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Messaggi - sgiombo

#841
Non credo proprio che il vuoto quantistico che "fluttua" si possa correttamente considerare "non essere una realtà materiale".
#842
Citazione di: iano il 28 Gennaio 2019, 23:45:27 PM
Citazione di: Ipazia il 28 Gennaio 2019, 19:21:29 PM
Concordo pienamente con sgiombo stavolta. La cosiddetta "meccanica" quantistica esiste da un secolo ed è nata a furor di esperimenti. E' nata studiando l'atomo da parte dei chimici e poi i fisici ce l'hanno scippata trasformando le particelle in trottole "meccaniche". Le quali, anche se ai profani sembrano materia oscura, agiscono nei modi che i ricercatori hanno imparato a manipolare così bene da produrre svariate applicazioni tecniche di uso comune. In questi fenomeni non c'è nulla di arbitrario/convenzionale, ma proviene tutto dalla natura senza trucco alcuno.


Io non ho detto il contrario.
Sto parlando di una difficoltà nell'accettare la MQ che è comune a tutti , compresi i padri della teoria.
Quindi suggerisco che la difficoltà possa risiedere in una impostazione mentale che parimenti è comune a tutti, e questa impostazione si possa desumere dall'affermazione fatta da Apeiron sulla realtà della materia studiata dalla fisica.
Un invito a Sciombro.Se possibile dividi i miei post in parti , e fai un post per ogni risposta.Diversamente ho difficoltà a risponderti.

Però a questo punto ti chiedo di illustrare questa "impostazione mentale".

A meno che si tratti di semplice "inerzia teorica", pigrizia nel cercare di capire quello che non é intuitivo o "sedimentato" da lunga consuetudine.

Una sana filosofia razionalistica, che cerco di seguire, invita ad saper accettare (piuttosto con la "gioia della scoperta" che con "il rammarico di doversi correggere") qualsiasi novità autentica, anche -ed anzi: soprattutto se- "profonda", rivoluzionaria; ed anche a non cadere nel culto del "nuovismo a presicndere" ("la peggiore parolaccia politicamente corretta -ance peggio di "mercati", "eccellenza", "meritocrazia", ecc., é per me "innovazione"), a saper discernere le autentiche novità dalla chincaglieria degli imbonitori (anche se "autorevolissimi esperti in materia").
#843
Citazione di: Lou il 28 Gennaio 2019, 22:11:43 PM
A fronte di questa risposta, sgiombo, la soluzione è chiudere i porti italiani alle ong? È la cura al "male" ?

No.

Su questa questione la penso assai diversamente da Ipazia (e ti ringrazio per avermi dato l' occasione di fare importanti precisazioni).

Per me quella dei proletari Africani (e in minor misura  Asiatici) non é affatto un' invasione, ovvero un entrare in casa d'altri con la forza, ricatto, ecc. senza essere invitati.

Poiché noi occidentali, anche non sfruttatori:

a) Non abbiamo impedito con le elezioni l' esistenza (li abbiamo eletti, anche se non proprio "liberamente") di governi che hanno distrutto militarmente l' Africa, le hanno imposto governi fantocci mediante i quali la devastano e rapinano "vandalicamente" (ma chiedo scusa ai Vandali, che erano certamente molto meno barbari).

b) godiamo delle relative briciole della rapina imperialistica ai danni dell' Africa (per esempio se possiamo andare in macchina o in treno al lavoro e a divertirci é perché grazie all' imperialismo usiamo benzina ricavata dal loro petrolio rubato o nei casi meno peggiori pagato come piscia; e analogamente per quanto riguarda coltan, terre rare e quant' altro serve a costruire i nostri computer di cui ormai non possiamo fare a meno),

Dunque anche noi godiamo in qualche non trascurabile anche se relativa misura delle rapine imperialistiche ai loro danni; dunque qui é anche casa loro a pieno titolo.
Se vengono a danneggiare noi proletari occidentali alimentando l' esercito di riserva dei disoccupati e sottoproletari, ce lo meritiamo.
E comunque chi soffre la fame e la miseria o la violenza bellica (e non mi si dica che rischiano pesantemente la vita -che infatti spesso perdono-  per venire a cercare "la pacchia" di avere un telefonino o di andare in discoteca: non c' ho scritto "Giocondo"!) ha diritto anche a a rubare per sfamarsi, se necessario.
Inoltre (invito a riflettere su questo soprattutto Ipazia) il primo passo elementarissimo per poter sperare di iniziare ad acquisire un' adeguata coscienza di classe da parte degli sfruttati é riconoscere chi sono gli sfruttatori e non prendere per nemico chi é ancor più sfruttato.
Stare attaccati da "penultimi" ai miserabili "microprivilegi fantozziani" che ci pongono "sopra gli ultimi" é il miglior modo per non acquisire mai una coscienza di classe e perpetuare lo sfruttamento e l' oppressione capitalistica che colpisce anche noi.
Il primo passo é riconoscere il nemico, lo sfruttatore e cercare l' unità con gli altri sfruttati; che cerchiamo il nostro poco lungimirante, meschino tornaconto e chi sta peggio di noi, "peggio per lui!" é precisamente ciò che privilegiati e sfruttatori vogliono da noi per poter continuare a dominarci e sfruttarci.

Però é anche vero che le O-N-poco-ma-molto-G fanno della carità pelosa e dannosa per la nostra causa di sfruttati.
Quasi tutte se non tutte, per esempio, hanno avallato le miserabili balle contro il governo di Ghaeddafi che tanto sono servite a perpetrare l' obbrobrio libico, che fra le tantissime altre peggiori conseguenze, ha anche potentissimamente alimentato il dramma dei migranti sul quale ora si fanno ipocritissimamente belle: miserabili sepolcri imbiancati!
Alcune, come Medici senza Frontiere, son miserabili complici delle balle su presunte violazioni dei diritti umani, inesistente uso di "armi chimiche", ecc. dei  governi "voltaireiani" di Saddam Hussein in Iraq e di Assad in Siria che tanto sono servite all' imperialismo onde perpetrare i suoi orrendi crimini contro l' umanità (e infatti ha ottenuto quell' autentico marchio di infamia -salvo eccezioni che confermano la regola come quella Rigoberta Menchù, che é il Premio Nobel "per la pace").

Inoltre un governo veramente rispettoso dei diritti umani dovrebbe aiutare i migranti ad andare dove vogliono, e non deportarli in Italia (pratica eminentemente nazista).
Per esempio dovrebbe (cosa non fatta da nessun governo, men che meno dagli ipocritissimi, addirittura "boldriniani" governi del PD):

a) aiutarli attivamente ad eludere la sorveglianza dei gendarmi francesi a Ventimiglia.

b) smetterla con il mantra che l' EurOOOOOOOOOOOOOpa dovrebbe fare questo e o quello, ma invece darle un ultimatum:

O entro -che ne so? Due o tre mesi al max- trova criteri fissati per bene, inequivocabili e non di volta in volta improvvisati per distribuire quelli fra loro che non hanno altre mete fra i vari paesi aderenti a questa autentica moderna prigione dei popoli che neanche l' Impero Austroungarico, oppure si esce come Italia sbattendo ben bene la porta da questa miserabile EurOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOpa e si aiutano attivamente i migranti che arrivano ad andare dove cazzo vogliono eludendo le sorveglianze ai confini dei governi che vorrebbero farci la morale con tutti i mezzi a ciò utili (per rispetto della Dichiarazione Universale dei Diritti dell' Uomo da tutti sottoscritta". Quindi facendo della legalità -e non affatto dell' illegalità- internazionale).

Comunque l' "accoglienza" (devo sforzarmi di resistere allo stimolo del vomito di fronte a questo orrendo ipocritissimo termine politicamente corretto!) non può che essere considerata una cura palliativa.

Ben più importante e necessario sarebbe curare le cause del male!
#844
Citazione di: Lou il 28 Gennaio 2019, 21:48:16 PM
Citazione di: sgiombo il 28 Gennaio 2019, 21:09:44 PM
Da medico dico che:
innanzitutto si deve agire per curare le cause del male.
Poi, in attesa che le cure eziologiche facciano effetto, si curano i sintomi (ma non nella maniera delle ONPG, che salvano gente per caricala sulle spalle del primo che capita (con tutto il rispetto per gli omosessuali -é solo una metafora- troppo comodo fare il gay col culo degli altri!).

Ma é controproducente limitarsi a curare i sintomi senza far nulla per sanare le cause.
Da medico, per capirci, qual è il "male"?


MI stupisco di questa domanda.

Palesisimamente le continue sanguinosissime e terroristiche aggressioni belliche terroristiche e le continue rapine e saccheggi ai danni dell'a Africa da parte dell' imperialismo europeo e USA.
#845
Da medico dico che:
innanzitutto si deve agire per curare le cause del male.
Poi, in attesa che le cure eziologiche facciano effetto, si curano i sintomi (ma non nella maniera delle ONPG, che salvano gente per caricala sulle spalle del primo che capita (con tutto il rispetto per gli omosessuali -é solo una metafora- troppo comodo fare il gay col culo degli altri!).

Ma é controproducente limitarsi a curare i sintomi senza far nulla per sanare le cause.
#846
Se non fossero Organizzazioni non poco governative (bensì molto)  al servizio dell' imperialismo occidentale si batterebbero perché L' EurOOOOOOOOOOOOOOOOpa e gli USA togliessero le loro manacce grondanti sangue dall' AFrica, finissero di sottoporla a micidiali interventi militari di stampo terroristico, di imporre a quei paesi i loro miserabili quisling, per cercare di consentire agli Africani di fare quello cui tutti gli uomini del mondo aspirano: vivere decentemente nel proprio paese.

Invece -chissà perché?- nel loro pelosissimo "buon cuore", si guardano bene dal farlo (quando addirittura, come accade in  molti casi, non aiutano attivamente, da complici, l' imperialismo occidentale a propalare le balle con cui miserabilmente cerca di mascherare le sue aggressioni e ruberie).

Salvini é un nemico dei popoli.
I politicamente corretti occidentali pure.
#847
Citazione di: Sariputra il 28 Gennaio 2019, 19:11:30 PM
Mah!..."Oppio dei popoli" mi sembra una definizione così trita e ritrita, soprattutto visto che è stata così sfruttata da un'ideologia ( tra l'altro, adesso, la Russia è uno dei posti più cristiani al mondo, basta sentire cosa dice Putin e le chiese ortodosse strapiene, dopo che per così tanti anni li avevani convinti ed educati a  non frequentare le fumerie d'oppio  ;D ...
Citazione
Appunto: ripristinata l' insopportabilità della vita, puntualmente riappare l' abuso di stupefacenti.

Sarebbe stato strano il contrario (almeno per un marxista).





che paradosso), che credo si dovrebbe almeno tentare un "passetto più in là"...altrimenti restiamo all'ottocento!Non vedo una così grande differenza nel credere nell'etica imposta da una chiesa o in quella imposta dai soviet...Infatti nel topic ', con l'introduzione della figura del Grande Inquisitore, si è posto anche il concetto d'"ipocrisia". Non mi sembra proprio, e @Apeiron l'ha chiarito in modo direi ineccepibile (se l'avete letto) che il discorso sia quello se l'etica del credente o quella dell'ateo siano superiori una all'altra ,o se bisogna essere credente per forza per essere una persona virtuosa. Infatti sia tu che Sgiombo state sbagliando mira in questa discussione,. a mio modesto parere . Quando si parla di trascendenza sembra che vediati solo preti neri che si stanno sbottonando l'abito talare per ... :o
Citazione
NO, io vedo solo gente che presuntuosamente, foderandosi gli occhi di spessissime fette di salame, continua a delirare di pretesa mancanza di etica in caso di mancanza di fede in Dio.






Il sacro è un elemento della struttura della coscienza e non un momento della storia della coscienza.
Citazione
Qui i casi sono due.

O per "sacro" si intende "umanità", e allora si fa una tautologia (e -partigianeria per partigianeria- perché non chiamarlo "laicità"?)..

Oppure si intende "religioso", e allora si nega umanità e cultura ai non credenti!

Citazione di Oxdeadbeef:

Ad esempio: su quale fondamento distingui una buona condotta da una cattiva? La tua risposta è, chiaramente,
quella che si fonda sul "progresso morale", cioè sul frutto di quella teoria che crede ad una naturale ed
universale empatia/simpatia fra gli uomini.
Teoria rispettabile, per carità, ma dal chiaro sapore metafisico (il fondamento è lo spinoziano "homo homo
deus"), e che tra l'altro non mette certo al riparo dal "sacro giuridico", visto che quella distinzione fra "buona" e "cattiva"
condotta diviene la base per una legislazione "reale" (la quale, ove fosse intesa come "uguale per tutti", riposa
necessariamente sull'assoluto, cioè sul sacro).


Citazione
E' una teoria dal chiarissimo sapore empirico, basta guardarsi dentro e fuori senza pregiudizi per rilevare la presenza di imperativi etici di fatto universalmente diffusi nei loro aspetti più generali astratti, condizionati storicamente nei loro aspetti particolari concreti.




Comunque esco da questa discussione
Non ne voglio più sapere.

D' ora in poi la ignorerò, perché non ce la faccio più a seguire le fantasie palesemente irrealistiche, platealmente contraddette (con tutto il rispetto per Dostoevskij come grandissimo scrittore) dalla realtà empirica sotto gli occhi di tutti di chi pretenderebbe che senza credere in Dio non si avrebbero scrupoli morali ("morto Dio tutto é concesso": sì nella fantasia sfrenata e nei pregiudizi infondati di chi presuntuosamente crede chi la pensa diversamente ad lui -o diversamente dai credenti nel tuo caso, Mauro- é un bruto privo di etica).

Continuate pure nelle vostre deliranti fantasticherie.
Io ho di meglio da fare.

#848
Ma come si fa a non accorgersi che una buona o cattiva condotta morale non dipendono minimamente dal credere a un qualche Dio o religione o dal non crederci?

A non vedere che ci sono e ci son sempre statii tanto credenti pessimi e orribilmente sanguinari, quanto atei pessimi e orribilmente sanguinare, e così pure tanto credenti ottimi benefattori dell' umanità quanto atei ottimi benefattori dell' umanità?

Per me bisogna avere delle grosse fette di salame sugli occhi (oltre che una decisamente disdicevole presunzione) per vedere solo il bene dalla propria parte e il male dall' altra!


MI sembra comunque di rilevare che di fatto (per lo meno in questo forum) di solito sono i credenti a cominciar a "sparare" sull' ateismo come condizione di necessaria immoralità.
Chi (di fronte all' evidenza contraria dei fatti: certi atei "virtuosissimi", magnanimi, generosi, altruisti quanto lo sono certi credenti e certi credenti grettissimi, meschinissimì, egoistissimi altrettanto di certi atei) sostiene che se "morto Dio, tutto é concesso?
Mi sembra proprio i credenti.

E gli atei hanno mai affermato che per essere moralmente sani sia necessario non credere in Dio?
Non mi pare proprio.
Mi sembra invece che abbiano espresso le loro legittime rimostranze di fornte ad affermazioni come "Sostengo da tempo che l'uomo ha necessità di una verità al di sopra di lui" [mi sembra evidentemente sottinteso: una verità "rivelata da Dio", religiosa; come conditio sine qua non per agire moralmente] (Paul11); e additato i misfatti di taluni credenti proprio per smontare simili espressioni di presunzione e arroganza infondata.
#849
Citazione di: iano il 28 Gennaio 2019, 00:29:08 AM
La scienza deve considerare reale la sua materia di studio , sottolineano alcuni di voi.
Il fatto è che questa condizione mostra di essere un impedimento , non dico alla comprensione , ma alla accettazione  delle teorie fisiche  moderne.
Non mi sembra neanche necessaria in se'.
Dunque perché insistere su questa idea ?
Io non credo che l'alternativa sia il nichilismo come paventano molti di voi.
Le cicliche difficoltà ad accettare i nuovi paradigmi della fisica , quando si sono presentati, sono dovuti proprio a questa impostazione mentale.
Forse non si può fare a meno di avere una qualche impostazione mentale , ma è arrivato il momento di trovarne un altra , o anche diverse che possono
lavorare in multitasking.
E se fra la vecchia impostazione e la nuova ci si trova in un periodo di vacanza , dov'è il problema ?
Qui c'è lavoro per i filosofi.
Se abbiamo difficoltà ad accettare la fisica quantistica, siccome è stata ampiamente dimostrata , più che cercare per essa una interpretazione su misura per noi , dato che essa non si adatta alla nostra impostazione mentale, allora siamo noi che dobbiamo adattarci ad essa.
Citazione
Sbaglierò, ma qui mi sembra (mera apparenza?) di sentir fischiare le orecchie.
Pertanto noto che (non ho alcune difficoltà ad accettare il nuovo -autenticamente tale-  nelle scienze naturali; e inoltre) la MQ é dimostrata, almeno nei suoi fondamenti, da circa un secolo (sai la novità?).
E col concorso determinate di deterministi (ma come mi piace questo gioco di parole!) come Plank, Einstein, Schroedinger e de Broglie (per lo meno; ma non mi stupirei se potesse essere "etichettato" come tale anche Bell).

E le interpretazioni indeterministiche epistemiche - deterministiche ontologiche non sono affatto "su misura" per vecchi filosofi rincoglioniti o comunque "nostalgici", ma invece non meno "calzanti" con le osservazioni empiriche di quelle indeterministiche ontologiche conformistiche.

Alla scienza come tale non é necessario conoscere la natura ontologica generale degli enti ed eventi che studia.
Ma alla filosofia sì.




Anche se non ci siamo mai trovati di fronte ad un passaggio così arduo , alla fine è sempre quello che abbiamo fatto.
Possiamo però permetterci ancora il lusso di considerare reale la materia della nostra percezione , per la quale questa impostazione mentale è....come dire...già preimpostata , e non ci sarebbe utilità a resettare il tutto.
Citazione
Non sarà utile, ma é estremamente dilettevole per un filosofo appurare la natura meramente fenomenica (fatta di insiemi - successioni di sensazioni coscienti) della realtà materiale oggetto di conoscenza scientifica (oltre che di quella mentale, che non ha i "requisiti" per poterla essere).



I mondi paralleli non sono solo strane ipotesi della fisica.
Da sempre viviamo con un piede in due universi , quello della percezione è quello della fisica , che ormai possiamo considerare ben separati.
CitazioneI mondi paralleli a me sembrano proprio elucubrazioni irrazionalistiche di non pochi scienziati che vanno per la maggiore.

Ma come potresti dimostrare l' affermazione che "Da sempre viviamo con un piede in due universi , quello della percezione è quello della fisica , che ormai possiamo considerare ben separati"?
E di cosa si occuperebbe la fisica se non di "oggetti di percezione" empirica (ed eventualmente enti ed eventi deducibili o abducibili dalle osservazioni empiriche == sensazioni ovvero percezioni)?



La fisica a sua volta si divide in diversi universi , quello di Aristotele , quello di Newton , quello di chi altro volete , e noi viviamo in tutti questi
universi.
Siamo in multitasking già da un pezzo.
È arrivato il momento di prenderne atto facendone materia filosofica.
Citazione
Fino a prova contraria l' universo in cui viviamo (noi) é uno solo, diversamente conosciuto da Aristotele, Newton, Einstein, ecc.
#850
Tematiche Filosofiche / Re:Esiste l'immateriale?
27 Gennaio 2019, 20:26:55 PM
Citazione di: davintro il 27 Gennaio 2019, 18:36:14 PM



quando si dice che il cavallo "necessita di essere reso cavallo" non si deve intendere l'espressione come se l'idea della "cavallinità" intervenisse in un determinato momento successivo all'inizio dell'esistenza del reale cavallo. Quando penso alle forme, alle componenti immateriale, certo non penso a delle specie di spiritelli che a un certo punto entrerebbero in una materia preesisentente, ma in delle condizioni ontologiche fondamentali che risultano necessarie sulla base delle questioni inerenti l'identità di qualcosa. Ma questo proprio perché non esiste alcuna materia prima di essere già configurata formalmente in un certo modo. Sarebbe assurdo pensare che il cavallo sia reso tale dopo aver iniziato a vivere. Ciò che rende un cavallo o qualunque altra cosa determinata sulla base del concetto con cui la identifichiamo è presente in modo originario in essa,

Citazione
Beh, scusa ma allora questo mi sembra un vaniloquio.

E' ovvio (addirittura tautologico) che qualsiasi determinata materia é configurata formalmente (?) in un certo modo, quello in cui é.


il principio formale agisce orientando sin dall'inizio lo sviluppo dell'ente in direzione della progressiva acquisizione delle proprietà insite nel suo concetto (qui era il mio riferimento al "corso della vita" nel precedente messaggio).  Il che non esclude che questo processo possa interrompersi o deviare dalla linea originaria sulla base di interferenze esterne, ma questa possibilità non implica l'assenza della linea originale, della presenza della forma, ma il fatto che non essendo puri spiriti, pure forme, ma sintesi di forma e materia, accanto a una componente di attività data dalla forma, che ci porta a essere sulla base della nostro essere intrinseco, abbiamo anche una forma di passività, data dalla materia, che ci porta subire l'azione di cause esterne che impediscono ad alcune nostre potenzialità naturali di essere attuate.

Citazione
Io che agisce orientando sin dall'inizio lo sviluppo dell'ente in un processo che può interrompersi o deviare dalla linea originaria sulla base di interferenze esterne conosco solo le leggi di natura scientificamente non falsificate ("confermate") dall' empiria.
Il resto per me é "arabo-cinese" (riesco a capire solo che i viventi attivamente agiscono sull' ambiente e passivamente subiscono dall' ambiente secondo leggi (in parte biologiche comunque riducibili a) fisiche-chimiche.





"perché la scienza possa misurare enti ed eventi materiali, basta che molto banalmente li distingua gli uni dagli altri", esattamente, ma proprio questo distinguere presuppone il coglimento di differenze qualitative non dovute all'idea di "materia" in generale, ma al diverso modo in cui viene organizzata in un sistema di relazioni peculiare. Queste differenze qualitative sono date dalle forme. Se la "scienza moderna" si esprime tramite misurazioni, non è che perché la realtà nel suo complesso debba ridursi a ciò che è misurabile (a meno di non voler passare dalla scienza allo scientismo, che è in tutto e per tutto un orientamento metafisico e filosofico), ma perché le sue possibilità di conoscenza sono limitate allo studio delle leggi ricavate dall'esperienza sensibile adeguata alla materia spaziale e quantificabile. Ma se la misurabilità implica la distinzione qualitative delle diverse forme, allora essa resta, non il fondamento originario, bensì una conseguenza secondaria di un livello della conoscenza anteriore ad esso, quello nel quale abbiamo un'esperienza intuitiva delle qualità (credo sia questo, detto in modo estremamente grossolano, il succo della critica husserliana, non tanto alla scienza galileiana in generale, ma alla sua assolutizzazione positivista, la critica per cui pretendendo di rimuovere il problema della ricerca del "senso", del "che cosa" in favore dell'assolutizzazione  del "quanto", la scienza perde di vista i suoi stessi presupposti epistemologici, un livello di relazione coscienza-mondo di tipo non-quantitativo che a sua volta precede (in senso non tanto cronologico, ma logico) e rende possibile ogni tipo di quantificazione possibile.
Citazione
Il coglimento di differenze qualitative é ovviamente necessario per compiere misurazioni.
Basta che le differenza qualitative esistano e siano empircamente rilevabili (il resto lo trovo un' inutile elucubrazione deteriormente "metafisica").
Ma non é affatto sufficiente.
Occorre anche stabilire rapporti esprimibili mediante numeri (contare quante volte una caratteristica dell' oggetto "A" sta nell' analoga caratteristica del qualitativamente omogeneo oggetto "B").

E' ovviamente falso che la realtà nel suo complesso debba ridursi a ciò che è misurabile (e chi l' avrebbe mai preteso?)
Ma per essere conosciuta scientificamente deve essere innanzitutto misurata, e dunque considerata nei suoi aspetti quantitativi.

Del "fondamento originario" e delle "conseguenze secondarie" (?) francamente non so che farmene (non riesco nemmeno a capire cosa siano).
MI basta la misurabilità del mondo fisico materiale (ovviamente previa distinzione qualitativa da nessuno negata).

Credo che se pretendesse di non prescindere teoricamente da qualsiasi (reale) "senso",soggettivamente possa (e magari debba, in altre circostanze, e per altri scopi) darsi al "che cosa" in favore dell' arbitraria soggettiva considerazione del "quanto" (postulato essere intersoggettivo), la scienza perderebbe di vista i suoi stessi presupposti epistemologici, un livello di relazione coscienza-mondo di tipo quantitativo ovviamente preceduto da (in senso meramente cronologico non logico) da un processo di distinzione qualitativa che e rende possibile ogni tipo di quantificazione possibile.
#851
Citazione di: Apeiron il 27 Gennaio 2019, 14:56:44 PM
Ah, nella mia risposta a sgiombo, ho citato il caso delle 'versioni' della teoria dBB per illustrare un esempio di come un certo tipo di 'visione della scienza' viene introdotto nel contesto di quella teoria.

Comunque, il mio punto è che la fisica (ma la scienza in generale) oltre ad essere predittiva deve cercare anche di fornire ipotesi sul motivo per cui il moto avviene in certi modi e così via. Per lo meno come 'ideale' o anche solo come prospettiva metodologica. Altrimenti, il rischio è che l'eccessivo scetticismo (o addirittura la negazione delle regolarità) blocchi la ricerca stessa.

Per quanto mi riguarda nutro forti perplessità verso una posizione instrumentalista che sia essa basata sullo scetticismo o sulla negazione delle regolarità. Secondo me la fisica ci dà più di semplici strumenti di calcolo (d'altro canto, l'utilità della fisica non vorrebbe meno anche se si limitasse a darci uno strumento di calcolo...)  :)


Perfettamente e direi entusiasticamente d' accordo su questo ! ! !
 
Però bisogna anche avere la razionalistica consapevolezza dei limiti della nostre conoscenze e non pretendere di colmare il razionalmente impossibile con l' irrazionale.
#852
Citazione di: Apeiron il 27 Gennaio 2019, 11:49:49 AM
Riguardo all'illusorietà del tempo...

Nel contesto della gravità quantistica, se si accetta l'universo come un singolo sistema quantistico, si può dimostrare che vale l'equazione di Wheeler-DeWitt secondo cui la funzione d'onda dell'universo è indipendente dal tempo (nessuna variabile 't' compare). Ciò significa che, in pratica, l'universo tutto insieme è un sistema stazionario.
L'apparenza di uno spazio-tempo quadridimensionale viene spiegata come qualcosa di emergente. A livello fondamentale né spazio né tempo 'esistono'.

Ci sono però due problemi. Primo, si assume  che è possibile definire una funzione d'onda di tutto l'universo, cosa che non è universalmente accettata dai fisici (assunzione che, curiosamente, Rovelli non accetta nella sua 'interpretazione relazionale' della MQ). Secondo: al massimo tale 'emergenza' è compatibile con l'illusione del divenire, ovvero che 'emerga' uno spazio-tempo quadridimensionale (infatti se ci fosse un mutamento reale, non riesco a capire come tale mutamento non si 'manifesta' a livello dell'universo).  

Il mio dubbio, in pratica, nasce proprio da questo. Apparentemente Rovelli si riferisce proprio all'equazione menzionata prima. Eppure Rovelli sostiene una interpretazione della MQ (meccanica quantistica) che rigetta l'assunzione della funzione d'onda universale e, inoltre, spiega che il mutamento è qualcosa di reale. Non capisco come la posizione di Rovelli possa essere consistente. D'altro canto, però, non conosco la gravità quantistica e, quindi, semplicemente la mia comprensione è, quindi, per forza limitata e da non prendere sul serio. Di fatto, il mio dubbio era proprio questo.




Innanzitutto stento a trovare qualcosa di scientifico (e anche solo di razionalistico) in queste elucubrazioni circa "l'universo come un singolo sistema quantistico".

Poi mi sembra ovvio che se consideriamo l' universo in toto (dall' inizio alla fine del tempo; o comunque intendendo il tempo in toto anche in caso di infinità dello stesso) il divenire temporale é tutto "interno" ad esso e non può comparire come applicato alla totalità medesima (che tautologicamente non ha e non può avere un "prima" e un "dopo", non può mutare in un più ampio contesto che ecceda la totalità stessa, dato che per mutare bisogna innanzitutto esserci).

Ma come si fa a definire meramente apparente o illusorio qualcosa che realissimamente 'emerga' nell' ambito del realissimo universo quadridimensionale (dunque implicante. fra l'altro, la dimensione temporale)?
(Per la cronaca: mentre Ipazia mi incuriosisce e mi stimola a leggerlo, queste considerazioni mi fanno propendere a dedicare il mio tempo ad altro che a Rovelli; ci penserò).
#853
Citazione di: Apeiron il 27 Gennaio 2019, 11:30:40 AM
Rispondo agli interventi #74 e #75 di @sgiombo  :)

Determinismo

Allora, quello che voglio dire io è che, in realtà, noi 'sentiamo' (ci 'sembra') che abbiamo una certa 'autonomia' rispetto agli eventi. In altre parole, abbiamo una chiara 'sensazione' di essere 'distinguibili', per così dire, dalla 'realtà'. Questa 'sensazione' ci suggerisce che anche le nostre azioni sono per certi versi autonome. Il determinismo, invece, ci dice che in realtà ciò non è vero.
Ovviamente, questo è ben diverso dal dire che il divenire è illusorio. Tuttavia, credo che siamo portati a ritenere che il libero arbitrio non sia illusorio, fino a quando, ad esempio, lo mettiamo in dubbio dicendo che il libero arbitrio è incompatibile sia con le leggi fisiche deterministiche che probabilistiche.

Quello che non riesco poi a capire della tua filosofia è che per te il mondo fisico debba essere necessariamente deterministico. In presenza di una pluralità di soggetti, la conoscenza scientifica si basa sull'inter-soggettività. L'inter-soggettività, di certo, non implica il determinismo e, nemmeno, l'assunzione fondamentale che sia possibile una analisi quantitativa della realtà fisica.... Il determinismo, in pratica, mi sembra un'assunzione arbitraria (magari 'ragionevole'). Non capisco perché, per te, sia così fondamentale...
Citazione
E' del tutto evidente che, finché non sottoponiamo a critica razionale le nostre credenze, tendiamo (col senso comune) ad illuderci circa il nostro (preteso) libero arbitrio.
 
La le nostre azioni possono benissimo essere autonome (== non determinate da estrinseche "cause di forza maggiore" ma da cause "nostre", intrinseche a noi stessi) anche in assenza di libero arbitrio (e in più, solo in questo caso ne possiamo essere considerati eticamente responsabili).
 
Il determinismo é indispensabile per formulare qualsiasi legge fisica, cioè affermare che (in assenza di limitazioni o determinazioni spaziotemporali; ovvero "sempre ed ovunque") la realtà fisica materiale segue determinate regole universali e costanti (per l' appunto) nel suo divenire, astraibili come generalità da- (-i mutamenti de-) -i fatti particolari concreti.
Altrimenti potremmo averne soltanto una conoscenza meramente "episodica" o "aneddottica": nessuna equazione esprimente inesistenti modalità astratte universali e costanti del divenire, ma unicamente la giustapposizione di (osservazioni di) fatti particolari concreti (non qualcosa come "f = ma", che possiamo applicare quando vogliamo -e possiamo!- per ottenere scopi coscienti ovviamente purché realistici; ma invece qualcosa come "la successione degli imperatori romani é: Giulio Cesare, Ottaviano Augusto, Tiberio, Caligola, ecc."; che non possiamo applicare per ricavarne che poi ci sarebbero stati Nerone, i Flavi, ecc.; né men che meno possiamo applicare al conseguimento di alcuno scopo).
Senza determinismo (x l - d) nessuna possibile conoscenza scientifica!
 
Inoltre per stabilire leggi fisiche espresse da equazioni matematiche ( e dunque applicabili al calcolo e all' agire finalizzato) é necessario misurare quantitativamente enti ed eventi fisici materiali, poter ricavare e trattare matematicamente numeri.





Chiusura causale

Su questo posso capire di più la tua 'contrarietà'. Tuttavia, faccio notare che l'eventuale violazione della chiusura causale (ad esempio, in presenza dell'influenza della mente sulla materia...) non implica necessariamente una violazione delle leggi di conservazione, per esempio. Anche qui, non ci vedo nulla di incompatibile col sapere scientifico nella non-accettazione della chiusura causale.
Citazione
E' quanto sostenuto da Eccles e Popper (e più volte ricordato da CarloPierini); ma (rimando per le argomentazioni alle rispettive discussioni nel forum con lui) secondo me empiricamente falsificato (per ironia della sorte "a là Popper"!).
Peraltro presupponendo il non incontrovertibile carattere ontologico e non solo gnoseologico dell' indeterminismo quantistico.
 
Ma anche in generale, se la volontà immateriale può interferire nel divenire della materia, allora nessuna certa verifica/falsificazione sperimentale di ipotesi e teorie é possibile: l' apparente conferma-non falsificazione in realtà potrebbe essere soltanto una contingente, irrilevante, causale conseguenza di un' interferenza non deterministica da parte dell' immateriale stesso.





Paradosso di Andromeda

L'articolo si proponeva di rigettare la posizione per cui la RdS ('Relatività della Simultaneità') implica l'interpretazione del tempo come analogo delle dimensioni spaziali.

L'argomento di Putnam e Rietdijk si basa su due assunzioni: (1) la RdS e (2) che gli 'spazi tridimensionali' che definiscono il presente di ogni osservatore sono fisicamente esistenti.

La (2), in pratica, ha il seguente significato... consideriamo il Sole. Come ben dice @Freedom sappiamo che i fotoni emessi dalla superficie solare impiegano un certo tempo ad arrivare sulla Terra (con la RdS di questo semplice fatto, Freedom, sono estremamente interessanti...). Supponiamo ora di essere un osservatore O posizionato sulla Terra. L'istante 'adesso', lo chiamo 't=0'. Ora, se vale la (2), posso dire che adesso, ovvero a t=0, sul Sole è stato emesso molto probabilmente un fotone che arriverà fra circa 8 minuti sulla Terra. Ovviamente, assumo che l'evento 'emissione del fotone sulla superficie del Sole a t=0 nel riferimento di O' sia un evento 'fisicamente esistente'.
Per la RdS, però, un osservatore O' posizionato anch'esso sulla Terra (ad una distanza tale da essere del tutto trascurabile - in prima approssimazione nulla) ma in moto relativo ad O, all'istante t=0 nel riferimento di O, considererà l'evento 'emissione del fotone sulla superficie del Sole a t=0 nel riferimento di O' come un evento passato, già successo, ovvero a t'<0 (assumendo vera la RdS)! Chiaramente, se vale la (2) e, quindi, anche lo spazio tridimensionale definito da t'=0 è fisicamente esistente.
Ovviamente, c'è un problema. L'evento in questione esiste per O e non esiste più per O'! E c'è di più. Eventi che O' considera come presenti avvengono nel futuro di O!
D'altro canto, però, se considero un osservatore O'' che a t=0 (nel riferimento di O) si trova vicino al punto di emissione del fotone ed è fermo rispetto ad O, il 'presente' di O e di O'' sarà identico. Però, un terzo osservatore O''' che si trova vicino ad O'' ma in moto relativo ad O (ed O'') considererà come 'presenti' alcuni eventi sulla Terra che sono futuri per O (e O')!

Quindi, apparentemente la Relatività implica che il divenire è illusorio. Chiaramente, per riuscire a risolvere l'inghippo ci sono due possibilità. O si rifiuta l'assunzione della RdS oppure si rifiuta l'assunzione (2) oppure, si rifiuta l'assunzione (3) per cui l'ordine di causalità tra gli eventi è lo stesso in ogni riferimento - ovvero che l'effetto segue la causa in ogni riferimento. Se si rifiuta la (2) si può usare un argomento epistemologico: per O le informazioni certe si riferiscono al cono luce passato. Fuori dal 'cono luce' di un determinato osservatore, non ha senso parlare di 'passato', 'presente' e 'futuro' ma per lui tali eventi sono indeterminati.
Citazione
Non vedo alcuna consequenzialità logica in questa conclusione.
Il tempo scorre(esistono passato, presente e futuro), anche se (fatto filosoficamente irrilevante!) diversamente (ma in maniera determinatamente stabilita da intersoggettive regole deterministiche di correlazione e calcolo delle differenze fra di essi) nei diversi sistemi di riferimento.
Le concatenazioni causali (deterministiche) degli eventi, reversibili in linea di principio (anche e "perfino" nel caso del II pr. della TD, come genialmente dimostrato dal grande Boltzmann; alla faccia di Prigogine!) possono entro certi limiti, in limitata misura invertirsi di fatto (e sempre secondo regole deterministiche perfettamente calcolabili in lenea di principio) fra i diversi sistemi di riferimento.


Molti però non sono convinti che questo argomento risolva veramente il paradosso. In fin dei conti, dicono che è piuttosto strano considerare lo stato del Sole adesso come qualcosa di 'indeterminato'. A questo punto ci sono due alternative. O si rigetta la RdS oppure si afferma la RdS e si afferma anche che il tempo è una dimensione analoga a quelle spaziali.
Citazione
Perché mai "analoga" (che comunque non significa "identica")?
Le quattro dimensioni spaziali astrattamente considerate prescindendo dalla quinta temporale di un ipotetico spazio-tempo con quattro dimensioni spaziali e una temporale non sono affatto identiche (sono ben diverse!) dalle quattro dimensioni (tre temporali e una spaziale) dello spazio-tempo relativistico speciale complessivamente considerato!
Altrimenti in uno spazio tridimensionale una linea (bidimensionale) contenuta in un certo piano sarebbe indistinguibile da un' altra (invece ben diversa!) linea (bidimensionale), magari di uguale lunghezza e magari ancora parallela, ma sita in un altro, diverso piano bidimensionale.



Se la non-località quantistica viola veramente il limite 'c' della velocità di trasmissione dei segnali come fanno le teorie di variabili nascoste come la teoria di de Broglie-Bohm (dBB), allora, chiaramente, l'argomento 'epistemologico' descritto sopra è falso. Rimangono dunque le due alternative menzionate sopra.

Sulla dinamica.

"Non faccio ipotesi" diceva Newton. Eppure, se non si fanno ipotesi come può andare avanti la scienza?  ::) fu proprio un'ipotesi quella per cui la caduta della mela e l'orbita della Luna avevano la stessa 'causa'. Quindi direi che Newton si riferiva ad altro...
Citazione
Beh, se non erro il famoso scolio é alla fine della trattazione della gravità, e di quella parla.


Una posizione del genere mi sembra fin troppo 'instrumentalista', non me la sarei aspettata da te...

Pensa che, in realtà, ci sono ben tre 'versioni' della dBB:


  • La versione in cui ci sono sia l'onda che la particella, entrambe fisicamente reali. L'onda 'guida' attivamente la particella. Entrambe però sono entità fisiche (le particelle hanno solo posizioni e velocità - anzi solo posizioni, visto che la velocità può essere considerata una variazione della posizione). Questa versione era di fatto la proposta iniziale di de Broglie (accettata poi anche da Bell, se non erro, e altri...) anche se, credo, la proposta di de Broglie per essere soddisfacente richiedeva alcuni elementi presenti nella versione di Bohm (accettati poi da Bell e altri...). Questa è una teoria dove si considerano solo le velocità e le posizioni e non le accelerazioni.
  • La versione proposta da Bohm (quella di de Broglie era incompleta) nel 1952. In questo caso, si formula la teoria con il 'potenziale quantistico'. Si introducono concetti come quello di 'forza quantistica' che accelera le particelle. Questa versione sembra essere conosciuta come 'interpretazione causale'. Sarà la base del lavoro successivo di Bohm, Hiley ecc
  • La 'meccanica Bohmiana' (versione introdotta recentemente). In questo caso, si accettano come 'reali' solo le particelle e la funzione d'onda è una sorta di 'legge del moto'. Qui però ci sono due versioni:

  • Interpretazione per cui la 'legge' è una regolarità contingente. In pratica, non c'è alcun campo o alcuna proprietà che spiega il moto delle particelle, semplicemente si muovono. Posizione detta 'Humeiana'...
    Citazione
    Povero Hume!

    Questa é una negazione pura e semplice della (possibilità di) conoscenza scientifica (vera) ! ! !

  • Interpretazione per cui la 'legge' viene spiegata come una proprietà, una disposizione che le particelle hanno per muoversi in un certo modo.

Ci sono poi altre due 'teorie' non deterministe a variabili nascoste legate a Bohm. La prima è una teoria sviluppata da Bohm e Vigier a partire dal 1954 (estesa poi da Vigier). E la seconda è stata sviluppata nei decenni successivi da Bohm, Hiley, Peat ecc (detta 'interpretazione ontologica'). Queste due teorie non sono però deterministiche.

In questo articolo (in Inglese) viene preferita la seconda versione della '3' e si critica la prima in questo modo (si critcano anche la '1' e la '2' ma per motivi troppo lunghi da spiegare e che poi non c'entrano con quello che voglio dire a sgiombo):

CitazioneOn the question of Humeanism versus dispositionalism we side with dispositionalism, since we take it to be a sound demand to call for something in the ontology that accounts for the temporal development of the elements of physical reality and that grounds the law of motion, thus providing for real connections in nature.
CitazioneTraduzione: "Nella discussione tra Humeanismo e disposizionalismo, noi accettiamo il disposizionalismo perché riteniamo che è una richiesta sensata quella di chiedere qualcosa nell'ontologia che spiega l'evoluzione temporale degli elementi della realtà fisica e che dà un fondamento alla legge del moto, fornendo quindi connessioni reali nella natura"


CitazioneE cosa sarebbe mai questo "qualcosa che spiega"?
Dio o che altro?




Inoltre, aggiungo io, è difficile ritenere che una 'legge' possa essere considerata qualcosa di dinamico a meno che in realtà non si riferisca ad una proprietà (e di fatto, in alcuni casi, ho letto che la seconda versione della '3' - quella disposizionalista - si suggerisce di non usare il termine 'legge').

Quindi, sgiombo, mi pare veramente strano che tu dici che non ti interessa una vera spiegazione di 'ciò che accade'. Infatti, mi sembra che una tale prospettiva sia esattamente quella che hanno gli 'instrumentalisti' che vedono la fisica come uno strumento predittivo  :)
Citazione
Infatti non sono un istrumenalista (hai ragione a non aspettartelo, perché così non é).
Semplicemente rilevo che nella ricerca di spiegazioni (come anche di cause) o ci si ferma prima o poi a un certo punto (ammettendo di ignorare -almeno al momento- l' "oltre a ciò") oppure si cade in un regresso all' infinito o in alternativa in un circolo vizioso: l' uomo non é onnisciente!

#854
Staremo a vedere (non é detto che il cammino sia circolare; né che non lo sia, a priori).

Cerco sempre di non precludermi aprioristicamente alcun possibile approdo, nella ricerca della verità.
#855
Non solo.

Anche dalla (rispettabilissima) filosofia (se per "fingere" intendiamo il significato originario, etimologico latino di "immaginare", "ipotizzare"").

Giustamente la scienza, come anche la filosofia e non solo, "fa il suo mestiere" (concordo).