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Messaggi - giopap

#91
Tematiche Filosofiche / Re:Morale e libero arbitrio
03 Giugno 2020, 13:06:23 PM
Ma secondo me nella ricerca della verità si deve essere disposti ad esplorare l' orizzonte a 360°, non ci si deve autoimporre limiti pregiudiziali, come quello per il quale "Restare sulla linea di contrapposizioni dicotomiche non porta da nessuna parte perchè la relazione tra morale e libero arbitrio libera volontà è assai più complessa di una monodimensionalità sillogistica".

Questo va casomai dimostrato, non assunto pregiudizialmente (non la cmplessità della questione, ma la pretesa conseguenza inevitabilmente "antidicotomica").

...E in proposito sono sempre in paziente attesa che qualcuno mi illustri la differenza fra i presunto tertium liberoarbitrario liberovolontaristico e il secundum indetrministico-casualistico-caotico (il primum essendo deterministico; o viceversa se si preferisce).
Tertium che non può di certo identificarsi con il carattere estremamente complesso del determinismo: un determinismo non sarà mai tanto complesso da diventare ...indeterministico (ma casomai da non apparire tale "a prima vista" e invece da richiedere un' analisi laboriosa, magari del tutto impossibile di fatto, stante l' insuperabile imperfezione umana, per poter essere adeguatamente "squadernato", riconosciuto nei minimi dettagli).

Che esistano molteplici condizionamenti materiali (fisici e biologici) é per me ovvio ma non é l' aspetto centrale della questione.
Che invece é (anche, ma non solo, a voler considerare la cosa in astratto, a prescindere da tali ovvi condizionamenti) la inevitabile insignificanza etica di un agire (libero da condizionamenti estrinseci, ovviamente) indeterministico, e dunque anche liberoarbitrario ovvero liberovolontaristico.



Un "libero arbitrio" non arbitrario, ma motivato nelle sue decisioni, contestualizzate all'universo antropologico nel suo livello evolutivo, complesso come una matrice a tre dimensione, fin qui analizzato, se non é del tutto arbitrario ovvero indeterministico, allora inevitabilmente é (anche tenuto ovviamente conto del complesso contesto antropologico, evolutivo, ecc.) deterministicamente condizionato intrinsecamente nelle sue decisioni da qualcosa; qualcosa é costituito dalle qualità morali del suo titolare; e se non lo é, allora: o é integralmente condizionato dal contesto, oppure é incondizionato, ossia casuale.
#92
Tematiche Spirituali / Re:Spiritus Sanctus
03 Giugno 2020, 08:23:21 AM
Citazione di: bobmax il 02 Giugno 2020, 13:54:04 PM
Viator, scrivi:
"esserci" per me significa "stare ivi" (cioè dentro un certo ambito specificabile)

Converrai perciò con me che il Tutto non può esserci.

Quando si giunge al limite è difficile non cadere in contraddizione. Ma la caduta è indispensabile, per proseguire.

Il problema con gli specchi, è che tanti vi si arrampicano senza tuttavia accorgersene.


Oltre ad essere in tanti -spesso gli stessi- ad usare loro propri personalissimi dizionari senza tuttavia accorgersene.

Convengo che il tutto certamente non può (assurdamente, contraddittoriamente) esserci dentro un ambito parziale.
Non che non può essere reale (dentro alcunché di ulteriore che contraddittoriamente pretenda di contenerlo).
#93
Tematiche Spirituali / Re:Spiritus Sanctus
03 Giugno 2020, 08:17:57 AM
Citazione di: bobmax il 02 Giugno 2020, 10:36:12 AM
Giopap, chi stabilisce cosa è reale?
Sei tu e solo tu!
In quanto... soggetto.

La scissione soggetto/oggetto è stata già affrontata nel migliore dei modi da Kant.
Il quale, con l'onestà intellettuale che lo contraddistingue, non ne viene a capo. Se non con circoli e tautologie.

Certamente però non banali come la risposta empirista che non si avvede neppure della questione.
Come la tua, dove l'oggetto è semplicemente la realtà!
Cioè, parafrasando... reale è ciò che e reale...

Ma la realtà è un problema! Cara Giopap.

Apprezzo la tua grinta, ma a volte occorre trattenerla e meditare.

Soprattutto quando pur avendo la percezione del "limite" volutamente lo trascuriamo.

Ed è proprio questa nostra mente, che mente, la causa della corruzione della "verità" che pure ci ispira.


E' ovvio che a pensare la realtà, come a formulare qualsiasi altro pensiero sia un soggetto del pensiero stesso.
Questo credendo al fatto indimostrabile che l' esperienza cosciente non esaurisca a realtà, che ne esista anche un soggetto (e degli oggetti), fatto indimostrabile; perché altrimenti esisterebbe solo il pensiero della realtà, oltre che eventualmente altri enti ed eventi reali non pensati, sconosciuti (e proprio qui, nel raggiungimento della consapevolezza dell' indimostrabilità di nulla che ecceda la realtà degli eventi coscienti sta la grandezza dell' empirismo, e in particolare dell' "ultimo e più conseguente degli empiristi classici", David Hume: molto più perspicace e meno banale di Kant secondo me).

Ma questo fatto che, ammessa l' esistenza reale di un soggetto (e anche di oggetti), a pensare la realtà sia un soggetto non toglie che pensando alla realtà, a ciò che é reale, il soggetto pensante (senziente il pensiero della realtà) si riferisce non solo (non necessariamente solo) a se stesso o alla ("sua") esperienza cosciente ma anche ad eventuali atri enti ed eventi, l' esistenza reale dei quali non appare e non é dimostrabile esserci, accadere, ma nemmeno non esserci, non accadere.
Fra il possibile altro, se stesso come soggetto-oggetto e gli oggetti da sé diversi della sua esperienza fenomenica cosciente).

Hume, essendo consapevole dell' indimostrabilità del soggetto e degli oggetti di esperienza cosciente, di alcunché che la ecceda, é rimasto secondo me insuperato da Kant, che invece non ne era consapevole (e di averlo superato si illudeva).

Ma, a parte questo limite, mi sembra che Kant, distinguendo chiaramente fra apparenze coscienti (fenomeni) e cose in sé (noumeno) abbia risolto brillantemente, e in maniera logicamente corretta e plausibile, il problema dei rapporti fra soggetto e oggetto, entrambi cose in sé manifestantisi fenomenicamente -come fenomeni- al soggetto dell' esperienza fenomenica stessa.

Che la realtà sia la realtà é ovvio e banale come tutte le tautologie. Come pure (salvo il carattere non tautologico) che la conoscenza della realtà é un problema.

Per me la realtà é (sono) innanzitutto i fenomeni immediatamente apparenti, avvertiti, i quali sono l' unica cosa, gli unici enti ed eventi reali di cui non possa dubitarsi (se e quando accadono "presentemente in atto").
Ma essi (i fenomeni immediatamente apparenti) non sono né il soggetto né l' oggetto di essi stessi (compreso di quel particolare caso di esperienza fenomenica cosciente che é -se c' é, se realmente accade- la conoscenza; ovvero il predicato che é reale qualcosa che é reale o che non é reale qualcosa che non é reale).

Il soggetto e gli oggetti di esperienza cosciente fenomenica (e in particolare di pensiero e di eventuale conoscenza) non possono che essere (se esistono realmente, cosa credibile e che credo ma non dimostrabile) altre cose che la realtà fenomenica stessa: delle cose in sé, dal momento che si intendono essere reali anche indipendentemente, se e quando non sono reali, non accadono realmente le esperienze cosciente ed in particolare le eventuali conoscenze della realtà: né io né tu stiamo necessariamente sempre ininterrottamente sentendo (o in particolare conoscendo) qualcosa, ma sussistiamo anche durante il sonno senza sogni.

Francamente, senza presunzione, credo che, da seguace dell' "scettico moderato" Hume con tutti i dubbi dei quali ti ho appena mostrato di essere ben consapevole (con tutti i "se" e gli "eventualmente" che ho impiegato), non mi pare proprio di trascurare il senso del limite della conoscenza umana.
Nè di rischiare di "corrompere" la mia verità (di cadere in errore), ma piuttosto di sospendere prudentemente il giudizio (e nei casi nei quali, soprattutto a fini pratici, do l' assenso a giudizi non provabili, che potrebbero essere falsi, per lo meno di essere consapevole di questa loro incertezza o dubitabilità).
#94
Tematiche Spirituali / Re:Spiritus Sanctus
02 Giugno 2020, 08:34:31 AM
Citazione di: bobmax il 01 Giugno 2020, 23:10:11 PM
No Giopap, esistere, così come esserci, significa stare fuori.
E sta fuori proprio in quanto c'è altro.
È infatti l'altro a fare in modo che qualcosa possa esserci.


Non é vero:

"esistere" (e basta) == "esserci" (e basta) =/= "esistere dentro qualcosa" == "eistere fuori da qualcosa".
Esistere, così come esserci, significa essere reali, essere "al mondo", nella realtà, dentro o fuori qualsiasi luogo o recipiente recipiente indifferentemente.

Non confondiamo l' etimologia col significato attuale dei termini.



Citazione di: bobmax il 01 Giugno 2020, 23:10:11 PM
Noi stessi ci siamo solo perché c'è altro da noi.
Se altro non ci fosse noi non potremmo esserci.
È l'altro che ci fa essere!
E con "altro" si deve intendere ogni cosa diventi oggetto per noi.


Molto ovviamente e banalmente (e poco o punto filosoficamente) se non ci fossero (stati) i nostri genitori e tutto ciò che ha consentito loro di vivere e riprodursi di fatto non potremmo esistere.

Ma in generale, in linea teorica o di principio l' esistenza di qualcosa non richiede affatto necessariamente l' esistenza di altro.
Potrebbe essere reale unicamente un sasso e basta: perché no? Cosa lo renderebbe impossibile (in teoria non di fatto)?


E' casomai il nostro pensare, conoscere qualcosa che richiede di distinguerlo da altro; nell' ambito del pensiero, della conoscenza "omnis determinatio est negatio" (Spinoza), anche perché fuori dal pensiero, dalla conoscenza "nihil est determinatum" (giopap, si parva licet componere magnis; e basta con questo latinorum!).




Citazione di: bobmax il 01 Giugno 2020, 23:10:11 PM
È un errore fuorviante far coincidere "essere" con "esserci", "essere" con "esistenza".

L'esistenza è a valle della scissione originaria soggetto/oggetto.
Mentre l'essere è a monte.

Siamo così abituati all'oggetto, così convinti che la razionalità sia fonte di "verità", che cadiamo nell'allucinazione del pensiero logico/razionale.
Per il quale, persino il Tutto è un qualcosa.

Ci immaginiamo di porci fuori (!) dal Tutto per poterlo osservare, a mo' di oggetto, e quindi affermare: "È un qualcosa!"
Ma questo è solo il risultato della nostra mente allucinata.

Il Tutto non è affatto un qualcosa!
Come potrebbe?

Il Tutto è un'idea aperta.



No, questi sono irrazionalissimi paralogismi, autocontraddizioni.


E la razionalità é indispensabile (non sufficiente, ma necessaria) alla conoscenza della verità.
Infatti violandola si cade in errori come quello di confondere l' "essere qualcosa" di determinato nell' ambito del pensiero, delle considerazioni sulla "realtà in toto indistinta, quale é indipendentemente dall' eventuale essere oggetto di pensiero o meno" con l' "essere reale nell' ambito della
"realtà in toto indistinta, quale é indipendentemente dall' eventuale essere oggetto di pensiero o meno".
E conseguentemente si pretende erroneamente, falsamente, contraddittoriamente che il tutto (tutto indistintamente ciò che é reale) non sia reale per il fatto che non é "qualcosa" di pensato in particolare.

E questo é il risultato della nostra mente irrazionale.
#95
Tematiche Spirituali / Re:Spiritus Sanctus
01 Giugno 2020, 16:43:05 PM
Citazione di: bobmax il 01 Giugno 2020, 13:01:30 PM

c'è solo ciò che è qualcosa.
Se non è qualcosa, non c'è.

Il Tutto non è un qualcosa.
So che è difficile farsene una ragione, ma proprio non può essere qualcosa.



Di modo che possiamo ben dire che, seppur paradossalmente, il Tutto non c'è.

E non essendoci non possiamo certo dire cosa sia: non è "cosa".

Questa è la ennesima volta che rispondo alla tua interlocuzione. Senza che vi sia mai stato alcun seguito.

Qui confondi l' "essere qualcosa" (un ente o evento particolare con determinate caratteristiche; in quanto preso in considerazione, pensato nell' ambito della totalità indistinta del reale) con l' "esistere realmente".

C' é (esiste) realmente tutto ciò che c'é (esiste) realmente (la totalità indistinta del reale), qualsiasi cosa sia.
E tutto ciò che c'é (esiste) realmente, qualsiasi cosa sia (la totalità indistinta del reale), c' é (esiste realmente) singolarmente (ciascun ente o evento reale che possa essere considerato ad libitum) e complessivamente (tutti gli enti ed eventi considerati nel loro insieme).
La differenza fra "qualcosa" e "tutto" non sta nella realtà (nella totalità indistinta del reale), ma nel (nostro) modo di considerare (ad libitum, arbitrariamente) la realtà, ciò che esiste (parzialmente o complessivamente).
#96
Tematiche Spirituali / Re:Spiritus Sanctus
01 Giugno 2020, 16:31:51 PM
Citazione di: bobmax il 31 Maggio 2020, 23:04:41 PM
Cara Giopap,
concordo con te che "la perfezione in generale, e la perfezione della conoscenza in particolare, non esiste e non può esistere".
Ma per quale motivo diciamo che la verità assoluta non può esistere?
Cosa ce lo fa affermare?
Non è questo un nostro atto di fede?

Un atto di fede necessario.
Perché non solo la Verità non può esserci, non deve proprio esserci!

Ma qual è il motivo?

Sono convinto che il motivo consista nel fatto che la Verità, se ci fosse, annullerebbe questo nostro stesso esserci. L'assoluto non ammette alcun relativo, la sua sola esistenza renderebbe impossibile ogni relatività. E il nostro mondo molteplice vive solo in quanto relativo.

Quindi l'Assoluto non c'è.

Secondo me la verità assoluta (nella conoscenza umana del mondo reale; quello delle "verità logico - matematiche" -matematica "pura"- é un altro discorso) non può darsi per il semplice fatto che l' uomo non é perfetto, e in particolare perché pensa per concetti, i quali si definiscono mettendo in relazione altri concetti, articolati in proposizioni le quali constano di relazioni fra concetti.

Le affermazioni "che la Verità, se ci fosse, annullerebbe questo nostro stesso esserci. L'assoluto non ammette alcun relativo, la sua sola esistenza renderebbe impossibile ogni relatività. E il nostro mondo molteplice vive solo in quanto relativo" le comprendo poco; e quel poco che ne comprendo non mi sembra vero (comunque sicuramente non é dimostrato).


Citazione di: bobmax il 31 Maggio 2020, 23:04:41 PM
Perché allora occorre ricercare la Verità in perfetta solitudine?
Certo non per possederla. Perché si può possedere solo ciò che c'è.
Occorre cercare in noi stessi perché la Verità è lo stesso Essere.
Essere = Esser Vero
E noi che altro siamo se non Essere?


Anche qui capisco poco e sono convinto ancor meno.

Il concetto di "essere" é ben diverso da quello di "verità": l' essere può darsi di concetti meramente pensati, immaginati o di enti ed eventi reali a seconda delle due ben diverse accezioni in cui può essere inteso; invece la verità (sempre circa la realtà, prescindendo dalle ben diverse "verità logico - matematiche") é la caratteristica di una proposizione che predichi l' essere/accadere reale/realmente di qualcosa che realmente é/accade o il non essere/non accadere reale/realmente di qualcosa che realmente non é/non accade.



Citazione di: bobmax il 31 Maggio 2020, 23:04:41 PM
Così sebbene l'altro sia indispensabile per stimolarci a cercare (Senza l'altro saremmo infatti nel nulla) poi lo stimolo che abbiamo ricevuto, per essere produttivo, deve condurci verso la fonte di noi stessi.

Che però può essere per noi solo fonte d'ispirazione.
Questa ispirazione nel momento stesso in cui è appena pensata... è già corrotta. Non è più ciò che originariamente era.
Perché il nostro mondo è relativo, imperfetto. Non ammette assoluti.

Di modo che questa nuova idea poi magari si diffonde, ma perdendo inevitabilmente la purezza iniziale.


Anche qui capisco poco e condivido anche meno.
Anche senza gli altri (per assurdo saremmo qualcosa: noi stessi).
Perché mai appena si pensa qualcosa il pensato dovrebbe essere corrotto?
Certamente resta quello che é finché realmente accade; e il fatto più che ovvio e banale che dopo, prima o poi, non é accade più realmente non ne cambia la verità o la falsità di quando era pensata.
Inoltre non vedo cosa possa essere quella "purezza" che ogni nuova idea sarebbe destinata inevitabilmente a "perdere" diffondendosi.



Citazione di: bobmax il 31 Maggio 2020, 23:04:41 PM
Riguardo all'ateismo, occorre considerare che, sebbene possa apparire paradossale, "chi crede non è ancora figlio di Dio".

La fede infatti, se non si estingue nell'Essere, è la porta che conduce all'ateismo mistico. Che è l'autentico ateismo. Gli altri sono solo giochi intellettuali.

La ricerca della Verità, spronata dalla fede, richiede infatti di abbandonare la fede stessa!
L'Essere richiede un aut-aut radicale.
Perché non puoi credere ciò che sei!

O sei o non sei.

E se invece vuoi solo "credere" di essere, allora questa credenza non può che prima o poi crollare perdendo così l'obbiettivo agognato. Ecco l'ateismo.



Sempre più "nebbia" e sempre più "fitta in Valpadana".
#97
Tematiche Filosofiche / Re:Morale e libero arbitrio
31 Maggio 2020, 19:40:13 PM
Veramente continuo a non capire.


Io ho sempre sostenuto che l' agente la cui volontà non coartata da cause di forza maggiore causa (deterministicamente) un evento é responsabile dell' evento stesso (in particolare moralmente, e proprio per questo determinismo intrinseco al suo agire, e per nient altro); mentre tu, al contrario, che affinché chi agisce sia responsabile delle sue azioni deve farlo liberoarbitrariamente, cioé indeterministicamente, casualmente, fortuitamente.
#98
Tematiche Filosofiche / Re:I fondamenti delle idee.
31 Maggio 2020, 19:32:24 PM
Citazione di: iano il 31 Maggio 2020, 19:17:24 PM
@Giopap
Io invece da un po' ti capisco perfettamente da un po',con mia soddisfazione .
Ma dividere un pezzo di terreno con tre alberi e altro è una divisione  di seconda mano.
Perché tu possa fare quella divisione una è gia' avvenuta a tua insaputa ed è quella che ti permette di parlare di terreno e di alberi , cioè di vedere il mondo in quei termini ,e quindi perciò è utile.
Sia chiaro che la tua posizione è una buona base su cui stare ,e la tentazione di coabitarci con te è anche una piacevole tentazione .
Io però sto cercando di esplorare i confini di quel terreno, non tanto per vedere cosa ci sia oltre , ma per immaginare cosa potrebbe stare al posto suo.


Poiché per parte mia non capisco una beata mazza di quanto affermi tu, sarei molto dubbiosa circa la comprensione di quanto affermo io da parte tua.


Non vedo come, in che senso la mia distinzione dal resto del terreno coi tre alberi e la mezza casa (ma allora anche delle palle usate da Galileo) sia "di seconda mano" (quella delle palle -ovviamente non in senso anatomico, ha ha!- di Galileo in realtà la é perché il promo a farla é stato il grande pisano; anzi é per lo meno di terza o quarta mano perché non ho avuto la fortuna di conoscerlo; ma quella del pezzo di terra coi tre alberi e la mezza casa, fra l' altro del tutto immaginaria, non l' ho sentita fare mai da nessuno prima di me).


E quale mai "divisione" fra quali mai cose e da parte di chi mai sarebbe (a-ri-mai) quella che a mia insaputa (perbacco! che insolenza! Ma come si permette l' ignoto divisore?) sarebbe "quella che mi permette di fare tale mia distinzione" ? ? ?


Che cosa tu stia cercando (il significato metaforico del "terreno", dell' "esplorazione dei suoi confini", di "ciò che sta oltre il terreno" e di "ciò che potrebbe stare al posto del terreno" per me é -come dicevano una volta alle previsioni del tempo- "fitta nebbia in Valpadana".
#99
Tematiche Filosofiche / Re:Morale e libero arbitrio
31 Maggio 2020, 19:13:05 PM
Citazione di: Apeiron il 31 Maggio 2020, 15:45:30 PM
Citazione di: giopap il 30 Maggio 2020, 18:52:49 PM

giopap:
La mia tesi é invece che non vi é alcuna posizione intermedia (che sia un' ipotesi) effettivamente sensata...
@giopap,Secondo me, il problema è proprio che non riesco a trovare una definizione sufficientemente rigorosa. Non è qualcosa di banale, anzi. Infatti, riconosco che ciò può essere in effetti un'obiezione alla posizione del 'libero arbitrio', nel senso che può essere come dici tu che ciò sia dovuto al fatto che non ci sia una posizione 'alternativa' realmente sensate a quella 'negazionista'.
Personalmente, invece, non credo che tale obiezione sia 'definitiva'. 
Siccome, però, non credo di riuscire a trovare un modo migliore per formulare il concetto di 'autonomia' né a trovare argomentazioni migliori di quelle che ho trovato, credo che si debba constatare il dissenso  :) 

Mi permetterei però anche di ribadire che in questo modo ci si aggrappa disperatamente (non
riuscendo a trovare un modo sensato per formulare il concetto di 'autonomia' in alternativa a 'determinismo' e 'indeterminismo') ad un estremo tentativo si salvare qualcosa di "sacro" che "elevi" l' umanità "sopra" il resto della natura (ma evitarlo razionalisticamente non significa certo disprezzare l' umanità, ma casomai apprezzarla debitamente e sobriamente, come tanti hanno fatto a cominciare da Epicuro e anche da prima).



Citazione di: giopap il 30 Maggio 2020, 18:52:49 PM

giopap:

Perché una scelta di un agente intenzionale possa essere valutata eticamente (come più o meno buona o cattiva) necessariamente bisogna che la sua 'intrinseca volontà' sia anch'essa il risultato inevitabile di una o più (con) cause e che inevitabilmente produce una determinata azione; cause costituite dalle sue qualità morali.

Apeiron:
Qui ci sono due nessi causali, non uno.
(A) concause di varia natura -> 'intrinseca volontà'(B) 'intrinseca volontà' (+ eventuali altre concause) -> 'azione'
Se l''intrinseca volontà' è un effetto inevitabile dell''intrinseca volontà' in (A), secondo me non implica che in (B) l''azione' sia un effetto inevitabile.
Allo stesso modo se l''intrinseca volontà' sia un effetto dovuto ad un processo probabilistico in (A), secondo me non implica che in (B) l''azione' sia un effetto probabilistico. 


L' agire del soggetto intenzionale ovviamente interferisce col resto del mondo e con il suo determinismo causale; ma questo é, oltre ovvio, del tutto irrilevante.
La questione dirimente é se l' agire del soggetto intenzionale che col resto del mondo deterministicamente interferisce sia liberoarbitrario (=casuale, aleatorio) oppure deterministico: nel primo caso non ha alcuna valenza etica (come la "pseudo-buona azione" dello sfamare il povero semplicemente per l' accidente fortuito del perdere involontariamente il portafogli), nel secondo é conseguenza ontologica (effetto di causa) e gnoseologica (explanandum di spiegazione) delle sue qualità morali (come il consapevolmente decidere di donare del denaro a un indigente che ne ha bisogno).




Citazione di: giopap il 30 Maggio 2020, 18:52:49 PM[/size]giopap:La mia tesi é invece che non vi é alcuna posizione intermedia (che sia un' ipotesi) effettivamente sensata...

Citazione di: giopap il 30 Maggio 2020, 18:52:49 PMAltrimenti sarebbe solo una scelta casuale, come quella di chi sfamasse il povero non perché moralmente buono, generoso, magnanimo, ma perché casualmente avesse perso il portafoglio pieno di denaro e questo fosse stato trovato dal bisognoso: un' azione eticamente del tutto irrilevante!

Perché non obietti a questo esempio illuminante, che a mio avviso taglia la testa al toro (dimostrandomi che invece non la taglia)?




Perché, sinceramente, non vedo il collegamento con la questione del 'libero arbitrio' (ovviamente concordo che nel primo caso si ha un'azione virtuosa, nel secondo caso invece è casuale).   


Ma come fai a non vedere il nesso?


L' unica differenza fra il primo caso e il secondo (che fa del primo un caso di azione virtuosa e del secondo un' azione fortuita, eticamente del tutto irrilevante) é quella fra il determinismo intrinseco del primo caso (la virtù dell' agente come causa deterministica del suo comportamento) e l' indeterminismo intrinseco del secondo (l' assenza di una causa deterministica costituita dalle generosità personale propria dell' agente che lo "costringa" a fare quello che fa, che causi la sua azione, la quale proprio per questo e non per altro sarebbe viceversa stata virtuosa; del tutto esattamente, precisamente, "al 100%" come nel caso del libero arbitrio).

Citazione di: giopap il 30 Maggio 2020, 18:52:49 PM
bobmax:

Responsabilità di un evento significa che vi è stata una causa. È la causa la responsabile dell'evento.

Apeiron:
Qui secondo è troppo generico e 'metaforico' l'utilizzo del termine 'responsabilità'.

giopap:
In che senso?

A me apre perfettamente appropriato nel suo significato letterale.

Apeiron:
Dal dizionario online 'Treccani':
Citazioneresponsàbile (ant. risponsàbile) agg. e s. m. e f. [der. del lat. responsum, supino di respondēre «rispondere» (propr. «che può essere chiamato a rispondere di certi atti»), sull'esempio del fr. responsable]. – 1. agg. e s. m. e f. a. Che risponde delle proprie azioni e dei proprî comportamenti, rendendone ragione e subendone le conseguenze......b. Che risponde personalmente dell'esecuzione dei compiti e delle mansioni affidatigli, dell'andamento del settore di attività cui è preposto......2. agg. Che si comporta in modo riflessivo ed equilibrato, tenendo sempre consapevolmente presenti i pericoli e i danni che i proprî atti o le proprie decisioni potrebbero comportare per sé e per altri, e cercando di evitare ogni comportamento dannoso......


Quindi sembra che l'aggettivo responsabile nella frase riportata di bobmax era 'metaforico'. So benissimo che lo si usa moltissimo. Si dice, per esempio, che "il bacillo di Koch è il batterio responsabile della tubercolosi", nel senso che è la causa della malattia. Tuttavia, (1) da quanto si legge dalla citazione di cui sopra sembra essere una generalizzazione metaforica del significato '1a' e (2) il contesto era la discussione dell'etica/morale. Se ho frainteso, chiedo venia  :)

giopap:

Secondo me le definizioni confermano che chi causa un effetto, se é un agente intenzionale non coartato nella sua volontà (la quale pertanto deterministicamente causa l' effetto) da "cause di forza maggiore" ne é responsabile (in particolare moralmente).
E lo é proprio per il determinismo - non casualismo - non libero arbitrio del suo agire.

Infatti chi per esempio non rispetta la precedenza di un' altro utente della strada causandone la morte, nè é responsabile (anche legalmente).


Apeiron:
Quindi in realtà anche tu concordi che la 'responsabilità' non si riduce alla sola causalità (che era quello che intendevo io...)  :)


Ma da dove salterebbe mai fuori questo presunto fatto (che destituisco ipso facto di ogni fondamento!) che io concorderei che la responsabilità non si ridurrebbe alla sola causalità (deterministica intrinseca all' agente considerato e non coartata da estrinseche cause "di forza maggiore") ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ? ?


In realtà ho affermato a chiarissime lettere l' esatto contrario; ossia che:

chi causa un effetto, se é un agente intenzionale non coartato nella sua volontà (la quale pertanto deterministicamente causa l' effetto) da "cause di forza maggiore" ne é responsabile (in particolare moralmente).E lo é proprio per il determinismo - non casualismo - non libero arbitrio del suo agire.

Ma stimo parlando forse due diverse lingue?
#100
Tematiche Filosofiche / Re:I fondamenti delle idee.
31 Maggio 2020, 18:17:28 PM
Citazione di: iano il 31 Maggio 2020, 16:45:38 PM


Secondo me bisogna innanzitutto distinguere fra il mondo (o meglio: questo mondo materiale naturale) quale intersoggettivamente é (e diviene) e il nostro pensiero di esso; pensiero che se vi é "conforme" (se lo predica essere quale é e/o non essere quale non é) ne costituisce per definizione conoscenza (vera).
———————————————
Distinzione basilare e non aggirabile. Conforme virgolettato. E se togli le virgolette?


Le virgolette le ho messe perché quella "morfologica" é una metafora; il senso letterale é "se lo predica essere quale é e/o non essere quale non é".


Citazione di: iano il 31 Maggio 2020, 16:45:38 PM

Il mondo (materiale naturale) quale intersoggettivamente é diviene é un "tutto indistinto".
Nell' ambito del quale il nostro pensiero può ad libitum "prendere in considerazione" distintamente i più svariati aspetti, parti, componenti.
Ma, sempre poste certe conditiones sine qua non indimostrabili (essere vere né essere false), non tutte le indefinite, illimitate considerazioni di (o distinzioni teoriche fra) sue parti o aspetti hanno la stessa utilità teorica e pratica.
Talune sono perfettamente inutili, "insignificanti", "speciose", mentre talaltre consentono di rilevarne regolarità di mutamento, elementi od aspetti universali e costanti cui finora tutte le osservazioni mostrano che il suo divenire si é sempre ed ovunque accordato; e che é dunque ragionevole ritenere (ma non dimostrabile) vi si accorderà sempre e dovunque anche in futuro e altrove.

Questa é precisamente la conoscenza scientifica.
——————————————
Non tutte le distinzioni possibili hanno lo stesso peso, ma molte hanno e mantengono peso pur dimostrandosi inconciliabili , come se facessero parte di mondi diversi , pur avendo carattere imterosoggetivo e quan'altro occorra a dare patente di scientificità.
Non mi sembra un modo elegante di uscire da questa contraddizione il farne una questione dimensionale: una teoria per la piccola una per la media e una per la grande dimensione in una ottica sartoriale.
Al progredire della conoscenza ,come essa sembra dispiegarsi, non sembra necessario un progressivo conformarsi a qualcosa di univoco.

Ciò è sicuramente desiderabile , ma non necessario.
Seppure questo sia uno dei desideri che  anima l'impresa scientifica questa ha dimostrato di poter sopravvivere anche senza.
E non è un fatto da poco .
Ciò ci induce a ridefinire cosa si intenda per conoscenza.
Il mondo può essere diviso in diversi modi e ricomposto in altrettanti e queste ricomposizioni , che secondo me equivalgono al nostro capire , ovviamente non coincidono , ma convergono , in quanto uno e solo uno è il punto di partenza .


Non capisco quasi nulla, la "questione dimensionale" (?), la pretesa "ottica sartoriale" (?) e la questione dell' "univocità o meno delle teorie scientìtifiche" (?).


Comunque secondo me é evidente che se considero ("ritaglio ad libitum dal resto di esso") una parte del mondo fisico materiale rappresentata per esempio da un area di terreno con tre alberi e metà di una casa che vi si trovano sopra (cosa assolutamente "lecita"), questo "oggetto" così considerato non mi serve a conoscere alcunché.
Invece se considero le palle che Galileo faceva rotolare sui piani inclinati per studiare la gravità posso ottenere importanti conoscenze scientifiche (...veramente di fatto le ha ottenute Galileo).


E poiché il mondo fisico materiale é uno solo non possono darsi più teorie reciprocamente alternative (cioé che dicono cose diverse, reciprocamente incompatibili e non complementari, degli stessi oggetti, degli stessi enti e/o eventi, degli stessi fenomeni intersoggettivamente osservabili) ed essere tutte vere.
La scienza, nel corso del suo sviluppo può passare periodi di incertezza, di irresolutezza fra teorie reciprocamente alternative, ma non può considerarle tutte vere; invece cerca osservazioni o esperimenti "cruciali" che possano dirimere fra vero (presumibilmente, e almeno limitatamente, relativamente) e falso, ovvero falsificare tutte le teorie in reciproca alternativa (prima o poi; ci vuole pazienza) tranne una.
#101
Tematiche Filosofiche / Re:I fondamenti delle idee.
31 Maggio 2020, 16:07:28 PM
Mi sembra che tu consideri il mondo materiale naturale (che per me non esaurisce la realtà in toto).


Per parte mia cedo che questo mondo, ammesse alcune conditiones sine qua non indimostrabili (essere vere, né essere false), sia intersoggettivamente constatabile e che divenga ordinatamente (che non sia il mondo indistinguibile in parti e immutabile di Parmenide).


Secondo me bisogna innanzitutto distinguere fra il mondo (o meglio: questo mondo materiale naturale) quale intersoggettivamente é (e diviene) e il nostro pensiero di esso; pensiero che se vi é "conforme" (se lo predica essere quale é e/o non essere quale non é) ne costituisce per definizione conoscenza (vera).


Il mondo (materiale naturale) quale intersoggettivamente é diviene é un "tutto indistinto".
Nell' ambito del quale il nostro pensiero può ad libitum "prendere in considerazione" distintamente i più svariati aspetti, parti, componenti.
Ma, sempre poste certe conditiones sine qua non indimostrabili (essere vere né essere false), non tutte le indefinite, illimitate considerazioni di (o distinzioni teoriche fra) sue parti o aspetti hanno la stessa utilità teorica e pratica.
Talune sono perfettamente inutili, "insignificanti", "speciose", mentre talaltre consentono di rilevarne regolarità di mutamento, elementi od aspetti universali e costanti cui finora tutte le osservazioni mostrano che il suo divenire si é sempre ed ovunque accordato; e che é dunque ragionevole ritenere (ma non dimostrabile) vi si accorderà sempre e dovunque anche in futuro e altrove.
Questa é precisamente la conoscenza scientifca.
#102
Tematiche Spirituali / Re:Spiritus Sanctus
31 Maggio 2020, 15:38:52 PM
Caro bobmax (il tuo atteggiamento mi induce a prendermi una certa confidenza) segnalo alcune cose che non comprendo (e forse non condividerò mai).
Innanzitutto il fatto che la verità debba necessariamente perdersi nel diffondersi ad altri, che per restare tale debba necessariamente ricercarsi e coltivarsi "in perfetta solitudine".

Inoltre la ricerca della conoscenza può nascere come "slancio verso l' assoluto", intendendosi la verità come assoluta nel senso di un ideale cui tendere e cui magari cercare indefinitamente si avvicinarsi "asintoticamente". Ma qualsiasi conoscenza, qualsiasi verità umanamente raggiungibile non può che essere comunque relativa, parziale: la perfezione in generale, e la perfezione della conoscenza in particolare, non esiste e non può esistere; per lo meno nel mondo reale di fatto da noi praticabile, vivibile

Il mio ateismo data dalla mia gioventù, da quando ho cominciato a "ragionare con la mia testa" (mera metafora!) e a mettere in dubbio quanto appreso in famiglia e a scuola, e cioé da molti decenni (ahimè sono vecchia; "ahimè relativamente, perché si tratta di una condizione che sarebbe preferibile non dover subire, ma che nondimeno é inevitabile e anche serenamente accettabile per fortuna).
Questo non toglie che possa essere comunque "acerbo" (la gioventù interiore o "d' animo", come disse una volta il nostro fisicamente anziano, amatissimo presidente Pertini con parole solo letteralmente un po' diverse da queste mie, consiste proprio nel ritenersi sempre "acerbi" nelle proprie convinzioni, nell' essere sempre disposti a rimetterle in discussione).
Può benissimo non discostarsi troppo dalle credenze religiose (e di qualsiasi altra natura) di chi cerchi con onestà (anche; e per lo meno) intellettuale la verità; cui cerco sempre di tributare il mio profondo rispetto, e anche una certa ammirazione (qualunque riferimento, fra gli altri, alla tua persona, ovviamente, non é puramente casuale; ed é inutile e nasconderlo, come se mi dovessi vergognare, da persona nota fra chi mi conosce per dire sempre pane al pane e vino al vino, o almeno per cercare sempre di farlo).

Ma esistono diversi ateismi, così come esistono diversi teismi e diversi modi di essere religiosi; e non ce n' é uno che possa considerarsi più "autentico" degli altri.
Per lo meno parecchi di quelli di cui sono venuta a conoscenza (forse tutti tranne quello nietzchiano e pochi altri strettamente affini) non negano affatto il bene, ovvero l' etica; taluni esigono anzi dai loro cultori e seguaci un fortissimo, in qualche caso financo eroico, impegno morale, "per il bene" (dell' umanità).

Sulla storia recente del comunismo (che ha comunque "radici antichissime" e secondo me é tuttora in atto) ho idee mie personali molto eterodosse delle quali non vorrei discutere in questo forum perché per esperienza vissuta ritengo obiettivamente molto difficile intendersi e ragionare serenamente (stante la notevolissima "radicalità della questione", con evidentissimi risvolti di fatto innegabilmente drammatici e anche letteralmente violenti) con persone che hanno idee troppo distanti dalle mie; lo ritengo anzi foriero di eccessivi rischi per il mantenimento di un sereno clima di costruttivo e proficuo confronto delle idee, che ritengo prezioso e imprescindibile in un consesso come questo nostro (preciso solo, cercando di restare molto astrattamene "sulle generali", che per me la violenza non é necessariamente negativa e da condannarsi: c' é violenza e violenza).
Noto anche, sempre cercando di evitare di scendere nei particolare concreti della questione, che (inevitabilmente) il comunismo "moderno" é nato come processo eminentemente collettivo ab inizio, tutt' altro che come ricerca della verità (teorica; ma soprattutto del bene pratico: ultima tesi su Feuerbach) "in perfetta solitudine": non per niente il Manifesto di Marx ed Engels da te ricordato (si) conclude con la parola d' ordine "proletari di tutto il mondo unitevi!".
#103
Tematiche Spirituali / Re:Spiritus Sanctus
31 Maggio 2020, 08:01:10 AM
Per parte mia troverei anche una sommaria spiegazione del notevole "ingarbugliamento dottrinale" nel fatto che il cristianesimo é sorto, in maniera "un po' raffazzonata" se mi si consente la franchezza, dalla declinazione "ultraterrena" e "infinitistica" delle deluse aspettative "messianiche" di riscattato politico quantomai materiale e "terreno" delle sorti del popolo israeliano da parte di sette ebraiche deluse dalla sconfitta contro Roma: qualcuno doveva pur "avverare" in qualche modo le profezie sul "ritorno", in tempi storici, finiti della figura messianica di Cristo (fatta diventare divina e risorgere dopo la innegabile sconfitta politica e la morte in quanto uomo; ma introvabile malgrado la "resurrezione" e perciò fatta rapidamente sparire nel volgere di quaranta giorni: numero carico di "precedenti" e di significati simbolici nella religione ebraica).
"Ritorno" che si dovette dunque ulteriormente rimandare apocalitticamente (in senso letterale: secondo la "conclusione giovannea" dei testi sacri) alla "fine dei tempi" dal momento che nemmeno il preteso avverarsi del ritorno in tempi finiti (derubricato conseguentemente a "venuta dello Spirito santo") aveva avuto conseguenze apprezzabili.

Diventata quella cristiana, con la forza delle armi di Costantino e successori (salvo la brevissima parentesi del buon Giuliano), la religione ufficiale e obbligatoria dell' impero e poi comunque del mondo occidentale, i teologi si trovarono a doversi sobbarcare l' arduo compito di tentare di dare un minimo di "ordine" e di coerenza a tanti elementi mitologici così reciprocamente contraddittori; ed all' uopo escogitarono (fra l' altro) lo "Spirito Santo".

So benissimo che si tratta di una spiegazione non teologica ma che cerca di essere storica - razionale, che presenta probabilità di convincere alcun credente pressocché nulle; al massimo potrà forse indurre qualcuno per lo meno a porsi qualche dubbio e a pensarci su.
#104
Tematiche Spirituali / Re:Spiritus Sanctus
31 Maggio 2020, 07:39:24 AM
Citazione di: bobmax il 30 Maggio 2020, 21:07:48 PM
@Altamarea

Quello che cercavo di dire, è che una volta affermato che Dio si è fatto uomo, ci si è ritrovati con una dualità: l'uomo e Dio. Una dualità a cui doveva essere dato un senso. E gli antichi cristiani, che non erano certo degli sprovveduti, hanno così escogitato la Trinità.

Se si elimina lo Spirito, non vi è più Trinità, e quindi la dualità resta sospesa.
Che relazione vi è tra i due?
La costruzione teologica resta incompiuta.
Perché occorre relazionarli.

Sì, logicamente non si può certo dimostrare nulla.



I miei sono i ragionamenti di un' atea che cerca di comprendere, ovviamente dal proprio dissenziente punto di vista, le ragioni di chi crede in Dio.

Ovviamente concordo che logicamente non si può certo dimostrare nulla in fatto di teologia.
Ma solo su questo.

Partendo da assunti indimostrati si possono comunque compiere razionalmente varie deduzioni.

Ma pretendere di risolvere un' incongruenza quale la contraddizione fra monoteismo e paternità di Dio introducendo una terza persona mi sembra un ingarbugliare ulteriormente il ginepraio; piuttosto che portare a compimento qualcosa di completo o dare un senso a qualcosa di insensato mi sembra un rendere ulteriormente insensato il tutto.
Dal mio punto di vista mi sembra un mettere una pezza peggiore dello strappo...

Trovo molto più conseguenti i monoteismi ebraico ed islamico, che quanto a credenze indimostrate si limitano a quella dell' esistenza di Dio senza aggiungervi incongruenze logiche e contraddizioni, alcune con la pretesa di risolverne altre ed invece rendendo ulteriormente irrazionale ed insensato il tutto.
#105
Tematiche Filosofiche / Re:Morale e libero arbitrio
30 Maggio 2020, 19:01:32 PM
Citazione di: viator il 30 Maggio 2020, 13:02:10 PM
Saluti. Responsabilità piuttosto che causa : altro vertiginoso problema.

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Forse che occorre aprire i dizionari per distinguere il significato inesorabilmente diverso dei due termini ? "Responsabile" è colui (QUINDI SOLO PERSONA) che è chiamato a RISPONDERE (RENDERE CONTO RAZIONALMENTE, GIUDIZIALMENTE, LOGICAMENTE).

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Siamo quindi in grado di discernere i significati di ambito umano da quelli di ambito fisico ?
Oppure siam qui a creare divertenti polveroni ? Saluti.


Infatti una causa (o più cause) determina sempre (in generale) un evento (o più eventi) che nè é (sono) effetto -i per definizione.
E se la causa é (in particolare) il comportamento di un agente intenzionale, allora costui ne porta (in particolare) la responsabilità (etica, politica, penale, civile, ecc. a seconda dei casi).


Come vedi, sono perfettamente in grado di discernere i significati dei concetti utilizzati in ambito umano da quelli usati in ambito fisico, senza dunque creare alcun polverone più o meno divertente (che potrebbe casomai essere sollevato da pignolissime interpretazioni capziose di quanto da me sostenuto).


Saluti doverosamente ricambiati.