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Messaggi - HollyFabius

#91
Citazione di: paul11 il 19 Maggio 2016, 01:18:07 AM
visto che il tema della discussione è arte e scienza, oltre la fotografia per l'impressionismo ,mi vengono in mente
un paio di cose.
La prima è la teoria dei colori, quelli fondamentali e quelli complementari.
Kandinsky quando scrive il manifesto del surrealismo interpreta completamente libero da vincoli di disegno, di tratti che definiscono
dove i colori spingono a metere in primo piano un determinato colre e sullo sfondo un'altro.
Il secondo aspetto è la tecnica del tratto del pennello sulla tela. Nella modernità è materica, ci sono parti di un dipinto dove praticamente in alcuni punti è spesso, più di altri.
I pittori hanno fatto loro il concetto scientifico che noi non vediamo con gli occhi, ma con la mente.
Ho fato suonare un allarme a Urbino per vedere vicinissimo la pennellata di Raffaello per dipingere lo sguardo della "muta"
,fra l'altro vicino ad un Tiziano e la celeberrima fustigazione di Piero della Francesca (le fotografie non rendono come i dipinti dal vivo), ebbene c'è una perfezione dei particolari e dell'insime ,per cui sembrava dovesse uscire dal quadro.
Se voi vedete la natura morta di Caravaggio all'Ambrosiana di Milano, è perfetta.E'stata la prima natura morta e secondo il critico Zeri è un capolavoro assoluto. Se vedete le stesse nature morte, o le pennallate soprattutto nei primi decenni del Novecento, il tratto è spesso ed accennato. La scienza aveva insegnato che basta accennare con i colori un abbozzo di mela ad esempio, che la mente che osserva associa immediatamente questo frutto. I paradossi visivi le scale di Esker, ci insegnano le illusioni, le allusioni, e i giochi di associazioni mentali così cari anche alla psicologia.
Bravo paul11, hai toccato due temi a me cari e che sono esemplificativi della relazione tra Arte e Scienza.
Il tema della percezione visiva, centro, per esempio, della Gestalt, è un tipico esempio di teoria scientifica (in questo caso della psicologia) che ha avuto un impatto enorme anche in arte. La op art (per esempio Vasarely) e in Italia gruppo N, gruppo T, gruppo 0, gruppo MID hanno subito influssi e influenze dirette o indirette dagli scritti gestaltici e a volte dal rapporti diretto (in Italia) con Kanizsa. La teoria della Gestalt si è occupata di cosa è la forma, di cosa viene percepito come forma, ha postulato il principio che "L'insieme è più della somma delle sue parti" ovvero ha evidenziato che l'intero percettivo, nella dimensione psicologica umana, va inteso come fenomeno sovraordinato che organizza l'informazione (il materiale percettivo) e aggiunge contenuto (significato).
Un paio di esempi di disegni Geltaltici:

La percezione della forma della Gestalt merita un 3D specifico, per le sue implicazione e per le riflessioni anche filosofiche che comporta.

Il tema della teoria dei colori è a me estremamente caro, posso dichiararmi un esperto del tema e non è improbabile che in futuro concentri le mie riflessioni in qualche pubblicazione.
La teoria dei colori è stata il centro dell'antagonismo tra Scienza ed Arte sul tema della luce e del colore. Questo antagonismo in realtà venne aperto da Goethe quasi un secolo dopo la morte di Newton. Ancora oggi la teoria Newtoniana e la teoria di Goethe vengono viste come antagoniste e rappresentative di due modi di intendere i temi dell'ottica, della riflessione sulla luce e della natura, diametralmente diversi.

Parlando di teoria dei colori nell'Arte il contributo ritenuto oggi fondamentale è quello di Itten e della Bauhaus. In particolare l'elenco di Itten sui sette contrasti di colore è usato nelle accademie come base della pratica di uso del colore. Qui il mio contributo teorico, bastato su esperienze che ho vissuto in prima linea, grazie a ricerche paterne, può farsi originale: ne parlerò estesamente in futuro.
Quello che allo stato attuale della riflessione in questo 3D posso esporre è il fatto che la teoria dei colori attuale ( di derivazione artistica) si basa su due modelli tricromatici, la sintesi additiva e la sintesi sottrattiva ma oggi, questo modello, è solo parzialmente valido. Esiste un ambito percettivo molto preciso, quello legato ai fenomeni luminescenti solla luce ultravioletta che richiedono un adeguamento della teoria. In questo ambito non sono utilizzabili nell'esperienza pratica né la sintesi sottrattiva né quella additiva.

Esistono numerosi e diversi approcci al fare Arte, quello che mi è più vicino e che ho vissuto (da figlio di protagonista), è proprio quello che riavvicina l'intento di fare Arte a quello di fare Scienza. Arte e Scienza sono discipline oggi piuttosto distanti ma esistono delle sovrapposizioni importanti destinate ad ampliarsi.

Penso ad esempio alle forme d'arte che oggi vengono vista come avanguardia nelle accademie, l'arte del lighting, la video arte. La Scienza, attraverso le nuove tecnologie, mette a disposizione nuovi strumenti e l'Arte ne esplora e ne esplorerà in futuro le implicazioni e possibilità espressive.
#92
Tematiche Spirituali / Re:Spiritualità per tutti
18 Maggio 2016, 15:09:28 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 18 Maggio 2016, 12:22:44 PM
Mi sembra che, su quanto riguarda tutto ciò che chiamiamo "spiritualità", esista una confusione tra ciò che da una parte è adesione, condivisione e ciò che dall'altra è apprezzamento, stima. Faccio un esempio per chiarire meglio il concetto: apprezzare e stimare che nell'Egitto dei faraoni si siano create tradizioni spirituali di grande valore non significa necessariamente acconsentire all'idea che il faraone fosse davvero un dio. Oppure: stimare l'importanza di Marx non significa necessariamente essere d'accordo con le sue teorie.
Il risultato di quando invece si fa confusione è che, solitamente, realtà aventi a che fare con la spiritualità, come per esempio la Bibbia, oppure lo yoga, vengono conosciute e studiate soltanto da quanti hanno deciso di aderire a certe dottrine o a certi modi di pensare. Con questa diffusa mentalità, tante altre persone, che non si sentono di aderire a certi tipi di insegnamenti, si autoprivano, automaticamente, di tutti i contenuti validi, preziosi, importanti, di cui è possibile usufruire in qualsiasi spiritualità, al di là della scelta di aderirvi o meno.
Un esempio che per certi versi va contro questo tipo di mentalità, ma per altri vi si adegua, è la scuola: la scuola ti obbliga a studiare, per esempio, Dante Alighieri, non importa che tu sia d'accordo con lui o no: Dante fu un grande e quindi è giusto che tutti lo studino, indipendentemente dall'aderire o meno alle sue idee.
Perché non fare qualcosa di simile con la spiritualità, o meglio, le spiritualità? Perché non partire, per esempio, dall'idea che il Buddhismo è comunque portatore di enormi valori spirituali e quindi è giusto e necessario conoscerlo, indipendentemente dall'aderire o meno alle sue dottrine?
Il nocciolo del problema mi sembra consistere nel fatto che oggi le singole spiritualità vengono coltivate e approfondite quasi soltanto dagli aderenti; è praticamente inesistente una mentalità di studio delle spiritualità da un punto di vista non confessionale, non di fede, ma semplicemente scientifico, umanistico, spassionato, volto ad apprezzare quanto è apprezzabile da tutti, indipendentemente dalle scelte di pensiero personale.
Perché allora non cominciare a coltivare questo tipo di prospettiva sulle spiritualità, una prospettiva volta ad evidenziare in ogni spiritualità tutto quanto vi è di apprezzabile, ma da un punto di vista che si sforzi di essere indipendente dal credere o meno nelle sue dottrine? Mi sembra che ciò contribuirebbe a diffondere presso tutti dei tesori che oggi invece rimangono riservati solo a quanti aderiscono intimamente alle singole spiritualità.
È ovvio che il punto di vista dell'aderente sarà comunque diverso dal quello dello spassionato: è normale che un marxista convinto possa evidenziare del marxismo degli aspetti a cui un non marxista non attribuirà grande importanza o che addirittura farà fatica a comprendere. In questo senso la prospettiva neutrale che sto proponendo non intende affatto proporsi come sostitutiva delle prospettive degli aderenti, ma soltanto come un lavoro volto a diffondere quanto può essere apprezzato anche da chi non è aderente; in altre parole, eliminare il preconcetto che, per esempio, la Bibbia possa essere compresa solo dai Cristiani o solo dagli Ebrei: senza dubbio Cristiani ed Ebrei praticano sulla Bibbia dei punti di vista che consentono loro di apprezzarne finezze e grandezze che difficilmente un non credente riuscirà ad apprezzare; ma ciò non significa che nella Bibbia non esista nulla che un non credente possa apprezzare ed è proprio questo che la mia ipotesi cercherebbe di coltivare in dettaglio.
Che ne pensate?

In Italia esiste un concordato che demanda l'insegnamento della religione alla Chiesa Cattolica per tutti gli ordini e gradi.

#93
Citazione di: Sariputra il 18 Maggio 2016, 11:15:44 AM
Mi sembra che il mercato abbia sempre influenzato la dimensione artistica. Non credo si siano dipinti molti quadri nel rinascimento che non fossero commissionati da qualche nobile, da qualche scuola,  da qualche prelato o vescovo. Paesaggi pochi e come sfondo di ritratti e sostanzialmente produzione di arte sacra o affine hanno caratterizzato l'epoca. L'Impressionismo segna quasi una svolta "laica" nella produzione artistica. L'artista lavora per se stesso e non più per il mecenate di turno. Questa libertà la trovo positiva e negativa nello stesso tempo. Positiva in quanto permette l'espressione propria, negativa perchè a volta il lavorare su commissione impone una salutare "briglia" alla fantasia, che necessita allora di metodo,  di tecnica ( chi parla più della tecnica pittorica oggigiorno?) e di limiti che, parlo per esperienza, se ben interpretati diventano fecondi al sorgere di un'opera vera, compiuta. Un'opera che non è più strettamente personale, ma un concorso di idee che trova piena realizzazione nella tecnica e nell'esperienza dell'artista.

Quello che dici è vero, il mercato ha sempre condizionato l'artista con modalità diverse nei secoli.
Esistono grandi artisti del passato che hanno saputo comunque offrire una personale via alla ricerca estetica, penso per esempio a Caravaggio e i suoi studi sulla luce, Leonardo e i suoi studi sulla anatomia, ecc.
Con l'avvento della borghesia è nato un mercato più largo, dove l'artista ha potuto muoversi pensando prima al proprio linguaggio e poi alla sua vendita. Il periodo di fine '800 inizio '900, coinciso anche con lo sviluppo di tecnologie di riproduzione, ha spostato le esigenze interiori del fare arte. Come ho scritto nei giorni precedenti penso che questo periodo abbia modificato radicalmente l'idea stessa di ricerca estetica.
Il mercato ha comunque sempre condizionato e tutto condiziona le esigenze esteriori. In realtà io credo che lavorare su commissione non sia mai una "briglia" salutare, ma è sicuramente una opportunità da cogliere. L'importante per l'artista è sapere equilibrare le proprie esigenze interiori con quelle esteriori, una artista che lavori solo su commissione senza un serio impegno interiore non è destinato a lasciare tracce nella storia dell'arte.


#94
Citazione di: giona2068 il 18 Maggio 2016, 11:27:41 AM
Purtroppo quando si parla del "dio" bonaccione che non esiste, tanti ne parlano volentieri, ma quando si parla della vera giustizia Divina, comincia il dissenso e/o il rifiuto.

Citazione di: giona2068 il 18 Maggio 2016, 10:19:47 AM
Il cuore del Signore Dio per amare l'uomo è il cuore dell'uomo ed è una grazia quando si serve di chi vuole Lui per renderlo partecipe della Sua opera. "Beati i costruttori di pace perché saranno chiamati figlio di Dio".  Lungi da me credere che si serva di me e ancor meno che abbia bisogno di me. Partecipo a questo forum per dare il mio contributo come tanti altri e per testimoniare/ raccontare la mia esperienza/conoscenza. Non mi arrogo nessun diritto, spero solo di trovare chi vuol condividere questa esperienza.

Giona, tu hai citato te stesso/stessa che affermi che un "dio" bonaccione non esiste.
Ora parli di cuore di dio che ringrazi perché si serve di te per renderti partecipe, ovvero proprio di quel "dio" bonaccione.
Forse esiste in te una leggera contraddizione.

Io capisco che tu possa avere una fede ingenua, magari sei una suora o un prete, magari sei un giovane di comunione e liberazione, pregno del confronto acerbo con i tuoi amici di fede.
Ti voglio riportare un suggerimento dato da Emanuele Severino, che spero tu conosca, in una conferenza pubblica sul tema della fede, in una importante sede religiosa.
Severino parlò di una piramide, alla base di questa vi sono i comportamenti e le idee di masse di persone che si proclamano atee o agnostiche con argomentazioni incerte e contradditorie (tutto sommato volgari), in cima alla piramide però Severino mise tre pensatori coerenti e profondi di pensiero che portano alla luce le problematiche legate alla fede con un confronto utile alla stessa filosofia legata alla fede.
Questi pensatori sono Nietzsche, Leopardi e Gentile. Se una ragione va cercata nella fede, questa per darsi un senso autentico deve confrontarsi con il pensiero ateo, ma non con il pensiero ateo volgare, bensì con quello qualitativamente più alto.
#95
Citazione di: giona2068 il 18 Maggio 2016, 10:19:47 AM
Purtroppo quando si parla del "dio" bonaccione che non esiste, tanti ne parlano volentieri, ma quando si parla della vera giustizia Divina, comincia il dissenso e/o il rifiuto.

Giona, ma un dio onnipotente, in grado di disporre a suo piacimento della totalità della realtà perché mai avrebbe bisogno di persone come te per proferire il suo verbo?
Non è che in fondo in fondo qualche umano si arroga un diritto che non ha?
#96
Citazione di: davintro il 17 Maggio 2016, 23:59:30 PM

<CUT> Ma allora proviamo a chiarire un attimo il concetto di "attenzione". L'attenzione non è un atto meramente cognitivo, come il giudizio o la percezione, ma implica la volontà del soggetto e questo la rende un atto distinto rispetto ad altri vissuti (Erlebnisse, dal tedesco) della coscienza. Io volontariamente decido dove dirigere la mia attenzione. In questo momento la sto orientando verso il pc dove sto scrivendo (torno all'esempio di prima, scusa ma per ora non mi viene in mente niente di meglio) mentre il resto dell'ambiente esterno (la mia stanza) e la mia situazione interiore (preoccupazioni, pensieri della mia vita non direttamente legati a ciò su cui sto scrivendo) restano sullo sfondo, sono un "sottofondo". Cosa dovrebbe impedire di definire questo sottofondo come contenuto di coscienza? Stando a ciò che sostieni, l'identità tra contenuto di coscienza e oggetto dell'attenzione, in questo momento, nel quale la mia attenzione è orientata sulla tastiera e sullo schermo del pc, il resto della mia stanza dovrebbe essere fuori della mia coscienza ed allora se qualcuno aprisse la porta non potrei accorgermene. E invece probabilmente me ne accorgerei e me accorgo perchè la porta da dove proviene il rumore era già presente alla mia coscienza, che non si riduce al focus centrale dell'attenzione, così come mentre sto scrivendo un certo concetto potrebbe portarmi, per una serie di collegamenti associativi, a farmi tornare alla mente il pensiero di una certa preoccupazione a cui da un pò di tempo non rivolgevo la mia attenzione. Ma quando mi ritorna in mente la riconosco non come qualcosa di creato dal nulla ma già da prima presente nella mia mente (cioè nella mia coscienza) e solo ora tornata ad essere oggetto d'attenzione. Se la coscienza coincidesse con il "dare attenzione" tutto ciò non sarebbe possibile. L'autocoscienza è questo sottofondo trascendentale garante dell'unità temporale passato-presente attraverso cui il mondo acquisisce un significato dato dalla mia storia personale. La soluzione sarebbe pensare la coscienza come strutturata come un insieme di livelli di maggiore e minore chiarezza, dove l'attenzione è un fattore che determina un incremento di nitidezza di una singola esperienza vissuta, fermo restando che anche i vissuti presenti nei livelli "inferiori", più oscuri restano comunque parte della coscienza ed in qualunque momento possono essere rischiarati

Probabilmente esistono due accezioni possibili del concetto di "attenzione".
Esiste una attenzione puramente animale, sotto-cosciente e una attenzione strutturata, sovra-cosciente, tipicamente umana.
La prima attenzione è la stessa che puoi riconoscere nel gatto che si immobilizza all'impressione che sotto le foglie che si muovono possa celarsi un topo. Ogni suo movimento cessa, il suo corpo si contrae pronto a cogliere l'attimo ottimale per l'assalto, il suo sguardo, le pupille dei suoi occhi si muovono nel cercare il movimento impercettibile della foglia. E poi viene lo scatto. Ecco questo è sicuramente una rappresentazione di "attenzione" cui il mondo animale mostra in tutti i predatori. E' indubbio che questo atteggiamento presuppone una capacità "animale" di concentrare se stessi, le proprie forze vitali, in un unico atto o momento topico. Peraltro da una visione comportamentale ed evoluzionista è evidente che l'animale che meglio, nel senso di più efficacemente, riesce ad organizzare e utilizzare questo processo di "attenzione" è favorito nel perdurare esistenziale rispetto all'animale meno efficace, sia esso della stessa specie che di un'altra specie.
Un complementare comportamento di "attenzione" possiamo osservare nella preda, l'antilope si blocca un attimo, tutti i suoi sensi colgono i fruscii, alza la testa per massimizzare la ricezione di onde sonore e contemporaneamente si mette nella posizione dello scatto, con l'occhio scruta davanti a se per osservare i percorsi liberi, poi improvvisamente identificato un fruscio sospetto, scatta la corsa.
Questa forma di attenzione è sotto-coscienza, non immediata perché sfrutta al meglio i sensi (è quindi mediata dai sensi), i sensi, la percezione passano direttamente all'atto volitivo di aggressione o fuga (in dipendenza dei ruoli), la coscienza in questo casa sarebbe un fardello pericolo per la sopravvivenza.
Anche nell'uomo esiste questa forma di "attenzione", che cominciamo ad allenare, come tutti gli animali, dal momento stesso che usciamo dalla madre. A questa forma noi abbiamo aggiunto una "attenzione" consapevole, che è quella di cui parli nel tuo post. Io concentro i miei pensieri su un tema ed escludo ogni altra cosa.
Le due forme di "attenzione" non sono però disgiunte, io credo che esista per l'attenzione un sali-scendi da sopra a sotto la coscienza, l'attenzione cosciente non nasce dalla coscienza bensì dalla attenzione incosciente, dallo strato di "attenzione" animale che sfruttando anche le nostre capacita razionali e di immaginazione superiore ci forniscono lo strato e la situazione di cui stiamo parlando e di cui tutti abbiamo consapevolezza.
Esiste e possiamo riconoscere anche un processo di allenamento per la nostra attenzione, sia animale che sovra-animale, è quel processo che usa, per esempio l'atleta, di ripetizione ossessiva del gesto, allo scopo di renderlo quanto più possibile efficiente ed immediato (rispetto ai sensi). Il calciatore che ripete il gesto del palleggio, nel farlo coscientemente aumenta la sua capacità di farlo in forma automatica, esente poi della riflessione 'cosciente':  'arriva la palla, la vedo avvicinarsi, devi mettere il piede così o cosà per assorbile il colpo, ecco ora devo flettere il muscolo, ecco ora devo irrigidire il muscolo, ecc.'. Il calciatore si allena per portare l'attenzione cosciente razionale sotto la soglia della coscienza, per rendere il processo 'vedo la situazione' 'reagisco alla situazione' esente della parte razionale di attenzione, per comprimere questo processo alla sola parte animale.
#97
Citazione di: Duc in altum! il 17 Maggio 2016, 16:55:18 PM
**  scritto da HollyFabius:
CitazioneE perché mai? Su questi argomenti io non scommetto mai.
Come dire: E perché mai? Su questo pianeta io non respiro e mangio mai. Contento tu, felice tutti.

Ecco qui hai espresso un'altra ambiguità tipica.
Ogni atto è una scommessa, esco di casa in scooter, cado e muoio. Respiro e un gas letale mi uccide. Mangio e un cibo avariato mi uccide. Vado a dormire e il cuore si ferma e muoio. Possiamo andare avanti per pagine e pagine.
Mi spiace per te che scommetti su queste cose, che vivi nel terrore che ciò che hai finisca, e che una volta finito tu debba scomparire. A questo rimedi con la speranza (toh ancora la probabilità) che esista un qualcosa oltre la tua fine che possa ridarti un nuovo inizio o una prosecuzione idilliaca.
Io assorbo tranquillo ma consapevole, respiro tranquillo ma consapevole, mangio tranquillo ma consapevole. Vado a dormire tranquillo ma consapevole. E si! Faccio tutto ciò consapevole che prima o poi, sperando sia in un attimo e non in un lungo e prolungato dolore, tutto il mio mondo finirà. Tutto ciò senza scommettere, la scommessa comporta una posta, io piano piano accumulo quello che tu al contrario ti giochi come posta, mi arricchisco, sempre consapevole di lasciare al fondo tutto. La contentezza, la felicità mio caro è vivere la vita non scommettere sulla sopravvivenza.
#98
Citazione di: Loris Bagnara il 17 Maggio 2016, 19:53:56 PM
E' proprio questo il punto da afferrare.
Mi sto ponendo nei panni di uno che vorrebbe accogliere la tesi che l'autocoscienza emerga dal cervello. Però questo tizio ha un dubbio: se è vero che nulla è permanente nel corpo e nel cervello umano (anche tu l'hai confermato), come è possibile che da una struttura impermanente sorga un'illusione permanente?
La logica riduzionista esigerebbe di individuare una struttura materiale permanente a cui agganciare l'illusione permanente dell'io-sono.

Ora tu proponi che le funzioni svolte dal corpo/cervello possano costituire tale struttura permanente a cui l'io-sono possa agganciarsi.
Non sono affatto convinto che possa risolvere il problema, per due motivi.

Il primo è che le funzioni del corpo/cervello in verità variano e fluttuano di secondo in secondo (pensieri, emozioni, desideri, sensazioni etc) e che solo in generale, e facendo una sorta di media di lungo periodo, tali funzioni possono considerarsi più o meno simili. Ma solo più o meno, e solo compiendo un'astrazione a posteriori: insomma, un'operazione inversa, analoga a quella dell'autoreferenzialità, mi pare.

Il secondo motivo è che se assumiamo la struttura delle funzioni del corpo/cervello umano nella loro generalità, allora tutti gli uomini sarebbero grosso modo identici. Cioè, se non consideriamo le specifiche differenze di contenuti mentali, ma restiamo sul generale, allora banalmente possiamo dire che tutti gli uomini pensano, sentono, desiderano più o meno allo stesso modo, cioè presentano un'analoga struttura funzionale.
Ma allora come fa a sorgere il senso della nostra specifica identità? Come facciamo a sentirci legati ad uno specifico corpo impermanente, se la struttura delle funzioni accomuna tutti gli esseri umani?

In conclusione, questi sono i due grandi problemi che il riduzionismo deve risolvere: il problema dell'impermanenza e quello dell'individuazione.

Non chiedo altre risposte, ora. Ho chiarito quel che intendevo dire e lascio a ciascuno il tempo e la voglia di rifletterci sopra...

Impermanenza e individuazione
Nel mondo del logos, nella tradizione greca che ci accompagna l'identità delle cose è alla base di ogni riflessione.
Possiamo tranquillamente affermare che ogni nostra riflessione si basa sulla creazione di oggetti e sullo studio delle loro relazioni, ontologia, essere sono i concetti fondamenti.
Grandi filosofie si appoggiano al criterio di identità e al principio di non contraddizione, ogni discorso della filosofia occidentale implicitamente o esplicitamente si appoggia su questi principi, almeno questo è quanto io ho percepito.
Impermanenza e indivuduazione sono il tentativo di spostare questi principi sul piano del ragionamento attorno alla coscienza.
L'impermanenza è concettualmente simile alla critica del divenire di Severino, ripresa da Parmenide, se le cose cambiano non rimangono se stesse, quindi o rifiutiamo l'idea che esistano identità nelle cose o rifiutiamo che esista il divenire.
La filosofia occidentale, il nichilismo rifiuta l'identità e forse l'idea stessa delle cose, tutte le cose, Severino rifiuta il divenire.
Mi pare che la tua riflessione, profonda, rivive questo dilemma, spostandolo sul piano della coscienza.
La coscienza, vista come cosa in divenire, che varia e fluttua di secondo in secondo contrasta con la coscienza individuata come essere (oggetto permanente e coerente nel tempo).

Il fatto è che esiste una terza via logicamente percorribile. Il mare è in continuo movimento, le acque bagnano la spiaggie e poi la risacca ritira le onde, al suo interno animali nascono, vivono, muoiono. Il mare non è mai uguale a se stesso, non rispetta il principio di specifica identità.
Ogni onda è diversa dall'onda precedente, ogni risacca si ritira diversamente. Il mare si scompone e si ricompone continuamente, sempre diverso da se stesso ma permanentemente sempre se stesso.
Cosa rende il mare sempre costantemente, indiscutibilmente mare? Diresti che non possiamo ridurre il mare ad un insieme di liquido e carne animale, perchè il liquido non è fermo e gli animali contenuti muoiono?
Il vento increspa le onde, le forme delle onde sono tutte diverse tra loro, eppure sono convinto che se ti indico un'onda anche tu vedrai un'onda.
Ma come facciamo a riconoscere le onde se non esiste un'onda uguale ad un'altra onda, cose rende le diverse onde 'onda'?

Io vedo la nostra coscienza come il mare, esiste un mare sommerso, una parte di noi sotto-coscienza, irrazionale, animale che gorgoglia ed esiste una parte di noi sulla superficie, che disegna delle geometrie sempre diverse ma riconoscibili, fluttuanti, quasi come pensieri che sorgono dal nostro mare interno.

Ora io non riesco ad immaginare altri mari su altri pianeti, ma credo che esistano e che questi mari contengano fenomeni ondosi, fenomeni di fluttuazione e di risacca.
Ma non riesco ad immaginare che siano identici al mare terrestre, varieranno per dimensioni, colore, liquidi. Sarà diversa la gravità che li tiene vicini al loro mondo. Conterranno magari animali di cui non immaginiamo la forma, le funzioni, il ciclo naturale di vita.
Anzi escluderei che siano grosso modo identici al nostro mare.
#99
Citazione di: Duc in altum! il 17 Maggio 2016, 13:27:41 PM
**  scritto da HollyFabius:
CitazioneOramai siamo arrivati a questo.
A rivolto a B: "Tu credi! "
B: "ma veramente io dubito"
A: "no no no tu assolutamente credi"
B: "non ne sono così convinto, direi che mi pongo come se non credessi"
A: "assolutamente no. Tu credi di non credere quindi credi, assolutamente credi. Credere è un tuo bisogno!"
B: "ma non saprei, non penso di aver bisogno di credere proprio a tutto"
A: "tu credi oppure appartieni a quelli che speculano sul significato di credere, credendo di confondermi, e quindi credi in qualcosa comunque"
B: "a beh messa in questi termini va bene, va bene, non ti alterare, credo credo. Ma di grazia, in che cosa?"
A:"come in che cosa credi ??? ?!?! Non ti sei accorto che la tua esistenza è già, inevitabilmente, l'espressione del tuo dubbio?"  :-[
B: Questa è solo una tua impressione. Credimi :=)
#100
Citazione di: paul11 il 17 Maggio 2016, 15:43:52 PM
vale quanto scrivi alla fine, io intendo non più matematica binaria. perfetto nuovo hardwar nuove possibilità di costruzioni algoritmiche ed euristiche , alla fine ci siamo capiti.

Volevo aggiungere....
la coscienza è la base per cui l'uomo diventa CULTURA .Tutti i post precedenti volevano evidenziare la differenza di stato animale o naturale e stato culturale., non dimentichiamoci che siamo natura e cultura. Ma affinchè v isia quella coscienza c'è necessità di una nuova forma materiale, ovvero di un cervello "fisico" atto a far emergere quella coscienza e le aree linguistiche  nel cervello sono l'hardware per il software .
Forse ora diventa più chiara tutta la'argomentazione fra cervello umano, cibernetica, computer,  IA, manoi siamo bios, organicità da cui emerge la vita. Tutti queste "emergere" indicano il passaggi energetici che non sono solo materia, anche l'enenrgia elettrica di chi per primo accese una lampadina doveva avere il medesimo effetto.

Il passaggio successivo è l'emergere di simboli e signiificati che permettono sistemi di relazione . Non sono altro che codificazioni di informazione, vale a dire che la percezione elettromagnetica che arriva ad una retina può essere codificata in simboli, in segni, ovvero in stati energetici dei neuroni con sinapsi. Quando il la nostra coscienza da neonati è tabula rasa quella percezione non è filtrata da un codificatore interpretativo che si costituisce ,man ma no che quella coscienza continua a reinterpretare i segnali esterni sempre più in simboli segni e significati che non appartengono più alla natura del mondo "reale" ,ma sempre più alla  cultura .
Questa prima codificazione interpretata  che è coscienza , quando comincia a relazionare se stessa problematizzando la nostra esistenza diventa consapevolezza. A mio parere l'autocoscienza è quindi un ulteriore emergere della coscienza è utilizzare i simboli della realtà linguistica ,l'interpretazione delle percezioni sensoriali mediata da questa prima coscienza e rielaborate nella problematizzaione di quell'IO (se così possiamo dire) che si relaziona con Dio, con la psiche, con la realtà, con il passato, con il futuro, con il  divenire, con l'eternità , ovvero è cultura indipendentemente da cosa e come crediamo e quindi interpretiamo .

La prova logica di una coscienza è quindi semplicemente: " io credo in DIo" indipendentemente da un giudizio di giusto o sbagliato , vero o falso, perchè quel credere proietta i miei simboli e significati dentro la realtà diventando cultura.vale a dire io comunico a me stesso e al mondo, compreso i mie simili in cosa risolvo i significati simbolici di una coscienza che si costituisce in autocoscienza e posso fare diventare prassi ciò che la mia autocoscienza ha  elaborato nei simboli, segni e significati .

... non so se mi sono spiegato
Condivido quasi tutto di quello che hai scritto con due eccezioni.
La prima è relativa alla relazione temporale tra incoscienza, logos, consapevolezza e autocoscienza.
Mi pare di capire che tu intenda il bimbo appena nato già fornito di potenzialità di coscienza e successivamente mediante la formazione del logos vedi emergere la consapevolezza (e la coscienza) che vedi come codificata in simboli e segni, ovvero razionale.
La seconda è la l'emergere dell'autocoscienza come consapevolezza più indagine della relazione tra l'IO cosciente e dio.

Se non è così correggimi perché ho male interpretato. Io ovviamente qui sotto commenterò quella che è la mia interpretazione del tuo pensiero.

Io credo che lo stato di incoscienza permanga nell'uomo per tutta la vita e lo stato di coscienza sia solo un sofisticato strato superficiale esterno. Nei nostri pensieri anche in età matura vi è una maturazione delle idee prima irrazionale, sotto-coscienza e poi solo per alcune percezioni superiori vi è una comparsa di razionalizzazione.
Molte nostre azioni sono ancora sotto la sfera interna sotto-cosciente, quasi totalmente durante il sonno ma anche in forma preponderante durante la veglia. Solo una piccola parte esterna di noi è logos, razionalità, meditazione consapevole.
Questa per inciso è una prima fondamentale differenza con le macchine, noi forniamo attraverso la programmazione alle macchine parte dello strato esterno convinti che sia la parte significativa della conoscenza. Tutto ciò si sta rivelando un errore, è come dipingere una pietra di verde e pensare che la pietra sia diventata simile ad uno smeraldo, ma lo smeraldo è verde in profondità, lo separi in parti e le parti si mostrano verdi mentre se rompi la pietra dipinta scopri l'inganno.
L'aspetto sociale e quello culturale derivato è importante nell'uomo ma è ancora un aspetto presente in forme meno articolate e complesse anche in altri animali. Su questo aspetto possiamo condividere l'opinione della IA forte che la quantità si trasforma in qualità. Per esempio la nostra società è qualitativamente diversa dalla società degli uomini di centinaia di anni fa. Questa differenza è dovuta ad una quantità rilevante di innovazioni introdotte.

Sulla auto-coscienza come emersione della nostra indagine interna e confronto con dio sono fermamente scettico.
Credo che l'autocoscienza venga maturata prima della riflessione sul sovrannaturale e comunque in forma indipendente.
Peraltro occorre anche essere consapevoli che esiste un uomo pre-cristiano, un uomo orientale e che esistono e sono esistite anche altre forme di umanità. Il sovrannaturale non necessariamente passa per una qualche forma razionale, per grande parte della sua storia per l'uomo il sovrannaturale era irrazionale, oggi è razionale, un domani chissà.
#101
Citazione di: Loris Bagnara il 17 Maggio 2016, 16:19:44 PM
Citazione di: HollyFabius il 17 Maggio 2016, 15:45:30 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 17 Maggio 2016, 15:24:00 PM
Mi sto sforzando di capire quale sia la differenza fra il "mio" modo di intendere la coscienza e il "tuo".
Io ho sempre usato questo termine nel senso dell'io-sono, cioè la consapevolezza di esistere come essere pensante individuale, che è proprio il tema che hai introdotto tu ponendo la questione delle intelligenze artificiali, e che è collegato al discorso dell'emergere della coscienza come autoreferenzialità etc etc.
Dov'è la differenza? Se qualcun altro la vede, è pregato di chiarircelo.

E ora che ho chiarito (si fa per dire, era già chiarissimo) il senso del termine coscienza, come lo intendo io,  è possibile avere una risposta in termini riduttivisti al problema che ho posto?
Ossia: cosa c'è (se c'è) di stabile nel corpo/cervello umano a cui si possa riferire il senso di permanenza e stabilità del proprio io-sono, che ciascuno di noi sperimenta?

P.S Quoto l'ultimo post di Davintro, che ha capito benissimo ciò che intendevo.
Mi spiace ma tu relazioni il tuo io-sono all'anima, la tua coscienza vive in un mondo del quale non ho esperienza.
La mia coscienza finirà con la mia dipartita.
Tu colleghi questa 'anima' che io ignoro ad un Dio che suppongo razionale. Io non credo a nessuna entità razionale intellegibile collegata alla coscienza.Stiamo parlando di cose diverse.
Ps ho letto solo ora la modifica. Dopo rispondo
In attesa della tua risposta, noto solo che mi attribuisci pensieri che non ho mai espresso: non ho mai parlato di Dio né di anima, ma ho solo inteso porre un altro punto di vista sulla coscienza, che io ritengo altrettanto razionale (anzi, più razionale) di quelli main stream, diciamo così.
E' un chiaro esempio di quel pregiudizio a cui accennavo: non appena uno parla della coscienza in termini non riduttivisti, scatta automaticamente l'attribuzione di quel pensiero al mondo dell'irrazionale e della fede.

E io non posso fare altro che ribadire:
- non sto parlando di fede
- non sto parlando di anima
- non sto parlando di Dio
- invece, stiamo proprio parlando della stessa cosa.

Mi sono semplicemente posto, ai fini della discussione, nell'ottica riduttivista, e ho evidenziato un problema che dev'essere risolto se si vuole sostenere quella posizione.
Non sono partito da nulla e non ho collegato nulla a null'altro, men che meno l'io-sono all'anima.

Tu puoi rispondere quello che ti pare, ma non attribuirmi pensieri che non ho espresso, e tanto meno etichette pregiudiziali.

Tu hai scritto, testuali parole:
"Il riduzionismo materiale non sta chiaramente in piedi, eppure molti continuano a preferirlo, inorridendo all'idea di dover postulare la coscienza come principio primo e irriducibile. Forse perché sa troppo di anima, e l'anima sa troppo di Dio."
Se le parole hanno un senso questo significa che io dovrei essere inorridito all'idea di veder postulata la coscienza come principio primo e irriducibile perché sa troppo di anima e di Dio. Prendo atto che per te la prima parte (il principio primo e irriducibile) non è connessa alla seconda (il sapere troppo di anima e di Dio). A questo ho risposto.

Rileggendo ciò che hai scritto mi è apparsa chiaro il fraintendimento, ti faccio notare che se rispondendo ad un post dove non si cita ne anima ne dio tu introduci anima e dio come causa di supposti comportamenti altrui il venire frainteso è quasi automatico. O no? In ogni caso mi scuso e passo oltre.

Rispondo alla tua questione, ovvero: cosa c'è (se c'è) di stabile nel corpo/cervello umano a cui si possa riferire il senso di permanenza e stabilità del proprio io-sono, che ciascuno di noi sperimenta?

Ammetto che non mi è perfettamente e completamente chiaro cosa stai chiedendo, reagirei di rimbalzo: c'è qualcosa di stabile nel nostro corpo/cervello umano?
Se per stabile intendi che perdura nel tempo, nulla perdura in noi. Da quando nasciamo a quando moriamo vi è una continua trasformazione sia nel corpo che nel cervello.
Questo però non esclude che per molti periodi quello che osserviamo come 'coscienza' permanga in forme sufficientemente stabili da fornire quella che è la nostra impressione di unità.
Se pensi ad un formicaio, la morte e nascita di formiche è continua ma le funzioni del formicaio permangono. E' un po' come una squadra di calcio dove un componente viene sostituito ma la squadra continua a giocare e dall'esterno continui a vedere la partita.
#102
Citazione di: Loris Bagnara il 17 Maggio 2016, 15:24:00 PM
Mi sto sforzando di capire quale sia la differenza fra il "mio" modo di intendere la coscienza e il "tuo".
Io ho sempre usato questo termine nel senso dell'io-sono, cioè la consapevolezza di esistere come essere pensante individuale, che è proprio il tema che hai introdotto tu ponendo la questione delle intelligenze artificiali, e che è collegato al discorso dell'emergere della coscienza come autoreferenzialità etc etc.
Dov'è la differenza? Se qualcun altro la vede, è pregato di chiarircelo.

E ora che ho chiarito (si fa per dire, era già chiarissimo) il senso del termine coscienza, come lo intendo io,  è possibile avere una risposta in termini riduttivisti al problema che ho posto?
Ossia: cosa c'è (se c'è) di stabile nel corpo/cervello umano a cui si possa riferire il senso di permanenza e stabilità del proprio io-sono, che ciascuno di noi sperimenta?

P.S Quoto l'ultimo post di Davintro, che ha capito benissimo ciò che intendevo.
Mi spiace ma tu relazioni il tuo io-sono all'anima, la tua coscienza vive in un mondo del quale non ho esperienza.
La mia coscienza finirà con la mia dipartita.
Tu colleghi questa 'anima' che io ignoro ad un Dio che suppongo razionale. Io non credo a nessuna entità razionale intellegibile collegata alla coscienza.Stiamo parlando di cose diverse.
Ps ho letto solo ora la modifica. Dopo rispondo
#103
Citazione di: Duc in altum! il 17 Maggio 2016, 13:31:18 PM
**  scritto da HollyFabius:
CitazioneStai scommettendo, non dimostrando.
Spero sia chiaro.
La dimostrazione è in quel che siamo, ecco perché siamo esseri simili ma ben differenti.
Certo che mi è chiaro, è da sempre che sostengo questo concetto. Il problema forse è più tuo che non hai chiaro che nessuno può esentarsi dallo scommettere.
Spero che almeno questo ti sia chiaro.

E perché mai? Su questi argomenti io non scommetto mai.
#104
Citazione di: paul11 il 17 Maggio 2016, 14:26:01 PM
... mi arrendo. O si capisce quello che scrivo ,e forse è colpa mia, oppure è è inutile girare in giro.
Comunque:....
Se una porta di un materiale ti permette di gestire solo 2 possibilità, due stati (passa la corrente,1; non passa la corrente 0)
hai 2 ^2 = 4 possibilità. Se un'altro material ha la possibilità ,per pura ipotesi, di gestire 10 stati , allora hai 10^10=100 : tutto quì.

paul rispondo solo su questo perché mi pare evidente che esista sull'argomento un gap informativo.

1+1=2
1+1=10

sono la stessa operazione rappresentate la prima in una base decimale e la seconda in base binaria (il 2 e il 10 rappresentano lo stesso numero).
Se hai un materiale con 2 possibilità, due stati per rappresentare il numero 57 (che in decimale richiede due simboli) in binario richiede 6 simboli 111001 ma dal punto di vista delle operazioni che puoi compiere con 2 sole possibilità o con 10 possibilità (quelle del sistema decimale) sono esattamente le stesse, con una differenza insignificante per quanto riguarda i tempi di elaborazione. Non è usando 50 simboli per contare che si aumenta potenza all'atto di realizzare operazioni numeriche. Con un materiale di due possibilità ne usi due al posto di uno e le possibilità diventano, usando la tua notazione (2^2)^(2^2) 16 possibilità, basta usarne 4 dove per superare in potenza il materiale con 10 possibilità.
L'uso di elaboratori organici in realtà implica l'introduzione di nuove forme di elaborazione, di nuova matematica non della stessa matematica con più simboli a disposizione. Spero di aver afferrato le tue perplessità e aver risposto in modo comprensibile.
#105
Citazione di: Loris Bagnara il 17 Maggio 2016, 13:03:30 PM
Io non sono partito con l'affermare la coscienza come principio primo, per fede, come lasci intendere tu ad una lettura disattenta del mio post.
Ci sono arrivato dopo averci ragionato e dopo aver escluso la ragionevolezza delle altre posizioni, esattamente come dici di voler fare tu. E se davvero lo vuoi fare, dovresti rispondere alla questione che pongo in conclusione del mio post precedente: cosa che né tu né altri hanno ancora fatto, nonostante l'abbia già posta in precedenza, più volte.
Io ho risposto solo al tuo ultimo post, dove non hai un atteggiamento dialettico e dove hai un evidente tono affermativo, privo di qualunque forma di analisi del discorso altrui. Non importa, mia mancanza non aver letto i tuoi post precedenti dove evidentemente avrai parlato di quello che mancava in questo.
Ti rispondo sull'ultima frase che tra l'altro non è posta in forma di questione come qui dici ma in forma di convinto giudizio, è normale non rispondere perché è evidente la mancanza di un dialogo possibile.
In ogni caso, visto che qui lo richiedi direttamente posso dirti che quando parliamo di 'coscienza' stiamo parlando di due cose completamente diverse, usiamo lo stesso termine, la stessa parola ma l'ambito, le motivazioni, le implicazioni, le conseguenze sono completamente diverse. Dovremmo usare parole diverse ed evitare questa ambiguità.