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Messaggi - Apeiron

#841
Tematiche Filosofiche / Re:Al di là dell'aldilà
19 Maggio 2017, 20:54:35 PM
Il punto è che l'anima è in realtà "naturale" in quasi tutte le religioni  :P

Non è che abiti in un altro mondo ma in realtà è in questo mondo materiale. La materia ha già se vogliamo un principio di "anima" visto che si muove, interagisce ecc. Una pura oggettività sarebbe completamente statica e passiva. L'uomo dispone di auto-coscienza e lo rende "speciale": ma nuovamente l'anima non è davvero separata dalla materia. Il "problema" dell'uomo è che è talmente auto-cosciente e ciò crea l'illusione della separazione e l'egocentrismo.
#842
Ah ok sgiombo sono d'accordo anche se il tuo concetto di "essere" è più vicino a ciò che intendo io per "esistenza", visto che per "essere" si è sempre fatto confusione. Nel senso l'essere è divenuto equivalente a "qualsiasi cosa che si può pensare" e non ad "esistenza effettiva/realtà". Ora siccome la non-esistenza è appunto pensabile e ben definita ne segue che non è "il nulla" e quindi ha senso parlare.

Detto questo concordo con te che "perchè esiste...?" presuppone una teleologia.
#843
Citazione di: Angelo Cannata il 19 Maggio 2017, 14:28:44 PMCambierei qualcosa nella tua ultima frase. Non chiamerei "trasformazione" il lavoro di interiorizzazione: non hai lo scopo di diventare un altro. Per me lo scopo è il lavoro stesso: ciò che conta è essere in continuo lavoro di miglioramento. Può nascere la domanda "Migliorarsi in che direzione?"; per me la risposta sta nel raccogliere la storia; cioè, nel presente si fa, momento per momento, una sintesi del proprio essere e sarà tale sintesi a dettare in continuazione cos'è il meglio. Dunque, parte quindi avviando un lavoro di interiorizzazione e lo si porta avanti per tutta la vita. Quanto al fanatismo, non mi sembra che l'interiorizzazione protegga da esso: il kamikaze infatti è proprio uno che ha interiorizzato certe convinzioni. Ciò che fa evitare il fanatismo mi sembra piuttosto il dubbio, l'autocritica, l'interrogarsi su tutto: se il kamikaze si chiedesse "Ma cosa sto facendo? Che senso ha? Chi mi assicura di essere nel giusto? Come farò a sapere se sto sbagliando o no?" gli sarebbe impossibile portare a termine la sua missione distruttrice. Se poi si teme che il dubbio blocchi non solo il kamikaze, ma ogni azione umana, per me trovo la risposta in ciò che ho detto sopra: al momento di fare delle scelte io cerco di mettere insieme tutto ciò che ho capito finora, ciò che mi ha influenzato, ciò che so e sento del mondo, incluse le emozioni, e agisco, volta per volta, secondo gli orientamenti provvisori che mi vengono da questa sintesi.

Grazie Angelo, bellissima risposta :)

In sostanza quello che ci vuole è una sorta di "scetticismo leggero", ossia essere sempre aperti a rivedere le proprie convinzioni (che inevitabilmente ci facciamo) ma non bloccarsi nell'inazione. La classica "Via di Mezzo"...

P.S./Off_Topic Per green demetr (ma per tutti quelli interessati...). Ho avuto occasione, proprio oggi, di parlare con un mio amico teologo a riguardo di "fede e dubbio" e mi ha detto un sacco di cose interessanti e mi ha ridestato l'interesse per il cristianesimo. Se riesco scriverò un topic a riguardo ("riesco"=riuscire a scrivere un "topic" chiaro e all'altezza che non crei più confusion che altro).
#844
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
19 Maggio 2017, 20:33:46 PM
Oggi ho avuto occasione di parlare con un mio amico teologo e mi ha nuovamente "sconvolto". In sostanza mi ha detto che per lui la "fede" in sostanza è accogliere il messaggio di "vedere la propria vita come un dono e donare la propria vita agli altri" più che una "presa di posizione dogmatica" e che il "vero peccato" è proprio quello di "rifiutarsi ad amare". In questo senso è un messaggio per tutti, sia per chi crede che per chi non crede e anzi l'attaccamento "eccessivo" (per intenderci l'essere eccessivamente pii) al rito è segno di "scrupolosità" più che di "fede". Quindi, almeno in questi tempi l'idea del rito come mezzo a quanto sembra circola anche tra i cattolici  ::) 

Mi chiedo a questo punto se non si potesse creare una sorta di religione "universale" con il solo e unico principio di "amare".
#845
Tematiche Filosofiche / Re:Al di là dell'aldilà
19 Maggio 2017, 09:39:37 AM
Citazione di: Marco264 il 18 Maggio 2017, 21:29:16 PM
Citazione di: Jean il 06 Maggio 2017, 18:54:42 PMDov'eravamo rimasti? ... c'è stato un bello scambio d'opinioni su prove certe, presunte o fallaci in riferimento ad accadimenti non comuni: miracoli, guarigioni, eventi definiti paranormali (con enfasi da taluni e simil disprezzo all'altro estremo) e in coda eventi sincronici o coincidenze. Nel ringraziare Lorenzo e Eutidemo (quali portabandiera degli opposti schieramenti) per il contributo, ricordo che uno dei motivi (quello che maggiormente mi interessa e riguarda il titolo del topic) che ha originato una tale discussione riguarda quanto accade e viene riportato da molte persone che si approssimano al confine tra la vita e la morte. Vorrei dire che il mio interesse non è dovuto a paura, bisogno d'esser rassicurato o qualche altra forma di conforto, neppur perché testimone della fine di familiari ed amici o perché indignato del misero destino umano e perciò in cerca d'una prospettiva o d'una spiegazione che lo possa giustificare. Forse in tempi lontani, mentre l'attuale (interesse) origina dall'essermi proprio collocato su quell'ipotetica linea di confine, divenuta riferimento per le mie azioni e pensieri. L'incredibile condizione d'esser vivi spinge molti, nei loro precipui modi, ad esplorarne i confini, vieppiù rivolti alla condizione maggiormente, se non del tutto, conosciuta, quella vitale appunto. Tanto arriverà il tempo del suo esaurimento... quindi perché anticipar la sorpresa? Tra le molte, una lecita e logica risposta, che permette di indirizzare le proprie energie (vitali, appunto) senza disperderle in ipotesi non verificabili (scientificamente). Tuttavia, dopo aver letto per qualche anno la maggior parte (non tutti) dei contributi postati nel vecchio e nuovo forum, son ormai (quasi) certo d'una cosa... che non vi sono direzioni preferenziali, significative rispetto ad altre in ordine all'acquisir terreno solido sotto i piedi. Non vi son formule che vengano lette nello stesso modo da tutti... e alfine l'oggettività stessa non è che la soggettività senza la "s" di "se...", sovente messa da parte per poter percorrere qualche metro in più (considerata la lunghezza di tanti post...) nelle discussioni. Che fatalmente si concludono ognuno rimanendo (quando non si rafforza) nella propria posizione iniziale... anche quando si parli di scienza, interpretandone le risultanze (leggi e formule) col proprio metro di conoscenza... Che allora non bisognerebbe dir nulla? Assolutamente, si può e si deve dir tutto, ma ricordando quel "se..." (che andrebbe posto all'inizio come in matematica, dove 1 è implicito nel termine se non diversamente indicato), alla fine della discussione quando ritorniamo la lumachina che siamo, rientriamo nella nostra casa (ah... ce l'abbiamo sulle spalle, fatalità) e non ci è dato di poter portar alcuno, dentro, con noi... La nostra casina, senza la quale non saremmo quel che siamo e qual glabro animaletto verremmo subitamente divorati dal falco (in una forma o nell'altra), è cresciuta con noi ed è diventata noi stessi. Pur se ci par di conoscere il mondo (per qualcuno addirittura l'universo e le sue leggi) non "conosciamo" che quel che succede lì dentro, dopo d'averlo introdotto e successivamente portato fuori, digerito o meno. Quel "lì dentro" verrà a cessare, la casina crollerà o si dissolverà pian piano e "noi" con essa. Forse avremo tempo e modo di realizzare che tutto il nostro portar dentro e portar fuori... "è tutto gnent", come diceva Rigoni Stern. Però... accadono delle cose lì dentro, semplicemente chiudendo gli occhi e lasciandosi assopire "noi" si cambia modalità... e ancora quando interviene il sognare... e poi ancora una condizione, di sonno profondo, dalla quale non possiam riportar nulla. Succedono invero tante cose, quotidianamente, lì dentro e pur se dobbiamo accettar che la corazza della casina muti e rattoppata invecchi, quel glabro animaletto insiste e resiste nel mantener l'ordine interno... e quando non ci riuscirà più... che accadrà? Beh, ascoltiamo chi abbia da dir qualcosa a riguardo, tuttavia ponendo un bel "se..." davanti, che imbroglioni e quanto di peggio pullulano ovunque... si può anche ascoltar noi stessi, quanto ci è accaduto e vi è accaduto, al di là della significatività statistica. E, chissà perché, ho la sensazione che anche "strane" evenienze e fenomeni invero abbastanza frequenti, siano collegati in qualche modo a quanto ci accade all'interno della nostra casa di lumaca... quasi a fornir delle indicazioni di quell'ignota (... forse non completamente) architettura interna... Mmh... l'anima? Quella di Platone, degli Egizi, dei Tibetani, dei Cristiani... eh, non par argomento da poco... Qualche suggerimento? Un cordiale saluto Jean
Buonasera a tutti, Già il trovarsi qui a parlare significa già aver percorso alcuni passi verso l'argomento introdotto da Jean. Non pensate che l'apertura stessa di questo argomento un semplice corpo vuoto non l'avrebbe potuta fare? Che senza un impulso, simile a quello elettrico che porta la musica dal supporto alle cuffie e fa in modo che due pallini concentrici altresì silenziosi improvvisamente "esplodano" di armonia, non saremmo qui stasera (o domani mattina, o insomma qualunque sarà il momento della vostra lettura) a dialogare e interrogarci su una questione tanto importante? Personalmente penso che crescendo perdiamo un po' di quello smalto che si aveva quando si era bambini (penso sempre alla semplice dolcezza di quei bimbi che in autostrada salutano tutti i passanti dai vetri posteriori delle auto); poi, facendo conoscenza della dissimulazione e ipocrisia che caratterizza coloro che vengono chiamati adulti (in realtà penso siano lontani da ciò che è veramente Uomo), a poco a poco i nostri occhi si abituano a vedere solo ciò che appare loro, quindi non riuscendo più a cogliere la trasparenza si inizia a credere che nulla esiste se non ciò che si presenta ai nostri occhi. E l'Anima non si vede come ora vedo le dita che scrivono sulla tastiera. Mi piacerebbe conoscere il vostro pensiero al riguardo. Concordo con Garbino; anzi, dal mio punto di vista ritengo che parlare di chi per primo ha trattato il concetto di Anima sia fuorviante. La Filosofia nasce come ricerca dell'essenza delle cose, del loro principio; chi lo identifica nell'acqua, nel numero o nel fuoco è spinto dalla medesima volontà di scavalcare il luogo comune del regno dell'ovvietà, che guidò poi Socrate e lo rese Socrate. Per tutti i Filosofi pre e post-socratici vige la massima eraclitea del "Non vivere semplicemente come figlio dei tuoi genitori".

Il concetto di "anima" secondo me nasce dal fatto che era inspiegabile concepire il mutamento delle cose. Voglio dire: la materia ci sembra una sorta di "oggetto" completamente passivo e quindi il movimento della materia non lo si può spiegare. Perchè la mela cade? Perchè il gatto si muove, mangia, ecc? Semplice, dicevano gli antichi, perchè perchè c'è "qualcosa" - "il soffio vitale" - che "fa muovere" le cose. Arrivi poi all'uomo e noti che riesce a "distinguersi" dal resto delle cose. Allora, dicevano i pensatori, l'uomo ha un "io" indipendente che lo fa muovere ecc. Il problema è che la distinzione tra "anima" e "corpo" è una falsa distinzione perchè l'anima non esiste mai "da sola" se la si intende correttamente come "processo" (così come il software non può esistere senza un "hardware"). Ergo a mio giudizio anche l'Uomo è una parte di tutto questo Processo e non è indipendente da esso. E in un certo senso siamo "immortali" e c'è "vita dopo la morte" se ci consideriamo parte di questo Processo e non come indipendenti da esso: se vediamo le cose in questo modo passiamo da una prospettiva individuale ad una "cosmica". E visto che non ci identifichiamo più con la nostra prospettiva in un certo senso "non moriamo". La difficoltà è passare da queste parole a fatti, ossia a "crederlo veramente" :)
#846
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
19 Maggio 2017, 09:29:03 AM
Citazione di: Sariputra il 18 Maggio 2017, 10:49:06 AM
Citazione di: Apeiron il 18 Maggio 2017, 09:38:12 AM@Sariputra concordo con quanto hai scritto. Il mio punto però è un altro: anche l'Ottuplice Sentiero puoi considerarlo un "rito", visto che devi seguire delle "regole". Non per forza un rito deve essere "devozionale" e non per forza viceversa un rito devozionale deve essere il fine dell'uomo. Anche un rito devozionale può essere un aiuto. Il problema è quando le pratiche religiose diventano il fine. Quello che manca in occidente, e in generale nelle tre religioni abramitiche è proprio questo, ossia la presa di coscienza seria che il rito è un mezzo e non un fine. Nel buddismo, nel gianismo, nel taoismo e tradizioni simili il rito è visto come un mezzo e l'attaccamento allo stesso è visto come una vera e propria degenerazione. La cosa interessante semmai è vedere se si può considerare "religione" una tradizione in cui il rito non è al primo posto. O addirittura: se si può considerare "religione" una tradizione in cui non c'è l'aspetto devozionale. Ad esempio se faccio come mia (anche nella pratica) la filosofia di Schopenhauer e considero il filosofo di Danzica come mio "guru" non credo che ciò si possa considerare "religione" :)
L'aspetto rituale e devozionale è parte integrante dell'esperienza religiosa, perché la sottrae alla dimensione 'privata' e ne fa un'esperienza collettiva. Seguire , in modo personale, questo o quel filosofo, e condividerne la visione, ovviamente non si può considerare 'religione' ( anche se, per alcuni, l'ammirazione per un pensatore può sfociare in una specie di "culto" personale, che a volte impedisce di coglierne le contraddizioni, come spesso non scorgiamo i difetti della persona molto amata che ci sta di fianco...finché non notiamo che esce con il nostro miglior amico ;D ). I riti sono strettamente connessi con la sfera del "sacro", servono a rendere tangibile l'esperienza religiosa ( e questa tangibilità può essere utile come mezzo) e la liberano da un eccesso di individualismo privato ( che spesso è territorio della mistica...). Il Nobile Sentiero è un insieme di norme etiche e pratiche da seguire per ottenere la Liberazione e si rivolge all'individuo, che lo attua. Ma non ha il carattere rituale di momento collettivo. Altra cosa è la celebrazione di festività varie, come il Vesak, o la recitazione comunitaria di brani dei sutra, che diventano, questi sì, momenti rituali specifici. La visione buddhista del significato del rito, come giustamente scrivi, è quella di mezzo, quasi un momento di meditazione collettiva che ha lo scopo di rinsaldare il sentimento di benevolenza verso chi ci sta attorno. Ovviamente il significato è molto diverso, per esempio, dalla messa cristiana in cui la comunità dei fedeli partecipa di un momento di comunione con Dio, attraverso la celebrazione dell'Eucarestia, in cui il Cristo, secondo questa fede, si fa veramente presente, sotto le specie del pane e del vino. Il rito buddhista è simbolico e non è il centro della pratica religiosa. Quello cristiano è realmente il centro, attorno a cui ruota l'intera comunità ed è il compimento, a mio parere, dell'intera esperienza cristiana che, privata di questo, sfuma in una specie di filantropia.

Ho capito ciò che intendi e sono d'accordo. In questo senso si potrebbe vedere la differenza sostanziale tra cristianesimo e buddismo. In occidente si deve credere a scapito dell'evidenza (a parte certi visionari) mentre nel buddismo il fatto che "il rito è un mezzo" ci fa capire che si "dovrebbe" credere. Questa differenza ahimé è enorme.
#847
Il problema di questa discussione secondo me è che ci si perde in una sorta di confusione linguistica.

Ora io posso distinguere una "sedia" da tutto il resto perchè riesco a distinguere le cose. Una sedia per esempio la posso distinguere da un tavolo, da un albero, da una scarpa ecc. Il problema che il fatto che io possa distinguere la sedia, ossia che io possa farmi un concetto di sedia, è dovuto al fatto che posso distinguere la "questa sedia" da ciò che "non è questa sedia", ossia la "non-questa sedia". Io posso formulare un concetto di "io" fintantoché riesco a distinguere l'"io" dal "non-io". Per questo motivo ritengo il solipsismo falso: se non c'è nient'altro che l'io non ci sono distinzioni e se non ci sono distinzioni non c'è linguaggio.

Ora nel caso dell'Essere (inteso come lo si intende nella filosofia greca e moderna) il suo opposto è il Nulla. Il problema è che il "Nulla" non è una "cosa" che si distingue dall'Essere come la "non-sedia" si distingue dalla "sedia" e l'"io" dal "non-io". Il ragionamento per "opposizioni" vale solo quando si può davvero distinguere una cosa dall'altra e nel caso dell'Essere il "Nulla" non è una cosa che si distingue. Ergo la domanda "perchè esiste qualcosa anziché il Nulla?" non è ben posta.

La cosa interessante è che nelle filosofie "non-duali" (o simili) quello che si fa è "trascendere" le distinzioni tra le quali quelle di "io" e "non-io", arrivando ad uno stato al quale non può essere opposto nulla. Secondo me la domanda inziale da proprio questa idea: ossia punta verso i limiti del linguaggio e della conoscenza.
#848
Citazione di: Angelo Cannata il 18 Maggio 2017, 17:33:14 PMSecondo me ciò che ha dato forza ai personaggi eroici a cui stiamo facendo riferimendo non è stato lo scopo esteriore. Io ho parlato di orgoglio di lottare, ma ciò che ti sostiene non è la nobiltà della causa o la grandezza dello scopo. Se fosse solo questo, di fronte a certi pericoli estremi ritengo abbastanza probabile per qualsiasi eroe mandare al diavolo il mondo e ogni causa nobile e pensare a salvare la propria pelle. Penso che ciò che ti porta a non mollare neanche di fronte alle più grandi sofferenze, come la tortura, sia il fatto che quel certo obiettivo per cui lottare è diventato parte del tuo spirito, del tuo cuore, delle tue emozioni di ogni giorno, è ormai un pezzo del tuo corpo, del tuo essere. Insomma, è l'esperienza spirituale, il fatto interiore. Se si tiene presente questo, allora si comprende che non è indispensabile che ci sia in ballo un causa universale, mondiale: basti pensare che per difendere la vita di un proprio figlio si può essere disposti a qualsiasi cosa, e la vita di un figlio non è la patria, né l'umanità del globo. In questo senso non ci sono da cercare grandi obiettivi; bisogna piuttosto cercare l'interiorizzazione e quindi qualcosa che meriti un lavoro di interiorizzazione compiuto tutti i giorni, affinché questo qualcosa diventi parte di noi. Da questo punto di vista è facile comprendere ancora meglio l'inferiorità e l'insufficienza del capire: non possiamo aspettare di capire tutto, non solo perché col 100% di probabilità ci ritroveremmo in punto di morte mentre ancora aspettiamo di capire per cosa lottare, ma soprattutto perché il capire, il chiarire, quand'anche fosse possibile, non sarebbe mai in grado di apportare dentro di noi la forza di ciò che è stato interiorizzato con un lavoro quotidiano portato avanti per anni. Da qui emerge che Gesù, Falcone, Nietzsche, Gandhi, Socrate, sono stati grandi non perché sono nati dotati di capacità superiori alle nostre, ma perché hanno individuato dei punti abbastanza definiti, pochi, e hanno lavorato tutti i giorni, per un'intera vita, per interiorizzarli. Questo può aiutarci anche a capire la differenza dal kamikaze: anche il kamikaze dà la vita per una causa, ma egli non compie un lavoro quotidiano completo, cioè non si misura tutti i giorni con la crisi del mettere in questione ciò che intende interiorizzare: ecco il fanatismo. Gesù invece sì, nonostante i soliti indottrinati ignoranti possano ritenere che egli, in quanto Dio, non possa mai aver avuto dubbi e incertezze: le contraddizioni presenti nel Vangelo testimoniano, nonostante il filtro di fede con cui il Vangelo fu redatto, che Gesù fu una persona critica, anzitutto con se stesso, pur in mezzo alle sue ipocrisie. Perciò credo che ciò che rende davvero forti, grandi e in grado di un forte orgoglio di lotta non è la forte convinzione, che non sarebbe altro che fanatismo, ma qualcosa che preferisco paragonare ai muscoli del corpo: sono muscoli dello spirito, abituati ad esercitarsi tutti i giorni nel confronto con il dubbio e le crisi. Non per nulla si parla, sia in filosofia che nella religione, di esercizi spirituali.

Comprendo e sono d'accordo. Dunque il segreto è: avere sì obbiettivi e "convinzioni" precise. Lottare sì per una causa. MA farlo partendo da una trasformazione interiore in modo che si evita il fanatismo.
#849
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
18 Maggio 2017, 09:38:12 AM
@Sariputra concordo con quanto hai scritto. Il mio punto però è un altro: anche l'Ottuplice Sentiero puoi considerarlo un "rito", visto che devi seguire delle "regole". Non per forza un rito deve essere "devozionale" e non per forza viceversa un rito devozionale deve essere il fine dell'uomo. Anche un rito devozionale può essere un aiuto. Il problema è quando le pratiche religiose diventano il fine.


Quello che manca in occidente, e in generale nelle tre religioni abramitiche è proprio questo, ossia la presa di coscienza seria che il rito è un mezzo e non un fine. Nel buddismo, nel gianismo, nel taoismo e tradizioni simili il rito è visto come un mezzo e l'attaccamento allo stesso è visto come una vera e propria degenerazione.

La cosa interessante semmai è vedere se si può considerare "religione" una tradizione in cui il rito non è al primo posto. O addirittura: se si può considerare "religione" una tradizione in cui non c'è l'aspetto devozionale. Ad esempio se faccio come mia (anche nella pratica) la filosofia di Schopenhauer e considero il filosofo di Danzica come mio "guru" non credo che ciò si possa considerare "religione" :)
#850
Vero, ma se vai in "sovraccarico" non è molto piacevole, specie se non hai come obbiettivo salvare l'umanità con una certezza di risorgere (Gesù), sacrificarsi nella lotta contro la mafia (Falcone) o "trasvalutare" tutti i valori (Nietzsche). Il mio obiettivo è molto più umile e di certo non salverò né il mondo né la patria e nemmeno rovescierò tutti i valori. Semplicemente il mio obbiettivo è "chiarire" ciò che già si sa e di certo non ho (razionalmente) l'aspirazione a far molto di più. Il "sacrificio" che uno fa deve essere proporzionale alle sue capacità e ai suoi obbiettivi, altrimenti è una sorta di "suicidio".E in ogni caso devi essere convinto nella tua causa per sopportare il sacrificio. Di certo non puoi essere soppraffatto dal Dubbio :)
#851
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
16 Maggio 2017, 12:56:13 PM
Buddha diceva che non bisogna attaccarsi ai riti. Eppure il Nobile Ottuplice Sentiero è una sorta di "rito" nel senso che è un comportamento ordinato, regolare che deve stare all'interno di alcune norme ecc. Il vero problema è la concezione del rito: per le religioni "occidentali" l'uomo è al serivizio del rito mentre il rito per il buddismo (ma anche per frange induiste e per i taoisti) è un mezzo per la Liberazione, la classica "zattera". Nel senso che se l'Ottuplice Sentiero ti crea solo problemi uno è libero di "personalizzarlo" oppure di seguire un'altra via. Nelle nostre religioni non c'è spazio per mutare la fede o il rito, pena "essere anatemi" (e pensare che nel Vangelo c'è anche "il Sabbath è stato creato per l'uomo e non l'uomo per il Sabbath"). Il problema che da noi ogni volta che c'è un'innovazione il rito nuovo diventa "il fine" e non il mezzo. Questo è il motivo che mi fa preferire le religioni orientali (o almeno quelle "non-duali"): là l'idea della fede è una fede come aiuto e non come un "devi credere". In sostanza mentre da noi la fede è imposta pena "essere anatemi", da loro il religioso è una sorta di medico.

In un certo senso in occidente "si deve" seguire un rito come si segue un legge civile, in oriente "si deve" seguire un rito come si segue il consiglio del medico.

P.S. Recentemente ho (ri)riscoperto il taoismo. A mio giudizio le differenze dottrinali tra taoismo, buddismo e alcune filosofie indù sono veramente poco importanti. In comune c'è sempre: l'ineffabilità della realtà (nel senso che la realtà è sempre vista come inconoscibile e ciò crea libertà nella dottrina) e appunto la visione del rito come mezzo e non come fine.
#852
Citazione di: green demetr il 16 Maggio 2017, 01:35:11 AMAmico Apeiron, A proposito di tranelli del linguaggio! io sono induista (lo yoga regale di patanjali, sono arrivato al quarto stadio.) Mi sono interessato al buddismo di SON IKKYU. Mi sono interessato allo zen. Mi sono interessato alle forme devozionali e razionali dell'INDUISMO. Non sono cristiano. Per questo ci unisce la passione per l'orientale. Mi sto affacciando con curiosità sul mondo cristiano, penso che ogni religione contenga in sè una saggezza, che NON si può ignorare. La dottrina cristiana per me non è stata così dannosa, in quanto non l'ho mai coltivata. ;) Vieni insieme a me e Angelo a parlarne sul 3d la vita spirituale. Dubbio e religione si sposano meglio che Dubbio e filosofia. Mi vien da pensare così sul momento. ciao a presto. :)

Perdonami, non lo sapevo e ti ho frainteso. In ogni caso ci sono anche cristiani che sono di mentalità aperta. Il Bello delle religioni orientali è che tutte tendono ad assumere la "via negativa". In ogni caso ritengo anche le filosofie orientali migliorabili anche grazie ad un confronto con l'occidente. Quello che sto facendo io è cercare di raccordare. Porbabilmente però lo sto facendo nel momento sbagliato della vita:)

Citazione di: Angelo Cannata il 16 Maggio 2017, 00:48:42 AMVolendo si può reagire ribadendo ciò che hai detto, l'utilità dell'inutile, e quindi sostenendo che è il mondo a sbagliare. Però chiudersi in modo unilaterale in una posizione del genere significa chiudersi all'ascolto del mondo. Almeno credo che si debba tentare di mettere insieme le due cose e farle dialogare (il che non è una via di mezzo, personalmente odio le vie di mezzo). Se dubiti dell'utilità dell'inutile, significa che dubiti dell'importanza dell'arte, di un saluto dato a un amico parlando del tempo che fa, di un brano di musica classica ascoltato appassionatamente o spassionatamente. Se dubiti di queste cose, per me è sintomo di un filosofare sbagliato (anche per filosofare ci vuole la patente, buttarcisi da sprovveduti è come giocare da inesperti con il coltello tagliente di cui ho parlato sopra). Un filosofare sbagliato può essere per esempio restringere il filosofare all'uso del cervello e non mescolarci umanità, sensibilità, esperienze umane, coinvolgimento emozionale, che però devono lavorare per un dialogo col cervello, non dev'essere un puro mescolare. Altrimenti è logico che si va a finire nell'ostinazione a chiedere al cervello la spiegazione di tutto, il fondamento di tutto, la soluzione a tutto, dimenticando che, per certi versi, il nostro cervello si può considerare anche semplicemente come un organo al pari degli altri, come sono un braccio, un piede. La consapevolezza che il cervello ci dà è un'esperienza grande, enorme, ma non è tutto.

Un filosofare che non prende mai posizioni però non è visto come "utile":) In ogni caso io sono d'accordo con quanto hai scritto. Ma siccome - penso come te - vivo questa posizione fino in fondo riconosco che è isolante, non interessa a nessuno, ostacola il benessere nella società ecc. Inoltre può condurti paradossalmente alla "megalomania", ossia al considerarsi una sorta di "profeta".

Nietzsche per me è l'esempio classico e mi ci vedo molto. Diceva di usare il dubbio come "arma principale" e quello che è successo è che, specialmente dal 1879 in poi dopo che ha lasciato l'insegnamento, oscillava tra posizioni opposte, proponeva delle idee e poi le ritrattava, scriveva delle cose ma sembra che vivesse e desiderasse "in fondo al cuore" l'opposto e aveva perfino sbalzi d'umore in quanto passava dalla depressione ad una "mania/euforia" che aveva quasi dei tratti deliranti. Questo purtroppo non è star bene. Per questo cerco anche di fermare il Dubbio,  il problema è che non so quanto.

P.S. Amico green demetr: non sono intervenuto ancora in quell'argomento perchè non ho idea di come definire la spiritualità. Ossia non so cosa voglia dire "per me", se non un ricercare in continuazione.
#853
Citazione di: green demetr il 15 Maggio 2017, 18:00:14 PM
Citazione di: Apeiron il 14 Maggio 2017, 18:14:29 PM
Citazione di: Sariputra il 14 Maggio 2017, 16:21:32 PM@ Apeiron scrive: Comunque ho l'impressione che siamo destinati a non capirci forse è dovuto al mio (ab)uso di immagini prese dalle filosofie dell'oriente. Io penso di capirti, anche quando usi termini specifici di una certa tradizione. Ma l'impressione che hai sulle diffcoltà di intenderci mi sta facendo considerare, da un pò di tempo a questa parte, l'opportunità di continuare la mia partecipazione a questo forum filosofico ( e meno male, forse direte malignamente... ;D ). Perchè anche per me diventa difficile 'entrare' in certa terminologia , in certe consuetudini di pensiero oramai profondamente radicate, ecc. e spesso fraintendo o non comprendo nel senso esatto nel quale vengono usati certi termini, certi riferimenti,ecc. Mi piace imparare da chi ne sa più di me su certi argomenti, ma per quello basta anche solo leggere ( e decifrare...). Forse mi riserverò un'angolino nella sezione dell'arte, o dei viaggi, giusto per buttar giù qualche stupidaggine...se il kamikaze (nel senso di "vento divino" e non nell'altro attualmente in voga...) che mi spinge a gettarmi nelle discussioni sconsideratamente mi lascia in pace... ;) Ciao

Citazione di: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 16:41:24 PMTemevo di essere io la pecora nera, ma se parli di incertezza sul forum significa che è qualcosa di più diffuso. Probabilmente sarebbe bene discutere anche di stile del confrontarsi, stile nell'interpretare l'altrui dissenso, stile nell'organizzare le idee. Dico stile perché poi stile significa gusto e piacere di fare le cose.
Uno dei molti motivi per cui ultimamente scrivo di meno (oggi è una giornata un po' diversa) è proprio questo dell'incomprensione. Siamo individui talmente complessi con formazioni differenti che si finisce per usare le stesse parole in modo diverso. Per dire un esempio: sembra che al suo tempo Buddha parlava di "impermanenza" si riferiva al fatto che una vita non perdurava per un tempo infinito, non che era "sempre in continuo divenire". In sostanza l'individuo chiamato "Apeiron" non è qualcosa che "non esiste" come il fiume di Cratilo che non si può neanche indicare una volta bensì è "impermanente" perchè dura un certo numero di anni. Il Tao cinese di Lao-zi è scritto con una combinazione di due caratteri che da un senso di "movimento", sembra che fosse non una "via da percorrere" bensì più assimilabile ad una "corrente". Sono piccolezze che però se ignorate non ci danno una comprensione corretta e totale del testo che leggiamo, ma solo una parziale. Siccome non possiamo essere dei linguisti di tutte le lingue ci dobbiamo accontentare o di studiare una tradizione in modo approfondito e ignorare le altre o cercare di capire quello che si riesce dalle tradizioni (e dalle persone). Altro esempio: la parola "ente". Ognuno la usa in modo simile. Tuttavia a volte la differenza causa una confusione che porta anche alla litigata. Io mi sono anche immerso nella filosofia orientale ed ora sono né carne né pesce, nel senso che quello che cerco di fare è trovare un raccordo per tenere ciò che è buono dalle varie tradizioni. Per questo motivo più che alle parole e alle dottrino mi interesso quasi di più alle espressioni e a come vengono usate. Per esempio nello Zhuangzi ad un certo punto si dice che la Perfezione la si raggiunge quando "ci si siede e si dimentica" ("zuowang") oppure che "l'uomo Perfetto è senza Sé" mentre il buddismo ci dice di realizzare "anatta" (non-sé). Si può notare l'uso del linguaggio negativo e l'indicazione che in qualche modo si può essere "senza sé". Tali concetti si trovano in modo simile anche in mistici cristiani o in filosofi di varia estrazioni. Ma sono nuovamente simili. Così come sono simili Brahman e il Dio cristiano ma sono anche estremamente differenti e per questo tradurre "Brahman" con "Dio" è pericoloso. A volte ho l'impressione di usare le parole in modo bizzarro, in modo da non farmi capire ecc. Piuttosto di creare confusione per me è meglio fare ordine nella mia mente :) In ogni caso concordo con Wittgenstein quando ha scritto: "L'uomo possiede la capacità di costruire linguaggi, con i quali ogni senso può esprimersi, senza sospettare come e che cosa ogni parola significhi. – Cosí come si parla senza sapere come i singoli suoni siano emessi. Il linguaggio comune è una parte dell'organismo umano, né è meno complicato di questo. È umanamente impossibile desumerne immediatamente la logica del linguaggio. Il linguaggio traveste i pensieri. E precisamente cosí che dalla forma esteriore dell'abito non si può concludere alla forma dei pensiero rivestito; perché la forma esteriore dell'abito è formata per ben altri scopi che quello di far riconoscere la forma del corpo. Le tacite intese per la comprensione del linguaggio comune sono enormemente complicate. " Io vedo la cosa anche nelle faccende più quotidiane e banali. Tuttavia l'impressione che ho è che la specializzazione che comporta il nostro cammino ci fa comprendere le cose in modo diverso l'uno dall'altro e questo si riflette nei nostri discorsi. Altro motivo di ... Dubbi senza fine ;D @Sariputra io e te ci capiamo perchè abbiamo una formazione che in un certo senso è simile. Un altro utente potrebbe fraintendere molti miei messaggi. @Angelo, una discussione sul "come interpretare l'altro" è molto interessante secondo me. Oppure anche una discussione sulla "filosofia comparativa" (ad esempio come confrontare la filosofia del Buddha con quella di Zhuangzi o quella di Platone). Purtroppo non so quanto tempo ho di dare un contributo decente :( Per gli interessati alle filosofie orientali: lo Zen è un misto tra taoismo e buddismo mahayana. Il buddismo in realtà è una filosofia che cerca di trascendere, parla molto della metafisica del samsara ecc. Il taoismo è molto contrario alla speculazione e tenta di "assorbirsi nell'azione". Il fatto che entrambe le tradizioni usavano terminologia negativa ha fatto in modo che gli stessi monaci facessero confusione tra le due tradizioni. Ad esempio la "vacuità" ha un significato simile da entrambe le parti ma ad un certo punto nell'indagine è importante vedere la differenza.
Se diamo ragione al pezzo citato da te, però il linguaggio che cela i pensieri, è anche da interpretare. Vado a memoria, perchè per esempio il nostro dissenso in filosofia ci porterebbe a essere slegati, ma la nostra passione per la religione ci porterebbe a essere legati, ma alla fine quello che più mi avvicina a volerti ascoltare, sono proprio gli ultimi post, in cui parli di vissuto. Cominciamo a distinguere quelli, perchè stiamo usando il linguaggio, e il linguaggio ha in sè dei trabochetti. Ma i pensieri quali sono? nel post su citato, tu scrivi molto interessantemente che cerchi una via per unire due interessi. Quello scientifico e quello religisioso. ma in cosa consiste esattamente? intendo non possiamo iniziare a confrontarci con quello?

Forse è off-topic però per un dialogo produttivo tra noi due sull'incontro tra "dubbio" e "religione" non so quanto sia utile. Come le persone religiose io cerco la trascendenza, la verità, "Dio" se vuoi e credo che quando le persone parlano di Tao, Nirvana, Dio, Brahman non siano semplicemente "pazzi" ma parlino di qualcosa di molto più reale di quello che appare. Trovo bellissime espressioni nelle religioni di tutto (!!!) il mondo. Un cristiano invece prende una religione e per di più mooolto dualistica (salvezza/dannazione, paradiso/inferno, luce/tenebra...) basata sull'accettazione di dogmi su cui non si può discutere pena la "dannazione". Un cristiano perciò inserisce tutto se stesso in un sistema autoritario che chiude a tutte le esperienze religiose di questo mondo e in cambio si imprigiona, secondo me, un vero e proprio "splitting" mentale (in psicologia lo "splitting" è la netta separazione dualistica, ossia "pensare in bianco e in nero"). A me tutto questo sembra un modo di ragionare troppo vecchio anche se ha molti elementi che apprezzo molto, ergo sono ambivalente rispetto alla cristianità. Sul lato pratico poi la cristianità non offre nessuna tecnica meditativa ed è contraria alla speculazione filosofica. Purtroppo molte persone sopportano poco il dover essere imprigionati in riti, "verità" che non possono essere discusse, un Dio che pretende di essere ringraziato in ogni secondo. Non riesco a far mia l'idea di un Dio Personale e Amorevole da quanto so della dottrina cristiana: la mia coscienza si "ribella" a sentire certi atteggiamenti "attribuiti" a Dio. Tu magari sì visto che d'altronde c'è anche scritto "Deus Caritas est". Ma se iniziamo a discutere non finisce più, partiamo da mentalità troppo diverse (non mi esprimo sul futuro, ma per ora è così).

Tutto ciò lo dico perchè un terreno comune tra noi due è solo su una "trascendenza". Ma io purtroppo per me (?) non riesco a dire "qui la mia coscienza e la mia ragione non posso usarle perchè me lo dice Dio".  Personalmente sono uno che cerca, uno che gli piace indagare i misteri e ammirare il Mistero della Realtà. Mi pare che a te piacesse Nietzsche quindi lo cito per descrivermi: "Sono troppo curioso, troppo problematico, troppo tracotante...". In nessun versetto della Bibbia c'è scritto "fatevi domande" o "pensate con la vostra testa" o "interrogatevi". Uno stile di vita del genere per me è inaccettabile, quindi va bene il dialogo però non so quanto possa esserci utile. In ogni caso ti ammiro perchè nonostante la tua religione hai una mentalità molto aperta, così come ammiro molti amici cattolici. Se fossi cristiano io probabilmente sarei un fanatico, vista la mentalità "ossessionata dal controllo" (paradosso: io odio il pensiero "in bianco e in nero" e tuttavia istintivamente pensierei così...) che mi ritrovo, quindi forse è meglio che non lo sia. Anche perchè sarei un cristiano per paura e non per caritas. Ma aprirei un altro argomento per discutere di ciò...

P.S. Non riesco ad apprezzare l'idea di un Dio Personale. La ritengo un'idea troppo vecchia.

Citazione di: Angelo Cannata il 15 Maggio 2017, 18:29:30 PMCredo che sarebbe utile tener presente che quest'argomento di cui si sta parlando, cioè la difficoltà a comunicare, a capirsi, a discutere, fa parte in realtà di un fenomeno mondiale. Ho già fatto notare in altri post che a livello mondiale, supponendo l'inglese come lingua più usata, il totale dei forum di filosofia funzionanti è 1, questo stesso frequentato abbastanza poco e male. Anche in Italia il totale è 1, cioè questo. Immagino che abbiate anche notato che coloro che si rendono presenti con una certa regolarità nelle discussioni sono sempre le stesse persone, non le ho contate, ma saranno circa una decina. Cioè, in tutta Italia le persone a cui ancora piace discutere di filosofia sono una decina. In questa situazione è ovvio prevedere che prima o poi anche questa decina comincerà a stancarsi, annoiarsi e si arriverà a zero. I sintomi sono quelli manifestati in questi ultimi messaggi. Di conseguenza credo che abbia poco senso affrontare la questione come qualcosa di locale, qualcosa tra me e te, dipendente, per esempio dalla personalità di questo o quell'utente, ecc. Il problema va affrontato cercandone le cause mondiali. Io tento qui di seguito adesso una mia interpretazione del fenomeno, che sarebbe tutta da vagliare. Oggi non interessa più a nessuno sapere cos'è l'essere, cos'è il divenire, stabilire se è meglio essere relativisti o non relativisti, se e in che misura sia importante dubitare o coltivare certezze. Con la caduta delle ideologie è ormai finito il tempo delle teorie, non importa se giuste o sbagliate, vere o false. È finito il tempo del pensare astratto, del riflettere: non interessa più a nessuno. Ciò che oggi interessa, riguardo al comunicare, è che esso sia un'esperienza, non interessa che conduca a verità o non verità. E oggi l'esperienza che riesce ad essere toccante è l'incontro con la persona. La gente di oggi passa ore e giornate intere a parlare sui social media, ma non parlano certo di filosofia o ricerca della verità: parlano di sé, delle piccole esperienze che vivono, perché questo ti fa sentire che stai toccando qualcosa, stai toccando la persona. Con le discussioni filosofiche oggi si ha la sensazione di non toccare niente. È finito il tempo in cui si litigava per stabilire se l'essere è o diviene ecc. Solo dei pochissimi ostinati, come questa decina che stiamo ancora qui a farlo, possono risultare ancora interessati a discussioni del genere. Ma per tutti gli altri non facciamo altro che friggere aria. A questo punto si tratta di valutare questa situazione e ipotizzare reazioni: per esempio reazioni di apprezzamento, di lasciarsi mettere in questione da ciò, oppure individuare le proprie ragioni, ecc. ecc.

Sottoscrivo tutto. Ho la sensazione sempre più opprimente di essere un pesce fuor d'acqua. Uno che non ha niente in comune con la maggior parte dei miei coetanei e non e per questo motivo a rischio di "follia". Mi sento come un marziano in mezzo a gente che non capisco. Con loro ho dei bei momenti. In verità ho molti amici tuttavia ho un senso opprimente di distacco, di lontanza, di solitudine. Talvolta questa lontananza è accompagnata da pensieri di "essere inutile". Ma quello che vorrei far capire è:
Hui Zi disse a Zhuangzi: "Ho un grande albero di ailanto, ma il suo tronco è così contorto
e nodoso che non si riuscirebbe a trarne un'asse diritta. I suoi rami sono così intricati che
squadra e compasso non sono di alcuna utilità su di essi. Si erge sul ciglio della strada, ma
nessun falegname lo degna di uno sguardo. Così sono anche le tue parole: grandi, ma
inutili, e nessuno sa che farsene."

Zhuangzi rispose: "Hai mai visto
un puma o un furetto? Si appiatta in agguato, aspettando
la preda, poi balza a destra e a sinistra, in alto e in basso. Ma alla fine cade in una trappola
o muore in una rete. E poi c'è lo yak, grande come una nuvola che oscura il cielo. Ma è
incapace di prendere un topo. Tu hai questo grande albero è ti preoccupi del fatto che è
inutile? Piantalo nel terreno del non essere, nel campo dell'illimitato, e tutti gli esseri
potranno ripararsi sotto di esso e addormentarsi nella sua ombra liberi e felici. Nessuna
ascia gli abbrevierà mai la vita. Proprio perché è inutile nulla può nuocergli."
(Zhuangzi,I)

Vorrei far capire l'utilità dell'inutile. Ma purtroppo il primo a dubitarne sono io. Per questo detesto il Dubbio...

Come risvegliare quindi il Dubbio all'uomo moderno? Secondo me è impossibile. C'è troppa comodità e dove c'è comodità ci si riposa sugli allori e non si pensa. La maggior parte delle persone si "risveglia" solo quando avverte un pericolo.
#854
Citazione di: Sariputra il 14 Maggio 2017, 16:21:32 PM@ Apeiron scrive: Comunque ho l'impressione che siamo destinati a non capirci forse è dovuto al mio (ab)uso di immagini prese dalle filosofie dell'oriente. Io penso di capirti, anche quando usi termini specifici di una certa tradizione. Ma l'impressione che hai sulle diffcoltà di intenderci mi sta facendo considerare, da un pò di tempo a questa parte, l'opportunità di continuare la mia partecipazione a questo forum filosofico ( e meno male, forse direte malignamente... ;D ). Perchè anche per me diventa difficile 'entrare' in certa terminologia , in certe consuetudini di pensiero oramai profondamente radicate, ecc. e spesso fraintendo o non comprendo nel senso esatto nel quale vengono usati certi termini, certi riferimenti,ecc. Mi piace imparare da chi ne sa più di me su certi argomenti, ma per quello basta anche solo leggere ( e decifrare...). Forse mi riserverò un'angolino nella sezione dell'arte, o dei viaggi, giusto per buttar giù qualche stupidaggine...se il kamikaze (nel senso di "vento divino" e non nell'altro attualmente in voga...) che mi spinge a gettarmi nelle discussioni sconsideratamente mi lascia in pace... ;) Ciao
Citazione di: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 16:41:24 PMTemevo di essere io la pecora nera, ma se parli di incertezza sul forum significa che è qualcosa di più diffuso. Probabilmente sarebbe bene discutere anche di stile del confrontarsi, stile nell'interpretare l'altrui dissenso, stile nell'organizzare le idee. Dico stile perché poi stile significa gusto e piacere di fare le cose.

Uno dei molti motivi per cui ultimamente scrivo di meno (oggi è una giornata un po' diversa) è proprio questo dell'incomprensione. Siamo individui talmente complessi con formazioni differenti che si finisce per usare le stesse parole in modo diverso.
Per dire un esempio: sembra che al suo tempo Buddha parlava di "impermanenza" si riferiva al fatto che una vita non perdurava per un tempo infinito, non che era "sempre in continuo divenire". In sostanza l'individuo chiamato "Apeiron" non è qualcosa che "non esiste" come il fiume di Cratilo che non si può neanche indicare una volta bensì è "impermanente" perchè dura un certo numero di anni. Il Tao cinese di Lao-zi è scritto con una combinazione di due caratteri che da un senso di "movimento", sembra che fosse non una "via da percorrere" bensì più assimilabile ad una "corrente". Sono piccolezze che però se ignorate non ci danno una comprensione corretta e totale del testo che leggiamo, ma solo una parziale. Siccome non possiamo essere dei linguisti di tutte le lingue ci dobbiamo accontentare o di studiare una tradizione in modo approfondito e ignorare le altre o cercare di capire quello che si riesce dalle tradizioni (e dalle persone). Altro esempio: la parola "ente". Ognuno la usa in modo simile. Tuttavia a volte la differenza causa una confusione che porta anche alla litigata.

Io mi sono anche immerso nella filosofia orientale ed ora sono né carne né pesce, nel senso che quello che cerco di fare è trovare un raccordo per tenere ciò che è buono dalle varie tradizioni. Per questo motivo più che alle parole e alle dottrino mi interesso quasi di più alle espressioni e a come vengono usate. Per esempio nello Zhuangzi ad un certo punto si dice che la Perfezione la si raggiunge quando "ci si siede e si dimentica" ("zuowang") oppure che "l'uomo Perfetto è senza Sé" mentre il buddismo ci dice di realizzare "anatta" (non-sé). Si può notare l'uso del linguaggio negativo e l'indicazione che in qualche modo si può essere "senza sé". Tali concetti si trovano in modo simile anche in mistici cristiani o in filosofi di varia estrazioni. Ma sono nuovamente simili. Così come sono simili Brahman e il Dio cristiano ma sono anche estremamente differenti e per questo tradurre "Brahman" con "Dio" è pericoloso.

A volte ho l'impressione di usare le parole in modo bizzarro, in modo da non farmi capire ecc. Piuttosto di creare confusione per me è meglio fare ordine nella mia mente :) In ogni caso concordo con Wittgenstein quando ha scritto: "L'uomo possiede la capacità di costruire linguaggi, con i quali ogni senso può esprimersi, senza sospettare come e che cosa ogni parola significhi. – Cosí come si parla senza sapere come i singoli suoni siano emessi. Il linguaggio comune è una parte dell'organismo umano, né è meno complicato di questo. È umanamente impossibile desumerne immediatamente la logica del linguaggio. Il linguaggio traveste i pensieri. E precisamente cosí che dalla forma esteriore dell'abito non si può concludere alla forma dei pensiero rivestito; perché la forma esteriore dell'abito è formata per ben altri scopi che quello di far riconoscere la forma del corpo. Le tacite intese per la comprensione del linguaggio comune sono enormemente complicate. "  Io vedo la cosa anche nelle faccende più quotidiane e banali. Tuttavia l'impressione che ho è che la specializzazione che comporta il nostro cammino ci fa comprendere le cose in modo diverso l'uno dall'altro e questo si riflette nei nostri discorsi. Altro motivo di ... Dubbi senza fine  ;D

@Sariputra io e te ci capiamo perchè abbiamo una formazione che in un certo senso è simile. Un altro utente potrebbe fraintendere molti miei messaggi.  

@
Angelo, una discussione sul "come interpretare l'altro" è molto interessante secondo me. Oppure anche una discussione sulla "filosofia comparativa" (ad esempio come confrontare la filosofia del Buddha con quella di Zhuangzi o quella di Platone). Purtroppo non so quanto tempo ho di dare un contributo decente  :(

Per gli interessati alle filosofie orientali: lo Zen è un misto tra taoismo e buddismo mahayana. Il buddismo in realtà è una filosofia che cerca di trascendere, parla molto della metafisica del samsara ecc. Il taoismo è molto contrario alla speculazione e tenta di "assorbirsi nell'azione". Il fatto che entrambe le tradizioni usavano terminologia negativa ha fatto in modo che gli stessi monaci facessero confusione tra le due tradizioni. Ad esempio la "vacuità" ha un significato simile da entrambe le parti ma ad un certo punto nell'indagine è importante vedere la differenza.
#855
Citazione di: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 14:27:13 PMQuesto parlare di patologia del dubbio mi fa ricordare certuni a cui mi è capitato di sentir dire che studiare troppo fa male. Un altro una volta mi disse: "Tu non devi pensare". C'è un grave malinteso in questo tipo di affermazioni. Il dubitare, lo studiare, il pensare, non hanno nulla di patologico e non hanno limiti a cui doversi attenere. Ciò che li può rendere problematici non è la quantità, ma il modo errato di praticarli. Ma questo vale per qualsiasi attività umana. Prendi per esempio la musica: ci sono maniere sbagliate di suonare uno strumento, maniere che ti fanno stancare, ti fanno venire i crampi alle mani, te lo fanno odiare. Ma il problema non è lo strumento, né la musica, è il fatto che si sta praticando quella certa attività in maniera sbagliata. Poi viene il maestro di quello strumento musicale, ti insegna le tecniche con cui tenerlo, quanto tempo far durare ogni seduta di studio, con quale mentalità accostarsi a quello strumento, ecc. ecc. ecc., ed ecco che puoi impiegare giornate intere a studiarlo, come di fatto fanno i musicisti, senza che ti vengano crampi, né odio per la musica. Per andare a cose più terra terra, con un coltello molto tagliente è un piacere fare certi lavori, ma se lo usi male puoi creare danni gravissimi a te stesso e ad altri. Ora, il problema è che per certe cose la gente ha capito che non è da tutti usarle senza una preparazione: la gente ha capito che per guidare un'auto ci vuole un po' di scuola guida, ci vuole la patente. Ma da nessuno ti sentirai mai dire che per pensare ci vuole la patente, così come ci vuole per dubitare e per studiare. E così la gente si butta da sprovveduta, senza alcuna metodologia, senza cercare maestri, così, a capofitto, si buttano a pensare, a studiare, a dubitare, e il risultato è questo: gente che ti mette in guardia dal pensare troppo, dubitare troppo, studiare troppo. Io non ho tutta questa paura del dubbio, del pensare, dello studiare, perché mi sono accostato a queste attività con metodo, cercando maestri, consapevole che queste attività vanno domate, devi conoscerne i trabocchetti, i tranelli, le insidie, ma poi ne vieni a conoscere anche la bellezza, il fascino, così come chi ha fatto certi lavori sa che tagliare con un coltello molto tagliente è non solo comodo, ma ti dà proprio piacere nel fare quel lavoro; però prima devi avere la pazienza di imparare con gradualità a maneggiare quel coltello. Ora non vorrei apparire come un presuntuoso esperto di dubbi, di pensare e di studio: sono solo uno che cerca di camminare, ma soprattutto ha capito che un sacco di attività che la gente esercita a vanvera, a come capita prima, in realtà sono attività importantissime che meritano tirocinio; poi vengono però le soddisfazioni e puoi sperimentare che il dubbio non è affatto una bestia pericolosa da tenere alla larga, ma ti accarezza e ti conforta con la sua capacità di condurti dolcemente a fare nuove scoperte, nuove sorprese, nuove meraviglie. Ma prima ci vuole almeno un po' di necessario tirocinio. In questo senso, se Buddha dice di non farsi troppe domande, deduco semplicemente che egli non ebbe un buon tirocinio, non ebbe buoni maestri che gl'insegnassero a gestire, maneggiare, destreggiarsi con le domande. Il problema non è il troppo, è il fare le cose male. Se le fai male, anche il poco diventa subito troppo. Si può approfondire la questione notando che un modo di far male le cose consiste proprio nel troppo di alcuni aspetti nel farle: infatti sopra ho accennato, riguardo allo studio di uno strumento, alla durata di ogni seduta di studio. Proprio questo però evidenzia la differenza: un maestro non ti dirà genericamente di non fare troppo quell'attività, di non studiare troppo: ti darà informazioni specifiche su certi eccessi da evitare. È questa la differenza: la gente se ne viene sbrigativamente dicendo "troppo". Il maestro ti dice a quale tipo di troppo stare attento. La gente dice di non studiare troppo. Il maestro t'insegna qual è la durata ideale di una seduta di studio, con quale tipo di riposo alternarla, quante sedute fare in una giornata. E così anche riguardo al dubbio: non è questione di non esagerare nel dubitare: bisogna entrare nel dubitare e vedere, una volta entrati dentro, in quali aspetti del dubitare possono esserci degli eccessi, capire perché quegli eccessi sono eccessi, in modo da far fruttare il dubbio al massimo delle sue possibilità. Tu hai parlato di dubbio patologico nel caso in cui si dubiti dello stesso dubbio. Hai fatto ricerche in proposito? Hai fatto studi specifici riguardo al dubitare del dubbio? Il problema è questo: tutti parliamo, parliamo e riteniamo che certe cose siano vere per il semplice motivo che le abbiamo pensate e le abbiamo dette. Certo, di questo passo non potremmo parlare di niente, visto che è impossibile essere professionisti di tutto. In realtà si può parlare di tutto se solo si ha l'accortezza di non presentare ciò che ci passa per la testa come una cosa vera, solo perché ci è passata per la testa.

Bella risposta Angelo :) in effetti sì hai ragione. Però nuovamente il discorso è lo stesso: in ogni caso siamo esseri limitati. Ci servono maestri e anche se è vero che tutte le domande e i dubbi sono legittimi, è anche vero che alcuni o non potranno mai aver soluzione (almeno nella nostra vita mortale) oppure vengono fatti al momento giusto. La differenza con le sette è che io non impongo una legge contro il dubbio bensì dico che a volte il Dubbio è pericoloso. Ancora peggio è l'attaccamento al Dubbio. Il tuo Dubbio è sereno, equilibrato ecc: come dici tu ci sono modi e modi. Ma i modi di per sé direzionano il dubbio, lo vincolano proprio per evitare di cadere nel ristagno. Ad esempio Cioran diceva che non ha imparato nulla dopo i 20 anni e tutta la vita ha detto di continuare a dubitare: questo è il dubbio "patologico".

Ti allego il link della citazione del Buddha: http://www.canonepali.net/mn/mn_63.htm. In particolare: Chi pretendesse: 'Io non condurrò vita religiosa presso il Sublime, se prima egli non mi farà partecipe di tutti questi problemi'; il Compiuto non giungerebbe a partecipargli abbastanza, che quegli se ne morrebbe.È come se un uomo fosse colpito da una freccia con la punta spalmata di veleno; ed i suoi amici e compagni, parenti e congiunti, gli procurassero un medico chirurgo; ed egli però dicesse: 'Non voglio fare estrarre questa freccia prima che io sappia che uomo mi ha colpito: se un guerriero, un sacerdote, un borghese o un servo'. Non voglio estrarre questa freccia prima che io sappia di che nome, di che gente è l'uomo che mi ha colpito. Se è alto o basso; se nero o bruno o giallo di pelle; di quale villaggio o borgata o città è abitante. Non voglio estrarre questa freccia prima che io sappia che arco mi ha colpito: se piccolo o grande; se la corda è di fune o filo o tendine o cordone o budella; se la freccia è di canna o di giunco, di che penne è fornita: se di avvoltoio o di airone o di corvo o di pavone o di beccaccia; se la freccia è guarnita di cuoio di bue o di bufalo o di cervo o di leone; se la punta è diritta o curva o uncinata o attorcigliata o a forma di dente di vaccina o di foglia di oleandro'. Non riuscirebbe, Mâlunkyâputto, quell'uomo a saperne abbastanza perché egli morrebbe prima. Lo stesso accadrebbe a colui che pretendesse di seguire la vita religiosa presso di me a patto che io chiarissi tutti i suoi dubbi: egli morrebbe prima. Il Dubbio che fa soffrire è quello che cerca per forza la risposta. Non è la semplice presa di conoscenza di "sapere di non sapere" ma pretende una chiarificazione che tolga, paradossalmente, ogni dubbio.


Quello che non abbiamo, che ci manca a noi occidentali, credo, è proprio un maestro che ne sappia di queste cose  ::)

Comunque il Dubbio che tu esponi a me pare quasi una "dotta ignoranza". Ad esempio il dubbio vuole sapere se "il cosmo è eterno o no" invece la "dotta ignoranza" no :)