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Messaggi - Sariputra

#871
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
07 Novembre 2017, 22:38:31 PM
L'anatta che viene definito come il 'cuore' dell'insegnamento del Buddha è un' esperienza che si rivela pienamente nel Nibbana. Lo si può intuire a volte, si può intuirne anche la logica, ma non lo si realizza in pieno se non nel Nibbana. Quindi si potrebbe dire che è un Tathagata che vede compiutamente l'anatta. In effetti è un concetto elusivo  perchè tutto il nostro universo , materiale e mentale ,è concepito come atta. Non viene spontaneo pensare in termini di anatta, ma bensì in termini di atta. Ora, qual'è il problema che incontriamo essendo così radicata in noi la visione 'atta' dell'esistenza di tutte le cose? Che rischiamo, anche nelle forme di spiritualità più sottili e raffinate, più 'elevate' di vedere atta in ogni dove. Possiamo vedere atta nei più sublimi stati mistici; possiamo vedere atta in metta e karuna e dargli il nome Dio o Allah o Brahma; possiamo infine vedere atta anche nel Nibbana. Perché così funzioniamo. Questa è la natura di avidja, la natura dell'illusione/ignoranza.
Perchè Buddha invita a tenersi lontano sia da una visione eternalista che da una nichilista? Perché sono ambedue 'atta'. E' sempre lo stesso modo di funzionare di avidja. Secondo il Buddha nessuna delle due spalanca le porte della prigione in cui la visione atta della nostra vita ci tiene rinchiusi. Allora, capovolgendo ogni pre-esistente visione spirituale o filosofica, Siddhartha proclama che, per uscire veramente dalla prigione bisogna 'vedere' il mondo come an-atta , come vacuità di esistenza intrinseca, che vuol dire anche 'lasciar andare' atta...
Quando Buddha indicò come concepiva l'anatta, il non-sé fu decisamente diretto e disse : "Non c'è in questo corpo nessun atta, perché se ci fosse atta in questo corpo, quest'ultimo avrebbe la possibilità di decidere se essere così o non essere così". L'anatta è dunque anche l'assenza totale di controllo, è l'idea di assenza totale di controllo di ciò che ci circonda e nella cui ricerca noi, esseri che vediamo il mondo come 'atta', riversiamo l'intera nostra esistenza. E', come hai scritto anche tu, un'intenzione 'rinunciante' al controllo...
Perchè allora scegliamo 'atta' e non 'anatta'? Perché, a mio parere, "fissando" ogni cosa , vedendola come 'atta' ossia dotata di sostanza propria, avidjia può illudersi di controllarla e controllandola vincere la paura di esistere in un universo dove noi, personalmente, non abbiamo veramente controllo di 'anicca', del mutare e divenire incessante di tutto ciò che ci circonda...
Se riflettiamo e meditiamo profondamente su 'anicca' ecco subito apparire 'anatta'...se ci aggrappiamo ad 'atta' ecco 'dukkha', la sofferenza... :(
In fin dei conti, il vedere la nostra mente come 'atta', non è come crearsi e consegnarsi ad un 'fantasma' che ha la funzione di rassicurarci?...

Una piccola nota personale. Quando, a sedici anni o giù di lì, lessi per al prima volta un libro sull'insegnamento del Buddha ebbi una specie di 'scossa', non so come definirla. Avevo già letto parecchio di spiritualità e vivevo in una famiglia profondamente cattolica tradizionalista, ma mi rendevo conto di tovarmi di fronte a qualcosa di 'diverso' che mi interrogava e che rispondeva alle mie domande inerenti anche al mio particolare stato di allora, che non era certo felice per via di varie tribolazioni...
Se non senti la vita , o la vivi, profondamente intrisa di sofferenza, ti sentirai attratto da una filosofia/religione come il Buddhismo? Perché in fondo, da quel punto, è partito pure il principe Siddhartha... ::)
#872
Tematiche Filosofiche / Re:Sari il barbiere
07 Novembre 2017, 15:06:58 PM
Citazione di: sgiombo il 07 Novembre 2017, 14:54:31 PMLa risposta di Apeiron mi sembra proporre ipotesi del tutto plausibili. In alternativa, a meno che non vada da un barbiere di un altro paese, si farà la barba da solo, ma allora non sarà vero che rade tutti gli uomini - e solo quelli - che non si fanno la barba da soli, bensì solo quelli che non si fanno la barba da soli tranne Sari (se stesso).

Non è nemmeno questa la risposta...
Questo indovinello non è una 'stupidata' qualsiasi, ma è stato proposto da B.Russell...
E adesso siate sportivi e non cercate la risposta su internet, perché non vale, dovete spremere le meningi...e vagliare ogni possibilità, senza tralasciarne nessuna ( attenti che questo è già un suggerimento )... ;D


In palio per chi lo risolve una cassa di prosecco di Valdobbiadene...
#873
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
07 Novembre 2017, 14:50:43 PM
@Apeiron,
sono d'accordo con gran parte del tuo ultimo post. Infatti ( e forse ne abbiamo già discusso qualche pagina addietro...) il Buddha non afferma mai che il "buddhismo" (che non esisteva ovviamente all'origine trattandosi semplicemente di "seguire il Dhamma dell'asceta Gotama"...) è l'unica verità,  ma bensì che il vero ascetismo si trovava in tutte quelle discipline/esperienze meditative dove era presente il Nobile Ottuplice Sentiero.  Quindi la realizzazione del 'trascendente', di lokuttara era legata al sentiero, cioè alla pratica e non all'enunciazione teorico/filosofica del Dhamma. Questa veniva poi, e in un certo senso era soggetta alla pratica del Sentiero. Non è una differenza di poco conto, a parer mio, in quanto si stabiliva nella realizzazione pratica il fondamento e non nella logica o nella speculazione ai riguardi dell'insegnamento stesso. Con un banalissimo paragone si potrebbe dire che, data una certa medicina necessaria per curare la sofferenza, l'efficacia della medicina non è subordinata all'eventuale linguaggio usato nella confezione per descriverla. In realtà si può benissimo praticare il sentiero senza aver mai letto nessun libro di filosofia buddhista ( e in Oriente lo si è fatto per migliaia d'anni da parte di molte persone...) semplicemente seguendo l'esempio pratico e diretto di un maestro di meditazione buddhista di samatha e vipassana. Un altro punto è che la filosofia ai riguardi dell'"insegnamento dell'asceta Gotama" si sviluppa centinaia d'anni dopo il Parinibbana di Siddhartha  ed già subordinata alla pratica che si andava stabilizzando nel passaggio da bhikkhu a bhikkhu, partendo dai primi discepoli del Buddha stesso. Ultimamente, dalla fine dell'ottocento in poi, come sai, si è tentato e si tenta di tornare a questa primitiva impostazione soprattutto attraverso il "Buddhismo della foresta" in cui 'esperienza pratica assume nuovamente il carattere prevalente e l'aspetto devozionale che, per secoli, è stato il vero aspetto popolare del buddhismo perde la sua importanza, come era effettivamente nel buddhismo delle origini. E' chiaro che lokuttara trascende ogni linguaggio; anzi è proprio a quel punto che ogni designazione viene a morire, come ogni formula per definirlo. L'"illuminato" ( anche se non mi piace molto questo termine che a volte si presta a fraintendimenti, a parer mio...) non è più un "buddhista", un "daoista" o un "vedantino". Ossia (credo di averlo già scritto...) il Buddha non era un buddhista ( e Ciuangtze non era un daoista)... :)
Allora tu dirai:"E perché devo preferire il Dhamma dell'asceta Gotama rispetto ad altri Dhamma?".  Si potrebbe rispondere:" Perché il Sentiero insegnato da Gotama sradica definitivamente e permanentemente la sofferenza esistenziale ed è qualcosa di 'concreto', di attuabile, che invita a "venire e vedere" se veramente funziona" mentre in altri Sentieri che, se ben praticati ci possono pure portare alla stessa vetta, c'è un grande rischio, come hai ben scritto anche tu, di potersi perdere nell'attaccamento al concetto, mancando così il 'bersaglio'... :(
#874
Tematiche Filosofiche / Re:Sari il barbiere
07 Novembre 2017, 14:07:14 PM
Citazione di: Apeiron il 07 Novembre 2017, 12:12:22 PMIl Sari è un "fanciullo imberbe" ;D oppure al Sari non è mai cresciuta la barba visto che è "sempre" ben sbarbato. Infatti se non ci sono altri barbieri oltre al Sari non è possibile che qualcun altro faccia la barba al Sari e se il Sari si facesse la barba da solo contraddirebbe i suoi principi di aiutare solo coloro che ne hanno veramente bisogno (ossia coloro che non riescono a farsi la barba da soli) :D Oppure un tempo aveva la barba (ma questo contraddice la parola "sempre") e poi spontaneamente la barba è caduta e non è più ricresciuta. Essendo un'azione spontanea non è possibile ritenere alcuno responsabile ;D quindi nessun barbiere ha sbarbato il Sari.

Gno, gno !...Non ci siamo.
Io so ovviamente la risposta  ;) , mo voglio vedere se ci arriavate da soli...
#875
Riflessioni sull'Arte / Crocefissione urbana
07 Novembre 2017, 11:42:35 AM
Una libera interpretazione del Cristo ( o per meglio dire di ogni povero cristo...) appeso ad un angolo della strada:



La tecnico è olio su cartone telato.
#876
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
07 Novembre 2017, 09:53:41 AM
@Apeiron
Spesso nei vari commentari buddhisti, quando ci si riferisce al concetto di Dio, si trova l'espressione "estremo positivo della metafisica". Questo lo pone all'opposto dell'"estremo negativo del nichilismo".
E' importante capire che il Buddhismo non ritiene dannoso in senso kammico la fede in un Dio ( e qui penso che ci si rivolga all'idea di Dio come intesa nella concezione vedica e upanishadica, piuttosto che greca o cristiana...), ma solo come un impedimento alla piena realizzazione del Nibbana. Viceversa il nichilismo è ritenuto dannoso sia a livello kammico che come impedimento enorme alla realizzazione stessa.  Spesso , in vari incontri a cui ho partecipato, sono presenti molti cristiani e devo dire che non si pone mai un contrasto netto ( anche perché non si arriva certo a discutere di sunnata... ;) ) in quanto , ad un livello per così dire "basico", la riflessione su anicca e su dukkha (impermanenza e sofferenza), trova profonde risonanze anche nell'interiorità del credente in Cristo. Si potrebbe quasi parlare di una forma di saggezza così naturale e condivisa che appare difficile porre significative obiezioni ( basta prendere in mano un testo biblico come il Qoelet per capire che in fondo si parla della comune esperienza di vita...). La meditazione in sé poi non va ad 'urtare' contro l'eventuale fede in un Dio. essendo fondamentalmente forgiata su tecniche yoga che nascevano proprio come strumento per l'unione con l'Assoluto/Brahman. Chiaro poi che, a livelli meditativi profondi le strade divergono ( soprattutto al momento del 'riemergere' in cui si va ad interpretare e dare un significato all'esperienza diretta stessa formulandolo in un linguaggio...).
Ritengo che Nyanaponika, per esempio, ritenga "dannosa" la fede in un Dio come forma di impedimento alla possibilità di 'lasciar andare' ogni forma concettuale. Un buddhista tende a considerare sullo stesso piano ogni forma concettuale di trascendenza e invita al 'superamento' dell'attaccamento al concetto; attaccamento che può diventare un ostacolo importante sulla via della Cessazione (della sofferenza). Quindi non è un giudizio etico sulla fede, ma eminentemente un giudizio pratico, da buon insegnante di Dhamma che deve indicare la Via per...
E infatti, se parliamo di piano etico, metta e karuna sono base della pratica corretta stessa e in questo non c'è divisione con l'approccio teistico. Tu dici che il buddhismo li intende solo come strumenti...per me invece non sono solo il mezzo necessario e imprescindibile per una retta visione, ma li ritroviamo anche nel fine, in quanto la mente 'illuminata' , che dimora nella Cessazione, dimora anche in metta e karuna, il suo agire stesso diventa autentico metta e karuna. La qualità di una mente che sperimenta Nibbana, sperimenta metta e karuna, oltre che prajna (saggezza).
L'enfasi sulle definizioni date in senso negativo ha un preciso scopo e lo dice proprio il Nyanaponika Thera:

I modi di espressione negativa hanno un altro importante vantaggio. Le affermazioni come quella che definisce il Nibbana "la distruzione del desiderio, dell'odio e dell'illusione" indicano la direzione da prendersi, e quel che si deve fare per realizzare davvero il Nibbana. Ed è questo ciò che più conta. Queste parole circa la sconfitta del desiderio, dell'odio e dell'illusione propongono un compito chiaro e convincente, che può essere intrapreso immediatamente. Inoltre, non solo indicano una via che è in sé valida e praticabile, ma parlano anche della meta elevata che può essere parimenti sperimentata immediatamente, e non solo in un ignoto futuro. Perché è stato detto:

"Se il desiderio, l'odio e l'illusione sono stati completamente distrutti, allora si può vedere il Nibbana qui e ora, senza indugi, disponibile alla verifica e direttamente sperimentabile dal saggio."
Anguttara Nikaya, 3:55
(tratto da "La Visione del Dhamma" di Nyanaponika Thera)

Ricordiamoci che questi sono malettamente pragmatici ( i thera intendo...) e "freddi" nel trattare in maniera imparziale ogni concetto, anche i più elevati come quelli di Dio stesso. Sono pre-cristiani  e avulsi da ogni diatriba e contrapposizione violenta ( che respiriamo e viviamo anche noi, basta solo leggere qualcosa su questo forum... ;)  )come si è sviluppata in Occidente... ;)

P.S. Se osserviamo le espressioni artistiche e soprattutto le statue raffiguranti il Buddha realizzate in India e nel sud-est asiatico, quindi nei paesi a prevalenza di Buddhismo Theravada, vediamo che sono tutte caratterizzate dal famoso sorriso. A differenza di molte immagini vajrayane tibetane per esempio...è un particolare curioso che mi ha fatto spesso riflettere: una dottrina che appare fredda e austera, quasi aristocratica e poi un sorriso! E' molto interessante e invita a guardare oltre il linguaggio usato...
#877
Tematiche Filosofiche / Re:Sari il barbiere
07 Novembre 2017, 09:04:44 AM
Citazione di: Domingo94 il 07 Novembre 2017, 02:51:27 AME se Sari fosse una donna?

Aspetta che controllo!... ;D
No, attento...l'indovinello parla di un barbiere. Se Sari fosse una donna si parlerebbe di 'parrucchiera'...
#878
Tematiche Filosofiche / Re:Sari il barbiere
07 Novembre 2017, 00:52:27 AM
Citazione di: Phil il 06 Novembre 2017, 23:37:27 PMPrendendo per vere tutte le premesse (e non è detto che lo siano ;) ), Sari non va dal barbiere né il barbiere va da Sari poiché il barbiere-Sari non può essere cliente di se stesso: il barbiere di professione, per definizione, è infatti tale quando rade le barbe altrui (per compenso, solitamente...). Se dunque Sari è ben sbarbato, è perché si limita a farsi la barba da solo, non in quanto barbiere di se stesso (il cliente-Sari non può sedersi sulla sedia del barbiere e guardare la tv mentre il barbiere-Sari lo rade guardando la sua barba ;D ), ma in quanto uomo del paese che si rade (e non credo si auto-paghi ;D ).

Ma...se Sari rade solo quelli che non si fanno la barba da soli, non può radersi da solo perché rientrerebbe nella categoria di quelli che si fanno la barba da soli, in questo caso, e lui può radere solo quelli che non se la fanno. :-\
#879
Tematiche Filosofiche / Sari il barbiere
06 Novembre 2017, 22:23:51 PM
Un famoso indovinello che vi propongo:

Nel paesello di Sotto il Monte lavora Sari il barbiere. In questo paese c'è un solo barbiere, appunto il Sari che è sempre ben sbarbato . Sari rade tutti gli uomini - e solo quelli - che non si fanno la barba da soli. Sari si fa la barba da solo?
#880
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
06 Novembre 2017, 21:59:10 PM
@Apeiron,
ci sono evidenti differenze tra la tradizione dei Thera e quelle, perché anche queste sono diverse fra loro, delle correnti mahayaniche. Ma sono ambedue autentico buddhismo, pur con l'accentuare e dare la preminenza ad un aspetto piuttosto che ad un altro. Soprattutto se consideriamo che i testi del Mahayana sono molto posteriori al Canone Pali e per lo più sorti all'interno di culture molto diverse da quella hindu di vari secoli prima di Cristo. Tanta acqua è passata sotto i ponti dagli anonimi autori del Canone a un Dogen (800/1.000anni circa? Non si sa di preciso...).
Se pensiamo solo alla grande differenza che troviamo tra i quattro evangeli che pur sono stati scritti più o meno nello stesso periodo storico e nello stesso brodo culturale, con differenze evidentissime di accentuazione di aspetti diversi, possiamo essere 'benevoli' anche con gli autori dei sutra buddhisti.  Basti pensare che nel Vangelo di Giovanni non è riportata nemmeno l'istituzione dell'Eucarestia, per capire che, se venisse valutato da un non esperto di Nuovo Testamento, sarebbe quasi tentato di dire che ci troviamo di fronte  quasi a due religioni con una base comune ma diverse. In realtà non è così...
Sono convinto che questi oscuri bhikkhu estensori del Canone non fossero meno 'illuminati' dei loro successori mahayanici . Entrambi indicano la stessa esperienza , con parole molto diverse e con più o meno afflato poetico ( anche questo ha la sua importanza...) o sottolineatura di un aspetto della pratica piuttosto che un altro, ma il buddhismo ha bisogno di superare queste apparenti differenze (e in parte lo sta facendo...). E' un 'lavoro' che spetta, dal mio punto di vista, al buddhismo contemporaneo ,  il trovare parole nuove per esprimere il Dhamma senza snaturarlo o alterarne il significato... In questo noi occidentali possiamo essere più 'freschi' degli orientali, che subiscono anche l'influsso delle loro tradizioni culturali secolari, per arrivare ad un linguaggio dhammico realmente universale...
Nyanaponika è stato un grande maestro, non ho capito benissimo cosa c'era scritto sulla pagina Wiki ( il mio inglese è pessimo...), ma è stato fondamentale, essendo tedesco di nascita e profondo conoscitore della filosofia tedesca in particolare, per dare una prima corretta spiegazione di molti punti che ancora risultavano 'ambigui' per noi...E' sicuramente uno che pone in attenzione il carattere non teistico del Dhamma, forse più di altri proprio per la sua formazione filosofica occidentale...ma a me interessano le sue spiegazioni sul Dhamma più che le sue più o meno approfondite conclusioni sulle varie religioni...è chiaro che per conoscere meglio il cristianesimo magari è preferibile leggersi Agostino... :)
Spesso hai citato Wittgenstein e penso che lo apprezzi...beh! Proprio W. mi sembra metta in guardia dalle 'insidie' del linguaggio...
Ognuno di noi ha una 'musica' che preferisce. Se il linguaggio che pare accentuare l'aspetto 'positivo', come si presenta nel Mahayana e in genere in tutte le opere chan e zen, influenzate profondamente dalla letteratura profondissima e dalla poetica daoista, ti è più consono trovo giusto che segui questa ispirazione...
Dal canto mio spero che apprezzi lo sforzo di trovare e presentare con un linguaggio mio, personale si può dire, questa antica tradizione spirituale... :-[

P.S: Se ti piace in particolare lo Hwa Yen ti consiglio la lettura del testo "La dottrina buddhista della Totalità- filosofia del Buddhismo Hwa Yen" di Garma C.C. Chang - Ubaldini Editore ( ovviamente se non l'hai già letto e se è possibile trovarlo...) :)
#881
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
06 Novembre 2017, 17:00:15 PM
@Apeiron scrive:
Tuttavia... la "dissoluzione" ha un duplice aspetto, uno perverso e uno "sperato". Quello perverso è quello nichilistico e sinceramente a me fa rabbrividire il fatto che molti sono "contenti" del nichilismo. L'altro "sperato" invece è l'"Eterno Riposo" - che può essere per certi versi pensato come lo scorrere di un fiume senza impedimenti ("il rivo stramazzato" di Montale - se si pensa che l'incondizionato non ci sia secondo me è dare la vittoria proprio a ciò che causa i problemi).

L'insegnamente sulla vacuità è molto pericoloso perché, se mal compreso, può indurre proprio a quello che paventi. L'anatta non era molto sottolineato nel primo buddhismo perché si era probabilmente consapevoli di questo rischio ed io condivido questa impostazione. Nagarjuna lo mette al centro del suo "secondo giro" della ruota del Dhamma, se così si può dire, accentuandone l'aspetto onnipervasivo che era in effetti già presente nei sutta del Canone, ma che le prime scuole non sottolineavano. La critica di Nagarjuna nelle Madhyamikakarika è rivolta, più che al Samkhya e ai sistemi basati sulle Upanishad, proprio alle scuole buddhiste, in particolare Sarvastivada, che ritenevano che ad alcuni concetti  espressi dal Buddha corrispondevano delle realtà sostanziali. E' andato Nagarjuna addirittura al di là dell'intenzione del Maestro? Io non lo penso, ma ho sempre visto questa concezione del vuoto nella sua possibile ambivalenza.  E' relativamente semplice spiegare la vacuità dell'ego, ma altra cosa è parlare di vacuità del sé, della coscienza/vinnana stessa e addirittura del Nibbana...
Per questo la vacuità deve essere il traguardo del cammino e non la partenza. Solo alla fine del sentiero di pratica del Dhamma si può cominciare a comprendere e intuire cosa intendeva Siddhartha con questo concetto.
Se non compreso  o peggio, preso alla 'lettera', ti può far sprofondare interiormente nell'apatia, nel materialismo o nel più bieco nichilismo.
Questo perché il vuoto necessita di essere visto da panna/prajna. In assenza di prajna la comprensione è disastrosa e non porta che disastri...
E qui...

Però chi agisce spontaneamente sembra proprio essere chi è il "peggiore", chi non si fa scrupoli ecc. Quindi perchè avviene ciò? Chi segue ciecamente gli istinti d'altronde non agisce in modo spontaneo? E dunque il Dubbio torna da queste osservazioni empiriche.

Quelli che all'apparenza sembrano agire spontaneamente in realtà vediamo solo agire in essi la brama, l'odio e l'illusione. Essi appaiono come burattini i cui fili sono abilmente tirati dalle tre robuste radici di ogni male.
Hanno un bel dire:"Ma io sono spontaneo", la loro voce è la voce dell'io/mio. Per conoscere il vuoto, il buddhismo insiste nella necessità di abbandonare ogni forma di illusione. Solo così ci si apre ad un'autentica spontaneità e naturalezza. Solo quando vede il dao il saggio può cavalcare il drago nel cielo o nuotare negli abissi, metafora immaginifica della vera libertà...

Che il "filosofo spirituale" sia una sorta di mentecatto? D'altronde perchè farsi tutti questi problemi se si è già Buddha?   

Huang Po rimproverava ai discepoli di essere come colui che, avendo un diamante in fronte, percorre il mondo intero alla sua ricerca. E, se non basta il mondo, si cerca nei cieli, negli inferni e nei "mondi di Brahma". 
Non ci basta il mondo umano, dobbiamo frugarne altri... :(

Quella che è sparita forse è la "fede". D'altronde come non leggere anche nella "fiducia nella Provvidenza" delle religioni devozionali l'abbandono dell'io? Forse. Come non leggere saggezza e libertà nella contentezza di stare vicino al focolare? Ma d'altronde se uno ha completamente abbandonato l'interesse per sé è contento con... "niente" 

E infatti una vera fede , matura se così si può dire, implica l'abbandonarsi. Come un bimbo  si affida con fiducia ai genitori, anche se non capisce, ha timore, è inquieto...ma sa che il genitore è con lui e che "tutto andrà bene alla fine", qualunque cosa accada. Così , abbandonando l'io/mio con tutte le sue paure, dubbi e inquietudini ( e tanta ansia di ottenere...) "tutto andrà bene"...  :)

Bellissimo scritto giovane Apeiron, pieno di pathos. Molto sentito...

P.S. Appena potrò riporterò una descrizione dei "quattro stati sublimi" fatta da Nyanaponika Mahathera per far comprendere ai nostri quattro lettori quanto 'positivo' sia il Dhamma buddhista. ;)
#882
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
06 Novembre 2017, 09:27:14 AM
@Apeiron
Una grande passione porta lontano, nella consapevolezza però che, alla fine, 'non si va da nessuna parte'... :)
E forse il segreto sta proprio nel rinunciare alla volontà di andare in qualche luogo in cui a noi pare che tutto ci apparirà  'giusto' e convincente...
La libertà della roccia e della cascata sta in fondo proprio nell'essere veramente una roccia o una cascata ( ovviamente si tratta di metafore...).
La somma nostra libertà non può, allo stesso modo, stare proprio nell'essere quello che siamo?  
Il problema è che noi forse non vogliamo esserlo, vogliamo essere di più e in questo volere di più...perdiamo anche quello che in fondo già abbiamo...
Se torniamo alla simbologia dell'Eden, la 'caduta' si pone proprio in questa tensione , in questa 'sete' a voler di più. La conoscenza non è forse anche una volontà di 'essere di più' di quel che siamo? Al di là dell'utilità concreta per migliorare la nostra probabilità di sopravvivenza è anche volontà di godere sempre di più, no? Il piacere dato dal conoscere e l'attaccamento che questo comporta. E quindi: "Via, lontano da me! Creatura che non vuoi più essere creatura..."La 'punizione' è l'avidya, l'ignoranza,il velo che copre la reale natura di ciò che siamo.
E l'eterna bramosia, l'insoddisfazione continua...
Si può anche dire che questa insoddisfazione e bramosia siano proprio la nostra natura e andare avanti così, provando in fondo piacere dal nostro attaccamento all'attaccamento, con una 'sana' accettazione dell'inevitabile affanno esistenziale. E' il nostro "fato"...
Ma alcuni si stancano di questo. C'è nostalgia del ritorno all'Eden...l'incommensurabile ritorno alla 'natura di buddha' che è in noi...
Ecco, proprio in questa interiore esigenza, in questo sentire vivere uno spazio illimitato dentro di noi che vedo poi il formarsi di quelli che definiamo concetti di "infinitezza" e di "eternità" e la ricerca, a volte disperata, di scorgerli là fuori, da qualche parte. Proprio perchè in noi vive la nostra natura di buddha che abbraccia l'incondizionato, il trascendente lokuttara abbiamo una matrice che anela all'infinito. In fondo il "nulla a cui aggrapparsi" di cui parla Siddhartha è proprio la presa di coscienza che non possiamo trovare appigli in uno spazio vuoto e illimitato e allora...ci tocca lasciar andare per trovare la 'quiete' in questo silenzio sconfinato....
Il Buddhismo si riduce a questo : lasciar andare , purificare la mente e tornare all'eden ( questa è un'aggiunta poetica personale... :) ).
Qui non c'è la volontà di conoscere del greco , ma bensì la stanchezza di vivere nella sofferenza dell'indiano, la stanchezza data da questi infiniti cicli di nascita e morte...

Comprendo perfettamente la tua ansia di conoscere...ero un pò così anch'io, da giovine...
Adesso, man mano che il tempo passa, trovo soddisfacente persino stare semplicemente con "le quattro capriole di fumo del focolare"...che sia l'inizio della vecchiaia?... :-\


Ho trovato questa  vicenda storica, a proposito dell'università buddhista di Nalanda:


Lo storico persiano e musulmano, Abu Umar Minhaz, nella sua opera Tabaquat-I-Nasiri, riferisce che furono migliaia i monaci bruciati vivi o decapitati da Muhammad Khalji che in questo modo voleva sradicare definitivamente il Buddhismo dall'India. L'incendio della ricchissima biblioteca di Nalanda durò, secondo Minhaz che fu contemporaneo agli avvenimenti, per mesi e la combustione delle migliaia di manoscritti provocò per giorni il permanere di una coltre scura sotto le colline.
#883
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
05 Novembre 2017, 22:45:07 PM
@Green e Apeiron
Avete molte aspettative sulle religioni e quindi molte frustrazioni. 
Nessuna aspettativa uguale nessuna frustrazione.
Lasciar andare le aspettative è ottimo. Funziona sempre, anche nell'amore...  ;D
Il problema quindi, riassumendo un pò, è il vuoto o vacuità di esistenza intrinseca. Quella cosa che i buddhisti chiamano sunnata/shunyata.
Ma cosa significa, nel linguaggio del Dhamma, 'vivere nel vuoto' o 'dimorare in sunnata' ?
Nel linguaggio dhammico:
'conoscere' = conoscere il vuoto
'vedere chiaramente' = vedere chiaramente il vuoto
'sperimentare' = sperimentare il vuoto
'vivere nel" = vivere nel vuoto
'essere vuoti' = essere il vuoto stesso
Se pensiamo che 'conoscere il vuoto' significhi averlo preso come un argomento di studio e di discussione siamo fuori strada. Nel linguaggio del Dhamma, 'conoscere' non s'intende l'apprendere attraverso lo studio o l'ascolto. Questo è un apprendimento incompleto anche se ci par di capire. Siamo abituati a pensare che 'conoscenza' e 'comprensione'  si riferiscano al leggere, all'ascoltare, al riflettere, al pensare. E' il lavoro del filosofo, giusto? Beh, per il Buddha sono funzioni inutili alla conoscenza del vuoto. 'Conoscere il vuoto' nel buddhismo indica la consapevolezza del vuoto in una mente realmente vuota. Per essere conosciuto il vuoto deve essere presente.
L'espressione 'essere vuoti' indica l'assenza del senso del sé e di quanto appartiene al sé, quindi la mancanza del senso dll'io/mio che sono ambedue visti come i prodotti dell'attaccamento. Che cosa è vuoto? La mente, semplicemente la mente svuotata dalla sue forme più grossolane e sottili del senso dell'io/mio. La forma grossolana s'intende l'ego empirico, la forma sottile il senso del sé.
Quando la mente è libera anche dalle forme più sottili, dal senso del sé, si dice che è il vuoto stesso.
Il termine 'vuoto' passa poi a indicare la caratteristica fondamentale di tutte le cose. Per il buddhismo la natura di tutte le cose è il vuoto. Con 'tutte le cose' s'intende sia i rupadhamma (oggetti materiali) che i namadhamma (fenomeni mentali): tutto , dal granello di polvere sino al Nirvana...Ogni cosa ha la qualità del vuoto.
Anche il Buddha, il dhamma , i suoi frutti fino al Nirvana hanno questa identica qualità vuota.
Questo 'vuoto' appare come uno spazio di ampia possibilità. Il problema è che noi non lo vediamo. Persino il passerotto che sta svolazzando fuori dalla mia finestra ha in sè la caratteristica del vuoto.
"Il vecchio pino proclama il Dhamma" recita un koan zen. Anche lui esprime questa vacuità, la condivide con noi e con tutte le cose, ma non la vediamo...
Il vuoto non è una cosa negativa. E' solo questa vacuità che permette la vita. Se le cose non fossero vuote ( di esistenza intrinseca, di un sé) tutto sarebbe immobile, morto.
La mente però non vede la realtà così, ma attribuisce a qualsiasi cosa un sè, un'essenza, una distinzione e dà quindi origine all'attaccamento e poi alla sofferenza insita nell'attaccamento stesso.
Per il Buddha, 'conoscendo il vuoto' non si dà origine all'attaccamento e quindi alla sofferenza.  :)
Quindi, un matematico non può spiegare in formule matematiche il Nirvana. ???
La comprensione dell'anatta ( non sè o vacuità ) è veramente ostica tanto da non essere insegnata nemmeno nei paesi di tradizione buddhista, ma riservata ai bhikkhu ( monaci).  Impermanenza e sofferenza sono al confronto molto più semplici. Anatta richiede molta pratica meditativa, retta visione e un'esistenza ormai 'consumata', una certa stanchezza della sete d'esistere... spiritualmente, se fossimo in ambito cristiano, si potrebbe paragonare ad un 'dono'...forse lo è...non tanto la comprensione della vacuità quanto il poter capire o scorgere come , proprio da questo vuoto, possa esistere autentica compassione e saggezza e , in definitiva, una grande bellezza... :)
#884
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
05 Novembre 2017, 21:02:49 PM
@Apeiron scrive:
Se non si rinuncia a scienza e filosofia (che si fondano proprio sul continuo metttere in discussione e voler conoscere cose nuove) è impossibile abbracciare una tradizione rinunciante (in toto). Al massimo si può essere dei "ammiratori e critici" esterni come furono Einstein, Bohm, Schroedinger ecc.  

Sono d'accordo su questo. E' molto difficile per un cultore di scienza e filosofia abbracciare in toto una tradizione rinunciante. Infatti, un pò provocatoriamente, sarei persino portato a scrivere che un maestro come Ajahn Chah era "più buddhista" di un grande filosofo e logico buddhista come Nagarjuna stesso...
Diciamo che un ammaestratori circense di tigri preferisce senz'altro una tigre ignorante per farle fare il salto attraverso il cerchio infuocato, piuttosto che una che disquisisce sull'ostacolo... ;D
#885
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
05 Novembre 2017, 20:33:45 PM
Citazione di: Apeiron il 05 Novembre 2017, 19:25:45 PMA me sinceramente la differenza tra le varie tradizioni non mi entusiasma molto se esiste un'unica via per la liberazione. Però posso capire chi invece l'apprezza. Ma non posso condividere. Se la Liberazione è qualcosa di possibile ritengo che siano possibili più vie e che queste possano essere descritte in vario modo. Ad ogni modo vorrei puntualizzare che qui non è la questione di prendere un estremo o l'altro. Nella visione nichilistica non si da alcun valore alla vita. Nella visione non-nichilistica invece si cerca di cambiare "tipo" di esistenza, un'esistenza nuova senza "io" e senza sofferenza. Ma in questa seconda visione si riconosce il valore dell'esistenza comune. In sostanza si vede come un miglioramento. Inoltre una mente matematica non può accettare che qualcosa che "non è esistenza" non sia "esistenza" ;) motivo per cui ho grosse difficolta a capire Ajahn Brahm ;D

E infatti sia il Buddhadhamma che l'Advaita riconoscono un grande valore all'esistenza umana e non solo, lo estendono pure a tutte le creature senzienti, sensibilità che, diciamocelo francamente, non ha certo abbondato in passato ( e nemmeno molto tutt'oggi direi...) nei monoteismi abramitici, con grandi eccezioni come, per esempio, la figura di Francesco d'Assisi...
Sulla questione della matematica direi che sono avvantaggiato , visto che solitamente schiacciavo un pisolino durante le lezioni scolastiche, dovuto al mio totale disinteresse per la materia... :-[...ma se Ajahn Brahm non ha trovato controindicazioni.... ;)
A parte gli scherzi è evidente che queste specie di contraddizioni concettuali servono per accentuare l'importanza data alla pratica meditativa, al fattore esperienziale più che non a quello puramente speculativo...direi che il 'capire' questo passo sia intuibile all'interno della comprensione del paticcasamuppada, almeno per me...


P.S. Il brahman è privo di attributi ma è "sostanziale" e le sue manifestazioni , da Ishvara in giù, prendono la forma e gli attributi degli dèi personali con caratteristiche precise e riconducibili alle forze in cui si manifesta il Brahman...