stesso, egli non è per niente contento del proprio modo di pensare. Questo è ricerca. Ricercare non è una posizione, perché il ricercare critica anche sé stesso, non si adagia su niente, non si culla su alcun modo di procedere stabilito.
Il commento sopra in riguardo alla tesi di Apeiron risponde anche a questa tua obiezione.
Proprio per il fatto che non si è realizzata la "verità" si va continuamente alla ricerca e si mette tutto in discussione. Questo presuppone che non si è affatto soddisfatti del proprio modo di pensare e dei risultati che questo modo ha ottenuto. Altrimenti, ovviamente, non ci sarebbe più alcuna ricerca. Nella ricerca servono strumenti e uno di questi ( ma non è l'unico) è la logica.
Dire che "non ci deve esser alcun modo stabilito di procedere" sembra come voler dire che sia possibile pensare senza il pensiero. E' totalmente assurdo. Come procedi se non pensando di procedere? E si "procede" se non c'è nulla da raggiungere? Al massimo si può dire che "ci si muove" ( con il concreto rischio di continuare a girare in tondo...).
Se ""Il relativista critica tutto, critica anche il proprio stesso criticare,", dovrebbe considerare di mettere in discussione anche la bontà del proprio relativismo, non trovi? Altrimenti cade in quello che critica nel pensiero altrui, cade cioè nella fede nel relativismo.

). E' naturale per l'uomo porsi domande e interrogativi, come può essere normale per un gatto giocherellare con il topolino...Rinunciare a questo tratto distintivo del proprio essere uomo mi somiglia ad una sorta di autocastrazione. Se mi dicessero che non devo più pormi interrogativi e che devo semplicemente accettare i motivi che altri, potenti, scienziati, religiosi o altro hanno scelto essere i soli che val la pena di seguire...sarebbe forse il momento in cui mi sentirei menomato di una parte importante della mia umanità e della mia stessa vita.
). Essi perciò vanno intesi come neyartha ( secondari) e non nitartha (l'insegnamento finale).
