@Apeiron
Qual'è il punto di arrivo di tutto questo studio attorno al Dhamma? E c'è un punto d'arrivo? Ci sarà mai una fine? Sono domande legittime ma che riguardano lo studio 'esteriore' delle scritture e non lo studio interiore. Lo studio interiore richiede di studiare questo corpo e questa mente, perché è in questo corpo e in questa mente che nascono le nostre brame egoistiche, le nostre invincibili avversioni e le nostre illusioni di trovare nelle cose una soddisfazione duratura. Questo è per il buddhismo il vero studio, la retta pratica del Dhamma...
Studiare i testi senza praticare sila e samadhi ci porta solamente ad essere una specie di mestolo in una zuppiera.: sta dentro la zuppiera tutto il giorno ma non conosce il sapore della minestra.
Senza la pratica del non attaccamento, della rinuncia, lo studio filosofico dei sutra, del Canone, ecc. non serve a molto. Possiamo avere una buona conoscenza teorica, conoscere la psicologia buddhista, la sua logica, ecc. ma tutto questo rischia di non produrre alcun risultato. Buddha stesso invita a studiare il Dhamma ma poi a rinunciare ad agire male con il corpo, la parola e la mente; a coltivare invece atti benevoli, parole benevoli e pensieri benevoli... Achaan Chah soleva ripetere che l' Ottuplice Sentiero si compone di otto fattori e che questi fattori non sono altro che il nostro corpo: due occhi, due orecchi, due narici, una lingua e un corpo. Questo è il Sentiero, e chi segue il Sentiero è la mente. Per questo sia lo studio che la pratica si trovano nel nostro corpo, nella nostra parola e nella nostra mente.
Visto così il Sentiero, termini come nichilismo o eternalismo perdono la loro capacità di irretire il nostro pensiero che tende sempre a contrapporre concetti.
L'insegnamento meno compreso è quello del 'lasciar andare', detto anche 'lavorare con una mente vuota'. Questo è un linguaggio tipicamente budhista. Se lo interpretiamo secondo il senso comune andiamo fuori strada e pensiamo veramente che possiamo fare quel che ci pare. Invece dovremmo figurarcelo come se stessimo portando sulle spalle un macigno e dopo un pò cominciassimo a sentirne il peso...ma non ci risolviamo a posarlo. Quindi continuiamo a sopportare il peso. Se viene qualcunoa dirci di gettarlo via ci impauriamo ed esclamiamo:" Ma se lo getto via, non mi resta nulla!". Anche se quell'altro ci elencasse tutti i vantaggi del posarlo continueremmo a pensare e a dubitare: "Se lo butto, veramente non mi resta niente !". E così passiamo la vita...
In realtà se , per caso prendendo sul serio l'Insegnamento , lo posiamo, immediatamente ci sentiamo meglio, incredibilmente più leggeri e ci diciamo:"Quanto stupido sono stato a portare per tanto tempo sulle spalle un simile macigno?"...
Uno può venirci a dire di posare il peso, ma se non ci crediamo, se dubitiamo e siamo finanche 'innamorati' del peso, non ne vediamo proprio lo scopo. Tutto ci sembra assurdo. In fin dei conti la vita è proprio portare pesi, ci diciamo...lo fanno tutti, perchè no?...E restiamo aggrappati al peso che ci piega...
Capire che è inutile portarsi dietro dei pesi e che 'lasciar andare' produce sollievo e libertà è un esempio di conoscenza di sé.
Anche i sutra buddhisti possono diventare un grosso peso da portare. Questa non è la pratica corretta...
Qual'è il punto di arrivo di tutto questo studio attorno al Dhamma? E c'è un punto d'arrivo? Ci sarà mai una fine? Sono domande legittime ma che riguardano lo studio 'esteriore' delle scritture e non lo studio interiore. Lo studio interiore richiede di studiare questo corpo e questa mente, perché è in questo corpo e in questa mente che nascono le nostre brame egoistiche, le nostre invincibili avversioni e le nostre illusioni di trovare nelle cose una soddisfazione duratura. Questo è per il buddhismo il vero studio, la retta pratica del Dhamma...
Studiare i testi senza praticare sila e samadhi ci porta solamente ad essere una specie di mestolo in una zuppiera.: sta dentro la zuppiera tutto il giorno ma non conosce il sapore della minestra.
Senza la pratica del non attaccamento, della rinuncia, lo studio filosofico dei sutra, del Canone, ecc. non serve a molto. Possiamo avere una buona conoscenza teorica, conoscere la psicologia buddhista, la sua logica, ecc. ma tutto questo rischia di non produrre alcun risultato. Buddha stesso invita a studiare il Dhamma ma poi a rinunciare ad agire male con il corpo, la parola e la mente; a coltivare invece atti benevoli, parole benevoli e pensieri benevoli... Achaan Chah soleva ripetere che l' Ottuplice Sentiero si compone di otto fattori e che questi fattori non sono altro che il nostro corpo: due occhi, due orecchi, due narici, una lingua e un corpo. Questo è il Sentiero, e chi segue il Sentiero è la mente. Per questo sia lo studio che la pratica si trovano nel nostro corpo, nella nostra parola e nella nostra mente.
Visto così il Sentiero, termini come nichilismo o eternalismo perdono la loro capacità di irretire il nostro pensiero che tende sempre a contrapporre concetti.
L'insegnamento meno compreso è quello del 'lasciar andare', detto anche 'lavorare con una mente vuota'. Questo è un linguaggio tipicamente budhista. Se lo interpretiamo secondo il senso comune andiamo fuori strada e pensiamo veramente che possiamo fare quel che ci pare. Invece dovremmo figurarcelo come se stessimo portando sulle spalle un macigno e dopo un pò cominciassimo a sentirne il peso...ma non ci risolviamo a posarlo. Quindi continuiamo a sopportare il peso. Se viene qualcunoa dirci di gettarlo via ci impauriamo ed esclamiamo:" Ma se lo getto via, non mi resta nulla!". Anche se quell'altro ci elencasse tutti i vantaggi del posarlo continueremmo a pensare e a dubitare: "Se lo butto, veramente non mi resta niente !". E così passiamo la vita...
In realtà se , per caso prendendo sul serio l'Insegnamento , lo posiamo, immediatamente ci sentiamo meglio, incredibilmente più leggeri e ci diciamo:"Quanto stupido sono stato a portare per tanto tempo sulle spalle un simile macigno?"...
Uno può venirci a dire di posare il peso, ma se non ci crediamo, se dubitiamo e siamo finanche 'innamorati' del peso, non ne vediamo proprio lo scopo. Tutto ci sembra assurdo. In fin dei conti la vita è proprio portare pesi, ci diciamo...lo fanno tutti, perchè no?...E restiamo aggrappati al peso che ci piega...
Capire che è inutile portarsi dietro dei pesi e che 'lasciar andare' produce sollievo e libertà è un esempio di conoscenza di sé.
Anche i sutra buddhisti possono diventare un grosso peso da portare. Questa non è la pratica corretta...
