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Messaggi - Apeiron

#856
@Angelo Cannata
La differenza con le sette è la seguente: non condanno il Dubbio. Il Dubbio in realtà è un ottimo alleato, finchè non diventa patologico. Il Dubbio serve per rendersi conto di quanto non si sa, tuttavia vivere col solo dubbio è un po' come dice Sariputra con la bicicletta e il bambino. Se uno continua a cambiare bicicletta non fa nessun progresso. Nel buddismo al trasalimento (samvega) è associato "pasada", la confidenza nella Liberazione che si "ottiene" grazie a uno dei vari Sentieri della Liberazione. Il Ristagno invece è proprio dovuto alla mancanza di confidenza. Se non avessero creduto in quello che dicevano e pensavano non avremo mai avuto nessun Socrate, Laozi, Platone, Anassimandro, Buddha, Gesù, Paolo, Plotino, Seneca, Sankhara, Kant, Nietzsche ecc.  Senza il Dubbio e la Confidenza (che è opposta al dubbio) non avremo mai avuto nulla. Servono entrambi, ma purtroppo nessuno dei due è la Liberazione. Inoltre un equilibrio tra i due è quasi impossibile: Cartesio per uscirne si inventò il soggetto, l'"io dubito" e da lì fece la sua filosofia. Ma il Dubbio purtroppo è esso stesso un ostacolo alla Pace Interiore. In ogni caso io parlavo di estinzione della volontà (desiderio) di dubitare, non del dubitare. Mi sono espresso male. Buddha - per quanto dice - viveva in una pace assoluta, ossia nella completa equanimità. Non so se teorizzava ancora ma se lo faceva, lo faceva senza attaccarsi. In ogni caso Buddha dice che "farsi troppe domande" è un ostacolo alla Liberazione. Lui vede il "farsi troppe domande" come quell'uomo ferito da una freccia che invece di curarsi chiede chi è stato il colpevole, qual era il motivo ecc... Noi (e mi ci metto dentro) non accettiamo una filosofia rinunciataria come questa ma d'altronde non posso non notare quanto a volte sia patologica la mia (ma non solo la mia)  tendenza al Dubbio. La Confidenza è un complemento più che un contrario. Se non si riesce a raggiungere la Liberazione è giusto cercare un equilibrio, altrimenti le conseguenze ci sono (e non parlo dell'aldilà a cui non credo ma di questa stessa vita).
Nel tuo caso Angelo, hai la Confidenza nel Dubbio, sembra un paradosso ma in realtà non lo è. Anzi in un certo senso è molto "taoista", ossia hai una mente ricettiva, non ti attacchi a nessun dogma. Non è il tuo dubitare che è patologico. Il Dubbio Patologico è quella volontà di Dubitare anche dello stesso Dubbio...

Comunque ho l'impressione che siamo destinati a non capirci  ;) forse è dovuto al mio (ab)uso di immagini prese dalle filosofie dell'oriente.
#857
Citazione di: Sariputra il 13 Maggio 2017, 16:50:50 PM
Citazione di: HollyFabius il 13 Maggio 2017, 16:35:21 PMSimpatico esercizio tecnico, ma queste cose non sono Arte.
Tipica presunzione concettuale di definire cos'è effettivamente l'Arte. Ci sono dei colori, dei pennelli, un uomo e un supporto cos'altro serve?

Concordo con Sariputra, se ho capito cosa intende  ;)

L'Arte per me è una disposizione dell'animo (o "anima" o "spirito" come volete chiamarlo). Per questo motivo tutto ciò che può suscitare il senso del bello o del sublime è "Arte". Cercare di definirla mi sembra voler limitare anche la propria libertà di sperimentare e apprezzare il bello e il sublime. Se decido "a priori" ad esempio che l'Impressionismo non è arte non apprezzerò nulla delle corrente artistica. Magari se non decido "a priori" cosa è Arte, finisco per apprezzare meglio le cose.

Decidere cosa è arte mi pare una volontà di "dominio" dell'io, che si ritorce alla lunga contro l'io stesso. 
#858
Citazione di: Sariputra il 12 Maggio 2017, 14:38:14 PM
Citazione di: Apeiron il 12 Maggio 2017, 13:30:06 PM@Lou, sì la vivo anche io. La cosa interessante è che da quanto è emerso dalla nostra discussione il dubbio non è "patologico"/problematico (qualsiasi aggettivo si voglia usare) finchè non diventa un ostacolo con la "normale vita sociale, lavorativa, di studio ecc". Ma è realmente "giusto" o solo "conveniente" fermarsi qui? Il Dubbio è un'attività e come tutte le attività chiede e ruba tempo. Il Dubbio potrebbe essere la filosofia: non è quando "so il penisero di Kant" che sto facendo filosofia. Faccio filosofia quando metto in discussione con o senza il raggiungimento di una posizione. La parte "distruttiva" della filosofia d'altronde è l'unica costante che vedo nei filosofi. Ogni filosofo poi costruisce la sua "visione del mondo": ma la "visione del mondo" non è "filosofia" se con "filosofia" si descrive l'attività del filosofare. Per questo motivo i sistemisti sono in realtà dogmatici: non si accorgono delle inevitabili falle dei loro ragionamenti. Il filosofo distrugge e crea, anche se in realtà la creazione è sempre effimera. Quindi per quanto sono riuscito a realizzare si è filosofi solo se si dubita: chiaramente il dubbio può interferire col benessere. Ma d'altronde un Socrate non si sarebbe fatto un problema a scegliere tra il benessere e il Dubbio. L'importante a mio giudizio è fare come dice @Angelo, riuscire a stare in equilibrio muovendosi.
Io intendo il filosofare secondo la concezione di Shopenhauer: filosofia come tentativo di liberazione dal dolore di vivere... « Ad eccezione dell'uomo, nessun essere si meraviglia della propria esistenza... La meraviglia filosofica ... è viceversa condizionata da un più elevato sviluppo dell'intelligenza individuale: tale condizione però non è certamente l'unica, ma è invece la cognizione della morte, insieme con la vista del dolore e della miseria della vita, che ha senza dubbio dato l'impulso più forte alla riflessione filosofica e alle spiegazioni metafisiche del mondo. Se la nostra vita fosse senza fine e senza dolore, a nessuno forse verrebbe in mente di domandarsi perché il mondo esista e perché sia fatto proprio così, ma tutto ciò sarebbe ovvio." Quindi, su questo percorso , la filosofia diventa necessariamente ricerca di un modo di vivere' filosofico' che punti alla comprensione e poi liberazione dal dolore di vivere, quindi essenzialmente filosofia pratica, morale o etica. Mentre la filosofia occidentale ha messo in secondo piano questo aspetto per cercare soprattutto la conoscenza, quindi è diventata filosofia teoretica. La figura del "saggio" è stata sostituita da quella dell'amico-studioso, colui che ricerca pur essendo convinto che la verità sia irraggiungibile. Il 'saggio' dell'Orienta pensa per figure. L'Amico del sapere pensa per concetti. Il dubbio investe, a mio parere, principalmente la filosofia teoretica ed è funzionale ad essa. mentre in quella pratica si risolve nella 'visione' figurativa che il suo esistere è inerente a quel dolore di vivere di cui parla il buon Arthur... Ne consegue che preferisco ovviamente il 'saggio' all' 'erudito'... :)

Esatto, esatto, esatto @Sariputra e Schopenhauer. Non a caso sia tu che Arthur siete appassionati di filosofia orientale, buddismo in particolare. Le differenze dottrinali tra buddismo, alcune scuole dell'induismo e taoismo non sono davvero importanti. Il loro obbiettivo è sempre la "Liberazione". Come dici tu il "saggio dell'oriente" pensa per metafore e cerca di descrivere la sua esperienza mentre in occidente ognuno prende ciò che ha scoperto lui della realtà per tutta la realtà. Dunque stando così le cose la vita per l'uomo di conoscenza, l'amico del sapere, non riuscirà mai ad essere soddisfacente perchè la vita è finita e le nostre capacità sono finite mentre l'oggetto della conoscenza è infinito. La strada d'uscita dall'empasse dunque è proprio l'esperienza, la "cessazione" del desiderio, della sete (pali: tanha) di conoscenza. "Chi si dedica allo studio ogni giorno aggiunge, chi pratica il Tao ogni giorno toglie..." (Tao Te Ching). Il Mistero della vita è che sembra che tutti sappiano questo ma nessuno lo mette in pratica. Abbiamo forse un problema di volontà? Non è che continuiamo a fare le cose che diciamo di non voler fare perchè in fin dei conti le vogliamo?

A questo punto dall'empasse sembra che si esca così: mutando la nostra volontà o addirittura estinguendola. A questo punto la domanda diventa: come posso mutare la volontà? Ma questa comincia a non essere una domanda teorica bensì pratica. Che il Dubbio più che un ristagno dunque sia un amico incompreso che ci dica: "Conoscere va bene ma non ti libera, anzi può incatenarti. Se continuerai a cercare di conoscere finirai con perdere la retta via! Cerca di mutare la tua volontà, ecco la Via..." ?
#859
@Lou, sì la vivo anche io. La cosa interessante è che da quanto è emerso dalla nostra discussione il dubbio non è "patologico"/problematico (qualsiasi aggettivo si voglia usare) finchè non diventa un ostacolo con la "normale vita sociale, lavorativa, di studio ecc". Ma è realmente "giusto" o solo "conveniente" fermarsi qui? Il Dubbio è un'attività e come tutte le attività chiede e ruba tempo. Il Dubbio potrebbe essere la filosofia: non è quando "so il penisero di Kant" che sto facendo filosofia. Faccio filosofia quando metto in discussione con o senza il raggiungimento di una posizione. La parte "distruttiva" della filosofia d'altronde è l'unica costante che vedo nei filosofi. Ogni filosofo poi costruisce la sua "visione del mondo": ma la "visione del mondo" non è "filosofia" se con "filosofia" si descrive l'attività del filosofare.
Per questo motivo i sistemisti sono in realtà dogmatici: non si accorgono delle inevitabili falle dei loro ragionamenti. Il filosofo distrugge e crea, anche se in realtà la creazione è sempre effimera. Quindi per quanto sono riuscito a realizzare si è filosofi solo se si dubita: chiaramente il dubbio può interferire col benessere. Ma d'altronde un Socrate non si sarebbe fatto un problema a scegliere tra il benessere e il Dubbio.

L'importante a mio giudizio è fare come dice @Angelo, riuscire a stare in equilibrio muovendosi.
#860
Sono più o meno d'accordo con quanto sostiene @davidintro: negli ultimi due secoli si è fatto l'Elogio del Dubbio dimenticandosi che ciò in realtà genera l'indeicisione e l'indecisione porta o all'inazione oppure al Caos. Il Dubbio dei filosofi che citi, @davidintro, è un dubbio che ha un fine. Il Dubbio elogiato oggi sembra non avere nessuno scopo, si dubita per dubitare.

@Freedom, d'accordo anche con te. La difficoltà è proprio conviverci.

@paul11, la visione pedagogica che proponi mi piace: in sostanza il Dubbio di cui parli è una sorta di cammino - è un dubbio finalizzato, tipico di una persona che ha un certo equilibrio mentale.

@Lou... Già la vita quotidiana. Alle volte vorrei ri-iniziare la mia vita e passare più tempo ad imparare a vivere "normalmente", ad imparare le cose "concrete". In ogni caso il problema non è solo mio ma della mia generazione: ci siamo dimenticati la saggezza della vita. A 23 anni ci comportiamo ancora come 100 anni fa si comportavano i quindicenni.

@greendemetr Personalmente credo di essere attratto dalla fisica, dalla matematica e dalla filosofia per la mia incapacità di tollerare l'incertezza. Ci si aspetterebbe che tale incertezza allontani dal dubbio e invece lo alimenta. Si cerca l'"ordine matematico" ovunque, in ogni ambito della vita, si vuole il controllo: il dubbio può essere un segnale anche di questo. "Chi è in preda al dubbio" forse lo è proprio perchè non vuole dubitare. Forse la soluzione è "lasciarsi andare", accettare il Dubbio e perdere l'Avversione contro di esso. Perfino tra i trentenni a volte fatico a vedere un adulto...


@AngeloCannata: complimenti per la metafora della bicicletta ;) 



P.S./Off_topic Mi piace anche per un altro motivo. Il movimento ad elica: il moto di un punto della ruota è una composizione di moto rettilineo e circolare. Così la mia mente mi ripropone ciclicamente le stesse idee, mi ripesca idee che avevo sepolto e me la fa però vedere con occhi diversi. Ma tutto ciò ha un verso, una direzione. Tale è samsara (per come lo vedo, togliendo tutto l'aspetto "sovramondano" e mitologico): il movimento elicoidale, un movimento che si ripete ma che allo stesso tempo progredisce e ogni circolo è impermanente.
#861
A giudicare dal numero di risposte ho aperto un argomento molto interessante... forse (scherzo  ;D ).
Il Dubbio di cui parlo ha molte sfaccettature e comprende molti aspetti della Vita, non solo quello filosofico. Ad esempio il "dubbio patologico" del disturbo ossessivo-compulsivo può farci controllare trenta volte di aver chiuso la porta di casa prima di andare a letto (o ossessioni e compulsioni più strane o più nascoste). Si può iniziare a dubitare ad esempio della fedeltà di una persona cara o di quanto sia geniuna un'amicizia e ciò a volte sfocia nella Paranoia. Si può dubitare dell'efficacia di un trattamento terapeutico e a volte ciò conduce alla guarigione. Come ho già detto nel messaggio iniziale ha buoni e cattivi frutti, anche se ho rimarcato quello cattivo. L'ho fatto per due motivi. Primo: il dubbio "positivo" non è un problema e va bene ed è giusto che ci sia perchè come per esempio dice @Angelo (ma non solo): "Il dubbio è indispensabile al crescere, progredire, divenire". Sono d'accordo. Tuttavia possiamo certo fare un'elogio del Dubbio e in un Forum di riflessioni è inutile. Quindi ritengo che sia giusto parlare del dubbio quando è un problema. Secondo: Il punto di Cioran è interessante, secondo me. Non puoi essere ad esempio buddista (qui mi ricollego a @Phil) e dubitare che il Buddha abbia raggiunto l'Estinzione o che il Nobile Ottuplice Sentiero sia una Via per la Liberazione - se parti con poca fiducia non vai lontano. Il ristagno è proprio dovuto al fatto che non decidi più nulla, proprio perchè dubiti di tutto. Il Dubbio perciò diventa una droga e diventa un ostacolo alla Liberazione.

@Sariputra: ebbene personalmente io dubito di tutto perchè sono "in cuor mio" un razionalista. Il razionalista cerca, a volte disperatamente, il fondamento per credere. Tuttavia a volte come ben dici tu il fondamento è puramente soggettivo e proprio qui il razionalista è costretto a "perdere le staffe". Il razionalista cerca l'oggettività e nella sua ricerca finisce per riconoscere che quasi tutto non è oggettivo. Quindi il razionalista paradossalmente riconosce che quasi tutto è prospettiva e tuttavia non è interessato alla soggettività. Vuole l'oggettività.

@Angelo Cannata. La questione che poni tu è interessante e in realtà è simile alla dottrina di alcune scuole Vedanta secondo cui i fenomeni del Mondo sono "Lila". Ossia che il nostro Mondo in perpetuo divenire non sia altro che il "gioco" dell'Essere Supremo. Credo che sia un'idea interessante e che tra l'altro si collega forse anche al Taoismo visto che nel Tao Te Ching troviamo: "il Tao si conforma alla spontaneità", quasi che la spontaneità è equivalente o anteriore al Tao. Ti consiglio di dare un'occhiata a quelle tradizioni, se non lo hai già fatto. Che il Dubbio bisogna prenderlo come un gioco?


@Phil: sulla natura del dubbio nuovamente bisogna fare delle distinzioni. Quello che in comune hanno è che ci si interroga su quello che si pensa di sapere, sulle proprie azioni ecc. Se cerco lavoro ma dubito di essere in grado di lavorare non riuscirò mai a lavorare anche se in un certo senso il dubbio è (qualche volta) legittimo (non ho esperienza del lavoro prima di farlo...).

@myfriend. Bene o male concordo con te. Il problema è che nella Vita ci sono davvero poche certezze empiriche, anzi quasi tutto avviene nell'ambito della soggettività. Qui è richiesta l'azione ma non hai né prove né dati empirici. Ti devi "buttare" (o "abbandonarti alla corrente"?). E per un razionalista/dubitatore è proprio qui il Problema :) qui la sto mettendo sul personale, ma ancora lo faccio per parlare del "razionalismo" da un punto di vista esistenziale.

@green demetr. Bella la storia che hai citato ed è simile alla riflessione di Angelo. Comunque se vuoi il Blocco e l'Apertura sono lo "yin e lo yang" del Dubbio. Chi davvero dubita conosce entrambe le cose... purtroppo.


@acquario69 e @maral. Il condizionamento psicologico di oggi è subdolo: paradossalmente so i pensa troppo ma in modo raffazzonato, confuso e superficiale oppure si prende tutto acriticamente. Purtroppo i social media e Internet da questo punto di vista sono un ottimo modo di "controllo delle masse" (fortunatamente - spero - non è ancora arrivato nessun governo che sfrutta questa situazione). @acquario: secondo me si dubita proprio perchè si assume che c'è la certezza, anzi un argomento a favore dell'esistenza di una "verità oggettiva" è paradossalmente proprio la tendenza a dubitare, nel senso che il dubbio vuole/desidera/spera di raggiungere la verità.

@paul11/@Lou. Aprite una discussione interessante. Il Dubbio dunque è un esercizio filosofico o devo renderlo una pratica di vita? Come dice @Lou se vedo una persona non mi metto a cercare di "provare la sua esistenza" (a meno che non abbia una forma di psicosi o di "derealizzazione") ma la filosofia richiederebbe anche questo. La certezza come scrisse Wittgenstein in Della Certezza (o forse come lo interpreto io) è il fondamento dell'attività! Ergo la "praxis" necessita di certezze e non di dubbi. La "theoria" al contrario necessita del dubbio. Come trovare l'equilibrio?

Spero di aver risposto a tutti in modo esauriente, anche se in realtà ne dubito :D

P.S. @Angelo Cannata. Ogni riga che scrivo potrebbe essere spazzatura proprio perchè dubito di me stesso, o meglio delle mie capacità. Per questo motivo tutto ciò che ho scritto (qui e altrove) può essere spazzatura. Ma d'altronde se non si accetta la possibilità di scrivere spazzatura non si scrive niente. Forse :D
#862
Percorsi ed Esperienze / Il Dubbio (e la filosofia)
08 Maggio 2017, 21:42:43 PM
"Secondo la Bhagavadgita, è perduto, per questo mondo e per l'altro, colui che è «preda del dubbio», quello stesso dubbio che il buddismo da parte sua cita fra i cinque ostacoli alla salvezza. Perché il dubbio non è approfondimento, bensì ristagno, vertigine del ristagno..."

E io sono il "campione del dubbio", totalmente "impossessato" da esso. Mi servono evidenze, mi servono prove, la curiosità mi spinge continuamente a farmi domande e il dubbio mi ridesta dalle (false?) convinzioni che inevitabilmente mi faccio. Se la Verità è l'obbiettivo (irragiungibile) della ricerca filosofica (e umana in generale...), il dubbio è quello che ci permette di non ancorarci a mete temporanee. Per esempio Buddha cominciò a dubitare della propria "salvezza" quando ebbe quello che io definisco il primo risveglio: l'emozione del samvega (non spiego il significato perchè a volte penso di non esserne all'altezza, in italiano si può tradurre con "trasalimento"). Ma il dubbio è insidioso e maligno perchè distoglie da ogni percorso umano. Se si dubita di riuscire a trovare lavoro è quasi certo che non si riuscirà a trovarlo, se si dubita di sé stessi non si riuscirà a "fiorire", se si dubita di un cammino spirituale ci si blocca, se si dubita della propria capaicità artistica non si fanno più opere. Il dubbio è il nemico di ogni azione, buona o cattiva che sia. Sempre lì insidioso ad ogni pensiero, parola o azione il Dubbio è pronto a travolgerti. E più uno è attivo, più uno è vitale e più uno si impegna nel cammino, più il dubbio cerca di schiacciarlo e bloccarlo.

Come tutte le cose il Dubbio può portare buoni e cattivi frutti. Il Dubbio è l'unoco strumento per smascherare la falsità o per riorganizzare la propria prospettiva (ad esempio grazie al dubbio uno può avere un rapporto più autentico con una qualsiasi religione). MA il dubbio è anche sempre lì, meschino, pronto a ingannare. Si prende gioco di noi e ci fa continuamente pensare cose che non vogliamo. Ci vuole fare fare arrendere, bloccarci la strada.    

In sostanza la filosofia è in un certo senso "dubitare, testare, mettere in discussione". Si può davvero "mettere in discussione" in continuazione? La filosofia dunque può passare dall'essere uno slancio per il miglioramento all'essere il ristagno assoluto, la catena che non si riesce più a spezzare perchè ormai la si ama troppo, quasi fosse una sorta di "Sindrome di Stoccolma"? Ebbene sì, il dubbio diventa un problema perchè in fin dei conti lo amiamo troppo, ma tale amore nasconde un artiglio. Il ristagno.

Come vivete voi l'esperienza del Dubbio?
#863
Citazione di: lorenzo il 15 Aprile 2017, 13:44:58 PM
Citazione di: Apeiron il 15 Aprile 2017, 12:50:31 PML'oggetto materiale "sedia" puoi usarla come una sedia ecc ergo è davvero una sedia.
Puoi dire che l'"oggetto materiale" è una sedia solo se gli associ il concetto di sedia, altrimenti (se il tuo mondo concettuale è limitato, o diverso) a quella percezione puoi associare solo il concetto di "oggetto materiale". Riesco a spiegarmi?
Citazione di: Apeiron il 15 Aprile 2017, 12:50:31 PMTuttavia una sedia può essere pensata anche in modo diverso da come la pensiamo noi. La realtà è "polimorfa" ;)
Certo, è quello che fanno i designers. Ma una sedia pensata (anche se in modo diverso) rimane pur sempre solo pensata, non è realtà. Puoi dire che la realtà è "polimorfa" perché ognuno associa alla percezione il concetto che la sua cultura, la sua esperienza e la sua maturità (e diciamo anche la sua voglia di mettersi a pensarci su) gli consentono di trarre dal mondo concettuale.

In sostanza andavamo dicendo la stessa cosa  ;D succede sempre così.



Sono d'accordo con te con quanto hai appena scritto. Comunque in altri termini: non c'è davvero una "corretta" definizione di un oggetto in assoluto. Ma ogni definizione che si dà è corretta o meno relativamente alla cultura che si ha :-)

P.S. Buona Pasqua a tutti!
#864
Citazione di: lorenzo il 13 Aprile 2017, 18:19:31 PMIl mondo esterno si rifrange contro i nostri sensi, che ci offrono delle percezioni (visive, tattili, auditive ...) ma queste non esauriscono la realtà, ne sono solo una parte. Per conoscerla dobbiamo associarvi i relativi concetti, che sorgono in noi attraverso l'attività pensante. La realtà ci viene incontro da due lati: percezione e concetto. @ Garbino Anche se odo un suono che non riconosco, devo cercare/pensare a chi/cosa corrisponde. @Apeiron Cit. il concetto "sedia" non esaurisce la realtà dell'oggetto "sedia". Infatti, l'oggetto sedia, l'entità sedia è composta di percezione più concetto: senza la prima avrei solo un'entità astratta, senza il secondo soltanto una composizione (e senza il concetto di composizione avrei solo un ammasso di legnetti).

L'oggetto materiale "sedia" puoi usarla come una sedia ecc ergo è davvero una sedia. Tuttavia una sedia può essere pensata anche in modo diverso da come la pensiamo noi. La realtà è "polimorfa"  ;)
#865
Citazione di: lorenzo il 12 Aprile 2017, 21:53:45 PMVa bene, e allora: cos'è che, all'interno della nostra cultura, ci fa riconoscere in una composizione di legno una sedia e non un tavolo?

Il fatto che sappiamo a che scopo quelle composizioni (bella parola, devo dire che me la ero quasi dimenticata   :D ) sono state fatte, ce lo hanno insegnato fin da quando eravamo molto piccoli ecc. Quello che sto dicendo io non è che sedie e tavoli sono indistinguibili ma che il concetto "sedia" non esaurisce la realtà dell'oggetto "sedia". Idem i concetti che facciamo della nostra identità, se ci fai caso.
#866
No "sedia di legno"  - frase e "sedia di legno" - immagine sono per noi uguali (meglio: in corrispondenza biunivoca più che uguali) perchè li abbiamo costruiti in modo da essere uguali. Tuttavia l'immagine sedia puoi anche descriverla come "assemblaggio di pezzi di legno". Se la descrivi così non sbagli.  Non c'è un modo giusto di "tradurre" l'immagine in parole. Noi traduciamo l'immagine "sedia di legno" nella frase "sedia di legno" perchè seguiamo ciecamente una regola che ci fa fare così a causa del condizionamento sociale e dell'educazione. Non esiste l'errore qui.

Supponii di avere davanti una persona a cui non è mai stato insegnato cosa è per noi una sedia di legno. Supponi che ti risponde è "una scultura di legnoe ha funzione meramente estetica" e che poi ne costruisca una e si metta ad usarla in quel modo. Per noi è un folle (chi decorerebbe la propria casa con una sedia di legno?  ;D ). Ma in realtà non ha sbagliato, così come noi non sbagliamo a fare l'associazione tra oggetto, immagine e frase. Sbagliamo quando diciamo che c'è un solo modo di vedere quelle cose.

@lou grazie del link
#867
@myfriend,

prendo spunto da qui: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/la-nave-del-filosofo-e-la-gamba-di-teseo/. Ascolta ma allora secondo te la "sedia di legno" e la sedia come concetto sono "la stessa cosa" solo che una è la manifestazione dell'altra? A mio giudizio è solo così per noi. Solo la nostra cultura dice questo, un'altra cultura direbbe che sono due cose diverse.

La figura e l'equazione sono due cose distinte. MA non appena "ricavi" la figura dall'equazione (in realtà anche viceversa l'equazione dalla figura) allora stiamo parlando sì di un altro "ente" che ha due "forme".

Pensa all'esempio di lou della pasta al ragù e della ricetta. Di per sè sono due cose diverse MA non appena le "colleghiamo" sono "una cosa sola". La mia posizione è che entrambe le prospettive sono vere, ma dire che "la pasta al ragù e la ricetta sono la stessa cosa - solo questa visione è vera" mi sembra un'asserzione falsa. Nulla mi vieta di vederle come due cose separate.

Il mio problema col riduzionismo e con l'emergentismo è che pretendono di possedere la verità quando ne colgono solo un aspetto.

P.S. In questo tipo di discussioni mi manca l'utente @Angelo Cannata. Spero che torni...
#868
Forse ho capito male il concetto di emergentismo, però secondo me il concetto di "emergere" da un'idea errata di quanto avviene. In sostanza l'idea che mi da una posizione come l'emergentismo è che le proprietà del "tutto" siano "latenti" nelle parti così come per @sgiombo la cellula è riducibile alle sue parti. L'errore secondo me è che l'emergentismo ci da una narrativa: "la coscienza emerge quando il cervello è in questo livello ecc" ci fa pensare che la coscienza preesista e quindi viene attivata. Quello che dico io è che gli esseri umani sono coscienti, non che "sono diventati coscienti..."

Citazione di: Lou il 11 Aprile 2017, 18:36:39 PM
Citazione di: Apeiron il 11 Aprile 2017, 15:05:32 PM@myfriend concordo in parte con quanto dici sulle Figure ma secondo me le figure non possono essere ridotte totalmente alle equazioni così come la mia immagine allo specchio non è riducibile allo specchio.
Un po'come la pasta al ragù non può essere ridotta totalmente alla ricetta, tuttavia nulla vieta di mangiarmi una ricetta di pasta al ragù scritta su un foglio di carta che mi porge il cameriere dopo che ho ordinato una pasta al ragù, ma vi assicuro che la latenza sarà riproposta nel pagare il conto. :)

Sì intendevo più o meno questo. Sono cose diverse che noi colleghiamo. Quello che dimentichiamo è che sono cose diverse...
#869
Citazione di: lorenzo il 12 Aprile 2017, 09:42:01 AMOviamente il concetto di triangolo, ad esempio, non è legato ad un particolare triangolo... esisteva anche prima ecc. ecc. *** Cosa fa del legno una sedia e non un tavolo? Risposta: il lavoro del falegname. Ok. Ripropongo la domanda: cosa ci fa riconoscere in una composizione di legno una sedia e non un tavolo?

L'uso dell'oggetto. Ossia il concetto di sedia è convenzionale... ma è altrettanto inesatto dire che il concetto di sedia "non esiste". Per un macaco la sedia non esiste e nemmeno per un delfino. La sedia, come concetto esiste perchè la nostra cultura (l'insieme delle conoscenze, usi, costumi, linguaggio ecc) lo prevede. Idem per il tavolo. E solo nel contesto della nostra cultura ha senso parlare di sedie e tavoli. Se venisse un uomo, di cultura diversa, e non riconoscesse la sedia come "sedia" ma come un'altra cosa non commette un errore.
#870
Percorsi ed Esperienze / Re:La (mia) fuga
11 Aprile 2017, 15:10:05 PM
@cvc,

buona idea ma la ritengo un ideale un po' irrealizzabile. Bisognerebbe però trovare il tempo di capire cosa dipende da noi ahah