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Messaggi - Jacopus

#886
Forse diciamo le stesse cose con parole diverse. Quello che non accetto è la presenza di un dato oggettivo ed esterno all'uomo che possa definirne l'etica, sia che si chiami natura o Dio. L'etica, il bene e il male nelle relazioni umane sono il frutto delle relazioni stesse. E in questo processo relazionale emerge sempre anche la forza individuale in grado di modificare le concezioni dell'etica. Esattamente come accade in natura, nella quale avvengono mutazioni biologiche che dal soggetto singolo si trasferiscono alle specie. Ancora in altre parole occorre saper tener insieme le fondamenta "naturali" ed anche quelle "trascendentali" (che non nego), definendo l'uomo misura di sè stesso. E nel fare ciò non rivendico il potere dell'uomo che si svincola dai limiti ma esattamente il contrario, l'uomo che, finalmente affrancato dal dominio di enti autoritari definisce il suo destino come responsabilità. La scommessa è la stessa, in realtà, di quella descritta nel secondo libro della Repubblica di Platone, nel quale Glaucone racconta la storia del pastore Gige, che trovando un anello che lo rendeva invisibile, lo usò per usurpare il potere legittimo. Glaucone irride così la teoria di Platone della bontà intrinseca dell'uomo. Noi oggi siamo nella condizione di Gige. Abbiamo l'anello che ci rende invisibili (tecnè) ma lo usiamo senza responsabilità. Seguiamo lo stesso principio di potere assoluto intrinseco al concetto di Dio o di Natura. Se sapremmo modificare questo uso dell'anello in modo responsabile, cambierebbe in profondità la stessa struttura della società occidentale. La domanda successiva è: come fare per ottenere questo risultato? In ciò sta l'irriducibilità dell'uomo, poiché per farlo serve la pedagogia, l'addestramento all'incontro e alla riflessività. Un detto buddista che Platone avrebbe sicuramente accettato recita: semina un atto e otterrai un comportamento, semina un comportamento ed otterrai un carattere, semina un carattere ed otterai un destino. Che questo processo possa riguardare anche i cani è plausibile, ma i cani non dispongono della nostra tecnologia e delle nostre società complesse. In altri termini l'irriducibilità dell'uomo discende da due circostanze, la complessità del suo SNC e dalla successiva creazione della tecnè, fattori interagenti che nessun altro essere vivente condivide attualmente con noi. Questa irriducibilità ha come conseguenza la responsabilità dei nostri atti e la libera volontà in una dimensione esclusivamente immanente.
#887
Non entro nel merito della psicologia, perché quello che sto facendo qui è un discorso strettamente filosofico. In modo sintetico l'irriducibilità dell'uomo consiste nel rispondere no a quattro domande.
1) il male dell'uomo proviene dalla sua natura inevitabilmente malvagia? No.
2) il male dell'uomo proviene da un allontanamento dal divino? No.
3) il bene dell'uomo proviene dalla sua natura intrinsecamente buona? No.
4) il bene dell'uomo si realizza con l'avvicinamento dell'uomo alla divinità? No.
#888
Non entro nel merito di Bettelgeuse ma a proposito dell' asteroide che comportò la fine del dominio dei sauridi sulla terra non si tratta di ipotesi ma di dati certi. L'asteroide cadde 65 milioni di anni fa sull'attuale Yucatàn (Messico), sconvolgendo la biologia del pianeta a causa dell'oscuramento del sole da parte di tutti i detriti che si sollevarono a seguito dell'impatto. Se la cavarono meglio gli animali marini ma sulla terraferma si estinsero molte specie e se ne affermarono altre, ovvero i nostri primi antenati mammiferi, che essendo piuttosto piccoli poterono sopravvivere anche grazie alle tante carcasse dei sauridi. Questo per dire che l'asteroide non portò dna alieno, o perlomeno questa ipotesi non è stata dimostrata. La vita semplicemente proseguì come poteva nel mutato ambiente. Fu la quinta ed ultima estinzione di massa. La sesta, a cura dell'uomo, è in corso.
#889
CitazioneLa contingenza che (probabilmente) siamo qui ed ora i soli a poter agire "eticamente e globalmente" rispetto alle piante e alle bestie non e' importante.
A questo punto penso che la differenza fra di noi, Niko, a proposito di questo tema sia qui. Pensare che siamo dentro un flusso dove comunque qualcosa accade è tipicamente "orientale". Ripeto, non ho alcun sogno antropocentrico o teologico, l'uomo si estinguerà, prima o poi e in seguito potranno esserci specie autocoscienti o non auto coscienti, dipenderà dalle condizioni dell'ambiente. L'unica legge evoluzionistica è lo sviluppo della vita e il suo adattamento all'ambiente. Ma finché ci saremo, dovremmo sentire il bisogno di conoscere e praticare la "giusta etica", indipendentemente dal riuscirci o no. In merito al libero arbitrio hai ragione. Questa mia visione dell'uomo non può che presupporre come conditio Sine qua non, la presenza del libero arbitrio o come preferisco dire della libera volontà.

Per Alberto: il volume del encefalo è solo uno dei fattori che influenzano l'intelligenza, che dipende anche dalla sua architettura interna. Se vogliamo usare una metafora abusata, il volume del cervello può essere un hardware più o meno grande, ma al suo interno vi devono essere dei programmi interconnessi fra di loro per permettergli di funzionare al meglio e i programmi interconnessi sono le quantità di sinapsi che collegano fra di loro i neuroni. Il numero delle sinapsi in un cervello sano è smisurato, nell'ordine di miliardi di connessioni. Quindi un cervello piccolo di un piccione, con molte connessioni potrebbe essere più efficiente di un cervello più grande ma più povero di sinapsi.
#890
D'accordissimo Niko. La contingenza però dice che ora ci siamo noi umani e solo noi umani in questo pianeta terra "oggi", possiamo fare eticamente. Il mio discorso tende a denaturalizzare ogni ideologia che si giustifica sulla base della natura compresa quella di un evoluzionismo inteso come progresso, anche solo biologico. La teoria evoluzionistica sintetica parla di equilibrio fra le specie viventi, non c'è alcun disegno verso una complessità emergente. È probabile che i sauridi fossero complessivamente più intelligenti dei primi protomammiferi. E tende anche a responsabilizzare l'uomo, perché se è un soggetto extra-natura allora non deve sottostare a supposte leggi naturali ma è egli stesso l'artefice del proprio destino. Non dobbiamo pertanto aspettarci nè indicazioni divine, nè indicazioni naturali, ma esclusivamente umane. Eppure dobbiamo farlo attingendo al sacro, intendendo con ciò tutto ciò che lega ed unisce. Capisco che sono riflessioni forse confuse e poco chiare ma in realtà sto usando questo forum e le vostre risposte per provare a chiarire questo panorama attuale di una umanità che usa Prometeo senza ascoltare Atena.
#891
Niko. In questo discorso è facile confondere i piani. Personalmente non dimentico Darwin, che è anzi uno dei miei maestri insieme a Freud e Kant. Nel mio discorso sulla specificità dell'uomo non c'è un virus antropocentrico o teologico. Sono certissimo che prima o poi homo sapiens si estinguerà e al suo posto verranno nuove specie. Così come sono sicuro che sono esistite specie molto simili alle nostre ed anche oggi ve ne sono alcune che hanno comportamenti analoghi ai nostri. Tutti gli uccelli (che sono sauri in origine) e i mammiferi hanno emozioni come le nostre. I meccanismi neurali e biologici così come la replicazione a dna sono uguali, ma homo sapiens ha fatto un salto attraverso la cultura e il suo interagire con un sistema nervoso centrale molto complesso. Siamo natura? Naturalmente. Ma siamo anche altro. Come per ogni fenomeno possiamo ingrandire il focus su "Homo sapiens appartenente a Natura", oppure su "Homo sapiens diverso da Natura". Se vogliamo potremmo dire che ogni religione nasce dalla constatazione dell'uomo come organismo biologico diverso dal resto degli altri organismi biologici. Il passaggio è da Natura naturata (intesa come natura perfetta una volta per tutte) a Natura naturans (intesa come natura dinamica che si evolve, ma non più in modo indipendente dall'uomo bensì con l'uomo come interpolatore e creatore della natura), obiettivo a cui siamo sempre più dentro ma che in realtà coltiviamo già da almeno cinquemila anni, attraverso la selezione dei semi e delle specie. Il passaggio successivo come fa notare Ipazia è domandarsi se, dopo aver inventato la bicicletta (tecnica), sappiamo anche usarla bene (etica). O in altri termini abbandonare la consolatoria navicella delle religioni ed affrontare la nostra unicità in termini di responsabilità, gli uni per gli alti.
Il nostro status unico, che forse avremmo potuto condividere con Neanderthal, Denisova e Floriensis, è riscontrabile dalla plasticità delle nostre culture, ognuna delle quali assume come principi di comportamento, leggi opposte o diversissime, prova della artificialità del nostro essere nel mondo. Ovviamente non è una prova definitiva, poiché si può sempre replicare che questa stessa plasticità è frutto della natura, ovvio ma così non si coglie l'oggetto della tesi, che rischia di scivolare via. Anche un automobile può essere definita come appartenente all'insieme "metallo più plastica", senza però individuarne in questo modo la sua identità e la sua funzione.
#892
La tesi è la seguente: l'uomo non fa parte della natura e della biologia come il resto del mondo biologico degli archea, procarioti ed eucarioti. Tassonomicamente siamo eucarioti, visto che il nostro dna è nuclearizzato a differenza degli altri mondi biologici, ma la creazione della tecnè ci ha reso definitivamente parte di un categoria unica. Infatti la tecnologia associata al SNC più complesso esistente sul pianeta terra ha creato le condizioni per sviluppare un pensiero che può pensare sè stesso, e soprattutto che può pensare di agire eticamente e globalmente. Non nego che il pensiero morale sia presente anche in molti mammiferi, ma ciò che ci distingue è la possibilità di "ingegnerizzare" il pensiero morale attraverso istituzioni che, a loro volta, modellano la nostra biologia attraverso la plasticità del SNC.
Questa differenza fondata sulla cultura non si traduce in uno status "superiore" o "teologico" in quanto figli di qualche divinità. Al contrario, dovrebbe trasformarsi in un principio di responsabilità nei confronti della terra e dei nostri simili. La legge morale kantiana, depurata di ogni pensiero teologico, è la base di questo discorso. Una legge morale che ha profonde basi biologiche (sottocorticali e corticali) ma che si è strutturato culturalmente. Eppure è lo stesso flusso di culture e quindi di weltaschaungen a permettere che questo status dell'uomo sia piegato alle più differenti direzioni, dal cannibalismo al sacrificio della vita per difendere un'idea.
#893
Una riflessione un pò "nidificata", ma che è importante anche per comprendere meglio B. e gli italiani. In questo forum ci sono idee politiche disparate, che coprono l'intero arco costituzionale, eppure tutti gli interventi finora, con più o meno esasperazione, sono di condanna a quanto accaduto con i funerali del signor B. Mi verrebbe da dire che siamo una specie di "élite". Il problema però è che siamo una élite davvero troppo piccola. E in qualche modo rispecchiamo, come campione, quella parte d'Italia, troppo piccola, di italiani "per bene", che sono nauseati da quanto accaduto. Siamo però troppo pochi e come dice Claudia, perfino fra i nostri pargoli, educati a certi valori, affiorano idee lontane dalla nostra impostazione e che seguono l'andazzo generale.
A proposito di quanto scritto da Ipazia, sono piuttosto d'accordo. B. non scende da cielo per rivoluzionare il mondo, che prima di lui era un mondo angelico. Le stesse tendenze che B. ha incarnato esistono in tutto il mondo: narcisismo, colpevolizzazione della povertà, concezione del "tutto si può comprare, compresi i sentimenti", individualismo. Basta guardare qualche puntata di "breaking bad", per capire che questo modello è ormai universale e che è un modello criminale che accomuna imprenditori, mafiosi e piccoli ladruncoli di periferia. Ovvio, se si pensa che l'altro sia solo uno strumento che devo usare per i miei scopi, siano essi economici, di immagine, politici o di qualsiasi altro genere, fino a quelli sentimentali, per cui se il partner si allontana, posso farlo fuori, come una cosa che si manda al macero, dopo l'uso.
#894
Effettivamente Claudia tocchi un punto importante che collega il mondo dello spettacolo con questo funerale. Si potrebbe dire che è il funerale più sintonico con il personaggio e la nostra epoca. Non si piange più al cospetto di divinità o di uomini politici veri, che rappresentano valori del passato. Il valore di B. è quello del venditore porta a porta, capace di passare dalla vendita legittima a quella del "pacco" con il mattone dentro. Come per il cardinal Carafa nel 500, il principio di B., agli antipodi di ogni illuminismo, potrebbe essere "sed mundus vols decipi, ergo decipiatur".
#895
B. ha incarnato il successo della società civile, dell'imprenditoria su un modello statalista trasversale che ancora dominava la scena politica ed economica solo 40 anni fa. Ciò che deve far riflettere è il potere catalizzante di B. su quella società, che avrebbe potuto scegliere ben altri alfieri, tutti più dignitosi, pur nella stessa funzione antistatalista: ne cito solo due, De Benedetti o la galassia Agnelli, con i loro limiti e i loro difetti sarebbero stati molto più in linea con le altre società civili europee. L'avvento di B. è l'ennesima dimostrazione della debolezza della borghesia in Italia, come prima di lui avevano già messo in risalto Mussolini e (parzialmente) la democrazia cristiana. I funerali di stato così sfarzosi sarebbero stati farseschi anche in assenza di condanne e accoglienza di stallieri-mafiosi o acquisto di ville da minorenni il cui curatore era un certo Previti o iscrizione a logge massoniche. In presenza di questi dati storici sono inquietanti. Però d'altro canto, è proprio la mano pesante degli attuali detentori del potere a farmi sperare che possa esserci un risveglio delle menti assopite. Più il dissidio diventerà critico, più vi sarà una opposizione che potrà alzare la testa,  e chiedere un altro modello di società.
#896
Socrate. Questa tua riflessione nasce da quella famosa del "porgi l'altra guancia". Laicamente penso che sia un atteggiamento sbagliato, connotato da un pensiero di stampo masochistico o finalizzato all'addestramento di popoli sottomessi. Il mondo ci insegna fin da piccoli che per per ottenere qualcosa, bisogna dare qualcosa (do ut des). Freud definiva questo spazio contrattuale, come il raggiungimento del principio di realtà.
Vi sono almeno tre situazioni dove questo principio viene messo in discussione:
1) nella prima infanzia e nella fase neonatale, quando il corpo e le attenzioni della madre sono totali. Il bambino deve apprendere che quella totalità, progressivamente sta diminuendo e sempre più diminuirà. Successivamente, se i genitori non educano il bambino ad avere dei limiti, si potrebbe strutturare una personalità narcisistica, che tende a non vedere questi limiti e a considerare del tutto leggittimo pretendere senza dare.
2) in certe personalità disorganizzate, dove amare qualcuno che ti calpesta e ti usa risponde a profonde esigenze di "ripetizione del trauma" ( e dove viene cercata la personalità narcisistica di cui sopra, come oggetto  -disfunzionale - d'amore).
3) In certe strutture di potere capitalistico e non, allorquando il detentore del potere non deve rispondere a nessuno delle sue azioni. In questo caso non esistendo reciprocità, non esiste neppure la necessità di dare qualcosa in cambio di qualcos'altro. E' il potere politico, economico o militare a rendere inutile lo scambio e quindi la creazione di un principio di realtà. Dio stesso, in questo senso, è l'antitesi del principio di realtà, poichè essendo "sciolto" da ogni obbligo, può agire secondo il suo volere allo stato puro, disinteressandosi della necessità di dover dare qualcosa in cambio, poichè altrimenti non sarebbe onnipotente.
#897
Tematiche Filosofiche / De dignitate homini
11 Giugno 2023, 23:27:33 PM
Citazione«Non ti ho dato, o Adamo, né un posto determinato, né un aspetto proprio, né alcuna prerogativa tua, perché quel posto, quell'aspetto, quelle prerogative che tu desidererai, tutto secondo il tuo voto e il tuo consiglio ottenga e conservi. La natura limitata degli altri è contenuta entro leggi da me prescritte. Tu te la determinerai da nessuna barriera costretto, secondo il tuo arbitrio, alla cui potestà ti consegnai. Ti posi nel mezzo del mondo perché di là meglio tu scorgessi tutto ciò che è nel mondo. Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti prescelto. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori che sono i bruti; tu potrai, secondo il tuo volere, rigenerarti nelle cose superiori che sono divine».
Questo passo fu scritto da Pico della Mirandola 500 anni fa e brilla per la sua attualità. Dio rivolgendosi ad Adamo, specifica la sua qualità principale, la sua capacità di plasmarsi secondo la sua libera scelta. Senza badare al significato religioso sottostante, il messaggio di Pico è in realtà il prototipo di ogni dichiarazione moderna relativa alla plasticità del cervello umano, in grado di cercare il bene o il male, o meglio diverse percezioni del bene e del male. Come si arrivi a queste percezioni è complesso, fonte di dispute e teorie diverse, ma quello che Pico pronuncia è una dichiarazione di guerra sia contro l'homo homini lupus, sia contro l'ideale del buon selvaggio. Siamo noi a forgiare il nostro destino ed è in ciò la grande differenza che ci pone in un "mondo" differente da quello biologico, pur continuando, paradossalmente ad abitare anche quel mondo. Quello che dice Pico pertanto è un grande elogio all'umanità ma nello stesso tempo è un richiamo alla responsabilità dell'uomo e anche la constatazione che la divinità ha abbandonato il suo ruolo di legge eteronoma. L'uomo, in virtù della sua libertà, diventa autonomo.

Ps. Il titolo corretto dell'opera è "de hominis dignitade".
#898
Koba. Sono ateo ed ho una figlia credente ed un figlio non credente, ormai grandi. Entrambi hanno fatto tutti i passi necessari per diventare cattolici, perchè mia moglie è cattolica. Uno ha scelto per un verso e l'altra per l'altro, ma non mi sono mai opposto a che facessero tutte le scelte che volessero, sia in campo politico che in campo religioso. Magari mi avranno sentito talvolta in taluni discorsi "eretici", ma questo lo posso fare in un forum e non potrei farlo a casa?  O:-)
#899
si Anthonyi, in effetti è un auspicio. Mi piacerebbe un mondo dove la spiritualità fosse coltivata senza dover ricorrere a divinità assetate di sangue come il Dio abramitico. Ma si tratta appunto di un auspicio, di un desiderio, che, a mio parere (ben poco assolutistico) sarebbe la conseguenza di un passo avanti notevole della civiltà umana, nel senso di "superamento dello stato di minorità dovuto a sè stessa", per parafrasare Kant.
Lungi da me, però, è questo vorrei che fosse chiaro, ogni intenzione di "IMPORRE" questa visione, perchè ogni imposizione non porta da nessuna parte. I valori, tutti i valori, devono essere dentro di noi e pertanto ritenuti validi e buoni. Se c'è chi crede che il cattolicesimo sia questo valore, io non ho nulla in contrario e non agirò la stessa violenza che il cattolicesimo ha usato fino a tempi recenti, magari non in modo così truculento. Ricordo benissimo i miei amici "baciapile" tutti sistemati, negli anni '80, chi a scuola, chi al Comune, chi alle poste. Il cattolicesimo è anche bontà, senso della collettività, carità, amore per il prossimo, così come lotta alle streghe, infigandarggine, ipocrisia. Poi si può anche distinguere la fede dalla Istituzione, ma è dura. Sarebbe un pò come dire, credo nello Stato, anche se lo stato mi ha imprigionato per 20 anni da innocente o mi ha fatto morire perchè il medico non era competente. Le religioni, a differenza, delle istituzioni materiali, godono del vantaggio di questo doppio binario, che alle istituzioni materiali, giustamente, non è concesso.
E noi così viviamo in un mondo scisso, dove da una parte vengono esaltati i valori "ultramateriali" mediati dal denaro e dal successo individuale, fatto salvo ricorrere a quel "deposito di senso tradizionale" che è la religione, che viene però sempre di più utilizzato come legittimatore vuoto (simulacro) di valori predicati ma non applicati, salvo numerosissime eccezioni, che però non modificano di molto il quadro generale. Se poi aggiungiamo tutte quelle visioni religiose per le quali il successo mondano è la dimostrazione di far parte degli "eletti" che andranno in paradiso, si ritrova una certa coerenza, che però manda all'aria tutto il messaggio evangelico. Il problema Anthonyi, per "credenti e non" è il seguente: "essere coerenti con i propri principi costa fatica e certe volte anche la vita".
#900
Anthonyi. Ha risposto benissimo alla questione Ipazia. Ovvio che vi siano dei condizionamenti, rispetto ai quali non siamo liberi, ma questi condizionamenti non sono la premessa per creare automi che fondano il loro agire sulla paura o sulla tradizione. Il pensiero liberale è il primo a difendere questa posizione, o almeno dovrebbe esserlo.
Personalmente penso che le religioni siano state importantissime nel raggio di alcune migliaia di anni di storia umana, pur nella loro ambivalenza, ma che oggi, se vogliamo essere fedeli al modello occidentale, sono sempre più anacronistiche. In Italia i vantaggi e gli svantaggi della Chiesa cattolica e della fede cattolica non si possono calcolare in un registro a partita doppia, ma si dovrebbe tuttavia essere consapevoli, storicamente consapevoli, del dolore e del male che la Chiesa cattolica ha diffuso nel corso del tempo, così come del sollievo e del bene. Il problema di ogni fede assoluta (e dove c'è un Dio, l'assolutismo è di default) è quello di negare il male che cova dentro di sè. Detto questo, la Chiesa cattolica ha fatto anche dei passi avanti in questa direzione e vi sono religioni ben più rigide e poco auto riflessive, ma ciò non toglie l'evidenza che la natura delle religioni è problematica oggi, al di là di ogni scelta su di essa e sul momento della scelta. Ciò perché semplicemente è diventato un simulacro vuoto, come il concetto di stato, di patria, di partito, di ideale. Ormai l'identità comune si trova solo nel tifo sportivo, che però non è in grado di saldare le società. Al di là di ciò l'art. 1 della Costituzione Universale recita così: "denaro ed individuo sono i valori da difendere". Quindi c'entra ben poco l'ateismo filosofico, ammesso che significhi qualcosa.