Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - doxa

#91
Riflessioni sull'Arte / Re: Madonna della melagrana
12 Febbraio 2025, 08:41:33 AM
Ed io ringrazio te Sapa per la tua attenzione ai miei post.

Quello dedicato a Botticelli avrebbe dovuto essere nell'altro topic dedicato alla paleoestetica, come proseguimento del post dedicato alla Grande Madre o Dea Madre Terra.  Per non "mettere troppa carne sul fuoco" ho preferito aprire questo topic.

Nell'altro thread  ho fra l'altro scritto che i reperti e i miti dimostrano che la cultura della Grande Madre della Terra e degli esseri viventi ha permeato gran parte dell'Europa e non solo.

Nel tempo durante gli scavi archeologici sono state rinvenute statuette della dea con attributi simbolici: animali, alberi, frutta, come la melagrana, considerata simbolo sia di fecondità che di morte.

Nel Museo di Paestum (prov. di Salerno) è conservata una statua arcaica, che raffigura la dea Hera nella postura della kourotròfos (= colei che nutre), nella mano destra ha una melagrana.

Hera in trono con la melagrana nella mano destra.

L'albero del melograno evoca il mito greco di Persefone (= Kore), entrata nella mitologia romana col nome di Proserpina. Nelle sculture o pitture è spesso raffigurata con il fiore o il frutto del melograno in mano per simboleggiare la sua funzione di regina nel regno dei morti.

Con l'avvento del cristianesimo nella piana del fiume Sele il culto pagano dedicato ad Hera, dea protettrice pure della vita coniugale, fu sostituito con quello dedicato a Maria Madre di Dio, localmente detta Madonna del Granato (= melagrana) venerata nella  chiesa cattedrale di Capaccio-Paestum. E' raffigurata seduta in trono come Hera, nella mano destra ha un supporto con sopra la melagrana mentre col braccio sinistro sorregge il Bambino.

 
La Madonna del Granato viene festeggiata il 15 agosto, giorno che la Chiesa celebra "Maria madre di Dio, assunta alla gloria celeste in anima e corpo".
#92
Si Adalberto. Hai ragione ! Ho sbagliato !
La vecchiaia fa brutti scherzi !  ::)  ;D

Per scusarmi ti offro questo post

I reperti e i miti dimostrano che la cultura della Grande Madre della Terra e degli esseri viventi ha permeato gran parte dell'Europa e non solo.

La Dea Madre, nel suo duplice ruolo di colei che dà la vita o la morte era denominata in vari modi, a seconda della località: per esempio Ninhursaq, Cibele, Gaia, Rea, Demetra. E come la Grande Madre queste divinità esprimevano il ciclo della nascita, sviluppo, maturità, declino, morte, rigenerazione della natura.

Nel tempo durante gli scavi archeologici sono state rinvenute statuette della dea con attributi simbolici: animali, alberi, frutta, come la melagrana, considerata simbolo sia di fecondità che di morte.

Nel Museo di Paestum (prov. di Salerno) è conservata una statua arcaica, che raffigura la dea Hera nella postura della kourotròfos (= colei che nutre) ma nella mano destra ha una melagrana.


Hera in trono con la melagrana nella mano destra.

L'albero del melograno evoca il mito greco di Persefone (= Kore), entrata nella mitologia romana col nome di Proserpina. Nelle sculture o pitture è spesso raffigurata con il fiore o il frutto del melograno in mano per simboleggiare la sua funzione di regina nel regno dei morti.

Il mito narra che Persefone, figlia di Demetra (la dea della terra e dell'agricoltura) e di Zeus, mentre stava cogliendo un narciso fu rapita da Ade (significa "invisibile") il dio degli Inferi e del regno dei morti, noto anche come Plutone, nome che deriva dal greco "plùtos".

Demetra, dea dei misteri eleusini ed anche delle messi e della fecondità, dopo lunghe ricerche riuscì a scoprire dov'era la figlia. Decise di vendicarsi non facendo più crescere la vegetazione sulla Terra. Allora Zeus inviò Ermes, il messaggero degli dei, da Ade per ordinargli di rimandare Persefone dalla madre.

Ade obbedì al volere di Zeus, ma prima fece mangiare alla sua amata sei chicchi di melagrana, per costringerla, come per magia, a far ritorno nell'Ade per alcuni mesi l'anno.

Le stagioni Autunno e Inverno le trascorreva nel regno dei morti e svolgeva la stessa attività del suo consorte, Ade. Negli altri sei mesi (Primavera ed Estate) tornava sulla Terra per stare con sua madre, Demetra, che fece rifiorire la natura.
#93
Riflessioni sull'Arte / Madonna della melagrana
11 Febbraio 2025, 10:47:39 AM
Stamane voglio "cantare" una "Madonna col Bambino e angeli", detta  "Madonna della melagrana", dipinta nel 1487  a tempera su tavola tonda da un pictor rinascimentale, il messere  fiorentino Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi, conosciuto col nome d'arte Sandro Botticelli (1445 – 1510).

Il tondo rappresenta la solita tipologia della Madonna col Bambino, commissionata dalla magistratura fiorentina dei "Massai di Camera" per decorare la propria sala delle udienze nel Palazzo  della Signoria (Palazzo Vecchio).
La magistratura dei "Massai di Camera" era un organo amministrativo della Repubblica fiorentina. Tale magistratura fu soppressa nel 1533.
Nel XVII secolo il dipinto entrò a far parte della raccolta del cardinale Leopoldo de' Medici, nel 1780 giunse alla Galleria degli Uffizi.



Maria è al centro della composizione, seduta in trono. Indossa il mantello blu, la tunica di colore rosso scuro,  e copre con un velo i suoi riccioli biondi. Ha il viso ovale e lo sguardo assorto.

Sul grembo tiene il Bambino, che dalla mano sinistra della madre afferra la melagrana, i suoi semi (gli arilli) simboleggiano l'abbondanza e la fecondità.


dettaglio

Attorno a loro ci sono sei angeli. Il loro sguardo è rivolto verso punti diversi.

Osservate i primi due ai lati, sembrano appoggiarsi su di un festone di rose rosse e bianche: l'angelo a destra è raffigurato di profilo, mentre quello a sinistra volge lo sguardo verso lo spettatore e indossa una stola sulla quale ci sono ricamate le parole "Ave Gratia Plena". Entrambi reggono dei lunghi gigli bianchi, simbolo della purezza di Maria.

Dietro di loro si vedono altre due coppie di angeli: in quella di sinistra, uno legge un libro con la mano appoggiata sulla spalla del vicino che ha lo sguardo rivolto verso l'alto, in quella di destra l'angelo con il libro guarda lo spettatore mentre il compagno sembra sussurrare qualcosa al suo orecchio.

In alto si dirama una raggiera luminosa, emanazione della grazia divina.

La lignea cornice intagliata e dorata, nella circonferenza  è ornata con gigli su fondo blu.
#94
Ciao Adalberto. Grazie per il tuo contributo  :)

In cambio ti "offro"  questo post 

Michele Cometa, docente di "Storia della cultura" e "Cultura visuale" nell'Università di Palermo, nel suo recente libro titolato: "Paleoestetica. Alle origini della cultura visuale" (edit. Raffaello Cortina) narra il bisogno dell'homo sapiens di raffigurare immagini fin dall'epoca paleolitica. Sono disegni di animali: bufali, tori, cavalli, rinoceronti, mammut, orsi, uccelli, ecc.. Sembrano fotogrammi di un film.



arte rupestre nelle grotte di Lascaux, Francia).

Ormai sono anni che studiosi di discipline diverse (antropologia, psicologia sociale, neuroscienze, paleontologia, biologia, archeologia cognitiva) lavorano insieme per comprendere le coordinate evolutive della cultura visuale e narrativa. Ciò significa scrivere la storia dell'autocoscienza, l'attività riflessiva del pensiero, tramite la quale l'io diventa cosciente di sé mediante il processo di introspezione.

(l'io si può considerare la "cabina di regia" della nostra personalità. Secondo la psicoanalisi, l'Io svolge la funzione di mediare tra gli istinti, le esigenze della realtà esterna e le regole della nostra coscienza morale. Lascio ad Axe l'ulteriore chiarimento).

Il prof. Cometa dice che prima dei miti ci furono le immagini, il "fare-immagine", come le pitture rupestri nelle grotte o scolpite nelle miniature. Erano una forma di conoscenza attraverso i sensi.

Che i meccanismi cognitivi collegati al "fare immagine" siano stati vantaggiosi per l'homo sapiens è testimoniato dal fatto che quell'estetica è ancora la nostra estetica. Quelle figure nelle grotte di Chauvet (Francia), Altamira (Spagna), Leang Tedongnge (Indonesia), ecc., sono parte del nostro patrimonio visuale. Anche se non sappiamo che cosa significhino le riconosciamo.

Con quelle rappresentazioni gli antichi umani non facevano solo immagini: "facevano-mente". Le neuroscienze insegnano che la mente non è un viaggio solitario nel nostro cervello ma è un processo relazionale.

Dire che "facendo-immagine" l'homo sapiens ha "fatto-mente" significa riconoscere nell'atto estetico una delle forme originarie e primordiali dall'autocoscienza.




Guardo l'immagine e penso alla meraviglia suscitata negli umani in epoca paleolitica dalla conoscenza e l'utilizzo delle sostanze coloranti presenti in natura.

Gli studiosi affermano che 32 mila anni fa l'uomo era capace di miscelare i pigmenti. Ad esempio, usavano terre contenenti ossido di ferro dall'Ematite per il rosso, l'ocra e il giallo; terre verdi dalla Celadonite e Glauconite; il bianco dal gesso o caolino; l'ossido di manganese o il carbone vegetale per il nero. Come leganti usavano sostanze estratte dagli animali oppure dall'olio vegetale.

La forma più elementare di pittura parietale preistorica è costituita dalle impronte delle mani, ottenute premendo sulla parete rocciosa la mano imbrattata nel colore.





Immagini di mani umane analoghe sono state ritrovate in vari luoghi in Francia come nelle grotte di Pech Merle e, soprattutto, in quelle di Gargas, poco distante da Lourdes. Quest'ultima è una grotta con diverse pareti ricoperte da circa centocinquanta segni di mani umane di diversi colori.
#95
Iano ha scritto
 
CitazioneAnche lui avrebbe dovuto rifiutarsi di fare il suo dovere?
 Per averlo fatto ha vissuto sotto scorta.
 E' così che ringraziamo i servitori dello stato?
 E' così che incoraggiamo i cittadini a fare il loro dovere?
 O li educhiamo in tal modo a inchinarsi per quieto vivere ai poteri forti?

Buongiorno Iano, da quanto leggo da varie fonti il Procuratore Lo Voi non aveva nessun obbligo ad inviare "l'atto dovuto".

Perché l'avvocato Li Gotti ha avuto la necessità di denunciare il rilascio del libico e il suo accompagnamento in patria con l'areo adibito a servizi di Stato ? Spronato da qualcuno per motivi politici oppure per avere il fugace momento di notorietà ?
 
Hai scritto
CitazioneE' così che incoraggiamo i cittadini a fare il loro dovere?
 O li educhiamo in tal modo a inchinarsi per quieto vivere ai poteri forti?
La stessa domanda la rivolgo a te. Perché non hai denunciato il misfatto.

Hai taciuto, come altri 60 milioni di italiani, perché è compito del governo, della politica o di altre istituzioni dello Stato.

Tu cosa fai per non inchinarti ai cosiddetti "poteri forti" ?
#96
Eutidemo ha scritto

CitazioneIl governo del "Famo com ce pare, e nun ce rompete le palle"

Ciao Eutidemo. Non sono d'accordo con la tua opinione.

Lo hanno detto, c'è di mezzo la "ragion di Stato". Se non lo rimandavamo a casa sua aumentavano gli arrivi dei migranti dalla Libia in modo spropositato,  non solo, perché non pensi ai possibili attentati sul nostro territorio ?  Gli arabi sono bravi nel finanziare attentati, ovunque.

Allo zelante Procutore di Roma, Lo Voi, alcuni mesi fa gli hanno tolto la possibilità di tornare continuamente in Sicilia da Roma, utilizzando lo stesso aereo dei servizi di sicurezza. Le sue proteste le ha fatte pervenire fino al Quirinale.
Ora usa i normali aerei di linea.

Vari indizi inducono a pensare ciò che dice Anthonyi

Citazionegiustizia ad orologeria

L'opposizione in Parlamento sta esagerando,  anziché tacere ed essere d'accordo nell'aver rimandato a casa sua quel tizio come male minore, fa clamore, inutilmente

#97
Tematiche Culturali e Sociali / Re: Denim e jeans
29 Gennaio 2025, 00:22:06 AM


Quest'anno tra i primi libri stampati c'è quello della giornalista d'origine genovese Mariangela Rossi.

Il libro è titolato: "Genova in jeans", edito da "Minerva". Sono solo 32 pagine, edizione italiana e inglese, costa 5 euro.

Sfogliando le pagine si può leggere che  a Genova, non la "Via della seta" ma la "Via del jeans" transita per via Pré, via del Campo e via San Luca, nel centro storico, dove c'è anche il negozio di abbigliamento "Lucarda", ubicato nei portici medievali della "Ripa Maris", gestito dall'omonima famiglia dal 1920. Fu il primo negozio a vendere Jeans in città, in particolare ai portuali, ed anche le camicie "Boxer",  le giacche blu a doppiopetto, le t-shirt da barca a righe, e le "pidocchiere" (maglie da marinai in lana ruvida che fanno venire il prurito e inducono grattarsi, perciò pidocchiere). 

Nella seconda metà dello scorso secolo Lucarda era punto di riferimento per il porto e le compagnie di navigazione che si servivano nel negozio per le forniture di abbigliamento per i marittimi, dagli ufficiali di macchina a quelli di coperta. Vestiva tutti: dai camalli ai pescatori, dagli equipaggi ai figli degli armatori.

Sempre a Genova, nel museo diocesano sono custodite 14 tele di lino tinte con l'indaco (come il colore dei jeans), dipinte con biacca,  sono del '500 e raffigurano la Passione di Gesù, ispirate dalle incisioni di Albrecht Dürer.

Per definire le balle di tela provenienti dalla Liguria, il  "jean" è citato nell'inventario dei beni  di Enrico VIII Tudor (1491 – 1547) re d'Inghilterra e d'Irlanda dal 1509 alla sua morte.

A Genova, nella casa dove nacque Giuseppe Mazzini c'è il Museo del Risorgimento. Vi sono custoditi anche alcuni jeans indossati dai garibaldini. Ma per vedere i jeans di Giuseppe Garibaldi quando combatté in Sicilia, bisogna venire a Roma e trovare la teca che li custodisce nel Museo del Risorgimento, allocato  sul lato destro del "Vittoriano", guardando il monumento da piazza Venezia.  

Tornando a Genova, nell'ambito dell'area della Darsena, punto di connessione tra Porto Antico, Centro Storico, Stazione Marittima ed alcuni dei principali snodi logistici della città è prevista la riqualificazione di due edifici adiacenti al Museo del Mare,  il Palazzo Tabarca e  il Palazzo Metellino. Entrambi  verranno adibiti a nuovi spazi polifunzionali che riqualificheranno la zona e connetteranno il centro storico con la zona della Darsena.

Nel Palazzo Tabarca sarà allocato il futuro Museo del jeans e altri ambienti.
#98
Tematiche Culturali e Sociali / Denim e jeans
29 Gennaio 2025, 00:19:31 AM
Sapete perché la robusta tela di cotone, generalmente di colore blu, tinta con l'indaco ed usata per produrre i jeans e altri tipi di vestiario  è denominata "Denim" ? Questa parola deriva da "de- Nîmes", cioè che arriva dalla città francese  di Nîmes, con riferimento al tessuto che fin dal Medioevo le industrie tessili locali esportavano.

Questo tessuto veniva  elaborato anche a Chieri (prov. di Torino) e veniva esportato a Genova, dove veniva usato per coprire la merce al porto e  per la produzione di sacchi. Numerosi marinai genovesi   usavano la tela di colore blu per farsi confezionare i pantaloni. Li usavano anche a bordo delle navi mercantili che trasportavano merci pure nelle non lontane città costiere della Francia. E furono i francesi a denominare quel tessuto  "Bleu de Genes", da cui per assonanza  deriva la parola "jeans".

Il Denim è resistente e versatile. Veniva esportato anche negli USA. Nel XIX secolo i jeans venivano indossati da naviganti, emigranti, minatori, cercatori d'oro, cowboy.

Nel 1853 l'imprenditore statunitense di origine bavarese  Levi Strauss (1829 – 1902) utilizzò il denim come tessuto per  confezionare nella sua azienda  abiti da lavoro.

Poi Levi incontrò Jacob Davis, un sarto lettone che nel 1871 perfezionò il modello di pantalone jeans in denim, aggiungendo il rinforzo, nei punti più deboli, di piccolissimi rivetti di rame. E i due soci registrarono il marchio. I calzoni indossati per proteggersi dallo sporco diventarono i pantaloni degli operai della ferrovia transnazionale.

A distanza di ormai quasi due secoli il denim è oggi utilizzato per produrre jeans, gonne, giacche, salopette e accessori. Un tessuto che nei secoli non è mai passato di moda, si è solo rifatto il look, e il jeans è immancabile nei nostri armadi!

segue
#99
Riflessioni sull'Arte / Suzanne Valadon, pittrice
26 Gennaio 2025, 10:31:33 AM
Stamane offro alla vostra visione tre opere  della pittrice francese Suzanne Valadon (1865 – 1938), un personaggio interessante, nata da padre sconosciuto.

Era la madre del noto pittore Maurice Utrillo, anche lui "figlio di padre ignoto". La Valadon ebbe questo figlio quando aveva 18 anni di età.
Nata e cresciuta nella Montmartre operaia dei primi anni del '900,  Suzanne in età giovanile  fece da  modella per  vari pittori impressionisti, come Toulouse Lautrec  Pierre-Auguste Renoir.


Suzanne Valadon, Adamo ed Eva, olio su tela, 1909,  Musée National d'Art Moderne, Parigi.
In questo dipinto Suzanne raffigura il suo amante, André Utter, come Adamo,  e sé stessa come Eva, insieme nel giardino dell'Eden.

La donna  sorregge nella mano destra il "frutto proibito", colto dall'albero della conoscenza del bene e del male.

La Bibbia non indica il tipo di frutto. La tradizione lo ha identificato con la mela. Il problema non è il frutto in sé, ma il divieto di mangiarlo. Il peccato fu la disobbedienza al comandamento di Dio. Mangiando il frutto (un atto di disobbedienza), Adamo ed Eva conobbero il "male".

In origine la tela raffigurava Utter nudo, ma successivamente la Valadon decise di aggiungere un tralcio con foglie di vite che gli coprono i genitali, per permettere alla sua opera di essere esposta in una mostra nel 1920.

Il pittore André Utter nato a Parigi nel 1886 e morto nella stessa città nel 1948,  era amico di Maurice, figlio della Valadon.  Conobbe Suzanne e la sposò. Aveva 21 anni meno di lei.  Fu il secondo marito per la pittrice,  e nel contempo suocero di Maurice.

Solo da ragazzo, nel 1891, Maurice prese il cognome dal pittore spagnolo Miguel Utrillo y Molins quando questo lo riconobbe legalmente, ma forse non era il padre.



Suzanne Valandon, Joie de vivre, dipinto ad olio su tela 1911, Metropolitan Museum of Art, New York

Anche in questo quadro è raffigurato il giovane André Utter, l'uomo nudo sulla destra che guarda quattro donne, nude o seminude in un ambiente boschivo.



Suzanne Valadon, Catherine nue allongée sur une peau de panthère, olio su tela, 1923, collezione Lucien Arkas
#100
Riflessioni sull'Arte / Consolazione
25 Gennaio 2025, 20:59:05 PM
"Consolazione":  questo lemma  deriva dal latino "consolationem":  ed è una parola composta, formata da "con" (= insieme) + "solus" =  "stare con uno che è solo" condividendone l'afflizione; con significato più ampio: alleviare la sofferenza a chi è oggetto della consolazione.
 
Il filosofo e politico di epoca romana Lucius Annaeus Seneca (4 a. C. – 65 d. C.) nella "Consolatio ad Helviam Matrem",  Seneca consola la madre, affranta per l'ingiusto destino del figlio: condannato a morte dall'imperatore Caligola, che  poi lo graziò, successivamente condannato alla "relegatio"  (= limitazione del diritto di scegliere il proprio luogo di residenza) dall'imperatore Claudio, che in seguito lo chiamò a Roma come tutore e precettore del futuro imperatore Nerone, su incarico della madre Giulia Agrippina Augusta. Quando Nerone e Agrippina entrarono in conflitto, Seneca approvò l'esecuzione di quest'ultima come male minore.
Dopo il cosiddetto "quinquennio di buon governo" o "quinquennio felice" (54-59), in cui Nerone governò  con la tutela di Seneca, i due divisero le loro strade.
Seneca, forse implicato in una congiura contro  Nerone,  fu coinvolto nella repressione neroniana e venne costretto al suicidio dall'imperatore.

Dal profano al sacro.

Nel Nuovo Testamento in lingua greca "paraklesis" significa  "invocazione",  ma anche "esortazione", "consolazione".

Nella lingua italiana "paraclito" (dal greco paràkletos) allude a colui che è "chiamato accanto"  (para-kalèo; ad-vocatus) svolge la funzione di assistente, di avvocato, di sostegno.

In ambito ecclesiastico è l'epiteto dello Spirito Santo.

"Consolatrix Afflictorum":  questa invocazione è presente nelle "litanie lauretane". Deriva dai frati agostiniani che propagarono questa devozione.
Insieme ai Santi Agostino e Monica, la Madonna della Consolazione è una delle tre patrone degli ordini agostiniani.

Ed ora, anziché proporre alla vostra visione alcune immagini religiose dedicate alla "Madonna della Consolazione", vi presento tre dipinti realizzati dal pittore norvegese Edvard Munch riferiti alla consolazione  ed eseguiti in epoche diverse.

Questo pittore nelle opere che dedicò alla "consolazione" sembra esplorare l'anima di chi consola e le emozioni di chi questa consolazione l'accoglie.

L'uso dei colori e la postura delle figure comunicano la ricerca che induce  l'artista a cogliere la complessità dell'animo umano nella sofferenza.


Edvard Munch, Consolazione, puntasecca su carta tessuta giapponese 1894,
Museo nazionale di arti visive, architettura, design  e manufatti norvegesi, Oslo.

Una figura  abbraccia l'altra per consolarla, come suggerisce il titolo del dipinto. 
L'uso della puntasecca consente a Munch  di ottenere linee morbide. Sullo sfondo si vede la carta da parati a motivi geometrici.  L'enfasi è sullo scambio emotivo tra le figure. È un commovente ritratto di compassione ed empatia.




Edvard Munch, Consolazione, olio su tela, 1907, Oslo, Museo Munch



Edvard Munch, Consolazione nella foresta, olio su tela, 1924, Museo Munch, Oslo
#101
Per evitare confusione, debbo fare delle precisazioni.

Quest'anno c'è un proliferare di "capitali della cultura".

Nel 2025 è cominciata l'era della  "Capitale europea della cultura trans-frontaliera": sono state scelte due adiacenti località di confine: Gorizia e Nova Gorica, la prima italiana, la seconda slovena. Ne ho argomentato nel primo post.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, con il Trattato di Parigi del 1947,  Gorizia venne divisa in due. Tre quinti della città vennero ceduti all'allora Jugoslavia, i restanti due quinti rimasero sotto il controllo dell'Italia. Il confine venne segnato da un muro che attraversava diverse zone della città.
A seguito della dissoluzione della Jugoslavia e della creazione della moderna Slovenia, e a seguito del suo ingresso nel Trattato di Schengen nel 2007, le città di Gorizia e di Nova Gorica sono oggi compenetrate l'una nell'altra, senza confini visibili.

Dal 2000  ogni anno  viene selezionata anche una città per proclamarla "Capitale europea della Cultura"
Per  il 2025 è stata scelta una città tedesca: Chemnitz, nella parte meridionale della Sassonia.

E' dal 1985 che in Europa vige questa iniziativa, nata su proposta dell'attrice greca Melina Merkouri, in quell'anno ministra della Cultura del governo greco,  e Atene fu la città  scelta come capitale europea della cultura.


Per il 2025 come  "Capitale italiana della "Cultura" è stata scelta  Agrigento, in Sicilia. 

E' dal 2014 che nella nostra nazione vengono selezionate le "Capitali italiane della Cultura". quell'anno l'iniziativa fu dell'allora ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini.
#102
Gelosia e invidia in comunità religiose



"Congregavit nos in unum Christi amor" (= la vita fraterna in comunità): è il titolo del documento emanato  nel 1994 dalla Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica.

In un capoverso c'è scritto: "La comunità religiosa, nella sua struttura, nelle sue motivazioni, nei suoi valori qualificanti, rende pubblicamente visibile e continuamente percepibile il dono di fraternità fatto da Cristo a tutta la Chiesa. Per ciò stesso essa ha come impegno irrinunciabile e come missione di essere e di apparire una cellula di intensa comunione fraterna che sia segno e stimolo per tutti i battezzati".

Vita fraterna in comunità ? bugia ! E quanta ipocrisia in quel documento  del Vaticano.

E' noto che la vita comunitaria religiosa è afflitta da gelosie e invidie tra "confratelli" e tra "consorelle". 

Per esempio, se una suora (o monaca)  riesce a frequentare l'università e la mattina esce dal convento o dal monastero, suscita invidia perché le altre pensano che abbia più libertà rispetto a loro. 


Un prete ha scritto:
"A volte penso che sia più facile confidarmi con una persona esterna al mio ambiente che con un confratello. Ho visto confronti e scontri che nascono da una sorta di gelosia o invidia tra di noi, sebbene non abbiamo incarichi di potere che giustifichino i nostri atteggiamenti diffidenti! ".

Gelosia e invidia sono due cose differenti, e ne argomenterò in un altro topic.

Nel linguaggio comune la gelosia è associata a una relazione significativa di amicizia o di amore. Si possono provare sentimenti di gelosia verso un amico da cui ci sentiamo trascurati o verso il partner, quando ci sembra che non ci guardi con gli stessi occhi di un tempo e magari rivolga attenzioni privilegiate a qualcun altro.

L'invidia, invece, suscita rancore di fronte al benessere o al successo altrui.

Il  "carrierismo", il bisogno di primeggiare angustiano anche le comunità religiose.

Papa Francesco nella meditazione mattutina del 23 gennaio 2014 ha parlato di "Cuori liberi da invidie e gelosie", fra l'altro ha detto "cosa succede in concreto «nel cuore di una persona quando ha questa gelosia, questa invidia». Due le principali conseguenze. La prima è l'amarezza: «La persona invidiosa e gelosa è una persona amara, non sa cantare, non sa lodare, non sa cosa sia la gioia; guarda sempre» a quello che hanno gli altri. E purtroppo quest'amarezza «si diffonde in tutta la comunità», perché quanti cadono vittima di questo veleno diventano «seminatori di amarezza».

La seconda conseguenza è rappresentata dalle chiacchiere. C'è chi non sopporta che un altro abbia qualcosa — ha spiegato il Papa — e allora «la soluzione è abbassare l'altro, perché io sia un po' alto. E lo strumento sono le chiacchiere: cerca sempre e vedrai che dietro una chiacchiera c'è la gelosia e c'è l'invidia».
Dunque «le chiacchiere dividono la comunità, distruggono la comunità: sono le armi del diavolo. Quante belle comunità cristiane — ha commentato amareggiato il Pontefice — abbiamo visto che andavano bene», ma poi in qualcuno dei loro membri «è entrato il verme della gelosia e dell'invidia, ed è venuta la tristezza".
#103
Ciao Koba, per ringraziarti del tuo intervento ti dedico questo post.  ;D

Di solito l'invidioso è una persona con bassa autostima e scarsa capacità introspettiva, perciò  tenta di sminuire gli altri screditandoli.

L'invidia cela differenti sentimenti: senso di inferiorità, inadeguatezza, frustrazione, odio e rabbia per il successo dell'altro/a. Non tollera chi emerge al di sopra della mediocrità, vuole l'uguaglianza sociale. Chi si distingue deve essere odiato ed emarginato.  

E' un sentimento intimo e inammissibile, rabbioso, come quello covato dal ragionier Ugo Fantozzi.  In una intervista Paolo Villaggio disse: "L'invidia è considerata un peccato di cui vergognarsi, invece è un sentimento nobile, in una cultura dominata dall'idea del successo. Un tempo mi facevo vedere ovunque per ostentare il mio successo. Invecchiando sono diventato più buono, non invidio più nessuno e non cerco di suscitare invidie.... Io difendo gli invidiosi, perché tutti coloro che sono felici invidiano chi è più felice di loro....L'italiano medio si lamenta dicendo 'Sono tutti ladri!', ma il suo non è vero disprezzo è semplicemente invidia. In realtà vorrebbe rubare anche lui, solo che non ne ha l'abilità, né il coraggio. Il sogno di molti italiani è di fare una rapina in banca".
 
 La scrittrice e filosofa statunitense di origine russa  Ayn Rand O'Connor (1905 – 1982),  fu sostenitrice dell'individualismo e dell'egoismo razionale, da lei inteso come la più naturale e importante delle virtù, in quanto consiste nel cercare il proprio bene senza arrecare danno agli altri. E con riferimento al collettivismo comunista nell'ex Unione Sovietica, scrisse:    "Non vogliono possedere la tua fortuna, vogliono che tu la perda; non vogliono riuscire, vogliono che tu fallisca".


Questo "augurio" è una "gufata".

Perché si dice "gufare" ? In molte culture il gufo è considerato portatore di sventure, perciò  l'affermazione:   "smetti di gufare" ad una persona  quando sta dicendo qualcosa che può "portare sfortuna", ad esempio prevedendo un evento negativo.

Spesso la gufata viene usata in ambito sportivo, oppure al bar negli "sfottò" tra amici, quando parlano del prossimo incontro di calcio della squadra che amano.  

Il verbo gufare deriva dal verso del gufo, rapace notturno  e solitario


Gufo reale

Le abitudini notturne, l'essere solitario e il verso cupo, detto "bubolare"  hanno portato la credenza popolare a raffigurare il gufo come un animale tenebroso, portatore di sfortune.

Ma non sempre si è visto il gufo come un animale del malaugurio. Infatti nel Medioevo il gufo era un simbolo di sapienza e saggezza, e così viene presentato ai giorni nostri  nel film "La spada nella roccia".

L'antidoto  alle gufate e nei confronti dei gufatori è l'ironia.

Il gufatore è un  "haters", parola inglese che  deriva da "hate" (= odio).

Gli haters sono persone che esprimono con cattiveria o maleducazione il proprio dissenso verso un individuo, oppure un post, un articolo, un video. A Roma li chiamiamo "rosiconi" ed anche roditori (roders).

Gli haters sono diffusi nei social.

Nella lingua tedesca il gufatore è definito "schadenfreude": parola  composta da  "schaden" (= danno) + "freude" (= contentezza, gioia), allude al piacere che si prova alla sfortuna di un'altra persona. 

Il malevolo compiacimento verso il prossimo spesso è causato dalla bassa autostima  del gufatore.
Tutto nasce dall'invidia per qualità che si sa di non possedere. Non a caso Nietzsche citava la "vendetta dell'impotente" per spiegare il significato di "schadenfreude".
#104
Neuroestetica:  è un'area di ricerca che  comprende due rami: la neurologia e l'arte.  Coinvolge le scienze cognitive e l'estetica nello studio della produzione e fruizione delle opere d'arte. Esplora i meccanismi cerebrali, psicologici e sociali.



Cosa succede a livello cerebrale quando osserviamo un dipinto ? La risonanza magnetica permette di avere  informazioni sulle zone del cervello che si attivano e  di sapere con quale intensità. Alcuni studi utilizzano tecniche diagnostiche come l'elettroencefalogramma.

Dal punto di vista fisiologico la risposta estetica potrebbe essere una forma specifica dell'attrazione. Infatti  percepire la bellezza ed  essere attratti da un certo tipo di arte è anche una questione culturale.
#105
Riflessioni sull'Arte / Paleoestetica e neuroestetica
19 Gennaio 2025, 15:28:12 PM
Se vi state annoiando vi propongo la lettura di due post per addormentarvi tra le braccia di Morfeo, il dio della mitologia greca che prende la forma e le caratteristiche dei sogni.  ;D

Mentre siete nella fase della veglia  sappiate che Michele Cometa, docente  di "Storia della cultura" e "Cultura visuale" nell'Università di Palermo, nel suo recente libro titolato: "Paleoestetica. Alle origini della cultura visuale" (edit. Raffaello Cortina) narra il bisogno dell'homo sapiens di raffigurare immagini fin dall'epoca paleolitica. Sono disegni di animali: bufali, tori, cavalli, rinoceronti, mammut, orsi, uccelli, ecc.. Sembrano fotogrammi di un film.


Arte rupestre nelle grotte di Lascaux, Francia).
 Ormai sono anni che studiosi di discipline diverse (antropologia, psicologia sociale, neuroscienze, paleontologia, biologia, archeologia cognitiva) lavorano insieme  per comprendere le coordinate evolutive della cultura visuale e narrativa. Ciò significa scrivere la storia dell'autocoscienza, l'attività riflessiva del pensiero,  tramite la quale l'io diventa cosciente di sé mediante il processo di introspezione.

(l'io si può considerare la "cabina di regia" della nostra personalità. Secondo la psicoanalisi, l'Io svolge la funzione di mediare tra gli istinti, le esigenze della realtà esterna e le regole della nostra coscienza morale.

Il prof. Cometa dice che prima dei miti ci furono le immagini, il "fare-immagine"  nelle pitture rupestri nelle grotte, o scolpite nelle miniature. Erano una forma di conoscenza attraverso i sensi.

Che i meccanismi cognitivi collegati al "fare immagine" siano stati vantaggiosi per l'homo sapiens è testimoniato dal fatto che quell'estetica è ancora la nostra estetica. Quelle figure nelle grotte di Chauvet (Francia), Altamira (Spagna), Leang Tedongnge (Indonesia), ecc., sono parte del nostro patrimonio visuale. Anche se non sappiamo  che cosa significhino le riconosciamo.

Con quelle rappresentazioni gli antichi umani non facevano solo immagini: "facevano-mente". Le neuroscienze insegnano che la mente non è un viaggio solitario nel nostro cervello ma è un processo relazionale.

Dire che "facendo-immagine" l'homo sapiens ha "fatto-mente" significa riconoscere nell'atto estetico una delle forme originarie e primordiali dall'autocoscienza.



Guardo l'immagine e penso alla meraviglia suscitata negli umani in epoca paleolitica dalla conoscenza e l'utilizzo delle sostanze coloranti presenti in natura.

Gli studiosi affermano che 32 mila anni fa l'uomo era capace di miscelare i pigmenti. Ad esempio,  usavano terre contenenti ossido di ferro dall'Ematite per il rosso, l'ocra e il giallo; terre verdi dalla  Celadonite e Glauconite; il bianco dal gesso o caolino; l'ossido di manganese o il carbone vegetale per il nero. Come leganti usavano sostanze estratte dagli animali oppure dall'olio vegetale. 

La forma più elementare di pittura parietale preistorica è costituita dalle impronte delle mani, ottenute premendo sulla parete rocciosa la mano imbrattata nel colore.



Immagini di mani umane analoghe sono state ritrovate in vari luoghi in Francia come nelle grotte di Pech Merle e, soprattutto, in quelle di Gargas, poco distante da Lourdes. Quest'ultima è una grotta con diverse pareti ricoperte da circa centocinquanta segni di mani umane di diversi colori.