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Messaggi - Phil

#91
Tematiche Filosofiche / Re: Nietzsche e Zarathustra
18 Gennaio 2025, 18:38:45 PM
Se non sbaglio (ho ricordi vaghi in merito), l'eterno ritorno è eterno ritorno dell'identico, quindi un "meccanicismo chiuso" in cui la necessità è fato, e il fato contiene già tutto. A differenza del meccanicismo lineare, te(le)ologico o meno che sia, che è invece caratterizzato da sviluppi nuovi: ciò che sta per accedere non è mai accaduto prima in modo esattamente identico; mentre nell'eterno ritorno ciò è già accaduto infinite volte in modo identico. La stessa volontà che accetta di volere (o non volere) tutto l'accadare per come accade, ha già fatto (o non fatto) questa scelta infinite volte; sempre l'identica scelta con sempre l'identico esito.
Nell'immanentizzare l'infinito nei cicli del mondo, affinché tale infinito non sia assegnato ad un ente superiore o a al tempo, si finisce comunque con il maneggiare l'infinito temporale: non è la storia umana ad essere infinita (in quanto riparte sempre e per sempre da capo), ma il tempo meta-storico lo è. Come dire che una lancetta che fa infiniti giri nell'orologio, non scandisce una giornata infinita, ma un infinito numero di giorni, tutti che ripetono le identiche ore in cui accadono fenomeni identici (prima la mezzanotte con il cucù che fa qualcosa, poi l'una di notte con il cucù che fa qualcos'altro, e così via... il cucù "vive" l'eterno ritorno secondo il fato necessario).
#92
Tematiche Filosofiche / Re: Nietzsche e Zarathustra
17 Gennaio 2025, 19:16:43 PM
Citazione di: Koba II il 17 Gennaio 2025, 16:59:27 PMNo. L'ingiunzione del sacro è un fatto tutt'altro che metaforico.
È una forza che spinge all'adorazione. E quando ciò accade al di fuori della mediazione di una religione/spiritualità attenta al valore della vita umana si frammenta in eccessi più o meno pericolosi, più o meno stupidi.
Ciò che è sacro non è deciso nel senso di una deliberazione, ma è scoperto, sentito, intuito. Si viene trascinati da esso.
Parto dall'esempio che hai usato, perché è meno ingenuo di quanto pensi: «liturgia», «devoti», «vita nuova», «idolo», etc. sono usati in senso metaforico parlando di Apple. Per verificarlo, prova a pensare a un contesto in cui non sono usati in modo metaforico: quello religioso. Ad esempio, la liturgia che parla dell'idolo ai devoti, nel caso religioso (pagano), rispetta letteralmente i significati di «liturgia», «idolo» e «devoti»; mentre parlando di Apple, il discorso è come una liturgia che parla del prodotto come se fosse un idolo, presentato a coloro che si comportano come devoti. Nel caso religioso c'è identità, nel secondo caso paragone («come») o, appunto, metafora.
La consapevolezza dell'uso delle metafore è secondo me cruciale, perché spesso si finisce vittima delle metafore (che sono sempre più onnipresenti nella retorica contemporanea, dai mass media ai social), dimenticandosi che sono tali.
Se ogni (s)oggetto che suscita involontaria fascinazione decidiamo assieme di chiamarlo «sacro», allora (anch'io banalizzo molto, ma per intenderci meglio) ci innamoriamo di una persona sacra, un quadro o una canzone che ci affabulano sono sacri, se siamo dipendenti dalle slot machine è perché sono sacre, etc. Chiaramente, questa "inflazione" della sacralità, ridotta a denotazione di qualunque fonte attrattiva, individuale o sociale, a prescindere da religione e spiritualità (così includiamo anche popoli amazzonici e boscimani vari), è una strada legittimamente percorribile. L'importante, per me, è riconoscere che, questa "sacralità multidisciplinare", sotto sotto, contiene nel suo repertorio anche una sacralità originaria, una sacralità storicamente possente, una sacralità che, a differenza delle altre, si presenta deliberatamente ed esplicitamente come sacra, senza metafore (ad esempio, cosa c'è di più sacro di una divinità che si rivela e si proclama tale con la sua propria voce? Fra Dio e "il dio denaro" non noti una certa discriminante di sacralità, una "gradazione" molto diversa di sacro, una certa metaforicità tutta da una parte? Davvero "il dio denaro" è solo un'altra divinità, proprio come quelle religiose, senza bisogno di virgolette, asterischi o note a fondo pagina?).
#93
Tematiche Filosofiche / Re: Nietzsche e Zarathustra
17 Gennaio 2025, 14:22:26 PM
La sacralità può essere metaforica o letterale: il sacro religioso non è metaforico, è una sacralità autentica, con le radici in Cielo, sacralità che è rapporto con il sovra-umano, il divino. La sacralità metaforica è quella per cui il "sacro" non ha più rapporto con il divino (ha le radici in terra), ma è "sacro" in quanto fondamentale e fondante, normativo, etc. ossia non è sacro, ma "sacro", come è "sacra" la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, come sono "sacri" gli assiomi di una matematica, etc.
La differenza fra la sacralità come tangenza asintotica con il divino e la "sacralità" come fulcro concettuale (v. "i maestri del sospetto") o sociale (v. citazione di Koba), è la differenza fra la religione e le scienze umane o, più semplicemente, fra un significato letterale ed uno metaforico.
Differenza che emerge ancora più lampante se si considera l'evento della violazione del sacro: dissacrare offendendo/adirando una divinità non è come dissacrare proponendo un altro orizzonte di senso (in politica, matematica o altro). La mutevolezza della "sacralità" umanamente decisa non può essere confusa con la perentoria sacralità del volere divino, proprio come le frontiere umane (v. etimo di «sacro»), sia per mobilità che per sorveglianza, non possono essere paragonate a quelle divine.
#94
Tematiche Spirituali / Re: La legge della parola
17 Gennaio 2025, 11:36:58 AM
Citazione di: Visechi il 17 Gennaio 2025, 10:28:20 AMTutto ciò sarebbe incontrovertibilmente vero se non fosse viziato da un errore che lo rende falso.
A quale errore ti riferisci?
#95
Tematiche Spirituali / Re: La legge della parola
16 Gennaio 2025, 21:59:07 PM
Citazione di: Visechi il 16 Gennaio 2025, 21:32:29 PMle scienze dicono delle emozioni, dei sentimenti, della coscienza un fumoso "come" ma proprio non sono in condizioni di raccontarci il "perché".
La scienza analizza e spiega principalmente tramite causalismo, ossia una azione è il perché della reazione che essa causa (semplificando molto, intendiamoci); "perché" in senso scientifico; ovviamente se cerchiamo "perché esistenziali" nella scienza, resteremo delusi.
Rimane altrettanto evidente che la scienza non ha certo spiegato tutti i perché causalistici possibili (potenzialmente infiniti), ma ne ha inquadrati molti, al punto che il suddetto "cuore di mamma" ha trovato un suo perché, non ipotetico, non romantico e non oggetto di fede (è già qualcosa, direi).

Provando a rientrare in topic: anche la scienza, come la religione, ha una sua parola legiferante (o che aspira ad esserlo), una parola che costruisce un suo mondo di spiegazioni (bocciando quelle che poi non "funzionano"), di cause (v. sopra), di fruibilità; un mondo che dovrebbe rendere leggibile il mondo sottostante (quello della "nuda esistenza mondana"), ma anche in questo caso, l'esigenza di una leggibilità presuppone a sua volta l'esigenza di una scrittura, di un tracciare identità isolando "cose" nel mondo, in una dialettica che costruisce ciò che conosce (principio di identità) per poi conoscere meglio ciò che ha costruito (causalismo e ricerca di perché sempre più micro- o macro-scopici, chiaramente con il loro saldo ancoraggio nella realtà).
#96
Tematiche Spirituali / Re: La fede in Dio
16 Gennaio 2025, 18:04:28 PM
Credo vada distinto, come sempre, l'aspetto spirituale da quello sociale-antropologico: da un punto di vista spirituale, il cristianesimo tende ad appiattire le gerarchie fra gli uomini, parlando di fratellanza, uguaglianza, etc. auspicando che ciascuno aiuti l'altro, rivalutando i poveri (per i quali è più facile entrare nel regno dei cieli,) etc. Da un punto di vista sociale, storico, etc. come già ricordato da anthonyi, le comunità umane hanno invece da sempre la tendenza (il bisogno, direi) a gerarchizzarsi, quindi, anche quando è la religione ad avere il potere giudiziario, temporale o simili, ci sarà (e di fatto c'è sempre stato) qualche uomo più in alto, più vicino a Dio degli altri e quindi con potere decisionale su di loro (sottoposti).
Più in alto gerarchicamente lo erano i giudici ai tempi degli ebrei, lo erano altre figure nel medioevo e lo sono oggi (solo in ambito religioso, dato quello che è successo dopo il medioevo) le gerarchie religiose rispetto ai credenti (e sappiamo quanti cambiamenti dottrinalmente rilevanti siano stati introdotti, strada facendo, proprio in virtù della maggior vicinanza a Dio, da parte dei suoi rappresentanti, plausibilmente "eletti dall'alto", non certo dal basso).
Come spesso accade, la spiritualità iniziale è stata poi declinata dalla natura umana che storicamente, alla lunga, tende sempre ad avere il sopravvento, ma concordo con chi sostiene che la religione cristiana (originaria) predichi meno gerarchie di quante ne predichino altre organizzazioni laiche (e non lo dico come encomio per l'una o per le altre).
#97
Tematiche Spirituali / Re: La legge della parola
16 Gennaio 2025, 12:39:13 PM
Citazione di: Visechi il 15 Gennaio 2025, 19:00:41 PMQuesto val la pena evidenziarlo. Le emozioni e i sentimenti son ciò che più ci affranca dal molto spesso greve giogo dello scientismo.
In realtà ci sono scienze (affrancate per loro natura dallo scientismo) che hanno molto da dire su amore, emozioni, sentimenti, etc. ed altre scienze che spiegano, a loro volta, la resistenza che alcuni hanno nell'accettare che alcune scienze spieghino e demistifichino idealizzazioni dalla lunga storia (ad esempio, il "cuore di mamma" si spiega con biologia, genetica, psicologia, etc., ma possiamo continuare a credere sia invece un dono che tutte le mamme ricevono dal Cielo, mistero di fronte a cui la scienza resta muta).
#98
Tematiche Spirituali / Re: La legge della parola
14 Gennaio 2025, 22:04:55 PM
Citazione di: Koba II il 14 Gennaio 2025, 19:28:14 PMPer "nuda vita" intendevo [...] Ovvero qualcosa di insensato, di estraneo, di gelido (come al melanconico appare la vita nei suoi momenti peggiori).
Insensata, estranea e gelida non è forse come riusciamo ad intuire sia la realtà oggettiva, al di fuori del nostro sguardo significante, appropriante e "caldo"?
Forse c'è più noumenica realtà in sé in «quel qualcosa di insensato, di estraneo, di gelido» che in tutte le nostre prospettiche interpretazioni umanocentriche; forse c'è della "saggezza di frontiera" in quella melanconia.

Citazione di: Koba II il 14 Gennaio 2025, 19:28:14 PManche il rifiuto della vita civile e l'eventuale decisione per un'esistenza nella natura selvaggia implica la capacità di immaginare un certo modo di abitare il mondo etc., cioè anche il rifiuto radicale della civiltà per essere perseguito ha bisogno della capacità di una partecipazione all'ordine simbolico.
Non a caso ho parlato di «alienazione a sola andata»(autocit.); ossia una volta alienati, anche il disincanto è inizialmente mosso dalla cronica dipendenza da significati, ideali e concettualizzazioni (bene inteso, non è una mia preferenza personale o un augurio per l'umanità, ma la constatazione di come la nuda vita sia sempre la base, a prescindere dai vestiti che ci mettiamo sopra e dalle resistenze culturali che abbiano verso la nudità).
#99
Tematiche Spirituali / Re: La legge della parola
14 Gennaio 2025, 18:56:32 PM
Non è un caso se ho scritto cultura fra virgolette; infatti la capacità simbolica, astratta, etc. del linguaggio è sia ciò che aliena dalla nuda vita, sia ciò che rende possibile sovrastrutture come la medicina, l'economia, l'arte, etc. che sono ben oltre la nuda vita, pur occupandosene.
Una "cultura della nuda vita" (riuso le virgolette) sarebbe una socialità poco tecnologica e molto animale(sca), ai limiti della naturalità/naturalezza che oggi definiamo assenza di cultura, antropologicamente intesa.
#100
Tematiche Spirituali / Re: La legge della parola
14 Gennaio 2025, 16:41:38 PM
Citazione di: Koba II il 14 Gennaio 2025, 09:07:42 AMLa parola crea il mondo nel senso della produzione di un ordine simbolico, qualcosa capace di proteggerci dalla nuda vita.
In realtà, secondo me, la parola non ci «protegge dalla nuda vita», piuttosto ci aliena radicalmente dalla nuda vita, al punto che il disincanto da tale "alienazione a sola andata" ha spesso tratti traumatici. Il fatto stesso che "tornare" alla nuda vita spingerebbe molti al suicidio, dimostra quanto tale visione alienata/incantata sia ormai cronicizzata e il solo pensiero di uscirne, spaventa (fermo restando che non è un'uscita che oggi sia facile compiere).
Se in realtà l'uomo vivesse tale nuda vita per abitudine o per "cultura", in quella prospettiva meno simbolica, meno mediata, meno concettualizzata, persino il suicidio non sarebbe né brutto, né sbagliato, ma nemmeno qualcosa che avrebbe un motivo per essere compiuto (quanti animali meno simbolici si suicidano? Quali sono i tassi di suicidio nei paesi più e meno "colti"?). L'universo simbolico sembra proteggerci dalla nuda vita, ma in quell'universo c'è persino la spinta a togliersela... spinta che nella nuda vita ha poco o nessuno spazio.
Riprendendo il passo biblico citato all'inizio: per sentire il bisogno dei vestiti, bisogna accorgersi di essere nudi, e per accorgersi di essere nudi e valutarlo vergognoso, bisogna avere il concetto di "nudità", di "vergogna", etc. la mela ha "alienato" Adamo ed Eva dal Paradiso o li ha "protetti" dai pericolo della loro nudità?
Fuori dal contesto figurato: oggi il nostro corpo è ormai inadatto a vivere senza vestiti, la "nuda vita da nudi" ci sarebbe mortale prima per fisiologia che per psicologia, ma nondimeno la consapevolezza di quale sia la nuda vita (vestiti a parte, o meglio, sotto i vestiti) riaffiora ogni volta che le funzioni vitali vengono minacciate e tutto l'universo simbolico di valori, ideali, edonismo, "sensi della vita", etc. passa in secondo piano rispetto, ad esempio, a una malattia improvvisa che ci fa "incentrare centripetamente" sulla nostra nuda vita individuale.
#101
Varie / Re: Il paradosso del Dr. Tenma
14 Gennaio 2025, 16:14:46 PM
Se ho ben capito:
- se viene salvato il bambino, poco dopo l'ospedale chiuderà per motivi economici
- se viene salvato l'anziano, poco dopo l'ospedale chiuderà per pressioni mediatiche
Non potendo quantificare i due "poco dopo", così da valutare quante vite verrebbero salvate (al ritmo di due a settimana) nell'uno e nell'altro caso, mi sembra comunque che la situazione più "negoziabile" e "disinnescabile" sia quella della pressione mediatica. Premere per la chiusura di un ospedale, che potrebbe invece restare aperto (a causa della donazione della "vedova mancata"), significherebbe in questo caso premere per la "prevedibile" morte di due persone a settimana; pressione quantomeno discutibile sul piano etico (a differenza del fallimento per cause economiche, situazione solitamente meno "immorale").
Si tratta in fondo del "problema del carrello", con un numero indefinito di persone su due binari (sapendo solo che la prima  persona di un binario è il bambino e la prima dell'altro binario è l'anziano), sebbene uno dei due binari paia essere un po' in salita (per motivi etici: il fare pressione per la chiusura di un ospedale impedendogli di salvare due vite a settimana); non c'è certezza, ma chissà che la salita non rallenti un po' il carrello, rendendolo meno letale (pur restando l'incognita di quante persone siano su ciascun binario, al "ritmo" di due ogni sette metri, ma ignorando quanto ciascun binario sia lungo...).
#102
Tematiche Spirituali / Re: La legge della parola
11 Gennaio 2025, 21:19:01 PM
Citazione di: Jacopus il 11 Gennaio 2025, 18:07:41 PMIn questa analisi molto ben scritta, Dio assume le sembianze del "principio di realtà", il senso del limite, l'accettazione del Due come principio organizzatore del mondo, contro la tentazione sempre presente di organizzarlo attraverso l'Uno, definito da Recalcati come l'ingresso della violenza nella vita umana.
La faccenda potrebbe essere letta anche diversamente: non è il Due il principio organizzatore del mondo, bensì l'Uno (dio) che "organizza" il secondo (l'uomo); non c'è solo istanza di pluralità, ma soprattutto di gerarchia (Uno non vale uno) e, sin da subito, di violenza, e violenza dall'alto, non violenza di scontro fra i due (Uno e uno). La violenza dell'estrazione della costola, quella del divieto/proibizione (senza nemmeno troppe spiegazioni "fra pari") di prendere i frutti dall'albero, quella della cacciata, quella della punizione, quella della condanna a moltiplicarsi (e che la "pluralizzazione" sia una punizione potrebbe dar adito a letture "dalla mano pesante", come insegna la storia dei "monismi gerarchici").
L'«ingresso della violenza nella storia umana» avrebbe allora matrice divina e sarebbe scaturito, come reazione violenta e "marziale", da un gesto non-violento (la presa del frutto); un gesto, diremmo oggi, "contro il sistema", anti-autoritario e quasi sfidante la mancanza di trasparenza con cui il diveto era stato dato.
Chiaramente ci sono anche altre interpretazioni possibili: il serpente come Es che si oppone al Super-(d)io, o l'edipica tentazione di cogliere, fra tutti gli alberi, proprio l'unico che appartiene a Dio (proprio come la madre è l'unica donna, fra tutte, che "appartiene" al padre), etc. come hai ben detto, la narrazione biblica ha un'elevata plasmabilità in termini di interpretazioni figurate.
#103
Tematiche Filosofiche / Re: Contro il rasoio di Ockham
07 Gennaio 2025, 00:49:55 AM
Nel monito di «non moltiplicare gli enti oltre il necessario» non credo sia opportuno mettere l'accento (teoretico) solo sulla moltiplicazione e dunque sulla quantità; è piuttosto quel «oltre il necessario» che, a mio avviso, dà molto da riflettere.
Riprendendo l'esempio di davintro: se vedo un campanile, è di fatto necessario tenerlo in considerazione; non importa se sono l'unico a vederlo; quando faccio l'inventario di ciò che ho davanti, quel campanile non è affatto un "ente oltre il necessario", è anzi necessario che sia considerato affinché possa dire di aver fatto un inventario "vero", con rigore e metodo. Poco importa se la verità, o meglio, l'esistenza del campanile è questione meramente prospettica, perché è comunque necessario che non venga ignorata da chi lo vede.
Se costui suppone che nel campanile ci sia anche un campanaro pronto a suonare, quello è allora un "ente oltre il necessario", giacché l'esistenza del campanile non comporta necessariamente quella del campanaro al suo interno. Nondimeno, se costui ha necessità (psicologica e non ontologica) di credere che nel campanile ci sia il campanaro, poiché fra poco costui si sposa e non vuole andare in ansia per ciò che potrebbe andare storto (fra cui l'assenza del suono delle campane), allora per costui anche il campanaro non sconfina "oltre il necessario", esiste "certamente" e non è frutto di improvvida moltiplicazione ontologica.
Chiaramente le necessità del cuore non sono quelle della ragione, ma è altrettanto chiaro che parlare di fede e ragione non è parlare solo di ragione. D'altronde, chi proporrebbe di rimuovere da una biblioteca i libri di poesia perché non hanno contribuito allo sviluppo scientifico? Chi penserebbe che siano "oltre il necessario"? La poesia ha una sua necessità che la necessità fisico-quantistico-meccanicistica non comprende (tanto per parafrasare un esperto di fede e ragione).
Per me sono quindi i confini delle molteplici necessità, quell'"oltre", ad essere il discrimine problematico, non la mera questione di "tanto contro poco" (anche perché, su un puro piano quantitativo, la scienza e la conoscenza, da sempre, sono un costante aumento di enti, teoremi, strumenti, "sottolivelli", etc.).
Lo stesso rasoio potrebbe risultare "oltre il necessario", secondo alcune prospettive; e non intendo quelle religiose, ma alcune di quelle scientifiche, secondo le quali formulare un'ipotesi di esistenza può essere una fertile "moltiplicazione oltre il necessario"(strettamente inteso), che talvolta può aprire nuovi campi di ricerca e nuove conoscenze. Di fronte a tale necessità di "esplorazione per congetture", di "prove ed errori", il rasoio è oltre, ossia un monito non necessario.
#104
Attualità / Re: Libano
04 Ottobre 2024, 14:34:34 PM
Citazione di: niko il 04 Ottobre 2024, 13:07:49 PMSe tutti gli italiani venissero costretti a fuggire in svizzera, e li' a vivere come barboni, i loro figli non sarebbero (barboni) italiani, sarebbero (barboni) svizzeri. Gli italiani, in queste condizioni, sarebbero annientati di fatto per il normale ricambio generazionale, e il normale sfumare della memoria intergenerazionale. Anche se nessuno li ha cercati casa per casa per ucciderli.  Qualunque popolo messo in condizione di non esistere piu' nel giro di cento o meno anni, secondo me e' vittima di genocidio.
Eppure proprio gli ebrei dimostrano da secoli (se non da sempre) che vivere in altri stati e persino non avere uno stato (prima del secolo scorso) non comporta affatto perdere la propria lingua, la propria religione, la propria cultura, le proprie usanze, etc. occorre poter distinguere il pubblico dal privato, la parte socialmente integrata con quella domestica (o comunque localizzata) in quanto ereditariamente "altra" (integrazione non significa necessariamente assimilazione, lo dimostrano anche molti musulmani presenti in Italia da più generazioni). Ovviamente in alcuni stati questa coesistenza fra tendenziale acculturazione pubblica e tradizione privata è più facile che in altri (non c'è bisogno di fare nomi, credo).
Chiaramente (spero) questa osservazione non va interpretata come un augurio per qualcuno di essere cacciato dalla sua attuale dimora, né vuole sminuire tutti gli aspetti problematici e drammatici connessi alle vicende in corso.
#105
Citazione di: Eutidemo il 03 Ottobre 2024, 10:32:36 AMQuando Kant afferma che "La proposizione aritmetica è <<sempre>> sintetica", fa comunque una affermazione inesatta; ed infatti anche i "numeri naturali" possono far parte di una "proposizione aritmetica".
E considerato che i "numeri naturali" sono quei "numeri reali positivi" la cui rappresentazione decimale termina dopo la virgola, contendo soltanto zeri, a mio parere, il mio esempio dell'1 + 1 = 2 resta valido; quantomeno con riguardo ai  "numeri naturali".
Cosa intendi per giudizio analitico? Kant intende quello secondo cui viene esplicitata una proprietà o un predicato denotante l'oggetto, e l'uno non è proprietà né predicazione del due: anche limitandoci arbitrariamente ai soli numeri naturali, l'uno è un "oggetto" (numerico) a sé stante, proprio come il due.
Sintetizzando due 1, otteniamo un 2, attuando un processo di conoscenza (che poi capiamo essere a priori perché non è soggetta ai capricci della contingenza e della mondanità). Analizzando un 2, vediamo che è un numero, una quantità, etc. ma ciò era già implicito nella sua "natura".
Esempio banale: quando rompi una noce, il guscio e il frutto non sono proprietà analitiche della noce, ma sono elementi sintetici che la compongono, ognuno con una sua identità distinta. Dirai che è ovvio che una noce sia fatta di guscio e frutto, così come è ovvio che (stando ai soli numeri naturali) 2 sia fatto dalla somma di 1 e 1, ma ciò non toglie che tale "ovvietà" sia un processo di sintesi fra elementi (guscio e noce, primo 1 e secondo 1); sintesi che, una volta scoperta, alimenta la conoscenza.