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Messaggi - Carlo Pierini

#901
Citazione di: 0xdeadbeef il 07 Luglio 2018, 14:26:30 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 07 Luglio 2018, 11:00:59 AM


CARLO
A me invece fa pensare alla Scienza, laddove il concetto di "legge della fisica" (ordo et connexio rerum ac ordo et connexio ...numerorum) rappresenta un grado superiore di conoscenza (rispetto alla conoscenza pre-scientifica) dal momento che la scoperta di alcune (poche) leggi riguardanti il mondo fisico ci ha permesso di realizzare cose che solo quattro o cinque secoli fa si sarebbero chiamate "magìe" (volare, andare sulla luna, comunicare in tempo reale da distanze enormi, guarire quasi tutte le malattie che affliggono gli uomini e gli animali, ...e le altre migliaia di conquiste della conoscenza).
Di fronte a tutto ciò, l'inconoscibilità della "cosa in sé" di Kant fa ridere i polli.


CARLO
Se si avesse UN MINIMO di buon senso, si capirebbe che, se è impossibile conoscere "l'oggetto in sé", sarà A MAGGIOR RAGIONE impossibile conoscere "in sé" <<il nostro modo di conoscere gli oggetti>>.
Solo delle seghe di filosofi come Kant non si rendono conto che predicando dei limiti DI PRINCIPIO alla conoscenza e alla verità si pongono GLI STESSI limiti alla verità di ciò che si predica, cioè, che si taglia il ramo su cui si è seduti.
Beh, direi che mi confermi appieno quanto sospettavo, e cioè che ragioni in termini idealistici.
O più precisamente, che hai della scienza una visione idealistica (la vedi cioè come una specie di
"spirito del mondo").
Dimentichi cioè, e colpevolmente, che la scienza è SOLO una branca specifica di quel sapere che
la filosofia abbraccia nella sua interezza; e di cui essa cerca le "relazioni" che intercorrono
fra le specificità.
Sarebbe, a tal proposito, interessante sapere come tu ti rapporti, "scientificamente", ai problemi
della politica, della morale o di quant'altro (informandoti preventivamente che la "cosa in sè"
kantiana vi si rapporta eccome).
In realtà il tuo modo di vedere le cose, il tuo "ordo", è ben conosciuto. Si chiama "scientismo".
Ed è appunto l'estensione indebita di una branca della filosofia, appunto la scienza, all'intera
filosofia in modo del tutto analogo a quanto l'Idealismo fa con un "io" che a se riduce l'intero
universo.

CARLO
Dovresti limitarti a commentare quello che scrivo, invece di distribuire etichette superficiali e prive di fondamento. Giusto l'anno scorso scrivevo in un'altra sezione di questo NG:

<<...nel campo della cosiddetta "fenomenologia dello spirito umano" il metodo scientifico (descrizione matematica e verifica sperimentale) si rivela assolutamente inadeguato e infruttuoso. Pertanto, qualunque investigazione tesa a dare risposte alle domande di cui sopra, metterebbe in chiara luce la non universalità del metodo scientifico e la limitatezza del suo dominio di ricerca. In definitiva, scoprirebbe gli altarini della provincialità della Scienza, il suo essere regina NON del Sapere, ma solo di UNA delle DUE polarità di esso, quella rivolta al mondo materiale. >>

Ti sembrano le parole di uno "scientista"?
Se vuoi leggere l'intero post, lo trovi qui:

https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-spirituali/la-scienza-la-metafisica-e-la-favola-di-biancaneve/msg14057/#msg14057

OXDEADBEFF
Hai dapprima detto un mucchio di sciocchezze sull'"idea" platonica (che hai allegramente accomunato alla cosa in sè di Kant).

CARLO
Leggi meglio ciò che ho scritto: ho parlato di manipolazione da parte di Kant del concetto platonico di "noumeno"!
Insomma, se continui a emanare sentenze senza celebrare processi, il dialogo con te diventa ben difficile.

OXDEADBEFF
(e quando te lo si fa notare semplicemente fai finta di nulla e cambi discorso - del resto anche altri hanno notato come, spesso, non contro-argomenti).

CARLO
Io rispondo solo a chi critica ciò che scrivo, non a chi critica ciò che lui crede che io pensi.
#902
Citazione di: Phil il 07 Luglio 2018, 12:06:52 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 07 Luglio 2018, 09:33:53 AM
Davvero?  ...E io che credevo  che le unità di misura fossero dei prodotti naturali!!!

Chiaramente no, ma dato che avevi salomonicamente affermato:

Citazione di: Carlo Pierini il 06 Luglio 2018, 18:33:50 PM
Il soggetto, cioè, NON "determina" l'oggetto PIÙ DI QUANTO l'oggetto non "determini" il paradigma soggettivo-metafisico, ma entrambi contribuiranno in egual misura alla costruzione del sapere, in una CORRISPONDENZA equilibrata
ho provato a suggerirti alcuni motivi per cui forse non è una relazione così bilanciata (e concordo che sarebbe bello lo fosse).
CARLO
...Ma è sicuramente più bilanciata dell'idea kantiana che pone, non più l'oggetto, ma il soggetto al centro del processo conoscitivo. Kant, cioè, sostituisce un estremismo squilibrato con un altro estremismo altrettanto squilibrato. 
Per questo ho portato come esempio REALE di conoscenza (tra i tanti possibili) la seconda legge di Newton, nella quale non è centrale né il soggetto né l'oggetto, ma la CORRISPONDENZA equilibrata (dialettica) tra un paradigma matematico SOGGETTIVO-METAFISICO (F=ma) e  un insieme di fenomeni OGGETTIVI-FISICI che in esso si unificano.
Ed è su questa tipologia di processi epistemici che si è costruita la Scienza, cioè, la più rivoluzionaria ed efficace forma di conoscenza che l'uomo abbia mai concepito, non sulle chiacchiere inconcludenti di Kant.

Citazione di: Carlo Pierini il 07 Luglio 2018, 09:33:53 AM
Non posso conoscere "in sé" il significato di quello che hai appena scritto 


Colgo il sarcasmo, eppure mi concederai che l'"in sé" empirico non è proprio equivalente all'"in sè" semantico...

CARLO
La semantica è l'arte di associare dei segni a dei contenuti provenienti dall'esperienza (contenuti empirici). Quindi non esiste un "in sé" semantico separato da un "in sé" empirico.  Il "significante" trova il proprio "significato" esclusivamente nell'esperienza, altrimenti non è altro che un flatus vocis, un rumore fine a se stesso.
Cosicché, la verità non è <<ciò che si dice>>, come avventatamente sostieni tu, ma la corrispondenza tra ciò che si dice e ciò che è empiricamente, tra l'ordine dei fatti empirici e l'ordine dei segni che rispecchiano quei fatti nel linguaggio.
Se la "cosa in sé" non è conoscibile, TANTOMENO saranno conoscibili le chiacchiere in sé, separate da contenuti empirici di cui esse sono espressione.

Come dicevo a Oxdeadbeef, affermare che l' "oggetto in sé" è inconoscibile e che, invece, il "fenomeno" è conoscibile significa giocare con le parole, perché anche il fenomeno è un oggetto della conoscenza, quindi, con lo stesso stupido gioco, potremmo dire che <<è conoscibile il fenomeno, ma non il "fenomeno in sé">>, infilandoci così in un circolo vizioso nel quale alla fine scopriamo che NULLA è conoscibile e che NULLA può essere considerato "verità", nemmeno la filosofia di Kant.
#903
Citazione di: 0xdeadbeef il 07 Luglio 2018, 09:56:48 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 06 Luglio 2018, 18:33:50 PM

La "rivoluzione copernicana" di Kant è un ennesimo estremismo; un estremismo uguale e contrario a quello che si vuol superare: se quello sacrificava il soggetto sull'altare dell'oggetto, Kant sacrifica l'oggetto sull'altare del soggetto. Due estremismi ugualmente squilibrati, laddove la conoscenza è, invece, la corrispondenza tra due realtà opposte – soggetto e oggetto – di pari dignità ontologica: 1) il fenomeno oggettivo che esiste in sé sul piano FISICO e 2) il paradigma di un soggetto che esiste anch'esso in sé, ma sul piano METAFISICO; quando si realizza una compiuta corrispondenza-complementarità tra le due realtà, esse si confermano reciprocamente e si unificano in un grado superiore di conoscenza,

OXDEADBEEF
Kant, attraverso il metodo detto "trascendentale" (che nulla ha a che vedere con la trascendenza)

CARLO
Certo, il "trascendent-ale"!! Un aggettivo che significa "riferito al trascendente", ma che con il trascendente non ha niente a che vedere! Un capolavoro concettuale, che, insieme al "soggetto", è altresì privo di una sua sostanzialità ontologica.  
...Mirabile filosofia, o insensata ciarlataneria?
No, tutt'altro. Kant non "sacrifica nessun oggetto sull'altare del soggetto" (l'oggetto è mantenuto,
pur nell'inconoscibilità ultima, nella cosa in sè).

CARLO
Un oggetto inconoscibile è un non-oggetto, cioè, è un "significante" privo del suo "significato". Affermare che l' "oggetto in sé" è inconoscibile e che, invece, il "fenomeno" è conoscibile significa giocare con le parole, perché anche il fenomeno è un oggetto della conoscenza, quindi, con lo stesso gioco della minchia, potremmo dire che <<è conoscibile il fenomeno, ma non il "fenomeno in sé">>, infilandoci così in un circolo vizioso nel quale alla fine scopriamo che NULLA è conoscibile e che NULLA può essere considerato "verità", nemmeno la filosofia di Kant.

OXDEADBEEF
Ma diciamo anche che, a tal proposito, sarebbe oltremodo interessante conoscere a quali pensatori
moderni il pensiero di Carlo Pierini si avvicina...
Lo dico perchè quella tesi per cui soggetto e oggetto: "si unificano in un grado superiore di
conoscenza" mi fa proprio pensare all'Idealismo;

CARLO
A me invece fa pensare alla Scienza, laddove il concetto di "legge della fisica" (ordo et connexio rerum ac ordo et connexio ...numerorum) rappresenta un grado superiore di conoscenza (rispetto alla conoscenza pre-scientifica) dal momento che la scoperta di alcune (poche) leggi riguardanti il mondo fisico ci ha permesso di realizzare cose che solo quattro o cinque secoli fa si sarebbero chiamate "magìe" (volare, andare sulla luna, comunicare in tempo reale da distanze enormi, guarire quasi tutte le malattie che affliggono gli uomini e gli animali, ...e le altre migliaia di conquiste della conoscenza).
Di fronte a tutto ciò, l'inconoscibilità della "cosa in sé" di Kant fa ridere i polli.

OXDEADBEEF
Se si avesse UN MINIMO di conoscenza del pensiero di Kant si saprebbe infatti molto bene che quel
termine è da lui inteso in tal modo: "chiamo trascendentale ogni conoscenza che si occupa non degli
oggetti, ma del nostro modo di conoscere gli oggetti".
saluti

CARLO
Se si avesse UN MINIMO di buon senso, si capirebbe che, se è impossibile conoscere "l'oggetto in sé", sarà A MAGGIOR RAGIONE impossibile conoscere "in sé" <<il nostro modo di conoscere gli oggetti>>.
Solo delle seghe di filosofi come Kant non si rendono conto che predicando dei limiti DI PRINCIPIO alla conoscenza e alla verità si pongono GLI STESSI limiti alla verità di ciò che si predica, cioè, che si taglia il ramo su cui si è seduti.
#904
Citazione di: Phil il 06 Luglio 2018, 20:14:03 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 06 Luglio 2018, 18:33:50 PM
Per esempio, la seconda legge di Newton è la corrispondenza tra il [/font][/size]paradigma matematico SOGGETTIVO-METAFISICO "F=ma" e la relazione OGGETTIVA che intercorre tra le grandezze FISICHE "massa", "forza" e "accelerazione".

PHILL
La relazione cosìddetta "oggettiva" è comunque posta dal soggetto: le grandezze fisiche in questione sono state definite e identificate convenzionalmentedal soggetto, quindi sono soggettive (non nel senso di "opinabili", ma letteralmente: prodotte dal soggetto).
Anche la misurazione di tali grandezze (v. matematica applicata) è in tal senso soggettiva: è un'attività del soggetto secondo idee, strumenti logici e regole da lui formulate. Tali idee sono del soggetto, non dell'oggetto su cui vengono proiettate.
Il che non significa che la scienza più "manifesta" non funzioni in modo regolare e attendibile (è innegabile), ma soltanto che, esempio banale, quando misuro qualcosa in centimetri, tale unità di misura non è oggettiva (dell'oggetto), non appartiene alla "natura" o all'"essere" dell'oggetto, ma è soggettiva, ovvero è del soggetto che "sovrappone" le sua idea di "centimetro" (la sua "griglia") all'oggetto che misura.

Detto altrimenti, l'oggetto misurato, in quanto tale, non è fatto in/di centimetri, bensì è il soggetto che lo inquadra secondo l'idea astratta di centrimetro, che dà un senso al centrimetro come misura fisica, "leggendo" quindi l'oggetto secondo quella (convenzionale, dunque soggettiva) unità di misura.

CARLO
...Davvero?  ...E io che credevo  che le unità di misura fossero dei prodotti naturali!!!

Citazione da: Carlo Pierini - 06 Luglio 2018, 18:33:50 pm
Citazionel'equilibrio del motto spinoziano: <<Ordo et connexio rerum idem est ac ordo et connexio idearum>>.

PHIL

[Questo motto] descrive una idilliaca (e utopica) simmetria che ignora l'impossibilità di conoscere l'"ordo et connexio rerum" senza l'inevitabile mediazione delle idee: non è possibile conoscere "in sé" qualcosa di empirico se non tramite le nostre idee, le nostre categorie (e la nostra intenzionalità, per dirla con Husserl).
Lo stesso concetto di "ordine" è un'astrazione: non possiamo dire sia "reale", poiché è piuttosto una categoria con cui interpretare la realtà; parlare di "ordo rerum" significa dunque utilizzare già l'"ordo idearum" (idea di ordine), che risulta quindi dominante e logicamente primario rispetto all'altro (supposto) "ordo", inglobandolo.

CARLO
Non posso conoscere "in sé" il significato di quello che hai appena scritto. Tu ti illudi di aver detto la verità, ma la verità è solo una questione soggettiva. Il concetto stesso di "impossibilità di conoscere" è una astrazione, una tua interpretazione della conoscenza; pre-suppone una idilliaca (e utopica) corrispondenza tra ciò che dici e la verità, ma le tue sono, invece, solo parole il cui significato "in sé" è inconoscibile. ....Parole al vento...!
#905
Citazione di: viator il 06 Luglio 2018, 14:48:37 PM
Salve Carlo. "Questo punto di vista si adatta però al pregiudizio materialistico, e perciò ogni assurdità viene consacrata come scientifica purché prometta di trasformare in fisico tutto ciò che è psichico".
Se si tratta di una integrale citazione junghiana appropriatamente tradotta, siamo di fronte ad un travisamento da parte dell'Autore.
Non credo esistessero allora e siano poi esistite  pretese scientifiche di trasformare lo psichico in fisico, dal momento che il percorso risulta certamente unidirezionale,

L'ultima stesura del testo da cui ho tratto questo brano è del 1948, quindi relativamente recente (rispetto alle origini della Scienza).
Non c'è alcun travisamento, perché già un secolo prima Freud considerava la psiche come una sorta di epifenomeno degli istinti biologici, cioè, il nome che diamo all'attività biologica del cervello. Insomma è tipica del materialismo "scientifico" negare ogni dignità ontologica alla mente (o psiche o anima) e "ridurla" (da cui "riduzionismo") al substrato biologico. Tutt'ora la stragrande maggioranza dei neuroscienziati sottoscrive il paradigma riduzionista e considera addirittura antiscientifico (illegittimamente) il dualismo sostenuto da un esiguo gruppo di neuroscienziati "capeggiati" dal premio Nobel John Eccles.

VIATOR
Perciò credo Jung intendesse dire che la scienza aveva la pretesa (secondo me lecita e proficua) di GIUSTIFICARE dal punto di vista fisicistico il determinarsi dei contenuti psichici. 

CARLO
Non è esattamente così. Anche il dualismo attribuisce una funzione importante all'attività bio-neuronale nella determinazione di certi stati mentali. Il problema è che i riduzionisti rifiutano a-priori il dualismo per ragioni squisitamente ideologiche, malgrado nessuno abbia mai dimostrato che la mente è riducibile al cervello e malgrado l'interpretazione dualista sia perfettamente conforme ai dati scientifici noti.

Se sei interessato all'argomento, puoi leggere una mia introduzione al "Dualismo-interazionismo" di J. Eccles in questo thread di un altro NG (free.it.scienza.fisica):
https://groups.google.com/forum/#!msg/free.it.scienza.fisica/JMseeipAc8k/gS4B4MboAgAJ;context-place=forum/free.it.scienza.fisica
#906
Citazione di: 0xdeadbeef il 06 Luglio 2018, 13:34:52 PM
Kant invece intuisce, in maniera assolutamente mirabile, che l'oggetto "conosciuto" non è semplicemente
"dato" al soggetto "conoscente"; ma che questo soggetto assume un "ruolo" che va ad incidere non solo
nella conoscenza, ma nella stessa "essenza" (dico così per comodità) dell'oggetto stesso.
Tale processo è la cosiddetta "rivoluzione copernicana del pensiero" (per evidente analogia con la
tesi di Copernico).

La "rivoluzione copernicana" di Kant è un ennesimo estremismo; un estremismo uguale e contrario a quello che si vuol superare: se quello sacrificava il soggetto sull'altare dell'oggetto, Kant sacrifica l'oggetto sull'altare del soggetto. Due estremismi ugualmente squilibrati, laddove la conoscenza è, invece, la corrispondenza tra due realtà opposte – soggetto e oggetto – di pari dignità ontologica: 1) il fenomeno oggettivo che esiste in sé sul piano FISICO e 2) il paradigma di un soggetto che esiste anch'esso in sé, ma sul piano METAFISICO; quando si realizza una compiuta corrispondenza-complementarità tra le due realtà, esse si confermano reciprocamente e si unificano in un grado superiore di conoscenza, così come vuole il Principio di Complementarità degli opposti.
Per esempio, la seconda legge di Newton è la corrispondenza tra il paradigma matematico SOGGETTIVO-METAFISICO "F=ma" e la relazione OGGETTIVA che intercorre tra le grandezze FISICHE "massa", "forza" e "accelerazione".
Torniamo, cioè all'equilibrio del motto spinoziano: <<Ordo et connexio rerum idem est ac ordo et connexio idearum>>.

QUESTA è la vera rivoluzione della conoscenza. In essa, tra i due criteri opposti: "adaequatio intellectus ad rem" e "adaequatio rei ad intellectus", noi NON privilegiamo l'uno a detrimento dell'altro, ma li unifichiamo nella formula "adaequatio rei ET intellectus", cioè li complementarizziamo in una corrispondenza rigorosa tra METAFISICA (Logica dei concetti e Matematica dei numeri) e FISICA (relazioni tra grandezze fisiche). Il soggetto, cioè, NON "determina" l'oggetto PIÙ DI QUANTO l'oggetto non "determini" il paradigma soggettivo-metafisico, ma entrambi contribuiranno in egual misura alla costruzione del sapere, in una CORRISPONDENZA equilibrata tra un soggetto e un oggetto che hanno la stessa "massa ontologica" e che gravitano attorno a un medesimo "centro di massa" chiamato "verità".


OXDEADBEEF
Kant, attraverso il metodo detto "trascendentale" (che nulla ha a che vedere con la trascendenza)

CARLO
Certo, il "trascendent-ale"!! Un aggettivo che significa "riferito al trascendente", ma che con il trascendente non ha niente a che vedere! Un capolavoro concettuale, che, insieme al "soggetto", è altresì privo di una sua sostanzialità ontologica.  
...Mirabile filosofia, o insensata ciarlataneria?
#907
Citazione di: 0xdeadbeef il 06 Luglio 2018, 10:27:37 AM
Per cui, tanto per: "andare al concreto senza impiccarci con circonvoluzioni verbali", l'oggetto X
NON E' AFFATTO "totalmente ed assolutamente inconoscibile"; MA LO E' nella sua "veste" di oggetto
"ab-soluto", cioè che si pone "saldamente fuori" dall'interpretazione di un soggetto/osservatore
(chiaramente qui il termine "ab-soluto" è usato come aggettivo, non come sostantivo).

...Quindi, se "l'oggetto" è, per esempio, il moto dei corpi all'interno del Sistema Solare, l'interpretazione del "soggetto Tolomeo" e quella dei "soggetti Keplero-Newton", essendo entrambe "interpretazioni soggettive", hanno lo stesso valore epistemico?
- Non è decidibile se sia la Terra a girare intorno al Sole, o se sia il Sole a girare intorno alla Terra?
- Il suddetto moto è "in sé" inconoscibile?
- E se la "cosa in sé" (l'"oggetto assoluto") è COMUNQUE inconoscibile, perché la Scienza rappresenta un salto evolutivo immenso rispetto alla conoscenza pre-scientifica? Le "cose in sé" della Scienza sono forse più conoscibili di quelle della conoscenza prescientifica?
La mia risposta (triviale) è: perché la "cosa in sé", l'"oggetto assoluto" (kantianamente intesi) sono pippe mentali allo stato puro, flatus vocis, fantasmi concettuali <<...con i quali e senza i quali il mondo rimane tale e quale>>, come dicevano un tempo gli studenti delle facoltà scientifiche a proposito dei concetti della filosofia. Infatti, la "cosa in sé" è inosservabile e inconoscibile semplicemente perché NON ESISTE. Esistono solo "cose" o "oggetti" virtualmente conoscibili e concetti costruiti sulle loro proprietà osservabili; e tutto ciò che è inconoscibile NON PUO' essere né una "cosa" né un "oggetto", ma solo un fonema privo di significato. <<Ciò di cui non si può parlare si deve tacere>> diceva il logico Wittgenstein.

La conoscenza umana è per definizione UMANA, cioè, PER NOI, non "in sé".
Non ci sono ragioni per credere che un muro fatto di mattoni PER NOI, sia fatto di ghiaccio per i pipistrelli e, nel caso, che siano loro ad avere ragione e noi torto. Le leggi della fisica, SE SONO TALI, valgono per noi, per i pipistrelli, per i lamellibranchi e per i batteri. Quindi, fino a prova contraria, "per noi" significa "per tutti". Se "per noi" è certo che la Terra gira intorno al Sole, non vedo che importanza possa avere il fatto che dei coleotteri o dei licheni la pensino diversamente. E anche soltanto porsi questo problema dimostra l'oziosità e l'insipienza del pensiero di Kant e di chi gli dà credito.
#908
Citazione di: Apeiron il 05 Luglio 2018, 19:41:23 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 03 Luglio 2018, 20:29:18 PM
Andiamo al concreto, senza impiccarci con circonvoluzioni verbali.
Nella realtà fisica chiamiamo "cosa" (p. es.: "elettrone") una bella "X" incognita che desumiamo sia la CAUSA di un insieme di fenomeni - osservabili e misurabili - riconducibili ad essa. Pertanto la "cosa" e la "cosa in sé" si riferiscono entrambe a quella "X",  cioè, sono SINONIMI (l'"in sé" aggiunto alla "cosa" non è che una ridondanza verbale).
Domanda: si tratta di una "X" assolutamente e totalmente inconoscibile?
Risposta: se per "conoscenza" di una "cosa" intendiamo la conoscenza delle sue proprietà osservabili, allora quella "X" è *conoscibile*; se invece per "conoscenza" intendiamo l'ONNISCIENZA (cioè la conoscenza di TUTTE le sue proprietà), allora potremmo parlare di *inconoscibilità*, ma SOLO SE fossimo certi che il numero delle sue proprietà sia infinito. Tuttavia, questa certezza non ce l'abbiamo, quindi non si può escludere a-priori nemmeno l'onniscienza.
Ergo, è del tutto arbitrario sentenziare l'inconoscibilità della "cosa in sé"


@Carlo, grazie per la speigazione del tuo punto di vista!

Secondo me Kant ti direbbe (e qui in parte sono d'accordo) che si può distinguere tra "la X come la vedi tu" e la "X". Il punto è che noi possiamo vedere la X come la vediamo perchè la nostra mente è strutturata in un certo modo e quindi, in un certo senso, almeno una parte di quanto noi diciamo essere "conoscenza della X" in realtà è semplicemente "conoscenza della X vista da noi".

CARLO
La tua non è una riflessione, ma un astratto congetturare senza tenere conto di quel fenomeno storico REALE chiamato "Scienza".

Supponiamo che X (la "cosa in sé") sia il modello dinamico del Sistema Solare. Ebbene, sia la teoria tolemaica (geocentrismo) che quella copernicano-kepleriana-newtoniana (eliocentrismo) erano entrambe "conoscenze di X viste da noi"; eppure con la teoria tolemaica noi non saremmo MAI stati in grado di inviare delle sonde su Marte, o intorno a Giove, Saturno, Urano, Nettuno, Plutone, o sulla cometa 67p, come invece siamo riusciti a fare sulla base di quella "conoscenza di X vista da noi" che chiamiamo teoria eliocentrica. Qual'è la differenza tra le due? Che la prima era essenzialmente FALSA, mentre la seconda era essenzialmente e DEFINITIVAMENTE VERA. Ormai, cioè, non ci sono più dubbi che i pianeti del Sistema Solare girano intorno al Sole e non intorno alla Terra.
Allora, di fronte a una tale verità definitiva dell'eliocentrismo, che importanza ha il fatto che sia anch'esso una "X vista da noi"? NESSUNA, perché l'importante è la verità delle cose, non che essa sia vista da noi o da chiunque altro.
E questa stessa riflessione può essere estesa alla totalità delle X della Scienza, le quali sono SEMPRE, inizialmente, poco più che delle X incognite, ma che col passare dei secoli, grazie all'osservazione metodica e alla verifica sperimentale, si vanno progressivamente avvicinando alla verità.
Insomma non esiste alcun motivo fondato per escludere a priori la conoscibilità delle "cose", visto che la conoscenza umana ha GIA' prodotto decine di migliaia di verità definitive sul mondo, e che questo processo evolutivo è ben lungi dall'essersi arrestato. L'evoluzione del sapere e della tecnologia che da esso discende non si fonda sulle chiacchiere, ma ESCLUSIVAMENTE sulle verità accertate. Non si costruisce una sonda spaziale o un semplice computer su opinioni filosofiche, ma su conoscenze assolutamente certe, altrimenti non funzionerà né l'una né l'altro.
#909
Diceva un mio amico tempo fa:

<<Maccome! Per platonici e junghiani conoscere la fica non e' averne l'archetipo fin dalla nascita?>>

Rispondevo:

Bravo! E' un archetipo appartenente all'emisfero sud dell'Iperuranio, il più potente, talmente potente da illuminare e modellare la polarità biologica del nostro essere: quella degli istinti "animali".

<<Gli istinti assumono analogie così strette con gli archetipi, che vi sono in verità buone ragioni per supporre che gli archetipi siano le immagini inconsce degli istinti stessi; in altre parole che essi siano dei "modelli" di comportamento istintuale. (...)
Non è difficile ammettere che l'attività umana è notevolmente influenzata dagli istinti, del tutto indipendentemente dalle motivazioni razionali della mente cosciente>>.  [JUNG: Archetipi e inconscio collettivo - pg.44]

Ma anche l'emisfero nord possiede una sua luminosità, anzi una sua "numinosità". E, per una psiche che è abbastanza sviluppata da percepirne la luce...:

<<...L'elemento spirituale compare nella psiche anche come un istinto, anzi come una vera passione, o - per usare un'espressione di Nietzsche - "come un fuoco divoratore". Non è un derivato di un'altro istinto (Freud), ma un principio sui generis, anzi la forma ineliminabile della forza pulsionale>>.  [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.68]

<<La religione [...] è un atteggiamento istintivo caratteristico dell'uomo, le cui manifestazioni possono essere seguíte lungo tutta la storia dello spirito umano. Esso serve manifestamente a conservare l'equilibrio psichico>>.   [JUNG: Realtà dell'anima - pg.176]

Naturalmente, le luci degli emisferi sud e nord provengono da direzioni opposte e la loro influenza in noi è percepita come una opposizione-contrapposizione di valori esistenziali (eros/ethos, natura/cultura, istintività/civiltà) la cui soluzione-pacificazione è estremamente laboriosa e impegnativa. Tanto che spesso finiamo per rinunciarci rimuovendo dal nostro orizzonte uno dei due emisferi per affidarci esclusivamente all'altro, col risultato di trasformarci o in mistici esaltati che ripudiano fanaticamente i "bassi istinti" (vedi Paolo l'evangelista), o in esseri triviali che si affidano ai "bassi istinti" e considerano "superstizione" qualunque riferimento ai cosiddetti valori dello spirito.

<<Archetipo e istinto formano i massimi opposti pensabili, e lo si può constatare facilmente mettendo a confronto un uomo dominato dall'istinto con un uomo in preda allo spirito>>. [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.223]

<<Il principio spirituale (qualunque cosa esso sia) si impone con forza inaudita contro il principio puramente naturale. Si può dire, anzi, che anch'esso è "naturale" e che entrambi i principi scaturiscono da una medesima natura. [...] Questa "cosa naturale" consiste in un conflitto tra due principi ai quali si può dare questo o quel nome, e che questo contrasto è l'espressione e forse anche il fondamento di quella tensione che definiamo come energia psichica . [...] Senza tensione è impossibile che esista un'energia, come disse anche Eraclito: «Il conflitto è il padre di tutte le cose»>>.  [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.62]

<<Il conflitto tra ethos e sessualità, oggi non è una pura e semplice collisione tra pulsionalità e morale, ma una lotta per il diritto all'esistenza di una pulsione o per il riconoscimento di una forza che in questa pulsione si manifesta, forza che, a quanto pare, non ha voglia di scherzare e di conseguenza non vuole neppure rassegnarsi alle nostre leggi morali da benpensanti. [...]
Potremmo definire la sessualità il portavoce delle pulsioni, ed è per questo che il punto di vista spirituale scorge in essa il suo avversario principale. Ma non perché la dissolutezza sessuale sia in sé e per sé più immorale dell'avidità, della tirannia o della prodigalità, ma perché lo spirito fiuta nella sessualità un suo pari, anzi, un che di affine. [...] Che cosa sarebbe mai dopotutto lo spirito, se non gli si opponessero pulsioni a lui pari?>>. [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.66/67]

<<Come tempo fa era presupposto evidente che tutto ciò che esiste fosse nato dalla volontà creatrice di un Dio spirituale, così il diciannovesimo secolo scoperse la verità, altrettanto evidente, che tutto proviene da cause materiali. Oggi non è più la forza dello spirito che crea un corpo, ma al contrario la materia che trae dal proprio chimismo un'anima. Un tale capovolgimento farebbe ridere se non ci trovassimo al cospetto di una delle grandi verità dello spirito del tempo. [...] Lo spirito, oggi, dev'essere pensato come un epifenomeno della materia, anche se non si parla più di "spirito" ma di "psiche", non di "materia, ma di "cervello", di "ormoni", di istinti o di impulsi. L'attribuire all'anima una propria sostanza sarebbe contrario allo spirito del tempo e quindi una eresia. [...]
La coscienza comune non ha ancora scoperto che è non meno presuntuoso e fantastico credere con assoluta certezza che la materia produca psiche, che le scimmie generino uomini, che le cellule cerebrali generino pensieri, e che tutte queste cose non possano essere diversamente>>.    [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.367]

"Non siamo legittimati a considerare la psiche come un processo cerebrale, a prescindere dal fatto che il tentativo di rappresentarsi un qualcosa del genere è già stravagante di per sé e non ha mai prodotto altro che stravaganze, per quanto sia stato compiuto seriamente. [...] Questo punto di vista si adatta però al pregiudizio materialistico, e perciò ogni assurdità viene consacrata come scientifica purché prometta di trasformare in fisico tutto ciò che è psichico. Auguriamoci che non siano lontani i tempi in cui questo residuo arrugginito e ormai mentalmente inerte verrà sradicato dalla testa dei nostri rappresentanti scientifici".     [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.299]
#910
Citazione di: Jacopus il 04 Luglio 2018, 09:00:01 AM
Secondo me piu' che riferirsi ad un archetipo la frequenza di questi racconti mitologici sono la traccia di un evento geologico: lo scioglimento dei ghiacci dell'ultima glaciazione, avvenuto all'alba della storia dell'uomo, circa 10.000 anni fa. Si stima che nel corso di pochi mesi si sciolse l'equivalente di 3.000 miliardi di tonnellate d'acqua.

Le diverse storie che ho riportato (ma ce ne sono molte altre) non hanno in comune solo l''"evento diluvio", ma anche tanti altri avvenimenti storicamente improbabili (il dio di turno che preavvisa il Noè di turno, la costruzione di un'"Arca", ecc.).
Per non parlare poi delle decine di "Salvatori trinitari" che fanno miracoli e che muoiono e risorgono per liberare l'uomo dal peccato. Avvenimenti storici anche quelli?
#911
"Nella leggenda indù, si dice che Vishnu, sotto forma di pesce, rivelasse al Manu Vaivaswata detto anche Satya-vrata, che era imminente un gran diluvio e che egli doveva costruire un'arca. Avendola costruita, il Manu vi entrò portando seco i semi di ogni vita. Al tempo stabilito, questo Pesce-Avatara ordinò di legare l'arca al suo corno e la rimorchiò sana e salva attraverso le acque fino alla montagna del Nord; poi dette istruzione al manu di legare l'arca ad un albero mentre il diluvio durava e di discendere con le aque man mano che si abbassavano. In alcuni antichi templi indiani si trova rappresentato Vishnu che sostiene la terra di sotto alle acque mentre un arcobaleno splende sulla decrescente inondazione". [W. WILLIAMSON: La legge suprema. Studio sulle origini delle religioni e sulla loro unità fondamentale - pg. 47]

"Apollodoro, parlando di Deucalione, dice che egli si affidò, insieme con le sue mogli, la sua famiglia e i suoi animali, ad una grande arca, la quale galleggiò sulle acque che coprivano la terra e che, approdando al monte Parnaso, egli costruì un altare. Alcune narrazioni nominano soltanto Pirra come sua compagna nell'arca.. Ovidio dice che egli mandò fuori una colomba, la quale ritornò a lui portando un ramo d'olivo".  [W. WILLIAMSON: La legge suprema. Studio sulle origini delle religioni e sulla loro unità fondamentale - pg. 48]

"Oltre l'Atlantico si trovano leggende del diluvio simili alle nostre. Nel Messico sono generalmente Cox-Cox e sua moglie che si salvano insieme ai loro animali in una navicella di legno di cipresso. In un'altra tribù messicana, il nome dato all'eroe della storia è Tezpi. Quando le acque cominciarono ad abbassarsi egli mandò fuori un avvoltoio ed altri uccelli, ma è un colibrì che alla fine ritorna con una foglia nel becco: finalmente essi sbarcano sul monte Colhuacan. Le tradizioni tolteche dell'inondazione danno alle acque del diluvio un'altezza di 50 cubiti, cifra che coincide, appunto, con quella della Genesi.
Il Populvuh del Guatemala descrive una grande inondazione avvenuta per volere del dio Hurakan: il fuoco e l'acqua cntribuirono alla rovina universale che precedette la quarta creazione".   [W. WILLIAMSON: La legge suprema. Studio sulle origini delle religioni e sulla loro unità fondamentale - pg. 49]

"Fra alcuni indiani dell'America, la tradizione narra che il padre della loro tribù, avvisato d'un imminente diluvio, costruì una zattera su cui prese posto con la sua famiglia e tutti gli animali e galleggiò così finché "apparve una nuova terra". [W. WILLIAMSON: La legge suprema. Studio sulle origini delle religioni e sulla loro unità fondamentale - pg. 50]

"Anche nella Cina esisteva una leggenda di una grande isola che era stata sommersa dal mare; e si diceva che il suo pio re con la famiglia e i suoi seguaci fosse fuggito in Cina e nel Giappone.
Nelle Edda dell'antica scandinavia si racconta di un diluvio: "la terra sprofondò nell'oceano" e solo un uomo, Hyrm, con la sua famiglia si salvò su di una nave. (...)
Nelle Isole Britanniche, i poemi bardici raccontano che "il lago di Llion straripò e sommerse la faccia di tutti i paesi, cosicché l'intiero genere umano fu annegato, eccetto Dway-van e Dway-vach che fuggirono su una nave ignuda (cioè senza vele) e da cui le Isole furono ripopolate. Si diceva che la loro nave chiamata Nwidd Nav Neivion, portasse un maschio e una femmina di tutte le specie".  [W. WILLIAMSON: La legge suprema. Studio sulle origini delle religioni e sulla loro unità fondamentale - pg. 50]

"Resta da trattare il simbolo dell'arca in un altro suo aspetto, nel quale essa era considerata come il luogo di sepoltura dell'Iniziato durante i suoi giorni di "morte". A prima vista sembra che questo aspetto dell'arca differisca alquanto dall'altro, ma con un momento di riflessione si vede che anche in questo caso l'arca porta e conserva il seme della vita, poiché la tomba dell'iniziato era anche il suo luogo di ri-nascita al terzo giorno. Scrive Bryant (Analysis, vol. II, pg. 211): "La persona conservata è menzionata sempre come conservata in un'arca ed è descritta in uno stato di tenebre rappresentato allegoricamente come uno stato di morte. (...)
Si supponeva, infatti, che l'arca in cui era stato collocato Osiride morto, fosse stata trasportata dalle onde a Biblo, nella Siria, dove aveva luogo, come in Egitto, una commemorazione annuale della sua morte; ed in questa cerimonia si mostrava, quale emblema della morte, un Api sacro coperto di nero. "Ad un tratto le tenebre venivano dissipate dal bagliore di torce tenute in alto da sacerdoti in candide vesti di lino e iniziava una festa di quattro giorni. (...) Dopodiché si immaginava che Osiride fosse ritrovato e ritornato in vita e che Iside (la Natura) se ne rallegrasse. La processione usciva allora alla luce del giorno, e all'oscorità e alla tristezza delle caverne sotterranee si sostituiva l'influenza vivificante del sole di primavera".  [W. WILLIAMSON: La legge suprema. Studio sulle origini delle religioni e sulla loro unità fondamentale - pg. 52]
#912
Freud è stato il primo ricercatore che ci ha fatto intravvedere la possibilità di rendere in qualche modo reale l'imperativo che Socrate sintetizzava nel suo famoso "Conosci te stesso", cioè la possibilità di estendere la nostra conoscenza anche a quella realtà così sfuggente e apparentemente ineffabile che noi chiamiamo "mente" o "psiche". 
Ma così come, per esempio, Newton sviluppò l'idea originaria di Copernico-Keplero fino a trasformare la loro descrizione solo-cinematica del Sistema Solare in una più generale "dinamica dei corpi celesti", Jung ha fatto qualcosa di analogo nel campo della psicologia, sviluppando il paradigma freudiano e portando alla luce uno strato più profondo dell'inconscio che va oltre la dimensione dell'inconscio personale e che la trascende: l'inconscio collettivo, al cui centro egli ha dato il nome di "Sé" e di cui ha evidenziato la natura di una vera e propria "mente ALTRA" in noi, dotata di una sua consapevolezza e di una sua volontà indipendenti dalla consapevolezza e dalla volontà dell'Io, ma in qualche modo inter-agenti con l'Io. Ha conferito, cioè, una realtà psichica a ciò a cui il mito cristiano si riferisce nell'idea di un "Regno di Dio che è dentro di noi".
Scrive Jung:
 
"Dapprima il concetto di inconscio si limitò a designare la situazione di contenuti rimossi o dimenticati. Per Freud l'inconscio, benché almeno metaforicamente compaia già come soggetto attivo, in sostanza non è altro che il punto ove convergono questi contenuti rimossi e dimenticati, e deve ad essi soli la sua importanza pratica. Conseguentemente, secondo questo modo di vedere, esso è esclusivamente di natura personale, benché d'altra parte Freud ne abbia riconosciuto la modalità di pensiero arcaico-mitologica.
Un certo strato per così dire superficiale dell'inconscio è senza dubbio personale: noi lo chiamiamo "inconscio personale". Esso poggia però sopra uno strato più profondo che non deriva da esperienze e acquisizioni personali, ma è innato. Questo strato più profondo è il cosiddetto "inconscio collettivo". Ho scelto l'espressione "collettivo" perché questo inconscio non è di natura individuale, ma universale e cioè, al contrario della psiche personale, ha contenuti e comportamenti che (cum grano salis) sono gli stessi dappertutto e per tutti gli individui. In altre parole, è una entità unica per tutti gli uomini e costituisce un sostrato psichico comune, di natura sopra-personale, presente in ciascuno.
La sua esistenza psichica si riconosce soltanto dalla presenza di "contenuti capaci di divenire coscienti"; possiamo perciò parlare di un inconscio solo in quanto siamo in grado di indicarne i contenuti quando questi si manifestano alla coscienza (sogni, visioni, intuizioni, ispirazioni, ecc.) sotto forma di immagini tipiche universalmente diffuse nella storia della cultura: gli archetipi.
L'espressione "archetipo" si trova già in Filone di Aressandria con riferimento all'immagine di Dio nell'uomo. [...] Nel "Corpus hermeticum" Dio è chiamato "la luce archetipica". In Dionigi l'Areopagita l'espressione si trova ripetutamente: nel "De coelesti hierarchia", II,4: "Gli archetipi immateriali", come nel "De divinis nominibus", II, 6. In sant'Agostino l'espressione "archetipo" non si trova, ma se ne trova l'idea; così nel De diversis quaestionibus, LXXXIII, 46: "Idee originarie... che non sono state create..., che sono contenute nell'intelligenza divina". "Archetipo," è una parafrasi esplicativa dell'éidos platonico. 
Ai nostri fini tale designazione è pertinente e utile poiché ci dice che, per quanto riguarda i contenuti dell'inconscio collettivo, ci troviamo davanti a tipi arcaici o meglio ancora primigeni, cioè immagini universali presenti fin da tempi remoti. L'espressione "représentations collectives", che Lévy-Bruhl usa per designare le figure simboliche delle primitive visioni del mondo, si potrebbe usare senza difficoltà anche per i contenuti inconsci, poiché significa più o meno la stessa cosa. Nelle tradizioni primitive della tribù gli archetipi si presentano modificati in una speciale accezione. Certamente non si tratta più di contenuti dell'inconscio: essi si sono ormai trasformati in formule consce, perlopiù tramandate in veste di insegnamenti esoterici, tipiche forme di trasmissione di contenuti collettivi originariamente derivanti dall'inconscio".   [JUNG: Archetipi e inconscio collettivo - pgg. 3-4]
#913
Citazione di: Apeiron il 03 Luglio 2018, 22:44:28 PM
Credo che per Kant sono praticamente la stessa cosa. La differenza credo che stia "dove" risiedono per i due filosofi le categorie (o gli archetipi). Per Platone in un "altro mondo" di cui il mondo sensibile è un semplice riflesso. Per Kant, invece risiedono nella mente - più precisamente descrivono come "funziona" la nostra mente. Kant dunque ha voluto distinguere le categorie dalle forme platoniche perchè le forme, per Platone, dimorano nell'Iperuranio mentre le categorie rappresentano il modo in cui funziona la mente. Secondo me, la prospettiva di Kant è troppo riduttiva visto che non spiega come sia possibile che la mente riesca a dare una forma alle sensazioni seguendo le categorie. Sono dell'idea che tali proprietà siano anche l'aspetto "formale" delle cose. Per esempio, la matematica è certamente collegata alla nostra mente e anche al mondo naturale (lo sappiamo dal successo della fisica).  Studiare matematica significa capire le "regolarità" sia della nostra mente che della natura.  

Ho dichiarato di essere una sorta di "platonico" anche se, personalmente, non condivido il platonismo in toto. Il problema del platonismo è la teoria dell'anamnesis, ovvero che noi comprendiamo le Forme tramite il ricordo. Secondo me non stanno così le cose. Noi "comprendiamo" (in parte) le regolarità dei fenomeni e della nostra mente e le concettualizziamo secondo le categorie, gli archetipi e così via. Inoltre sostengo pure che queste regolarità siano "eterne" (o più precisamente indipendenti dal tempo). Anche se il mondo fenomenico è in continuo mutamento, il modo in cui muta rimane lo stesso ecc  credo inoltre che le regolarità abbiano un'ontologia positiva (ovvero che non sia una semplice proiezione del nostro intelletto). Quindi da questo punto di vista concordo con Platone (ovvero sul dare uno status ontologico positivo alle regolarità)! Per quanto riguarda l'etica invece, ritengo che descriva delle proprietà della nostra mente (es: quando si parla di "purezza della mente/cuore" ecc). Gli "archetipi" relativi all'etica sono ddescrizioni concettuali di queste proprietà della mente.

Hai allargato troppo il discorso, tanto da rendere necessario un confronto di ...mesi.
Per tagliare la testa al ...topo, leggi la mia Risposta #26 a Oxdeadbeef, dove passo ad un esempio concreto e dettagliato, senza uscire dal tema della "cosa in sé" in relazione al "noumeno".
#914
Citazione di: 0xdeadbeef il 03 Luglio 2018, 17:00:43 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 02 Luglio 2018, 12:21:29 PM
OXDEADBEEF
Quanto alla "cosa in sè" essa è l'oggetto cui il "segno" (semiotico) si riferisce.

CARLO
Non diciamo cazzate. C'è UN segno per indicare la "cosa" (fenomenica) e UN ALTRO segno per indicare il suo noumeno-archetipo. La loro fusione non è altro che una CON-FUSIONE.


Allora, posto che (finalmente...) siamo arrivati a concordare sull'idea platonica come "archetipo";
come ciò che vi è di unitario nella molteplicità; ora ritengo sia arrivato il momento di discutere
seriamente (...) della filosofia kantiana in merito alla "cosa in sè".
Mi verrebbe da iniziare con "a mio parere" (come del resto faccio spessissimo), ma questa volta proprio
no; perchè questa volta non è un mio parere personale.
Stai continuando imperterrito a sostenere un'assurdità, e cioè che Kant "fonde illegittimamente", nel
concetto di "cosa in sè", il modello metafisico (l'idea platonica) e la cosa fisica, il "fenomeno".
Con ogni evidenza, non hai compreso per nulla quel concetto (la "cosa in sè").
Poco male, direi (sai quante volte io non ho compreso un concetto...). Senonchè chiami "cazzate" i
miei tentativi di spiegartelo, e questo invece è male assai (per modo di dire, perchè il vero male
è ben altro).
Allora tento di rispiegartelo meglio: la "cosa in sè" non è nessuna "fusione"; nessuna "lega" ottenuta
da quel materiale e da quell'altro. Essa è lo stesso oggetto fenomenico, la stessa cosa fisica PRIMA
che un qualche interprete la "nomini" (la "segni", anche col solo pensiero, cioè la introduca all'interno
di quella che in semiotica viene chiamata "catena segnica").
Naturalmente, la "cosa in sè" è inconoscibile; ma non perchè trattasi di un qualcosa di metafisico ed
indimostrabile; ma perchè, come dice Peirce, già il solo pensare è "interpretare" (dunque a rigor di
logica non potremmo neppure pensare la "cosa in sè" - tant'è che Kant la chiama appunto "noumeno" per
sottolinearne la mera "intuibilità" per mezzo dell'intelletto).
La semiotica chiama la "cosa in sè" "oggetto primo"; "primum assoluto" o in altri modi, indicando con
tali termini quel "qualcosa" che il segno indica (un qualcosa chè "c'è" indubitabilmente, ma che è
conoscibile appunto solo attraverso il segno appostovi almeno da un primo interprete).
Dunque, se c'è un segno si parla necessariamente di "fenomeno", mentre il segno riferito alla "cosa
in sè" è mera convenzione, finzione direi (ma una finzione necessaria).
In conclusione, non vedo proprio come la "cosa in sè" possa essere una "speranza" (sperare cosa?
Che esista un oggetto qualsiasi?). Quello che noi uomini chiamiamo "albero" viene forse visto dagli
insetti o dalle muffe che vi abitano come un qualcosa da cui ricavare ombra per proteggersi dal
sole? O legna da bruciare per scaldarsi o costruire suppellettili?
Come può essere conosciuto l'oggetto-albero fuori dal segno interpretativo che differenti specie
vi appongono? Ma questo vuol forse dire che non esiste un qualcosa che sta al di fuori di quei
certi segni?
In questo modo va intesa la "cosa in sè" kantiana. Poi se ne può discutere in molti modi, e anche
criticare questo concetto, ma in questo modo è stata teorizzata da Kant.
saluti

Andiamo al concreto, senza impiccarci con circonvoluzioni verbali.
Nella realtà fisica chiamiamo "cosa" (p. es.: "elettrone") una bella "X" incognita che desumiamo sia la CAUSA di un insieme di fenomeni - osservabili e misurabili - riconducibili ad essa. Pertanto la "cosa" e la "cosa in sé" si riferiscono entrambe a quella "X",  cioè, sono SINONIMI (l'"in sé" aggiunto alla "cosa" non è che una ridondanza verbale).
Domanda: si tratta di una "X" assolutamente e totalmente inconoscibile?
Risposta: se per "conoscenza" di una "cosa" intendiamo la conoscenza delle sue proprietà osservabili, allora quella "X" è *conoscibile*; se invece per "conoscenza" intendiamo l'ONNISCIENZA (cioè la conoscenza di TUTTE le sue proprietà), allora potremmo parlare di *inconoscibilità*, ma SOLO SE fossimo certi che il numero delle sue proprietà sia infinito. Tuttavia, questa certezza non ce l'abbiamo, quindi non si può escludere a-priori nemmeno l'onniscienza.
Ergo, è del tutto arbitrario sentenziare l'inconoscibilità della "cosa in sé".

In altre parole, quella "X" è la "cosa in sé" compiuta, completa di TUTTE le sue proprietà conosciute e non ancora conosciute.
Il noumeno, invece, da almeno duemila anni, NON indica "X", NON indica la "cosa in sé", ma indica il modello METAFISICO di "X", della cosa (o della "cosa in sé), il suo archetipo, l'idea originaria che la esprime in TUTTA la sua compiutezza.
Questo significa che tra "noumeno" e "cosa in sé" non c'è IDENTITA', ma CORRISPONDENZA-COMPLEMENTARITA', come quella che esiste tra l'espressione METAFISICA (matematica) di una legge (p.es.: F=ma) e l'insieme dei fenomeni FISICI che quella legge governa.
Ergo, è illegittimo FONDERE (cioè, CON-FONDERE) una legge FISICA (che riguarda l'ordine con cui si relazionano delle grandezze fisiche) con la sua espressione METAFISICA (che riguarda l'ordine logico con cui si relazionano i numeri e i concetti).
Torniamo, cioè, alla dialettica spinoziano-platonica tra idea e cosa, che si sintetizza nel motto: <<Ordo et connexio rerum idem est ac ordo et connexio idearum>>.
#915
Citazione di: cvc il 03 Luglio 2018, 09:18:00 AM
Anche la religione piuttosto che accettare l'incertezza assoluta dell'essere preferisce identificare il capriccio e la volubilità degli eventi in un Dio, meglio se antropomorfo. 

CARLO
Dio non è una creazione dell'intelletto finalizzata a spiegare il mondo, ma la PERCEZIONE di una realtà extra-mondana che si impone come una potenza totalizzante. La realtà del sacro, del mythos PRECEDE la filosofia e gli storici della cultura tendono a vedere il sorgere della filosofia come passaggio dal Mythos al Logos.