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Messaggi - Apeiron

#886
myfriend,

Ritengo l'io e la realtà parti di Maya (della filosofia Vedanta) - ossia né totalmente reali né totalmente irreali. Per questo motivo ritengo che le nostre posizioni sono in realtà molto simili. Ossia tutto è insostanziale a parte la Sostanza, tutto non è completamente reale tranne la Realtà... ma noi non siamo la Realtà  ;D 
E la Realtà non la tocchiamo, non la vediamo, non è in noi ecc ma allo stesso tempo la tocchiamo, la vediamo, è in noi... perchè l'Assoluto è ovunque ,ovunque e quindi da nessuna parte. Non è localizzata ma è in ogni luogo, non è in nessun particolare momento ma è in ogni momento. L'Assoluto è il Paesaggio. E il Paesaggio è "qui e ora"...
#887
A causa di imprevisti vari e un esame nelle vicinanze risponderò molto lentamente alle vostre risposte (e mannaggia a me perchè aprire un thread se poi non riesco a tenerlo su?  :(  )

Detto questo aggiorno la mia visione sulla questione: i livelli di realtà non sono tra di loro indipendenti tuttavia molti concetti sono applicabili su certe scale e non su altre. L'intenzionalità ad esempio è valida solo nel mondo animale, l'etica solo nel mondo umano. Ma questo non significa che "siano meno reali" dell'interazione elettromagnetica e degli atomi che costituiscono il mio corpo. Tutto ciò mostra che semmai non esiste un'univoca definizione di ciò che è reale e di ciò che non lo è perchè ci sono invero tanti tipi di "cose". Ma appunto visto che fin da bambini usiamo l'idea del "questo e del quello" applicandola su tutta la realtà finiamo per cercare di usare un solo linguaggio e una sola metafisica per tutte le cose. Ma la "cosa" atomo di idrogeno, la "cosa" tavolo, la "cosa" Alice, la "cosa" intenzionalità di Bob, e la "cosa" concetto di dono sono tutte "cose" diverse, tra le quali non c'è davvero una analogia. Tra di loro c'è una somiglianza MA dire che sono tutte "cose" finisce per dare alla luce "mostri concettuali": di nuovo in sostanza siamo davanti ad un problema del linguaggio, o più precisamente siamo davanti al problema di "mixare" più linguaggi confondendo un "gioco linguistico" con un altro. I livelli di realtà sono prima di tutto (nel senso che appaiono a noi...) "livelli linguistici" e siccome questi linguaggi non si possono ridurre l'uno nell'altro il riduzionismo è falso. Tuttavia non sono totalmente distinti e quindi ci dev'essere una connessione. Ma tale connessione non mi dice che un livello è più "reale" dell'altro.

P.S. "Metafisicamente" parlando ritengo ogni livello né reale né irreale ma ad un livello intermedio (una posizione simile al Maya dei Vedanta). L'unico livello "totalmente reale" - se c'è - è Dio. Tuttavia non è propriamente di questo che sto parlando ;)
#888
Tematiche Filosofiche / Re:Al di là dell'aldilà
01 Aprile 2017, 00:20:58 AM
@Jean,

Non me la sono per niente presa, semplicemente non ho avuto tempo di rispondere. Questo sommato al fatto che quando scrivo nei forum sono abbastanza aggressivo senza rendermene conto a volte può fare in modo che sembri che me la sia presa. Non ho trovato la tua risposta irritante - come invece era una scritta una settimana fa al povero Duc (risposta che io ho cancellato perchè mi sembrava che desse l'esempio sbagliato visto che oramai non sono più un "novellino" del Forum).

Voglio precisare che non ho letto l'articolo e quindi sì era meglio parlare in un altro modo. In ogni caso il mio era un discorso su un trend generale: vengono prese esperienze inspiegabili dalla scienza e da lì si costruisce una "prova scientifica" sulle verità delle varie religioni. Le NDE, Le OBE, le esperienze mistiche ecc rimangono nel mistero più assoluto, visto che non c'è nessuna teoria condivisa a riguardo. Il punto è che anche se ci fosse rimarrebbero comunque fenomeni ed esperienze strane, affascinanti e inoltre la presenza di tale teoria non inficierebbe la fede religiosa di nessuno. Volevo semplicemente insistere su questo punto: la scienza e il misticismo sono due mondi diversi e non è un bene mescolare le cose. In ogni caso: un conto è avere una teoria scientifica di un'esperienza, un conto è vivere l'esperienza. La sola conoscenza scientifica non è molto illuminante in certi casi, perchè di certo pur descrivendomi (in parte?) il Come non mi parla del Che Cosa.

Per quanto riguarda il Tao della Fisica, non l'ho letto e ho solo informazioni indirette. Lo considero comunque un libro interessante ma non perchè mi illumina sulla scienza: lo considero interessante perchè re-interpreta le religioni orientali con i concetti fisici moderni (e le religioni orientali sono moooolto più adattabili al sapere moderno delle religioni "occidentali").

Mi chiedevi del monastero mariano a Padova... Perchè, sono curioso?  :D



P.S. Io sono in realtà della provincia di Verona ma studio a Padova da 5 anni...
#889
Caro @Jean
Beh non sono artista per il semplice fatto che appunto sono troppo "filosofo" (inadeguato  ;D ). Comunque non mi ritengo né artista né filosofo e visto che siamo in una sezione non filosofica risponderò in modo "indiretto" e incompleto alle tue domande. Quindi non prendertela se non rispondo a tutto - anche perchè ti confesso che di molte domande che mi hai fatto non so darti una risposta  ;D

Detto questo: sì potrebbero esserci più paesaggi o anche solo prospettive (come sostiene ad esempio il buon Angelo Cannata) ma ritengo che anche in assenza di paesaggi le prospettive abbiano una loro gerarchia.

Mi chiedi come "cogliere" le cose... beh dipende  ;D ad esempio le "verità scientifiche" si  "scoprono" con gli esperimenti e la teoria (della quale devo dire che l'aspetto artistico è fondamentale), la matematica pura la si coglie con il ragionamento, molti aspetti della realtà li intuiamo attraverso i sensi e troppo spesso tantissimi dettagli (profumi, spettacoli visivi, suoni...) li "dimentichiamo", conosciamo il nostro prossimo tramite la com-passione ecc. Mi chiedi se l'annusare è già cogliere totalmente? No come i taoisti dicono devi "liberarti dell'io" e fare in modo di non opporre resistenza alla sensazione.  Se vuoi cogliere cosa significa veramente lavare i piatti, "devi lavare i piatti per lavare i piatti" (come si era detto altrove, mesi fa). La bellezza la trovi ovunque se hai una mente recettiva. O addirittura Simone Weil dice:
n tutto quel che suscita in noi il sentimento puro ed autentico del bello, c'è realmente la presenza di Dio. C'è quasi una specie di incarnazione di Dio nel mondo, di cui la bellezza è il segno. Il bello è la prova sperimentale che l'incarnazione è possibile. Per questo ogni arte di prim'ordine è, per sua essenza, religiosa.

Ora cristianità a parte, l'esperienza del bello davvero ci suscita la meraviglia, il Mistero. Per così dire vediamo il divino.

Cogliere non è raggiungere: posso "intuire" cosa significa la Liberazione buddista ma solo l'Aharant l'ha vissuta e quindi l'ha raggiunta.

La Realtà è molto più "densa" di quello che pensiamo. Tale "densità" è il suo mistero.

Ci sono cose che la razionalità non intuisce e l'ho capito. E proprio perchè non riesco a passare all'Esperienza ma rimango al Pensiero a me per così dire la realtà è in parte preclusa. Se la vi...
#890
Tematiche Filosofiche / Re:Al di là dell'aldilà
30 Marzo 2017, 19:27:26 PM
@Sariputra,
Ci possono anche essere stati di coscienza "strani", fenomeni "paranormali", OBE senza spiegazioni ecc tuttavia quello che volevo criticare è la pretesa di usare la non conoscenza come "prova". Ossia volevo semplicemente dire che anche se il più grande Nobel per la neurologia un giorno mi dicesse che ha provato la re-incarnazione o l'esistenza del Paradiso o dell'Inferno non potrò accettare tale posizione per il semplice fatto che:
1) La scienza di per sé non prova niente (falsificazionismo...), specialmente cose "ultraterrene" per il semplice fatto che il modus operandi della scienza è quello che è.
2) Le "prove" scientifiche riguardano il quantificabile e finchè non troviamo un'unità di misura della coscienza, se mai la si potrà trovare, a livello scientifico ogni "declamazione" in questo senso rimane mera speculazione.
3) Una teoria si può formulare su ciò che è in linea di principio misurabile...

Ora visto che NON sappiamo quasi nulla della coscienza, NON sappiamo nemmeno cosa può significare una quantificazione di essa, e NON si può provare niente di non misurabile in campo scientifico ritengo anti-etico dire che la scienza ha provato cose così importanti per la nostra esistenza. Anche perchè poi come sappiamo ci sono creduloni che vengono raggirati da cialtroni.

Fatta questa premessa: devo dire che io non credo alla mia immortalità ma credo che la coscienza e la mente umana siano estremamente strane, che ci siano "cose non quantificabili" ecc ma farne una teoria scientifica o dire che la scienza prova queste cose mi pare offensivo ;D
#891
Tematiche Filosofiche / Re:Al di là dell'aldilà
30 Marzo 2017, 13:28:24 PM
Se fossero scienziati fino in fondo, direbbero "non so". E invece no, parlano delle NDE e delle OBE come fossero una "prova" dell'aldilà, della "non-località" della coscienza ecc. Purtroppo nessun fenomeno, per quanto "miracoloso" sia può davvero provare l'esistenza di un "altro mondo". Gli argomenti del cardiologo non sono diversi da quelli fatti migliaia anni fa per dire che "il fulmine è la prova dell'esistenzA di Dio"
#892
Tematiche Filosofiche / Il rifiuto del riduzionismo
29 Marzo 2017, 19:24:27 PM
Il riduzionismo in poche parole è la posizione secondo la quale i fenomeni macroscopici sono in tutto e per tutto riconducibili ai fenomeni microscopici. Per esempio un riduzionista dice che la pressione del gas su una parete è data dall'effetto medio degli urti delle particelle del gas sula parete stessa. In modo simile la coscienza viene ricondotta a fenomeni neuronali ecc. Chiaramente in un certo senso tutto ciò che dice il riduzionismo è vero, tuttavia tale verità è solamente parziale perchè è solo un modo di vedere le cose.

Ma vediamo le cose da un altro punto di vista: Bob manda ad Alice un diamante per farle un regalo. Trattando microscopicamente la situazione dovremo dire che "fenomeni microscopici" hanno fatto in modo che le particelle che costituiscono Bob, Alice e il diamante siano passati da uno stato all'altro. In questo modo l'intenzionalità di Bob, la gioia di Alice e il valore del diamante e del dono sono "spiegati" come "fenomeni emergenti", proprio come la pressione del gas. Utili artifizi che usiamo per comprendere il mondo.

Tuttavia il rifiuto che do al riduzionismo è il seguente: esso non è una spiegazione ma una semplice descrizione. Da una eccellente spiegazione del Come ma non spiega né il Perchè e nemmeno il Che Cosa. I neurotrasmettitori di Alice di certo sono "responsabili" della sua gioia, magari un giorno sarà possibile associare alla perfezione la configurazione neuronale con uno stato emotivo. Tuttavia Alice non può dire che la sua gioia è tale configurazione neuronale. Allo stesso modo il senso del bello che si ha ad ammirare quel diamante certamente ha un suo risvolto neurologico, ma questo non è il bello. Il bello, il concetto di regalo, la gioia... sono tutti concetti che descrivono reali esperienze che non ha senso trattare in modo riduzionista in quanto sono concetti che nascono in un contesto diverso da quello "fondamentale". Una persona che mi descrive il senso del bello tramite l'analisi a livello molecolare non conosce davvero il senso del bello. Allo stesso modo: tavoli, sedie ecc non sono "assemblaggi di particelle" ma hanno una loro esistenza ben definita.

Per questo motivo il riduzionismo è erroneo: la realtà è fatta a più livelli e i concetti di ogni livello non sono riducibili - in generale - ad un altro. E il limite del ragionamento analitico è tutto qui: pretende che la comprensione dei livelli più "macroscopici" nasca dall'andare a livello "microscopico" dimenticandosi il carattere olisitico della realtà - alcuni concetti sono sensati solo in determinati livelli, ad esempio ci sono concetti che valgono solo per il Tutto e non per la Parte. Non ha senso parlare di moralità in contesto delle interazioni fondamentali, ma non ha senso nemmeno parlare di moralità sostenendo che "deriva" dalle interazioni fondamentali. La realtà quindi è fatta da livelli che tra di loro hanno una certa indipendenza.
#893
Uno dei miei più grandi rammarichi è quello di apprezzare moltissimo l'arte e ciononostante non essere capace di fare l'artista, se non a livello di "esperienza soggettiva". Invidio coloro che sono in grado di esprimersi con belle parole e riescono a trasmettere la bellezza con esse (oppure con il marmo, con il disegno ecc). Questo per dire, che su questa questione vorrei esprimermi con una poesia o con una bel testo di prosa, ma i risulatati sarebbero orrendi  ;D 

Messa da parte questa inutile e inadeguata (cit.  ;D ) premessa dirò la mia, nel mio modo "meccanico".

A mio giudizio le prospettive sono parte del paesaggio. Mi spiego meglio: consideriamo ad esempio uno specchio d'acqua. A seconda della luminosità, degli oggetti che stanno attorno, della mia posizione, della mia condizione psico-fisica ecc sullo specchio d'acqua osserverò un'immagine: tale immagine non è il paesaggio, ma è una prospettiva. E tale prospettiva non si può dire essere semplicemente illusoria, ma nemmeno si può dire che è "il paesaggio", ossia la Realtà Completa. Infatti se mi sposto, il riflesso cambia e la nuova prospettiva sarà di nuovo una parte del paesaggio. La vera illusione, il gioco magico che ci auto-inganna - ossia per dirla con certe scuole Vedanta Maya - è non riconoscere che questa prospettiva non è né completamente reale, né completamente irreale. L'illusione della ricerca poi ci suggerisce che conoscendo più prospettive riusciamo a cogliere la Realtà ma anche questo è impossibile: infatti se cogliessimo la Realtà, essa sarebbe una Prospettiva e non una realtà - forse un Dio può cogliere la Realtà e noi NO. Il Paesaggio in sostanza è quel Fondamento che "intuiamo", che "cogliamo" ma che ci è velato, da un velo che non solo oscura ma riflette, ingannandoci che conosciamo tutto. Così dobbiamo riconoscere che la nostra conoscenza è imperfetta, motivo per cui il Paesaggio non potremo mai raggiungerlo. Ma se una cosa non possiamo MAI raggiungerla allora in un certo senso NON esiste. Dunque il Paesaggio è una cosa che in linea di principio non raggiungeremo mai. Quindi ha senso parlarne? O tutti i dicorsi su di esso sono semplici concatenazione insensate di parole? Oppure, oppure...

Eppure ne siamo come costretti a parlarne e a pensarci. Può non esserci una cosa di cui siamo come "chiamati" a rifletterci?

Il Tao che può essere detto
non è l'eterno Tao,
il nome che può essere nominato
non è l'eterno nome.
Senza nome è il principio
del Cielo e della Terra,
quando ha nome è la madre
delle diecimila creature.
Perciò chi non ha mai desideri
ne contempla l'arcano,
chi sempre desidera
ne contempla il termine.
Quei due hanno la stessa estrazione
anche se diverso nome
ed insieme sono detti mistero,
mistero del mistero,
porta di tutti gli arcani.


Chi sa non parla, chi parla non sa (Tao Te Ching)
#894
Percorsi ed Esperienze / Re:La (mia) fuga
25 Marzo 2017, 11:34:29 AM
Precisazione: tutti gli aspetti personali che ho qui trattato sono appunto "personali" e sono serviti come spunto di riflessione. In sostanza se il soggetto della narrazione fosse anche una persona diversa da me non avrebbe cambiato nulla: la riflessione infatti vuole essere universale, nel senso che credo tocchi "problemi" che consciamente o incnsciamente abbiamo tutti. Gli unici consigli che accetto sono come quelli detti da Sariputra nel suo messaggio: ossia consigli "riflessivi" che possano essere utili anche a chi non è nella mia esatta situazione, ma in una situazione in qualche modo simile.

Citazione di: Sariputra il 24 Marzo 2017, 14:41:21 PMMah...hai scritto tante cose, tanti spunti interessanti, altri più personali in cui non voglio entrare. Non sono d'accordo con te che la fantasia sia necessariamente, nell'adulto, un fuga. La fantasia , per me, rivela invece la possibilità della mente umana di vivere su piani diversi di realtà. In effetti poi , il prodotto del fantasticare che prende forma artistica, non è mai 'neutro', ma induce sempre nell'osservatore , o nel lettore, fruitore, ecc. sensazioni, stati d'animo, risoluzioni che possono portare all'agire o al mutare del proprio atteggiamento verso la vita ( che è anche preludio all'agire stesso). La fantasia diviene patologica quando rimane sterile sogno personale in cui ci si culla per non affrontare la realtà. Poi chiaramente ognuno di noi ha la sua interpretazione di cos'è questa famigerata 'realtà'e proprio per questo non sarei così manicheo nello scindere fantasia e realtà. Leggendo il tuo scritto non mi sono fatto l'immagine di uno che scappa dal mondo. Infatti scrivi dei tuoi studi universitari, della tua volontà di 'riuscire' ad esprimere e lasciare qualcosa di te, del tuo bisogno di dare, ecc...Non mi sembra l'atteggiamento di uno che rifiuta la realtà, ma piuttosto che rifiuta la propria natura; in parole povere...che non si accetta totalmente ( per inciso, credo che nessuno si accetti totalmente ma, con gli anni, si arrivi ad una sorta di 'tregua armata' con se stessi...). Accettarsi vuol dire , per prima cosa, accettare di non essere perfetti e poi arrivare ad amare proprio il fatto di non esserlo, perché è l'imperfezione che ci spinge alla perfezione, che non è cosa raggiungibile dalla mente, ma che forse si può intuire, per brevi attimi, con il 'cuore'. 'Fuga' poi è un termine così generico che sarebbe applicabile in parte alla quasi totalità dell'agire umano. Non è fuga l'ossessione 'social' della gente? Non è fuga un passatempo che finisce per riempire la mente e le giornate? Non è fuga passare le serate lontano dalla moglie, al bar con gli amici? Non è fuga dedicarsi ad un hobby? Tutto può essere visto come una fuga...e tutto anche no! E' importante, secondo me, la consapevolezza di quel che si vive e la 'giusta misura'. La giusta misura è saggia in ogni azione del nostro vivere. Ci vuole la giusta misura anche nell'amore verso noi stessi , o nell'odio verso i propri difetti e le proprie debolezze o paure. La sfida è riuscire a cogliere questa misura e applicarla con volontà alla propria vita giornaliera. E sul fatto di sognare ti lascio questa storiella: Un uomo voleva diventare ricco e tutti i giorni andava a pregare Dio affinchè esaudisse il suo desiderio. Un giorno d'inverno, tornando dalla preghiera, vide, imprigionato nel ghiaccio che copriva la strada, un grosso portamonete, e subito si credette esaudito. Ma poiché il portamonete resisteva ai suoi sforzi, vi orinò sopra per sciogliere il ghiaccio. E fu allora che...si svegliò nel letto bagnato. Così è la nostra vita. L'Illuminazione non è una condizione particolare dello spirito, né uno stato di coscienza trascendente: è un ridestarsi alla vita. Il maestro Takuan stava morendo. Andò da lui un discepolo e gli chiese quale fosse il suo testamento. Takuan rispose che non ne aveva, ma il discepolo insistette:" Non hai proprio nulla...nulla da dire?". "La vita è sogno" disse, e spirò.

Anzitutto ti ringrazio della risposta.
E anzi credo che tu abbia colto il segno di tutta la mia oscura riflessione. Dico di fuggire dalle relazioni, dal mondo del lavoro, dal Forum, dalla "realtà" e di "ritirarmi" nel mio mondo privato fatto di fantasie varie (vere e proprie avventure di vario genere con una "trama" ma che ahimé non ho il dono di riuscire a "tradurre" in una storia...) e dove sono il "re". E qui credo che bisogna fare una precisazione: nel mio mondo privato sono "il creatore-controllore" della trama e anche il protagonista. Nel mondo reale non sono di certo il "Creatore-Controllore" e nemmeno il "Protagonista" mentre tutte le aspettative che mi creo (e a cui mi attacco... di nuovo Buddha docet) continuano a farmi "cadere". Sono in sostanza intrappolato dal mio stesso "narcisismo", ossia dall'io che in ogni modo vorrebbe espandersi. Eppure filosoficamente dico il contrario: non ci si dovrebbe espandere, bisognerebbe rinunciare, controllarsi, riuscire anche nella "kenosis" ecc ecc. Così mi ritrovo scisso in tre: da un lato il mio "spirito", il mio "cuore" vorrebbe sempre il bene per me e per tutti tramite il mio "dono di me" (ma non un bene "freddo"e "incolore" bensì "caldo" e "colorato" - spero che si colga la metafora), il mio istinto vorrebbe prima di tutto il bene per me e la ragione spesso se la prende con entrambi. Risultato, proprio come dici tu fuggo da me stesso: da qui mi riconosco come uno sventurato, uno che ha bisogno di aiuto, che non ce la fa da solo perchè non riesce a superare l'empasse. Nemmeno io ritengo che sia possibile realmente accettarsi, MA proprio il riconoscere che non siamo perfetti, che non siamo migliori degli altri potrebbe proprio essere la svolta: forse è proprio attraverso questa "notte spirituale" che si impara ad accettarsi e si "rinasce" con una prospettiva differente sul mondo. Non credo che in realtà si superarà mai l'empasse, la scissione a tre che ho esposto: il cuore e gli istinti non sono conciliabili e la ragione spesso è in conflitto perfino con se stessa. Quindi la ricetta è: agire sempre per il bene e impegnarvisi sempre, ma accettare anche la propria debolezza. Ma il nemico sempre in agguato è lui: l'ego inflazionario. Proprio lui che a volte si nasconde in pensieri come "sei perfetto, sei il migliore" e a volte nei pensieri come "sei un disastro, il peggiore uomo esistente" . Bisogna, per raggiungere la tregua armata di cui parli, riuscire a svuotarsi del proprio ego.
#895
Percorsi ed Esperienze / La (mia) fuga
24 Marzo 2017, 11:09:32 AM
Infine ho deciso: ritorno a scrivere sul forum (a volte "tanto tempo" può essere un giorno). E "inauguro" questa nuova fase raccontando la mia storia, o più precisamente il mio rapporto con la mia malattia dell'anima, la fuga.

A 6 anni circa (anche se il mio ricordo è del tutto sfumato) so benissimo di aver imposto a me e a mio fratello maggiore (che si può dire essere il mio miglior amico...) di non fare amicizie durante le vacanze al mare perchè duravano poco (una settimana al massimo) e quindi il successivo abbandono ci avrebbe ferito (il Buddha in un certo senso mi è sempre stato vicino...). Per un lunghissimo periodo ogni volta che un mio famigliare andava via per più di qualche ora, andavo a salutarlo quasi a mo' di addio per la mia paura della separazione. Fin da bambino poi i miei interessi non coincidevano con quelli dei miei coetanei, di modo che anzichè entrare nel gruppo degli altri bambini finivo sempre per rimanere solo. La solitudine mi ha regalato un sacco di gioie e mi ha certamente aiutato a vedere le cose in modo forse "più originale e oggettivo" di molti ma allo stesso tempo mi dava la sicurezza. Nel mio mondo ero "riparato", potevo agire secondo le mie regole e potermi esprimere per quello che sono senza dover essere respinto e giudicato da nessuno. Così divenni l'archetipo del solitario, anzi del solitario malaticcio. Perchè fin dalla più tenera età continuo a ammalarmi di "piccole cose": raffreddori, sinusiti, influenze, disturbi digestivi, insonnia e mal di testa. Tutti disturbi normali o "funzionali", ossia derivati dalla mia disarmonia con la realtà. Eppure in me sento una forte volontà di affermarmi ma anche qui sono sempre combattuto: vorrei che fosse un donarmi agli altri e non un impormi. Quindi quando esercito questa mia forte volontà - specialmente in ambito intellettuale e conoscitivo - finisco per avere una delusione ancorra più grande: pochi, anzi pochissimi, veramente apprezzano questo mio lato e ancora di meno capiscono cosa voglio realmente dire - non faccio che far passare un "significato approssimato" alle mie parole. Sì perchè l'impermanenza riguarda anche il "mio mondo" dove sono al sicuro: fin da piccolo so che cesserà. Quindi per farlo sopravvivere a me, devo lasciare un'eredità e "donarlo" a tutti coloro che vorranno prendere qualcosina da esso.

Ma tutti questi buoni propositi e la sensibilità che mi caratterizzano mi creano afflizione, una forma sublime di sofferenza che caratterizza i solitari che hanno capito cosa significa esserlo. Da piccolo ero gioioso, a mio modo pieno di energie e in armonia con la realtà. Oggi invece guardo spesso la realtà con disprezzo e la mia inclinazione alla fuga è sempre presente. Anzi: mai come gli anni universitari ho avuto la tentazione di abbandonare tutto e vivere da completo eremita oppure semplicemente di "abbandonare tutto" o di perdere la lucidità. Tuttavia NO! Perchè no? perchè sento in cuor mio di avere qualcosa da dire al mondo e alle altre persone, sento che dopotutto ho un legame ch evorrei estendere a tutti gli uomini. Ma mentirei se sapessi "cosa ho da dire"! Sono una creatura che vorrebbe qualcosa ma non può nulla perchè non sa nemmeno quello che vuole. In questo senso sono una creatura misera: vorrei avere una disposizione dell'animo migliore, vorrei l'armonia ma con le mie azioni non creo altro che conflitto in me e nelle altre persone. Dunque devo fare niente? No perchè sarebbe un'altra fuga.

Così mi arrovello nei meriti universitari. Ma ho infine capito dopo l'ultimo fallimento (l'altro ieri) che i fallimenti anche qui sono inevitabili. E che ogni aspettativa in realtà nasconde un artiglio. D'altronde Hawking disse:  Le mie aspettative sono state ridotte a zero quando avevo 21 anni. Tutto da allora è stato un bonus.

Allo stesso modo il voler essere moralmente migliore, ossia l'essere obbediente alla Legge mi tradisce: causa il narcisismo, il credersi superiore. La sapienza cristiana, tra le altre cose, ha detto questa verità: è abbassandosi che ci si alza (kenosis): quando si capisce che non si è né speciali né migliori degli altri è il momento in cui si può davvero migliorare. Ma ahimé la kenosis è un processo pieno di ostacoli: l'ego è sempre pronto a infuriare, perchè finisce per vantarsi della stessa "kenosis" e di rinfacciare ciò agli altri - a volte inconsciamente.

Quindi cosa faccio? sogno! Ma il sogno è l'essenza stessa della fuga. La fuga è una cosa da bambino. Nell'adulto la fuga è patologica eppure la fantasia (specie quando non si hanno le doti da scrittore o artista...) è segno di un disadattamento, è il segno dell'adulto che non riesce a crescere completamente che rimane incagliato nell'adolescenza, una fase mai veramente superata (a ventitré anni su molte cose mi comporto come un ragazzo di tredici-quattordici anni, non ci posso fare nulla). Ma a differenza di moltio adulti-bambini io so di essere tale e la cosa mi crea a sua volta sofferenza, non a caso "chi accresce il sapere accresce il dolore" e con tutta la mia curiosità non ho fatto altro che spingermi nell'aumento del dolore.  

Perchè sono contrario alle dottrine? Semplice: perchè la dottrina senza esperienza non mi fa essere nulla. L'ho capito. Anzi a volte crea solo polemiche (come il povero Duc ha sperimentato l'altro ieri...), anche se in cuor mio la polemica la disprezzo. Quello che conta non sono nemmeno le regolette, l'unica cosa che può farmi uscire da questo empasse è un cambiamento della diposizione d'animo, ossia l'acquisizione dell'agape o almeno qualcosa che lo approssimi, visto che per i grandi obbiettivi io ho l'anelito ma non sono capace di realizzarli.


Sono un animo paradossale. Ho navigato nell'abisso di me stesso e ho trovato paradosso, conflitto, contraddizione, debolezza ecc. Quello che devo fare adesso è comprendere tutto ciò. Mi sto avvicinando in sostanza all'essere religioso (ma quale religione davvero è quella che fa per me?) perchè: un uomo religioso sa di essere sventurato (Wittgenstein).

N.B. Pur parlando di me credo di aver toccato temi universali. Non sono qui a chiedere consigli o pacche sulle spalle ma per capire la vostra opinione sul tema della "fuga". Non vuole nemmeno essere uno scritto psicoterapuetico o religioso. I riferimenti alle religioni sono semplicemente esperienziali e hanno come unico scopo quello di capire meglio questo tema. In sostanza la mia domanda è: come vi approcciate alla fuga nella vostra vita?
#896
Citazione di: Duc in altum! il 22 Marzo 2017, 17:05:48 PM** scritto da Apeiron:
CitazioneDuc non prendertela, ma conoscendoti questo mia critica ti causerà solo una risata perchè di certo non ti convincerò
;D ;D La risata è doppia, anzi tripla, ;D ;D ;D perché se rileggi con calma, il mio era solo un invito a non restare "molto" lontano dagli amici (il resto è frutto della tua fantasia :o ). Amici veri, anche se virtuali, perché discutono con franchezza. Buon recupero. Pace & Bene

Scusa Duc, scusa.... ho riletto tutto e mi vergogno di ciò che ho scritto. Dopo questo ormai ho deciso di non scrivere più, mi vergogno troppo.
Perdonami.

Chiedo alla moderazione di cancellare questo thread se lo ritiene giusto.

Non so davvero perchè sono stato così "bastardo". Sto passando un momento molto "decisivo" della mia vita. Mi rendo conto che non ho giustificazioni comunque

Prometto che se tornerò a scrivere qui, non farò più scenate di questo tipo. Diventerò un utente migliore di quello che sono ed ero ve lo prometto.
#897
Ringrazio in particolare chi mi ha risposto e chiunque, anche senza rispondermi mi ha dedicato un pensierino. Scrivo solo per precisare un concetto, ossia il motivo per cui ho interrotto la mia presenza qui sul forum e per cui penso di continuare questa interruzione. Mi stufa tuttavia il vedere di essere continuamente frainteso.

Citazione di: Duc in altum! il 20 Marzo 2017, 14:05:57 PM"...non ti allontanare molto dagli amici che non hanno peli sulla lingua, sempre avrai bisogno di qualcuno che sì ti dica la verità..." A presto guagliò! ;D

Ebbene non è questo il motivo. Non ho interrotto per paura di gente che "dice la verità" (mi domando se tu a volte non hai paura di scoprire la verità, visto che approfondisci gran poco la scienza e la filosofia e spesso mi pare che la tua interpretazione della Bibbia stessa non sia nemmeno quella che oggi circola tra i teologi... mi sembri terrorizzato dal dubbio. Io invece sto quasi tentando di riavvicinarmi al cristianesimo - a volte attaccare una dottrina è segno di benevolenza e non di disprezzo - visto che sono attratto dall'idea dell'agape, che è un "rafforzativo" del normale amore umano. Voglio viverlo... E di certo non sei l'unico che mi ha parlato "senza peli sulla lingua" con l'intenzione di dirmi la "verità") anche se chiaramente ritengo da semplice essere umano che anche io ho paura della verità. Affinché si comprenda la mia azione desidero anzitutto dire che mi sono accorto che il il forum per me era una fuga. Fuga da che? Fuga dall'esperienza di vita, fuga perfino da me stesso, fuga addirittura dalla filosofia e dai doveri quotidiani. Ecco perchè me ne sono andato: era una fuga infantile. Perchè è infantile? Perchè era semplicemente pensiero e solo pensiero, mai esperienza di vita.


P.S Scusa Duc
#898
Se a qualcuno interessa comunico che, almeno per un po' di tempo, interrompo la mia attività sul forum.

Vi sarete accorto che ultimamente la mia attività è diminuita e in un certo senso anche la qualità dei miei post. Ritengo dunque che sia saggio sospendere l'attività per un periodo di tempo.  Ciò è dovuto a problemi personali e cause di forza maggiore.

Ringrazio comunque gli utenti di questo forum: ho davvero avuto interessanti discussioni. Queste discussioni mi hanno aiutato a cercare di vedere le cose in modo diverso. Per questo motivo ringrazio anche chi mi ha più o meno fortemente criticato perchè a volte la critica serve.
Spero che inoltre il mio contributo sia stato altrettanto utile per altri (Wittgenstein:"un filosofo dice: guarda le cose in questo modo". Il filosofo, credo, comunica prima di tutto il suo modo di vedere le cose.). Vi lascio sperando che questo mio allontanamento sia solo temporaneo e non definitivo (ma non credo che scriverò col ritmo di un tempo...). 

Concludo il post con una citazione di Nietzsche (filosofo con cui non concordo più come un tempo, ma sono d'accordissimo con questa citazione):

Sulla montagna della verità non ti arrampichi mai invano.

Buon proseguimento a tutti!
#899
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
06 Marzo 2017, 14:33:45 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 06 Marzo 2017, 07:20:51 AM
Citazione di: Apeiron il 05 Marzo 2017, 23:35:01 PMIl tuo "relativismo" mi è sempre parso una sorta di "pensiero debole". Con questo intendo una posizione che vedendo che è inevitabile che i nostri giudizi dipendano dalla nostra prospettiva afferma che non si può affermare una "verità assoluta". Non lo definirei relativismo perchè chiaramente nella tua posizione è meglio non imporre piuttosto che imporre la propria prospettiva. Il tuo relativismo lo potrei definire "etico" rispetto ad esempio a chi afferma che "ogni azione ha lo stesso valore".
Io sono un seguace sviscerato del pensiero debole e difatti il pensiero debole è relativismo. Cosa ti fa pensare che il relativismo tenti di imporre la propria prospettiva? Come si può tentare di imporre ciò che è relativo? Mi sembra che in questo modo confermi ciò che ho detto nella conclusione del mio post precedente: "mi pare che oggi il relativismo sia più che altro frainteso oppure sconosciuto".

Tu non imponi ciò che è relativo. Un altro potrebbe farlo... D'altronde è una tua scelta quella di non imporre e di ritenere che sia meglio non imporre. Un altro potrebbe scegliere in modo diverso. E anche l'altro si sentirebbe "libero" di fare quello che vuole. Io devo convincermi che sia giusto non imporre ciò che è relativo. Se per te è sufficiente sapere che la tua prospettiva è relativa per non imporla va benissimo. Però un altro potrebbe proprio giustificare la violenza e l'odio col relativismo e il pensiero debole.

Citazione di: Duc in altum! il 06 Marzo 2017, 09:55:55 AM** scritto da Apeiron:
CitazioneQuindi caro mio Duc come puoi vedere non è affatto facile capire cosa significa "credere in Dio"...
Non vorrei sbagliarmi, ma non è la prima volta che ti areni nel voler capire come si crede in Dio, senza provare a credere in Dio, per poi iniziare a capire cosa significhi davvero. Con questo Dio è tutto al contrario: vivi dopo essere morto, perdoni per vendicarti, e sei primo solo quando divieni ultimo. La capoccia si fonde se vuoi passare la vita a ragionarci sopra ste cose ...ma tutto si trasforma se fai il salto nel buio. Non è la prima volta che mi fai questa domanda (cosa significa credere in Dio?), quindi continui a giustificare, caparbiamente, il tuo agnosticismo con le regole logiche da te fissate, mentre non esiste logica per credere in Qualcuno che non si vede e che forse non esiste neanche. Vuoi capire cosa significa credere in Dio??!!! ...sempre se parliamo della 1^ persona della Santissima Trinità. Approfitta che siamo in Quaresima, metti in pratica, andando oltre il solo comprensorio concettuale, preghiera, elemosina e digiuno. Prova a non usare il cellulare fino alla Domenica delle Palme, sforzati di rivedere quell'amico o quel familiare con cui ormai c'è freddezza da tempo, specialmente quello che ti ha fatto un torto evidente, donandogli, controvoglia, il tuo perdono, tenta di recitare un'orazione di lode, del tipo senza di Te non sono nessuno e niente, e non una preghiera di ringraziamento o di richiesta. Come vedi non è affatto facile, come tu ben dici, ma non nel capirlo, ma nel metterlo in pratica. Tu ti sei arenato sul fatto che se non capisci prima poi non agisci, mi dispiace col cristianesimo non è così, giacché è sempre Dio a fare la prima mossa, e dunque tocca sempre e solamente a noi rispondere pragmaticamente , e non solo col "Io credo...", a quell'invito.

Citazione di: Duc in altum! il 06 Marzo 2017, 10:32:57 AM** scritto da Apeiron:
CitazioneSinceramente credo che la compassione sia "superiore" alla fede perchè grazie alla compassione "puoi dare da mangiare ad un affamato..." senza prima chiedergli "credi nel Dio cristiano?".
Gaudium et spes n° 22: "...e ciò vale non solamente per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia (39). Cristo, infatti, è morto per tutti (40) e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale..." Benissimo, ma devi darlo sempre da mangiare e non solo (esempio )in tempo di elezioni, oppure lo sfami con prodotti non tuoi o sottratti immeritevolmente ad altri, oppure lo sfami e poi puoi dedicarti a circostanze private inique giacché hai già compiuto la tua "buona azione quotidiana", in stile scout (vedi Renzi), altrimenti non è carità, ma sentimentalismo. Come vedi è ciò che tu credi e non cosa chiede di credere Iddio.

Grazie delle risposte. Ok quindi in un documento ufficiale si dice che esistono "uomini di buona volontà ma non cristiani" - finalmente si è capito anche questo.

Allora ti faccio un esempio che dovrebbe far capire che è anche importante capire (per quanto si può) in cosa si deve o non deve credere. Ricordi il mito della Caverna di Platone? Ebbene se fin dalla nascita ci viene detto cosa è la "verità" e cosa non lo è finiamo per crederci. Tuttavia questa "credenza" non è diversa da quella che il bambino piccolo ha delle favole. Per un bimbo Babbo Natale è una realtà. Poi scopre che in realtà Babbo Natale erano i suoi genitori che gli regalavano i dolci. Oppure posso dire "non uccido perchè c'è scritto così nella Bibbia" senza "cambiare il mio cuore" e capire che è giusto "non uccidere" (mi chiedo se sia un peccato per la Bibbia la legittima difesa...). Ossia per formarmi la coscienza serve in realtà anche la comprensione.

Questo infantilismo ha annebbiato le coscienze per secoli e ciò è dovuto alla durezza di chi doveva "evangelizzare". Si predicava e si predicava, si facevano riti ecc solo perchè "me lo dice il prete", dimodoché si aveva ancora una catttiva volontà ma certe cose non le si faceva per "paura dell'Inferno". Poi venne il seicento e gente come Giordano Bruno ci ha rimesso la vita per dire che è importante anche formarsi la coscienza prima di "credere perchè lo dicono gli altri" (e mi perplede parecchio il fatto che il cardinale Bellarmino sia santo, ma tant'è...). Sinceramente non voglio essere credente solo perchè me lo dicono gli altri o per avere paura dell'inferno. Cerco per quanto mi è possibile che la mia presenza possa essere di aiuto all'altro nei limiti delle mie possibilità, riconoscendo che sono ben al di sotto della "perfezione". Cerco ad esempio di non sprecare, di non  arrabbiarmi ingiustamente, di non offendere. Purtroppo riconosco il fallimento.

Il non capire in cosa si crede fa in modo che ci siano ad esempio criminali che uccidono l'altro in nome di Dio o che uccidono persone senza scrupoli, "tanto poi ci si confessa".  Questo atteggiamente denota appunto la differenza tra una moralità imposta e un'infantilismo della coscienza e una vera "buona volontà" nella quale certi atti non si commettono perchè "non sono giusti".

Ho anche appreso che secondo la Chiesa l'inferno è un'auto-esclusione all'amore e che in un certo senso ci va chi "vive solo per se stesso e non vuole bene a nessuno" (d'altronde in una comunità uno che non gli importa nulla dell'altro non ci rimane perchè "non è il suo habitat"). Mi è stato quindi detto che il "segreto" è aprirsi all'altro e "mettere a disposizione le proprie capacità" ossia "donare" all'altro. Ad una cosa del genere credo. Ad un Dio che manda all'inferno chi fa sesso prima del matrimonio non credo.

Mi dici di non "usare il cellulare fino alle Palme"! Ma come posso contattare un mio amico che non sento da molto tempo senza cellulare, specie se non riesco a vederlo di persona? Mi dici di perdonare controvoglia e mi impegno a farlo. Non credo nella "buona azione quotidiana" se questa non mi cambia e non la fa rimanere isolata in un mare di iniquità - ma questa come vedi è appunto coscienza. Ti confesso che ho anche cercato di pregare però non riesco a farlo in modo "sensato". Potrei dire di credere ma non sarei sincero, quindi non lo faccio.
In ogni caso è stato grazie a ragionamenti logici che ho capito che dire di credere e credere sono due cose diverse. Grazie a ragionamenti logici ho "scoperto" che "seguire i riti" non è sufficiente a rendere buona la volontà ecc. Come vedi la logica è utile. Così come lo sono il dubbio e la curiosità. Peccato che non appena dici "il papa non è infallibile" ti tolgono la cattedra come successo ad Hans Kung.  

L'assolutismo è pericoloso perchè conduce a volte a non capire in cosa si crede e quindi a venerare un "falso Dio" pensando di venerare un "vero Dio" (ossia venerare una falsa immagine di Dio).

Secondo me non è giusto ad esempio imporre con la violenza a qualcuno di andare a messa. E penso che non sia giusto nemmeno per te. Chi lo fa secondo me ha un'immagine errata di Dio.
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Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo/Assolutismo
05 Marzo 2017, 23:35:01 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Marzo 2017, 19:34:28 PMHo già espresso più che abbondantemente le mie posizioni in proposito nella discussione aperta da Ceravolo. Condivido l'idea che Gesù abbia relativizzato il rapporto con Dio. Questo processo di relativizzazione può essere individuato già in tutta la storia religiosa dell'Antico Testamento. In tutto questo cammino, tuttavia, fino a giungere al presente, vedo una conflittualità, una dialettica tuttora non risolta. Per esempio, nell'Antico Testamento c'è una continua tensione tra un Dio che non è l'unico e quindi si prende la rivalsa rivendicando di essere il migliore, il più potente, e un Dio che si pretende universale, unico nel mondo, e però non sa rispondere alle critiche di Giobbe, il quale gli chiede conto del perché delle proprie sofferenze. È il problema della teodicea. Anche Gesù oscilla tra relativizzazioni, come quando dice ai discepoli di non avversare chi fa miracoli pur non essendo dei suoi, e assolutismi, come quando prega il Padre affinché si formi un solo gregge sotto un solo pastore, il che equivale a desiderare che spariscano tutte le altre religioni e resti solo la sua. La questione continua oggi nella Chiesa, che col Vaticano II ha affermato che anche i non cristiani si possono salvare, e tuttavia con Ratzinger non è riuscita a trattenersi dal dichiarare che solo in Gesù c'è salvezza, non in un senso vago, ma nel senso più aggressivo secondo cui l'unica religione da ritenera vera e autentica rimane il Cristianesimo. Mi pare che a chiudere definitivamente la questione stia pensando il mondo in generale, mandando al diavolo filosofi e religiosi e disinteressandosi completamente di tutte queste questioni. Un ritorno credo che ci sarà, lo ritengo inevitabile, ma già adesso mi pare evidente che la metafisica non ha più come difendersi; i soli tentativi che riesce a fare sono di compromesso con il relativismo. D'altra parte, mi sembra che il relativismo fatichi ad affermarsi semplicemente perché è vittima di un sacco di fraintendimenti: si pensa al relativista come ad uno che dice che tutto è relativo, il che non è vero, uno che di conseguenza è del tutto privo di attenzione per criteri come la giustizia, la pace, l'amore, il rispetto. Insomma, mi pare che oggi il relativismo sia più che altro frainteso oppure sconosciuto.

Il tuo "relativismo" mi è sempre parso una sorta di "pensiero debole". Con questo intendo una posizione che vedendo che è inevitabile che i nostri giudizi dipendano dalla nostra prospettiva afferma che non si può affermare una "verità assoluta". Non lo definirei relativismo perchè chiaramente nella tua posizione è meglio non imporre piuttosto che imporre la propria prospettiva. Il tuo relativismo lo potrei definire "etico" rispetto ad esempio a chi afferma che "ogni azione ha lo stesso valore".

Citazione di: Duc in altum! il 05 Marzo 2017, 18:46:27 PM@Jacopus Complimenti, molto bello e profondo, unica annotazione che sento il "dovere" di notificare è:
Citazioneho intuito che il fondamento del relativismo moderno sta proprio nel Cristianesimo, nel suo accettare l'uomo, qualsiasi uomo.
...certo, ma sempre ricordando all'uomo che la salvezza offerta da Cristo non è per qualsiasi uomo, ma per qualsiasi uomo creda nel Cristo (Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.), ossia, Gesù ci pone un bastone mentre stiamo annegando, ma noi dobbiamo fare almeno il tentativo di afferrare quel bastone, quindi non basta con l'accettare che nell'uomo qualsiasi ci sia Cristo, dunque accettarlo relativisticamente, per poterlo (potersi) salvare.

E qui si potrebbe aprire il discorso su cosa significhi "credere". Su cosa significa "avere fede" ecc. Se credere significa credere allo stesso modo in cui si crede ad un fatto storico non ci vedo nulla di speciale e anzi non ci vedeva nulla di speciale nemmeno Gesù. Inoltre a volte se la prendeva proprio contro chi credeva in Dio (scribi, sacerdoti...) ed era molto più clemente con chi era "distante" dal culto, quasi a dire che se credi davvero in Dio devi saper amare l'uomo. Poi c'è il buon Samaritano (eretico) che "ha compassione" mentre il sacerdote che crede in Dio se ne sbatte altamente.
Crede di più in Dio uno che è pio ma se ne frega di tutto e di tutti (tipo quelli che vivono nel "loro mondo" e credono nella Terra Piatta...) oppure chi ha poca o nulla fede ma che si ammazza di lavoro per aiutare il prossimo? Lo stesso San Paolo, se non erro, oltre ad essere il "responsabile" della dottrina della salvezza per fede fa una affermazione scioccante per la quale l'amore è superiore alla fede (distinguendo in sostanza "fede", "amore" e "speranza"). Nel Vangelo di Giovanni si dice chiaramente che "chi crede in me non morrà" ma si dice anche che "riconosceranno che siete miei discepoli se vi amate gli uni con gli altri". Nel Vangelo di Matteo la salvezza si basa chiaramente sulle opere (ad esempio la parabola dei capri e delle pecore non nomina mai la questione dell'avere fede). Giovanni dice: "chi non ama non conosce Dio". Le beatitudini non nominano la questione della credenza ecc
Sinceramente credo che la compassione sia "superiore" alla fede perchè grazie alla compassione "puoi dare da mangiare ad un affamato..." senza prima chiedergli "credi nel Dio cristiano?".

Quindi caro mio Duc come puoi vedere non è affatto facile capire cosa significa "credere in Dio"...

La dottrina della "fede che giustifica" ha creato contraddizioni enormi. La Chiesa ha preferito per secoli che il suo "gregge" non avesse mai dubbi, che si concentrasse su piccolezze e che discriminasse porzioni della popolazione mondiale, invece di esortare all'amore che mi pare che sia la "cosa più importante". Forse senza amore non c'è (vera) fede e forse uno che sinceramente si "ribella" o ha "dubbi" forse crede di più di un altro.

Quindi ti chiedo: cosa significa "credere in Dio"? Anzi: vorrei che me lo dicesse la Chiesa visto che che a quanto sembra hanno le idee confuse. Si possono davvero salvare anche i credenti di altre fedi o gli atei giusti (per Bergoglio a quanto dice sì!) o lo dite solo perchè è "politically correct"? Un mio amico teologo e prete mi ha detto che la "teoria" del Cristo Pneumatico fa in modo che si possa "salvarsi" anche se non si è "consapevolmente" cristiani e che il compito della Chiesa è quello di migliorare la vita terrena (ossia "cercare di far vivere il Regno dei Cieli anche qui...") con l'ausilio della fede "consapevole".  

Secondo me anche voi credenti avete le idee confuse tanto quanto i "pericolosi" ricercatori della verità, dei pensatori liberi, degli infedeli ecc