Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - Phil

#901
Tematiche Spirituali / Scienza e religione.
18 Maggio 2021, 12:34:34 PM
Citazione di: Alexander il 18 Maggio 2021, 09:10:29 AM
La pandemia ci ha mostrato come , di fronte ad un avvenimento "hard", naturale o supposto tale fino a prova contraria, una società "soft" (o "liquida")sia incapace di affrontare la realtà, rifugiandosi nei soliti schemi e riscoprendo una retorica novecentesca (resistenza-patria-responsabilità-lotta-ecc.) praticamente imposta dall'alto, come avveniva.
La "liquidità" è uno dei tratti più "contronatura" (l'uomo cerca stelle fisse per orientarsi, non stelle cadenti) e quindi meno assimilabili, anche da una società che abbia alcuni connotati postmoderni (ovvero che abbia indebolito e/o rivisitato le categorie della modernità): la tendenza al paradigma forte è evidente anche pensando a come il dirompente effetto del postmoderno degli anni '70 si sia talvolta cristallizzato in una "alternatività" rigida, con le sue intransigenze, diventando ironicamente una seconda modernità ma con il meno davanti (lo spirito adolescenziale da "bastian contrario ad ogni costo"). Considerando come la liquidità non sia sinonimo esaustivo della postmodernità, la società attuale forse è generalmente liquida, ma è solitamente un liquido non newtoniano: più lo metti sotto pressione e più si solidifica, perdendo quei tratti della postmodernità che sembrava aver assimilato. Questo processo di compressione, dovuto alla pressione della pandemia (o dell'immigrazione o del terrorismo islamico o altro), dimostra come in fondo il postmodernismo si sia diffuso in generale (non per tutti e non ovunque, ovviamente) nei suoi tratti più macroscopici (coscienza sociale globale e non solo nazionale, tolleranza verso le diversità, critica delle ideologie, affabulazione per la tecnologie, gusto estetico trasversale e sperimentale, etc.), ma per quanto riguarda la capacità individuale di reinventarsi in una situazione critica, facendo della liquidità un "vantaggio darwiniano" (adattandosi riducendo i traumi), si tratta di una attitudine postmoderna ancora poco diffusa.

P.s.
Proposte ulteriori al postmodernismo sono il metamodernismo e l'ipermodernismo (che confermano, almeno etimologicamente, quanto la modernità sia sempre il punto di partenza per la contemporaneità), ma non voglio essere troppo recidivo nell'andare ulteriormente off topic.
#902
Tematiche Spirituali / Scienza e religione.
17 Maggio 2021, 20:05:29 PM
Essendo reo di aver, per amor di esempio e ben oltre le mie intenzioni, dirottato verso il postmoderno un topic della sezione spiritualità, espio la colpa cercando almeno di fare indegnamente (per impreparazione) l'avvocato di Hassan e del postmoderno in genere:
Citazione di: InVerno il 17 Maggio 2021, 18:17:17 PM
I vettori indicherebbero perciò due diverse spinte, verticali o orizzontali, in qualche modo organizzate e coerenti.Mi trovo in disaccordo su questo ultimo punto, perchè il cosidetto "post-modernismo" non può essere la negazione di sé stesso (cioè essere postmodernisti significherebbe aderire alla narrativa postmodernista), lo stesso problema dei nichilisti che crederebbero di non credere in niente.
aderire alla narrativa postmodernista non è incoerenza per un postmoderno, almeno finché si è consapevoli che sia appunto una narrativa (mentre i moderni, per ambizione o inconsapevolezza, ritengono la propria interpretazione non solo una narrativa; la modernità è «narrativa» per i postmoderni, non nell'autocomprensione dei moderni) e, soprattutto, la narrativa postmoderna è da «petit histoire», come esplicitamente dichiarato in tabella.
Redigere una tabella (strumento razionale tipico della tassono-mania moderna) e (auto)commentarla con «Eppure le dicotomie rappresentate da questa tabella rimangono insicure, ambigue. Perché le differenze cambiano, differiscono, addirittura crollano; i concetti in una qualsiasi colonna verticale non sono tutti equivalenti; e le inversioni e le eccezioni, sia nel modernismo che nel postmodernismo, abbondano», è un gesto coerentemente postmoderno, ma anche un "test d'ingresso" al lettore per (auto)verificare di aver capito quale sia lo stile postmoderno (che se letto con criteri moderni risulta incoerente, almeno tanto quanto lo è postare una tabella e poi chiedere di non considerarla come una dicotomia chiusa e definitiva; in fondo, non potrebbe essere altrimenti).

P.s.
L'appello all'autocontraddizione non funzionerebbe nemmeno per i nichilisti, se non per quelli da film, ma ho già dirottato abbastanza.

P.p.s.
@Ipazia
Lo "stato di emergenza" è infatti una forma della modernità politica il cui conflitto con la postmodernità sociale che la precedeva comporta disagio e annesse ripercussioni (psichiche e non solo), tanto maggiori quanto meno si era diventati "liquidi" prima della sgradevole emergenza. Concordo, come già detto, che la tabella sia da aggiornare; personalmente, per la comprensione dell'attualità, la ritengo comunque un passo avanti rispetto ad altri paradigmi classici, messianici e "soltanto" moderni, ed è per questo che l'ho postata, non perché sia "il meglio sulla piazza".
#903
Tematiche Spirituali / Scienza e religione.
16 Maggio 2021, 19:11:51 PM
In ossequio alla sezione in cui siamo e per par condicio: altri esempi di paradigmi con cui interpretare la realtà sociale potrebbero essere certamente rintracciati, seppur magari non in forma di tabella, nell'ultima enciclica papale (sebbene egli non abbia il ruolo di interpretare l'attualità, ma di guidare la comunità di credenti) o in un testo di Severino o in altre fonti filosofiche o teologiche. Lo schema di Hassan l'ho citato solo come esempio concreto (e sintetico) di come non tutte le categorie siano ugualmente "calzanti" nel confrontarsi con l'attualità; fermo restando che è sicuramente possibile approcciare la contemporaneità da altri punti di vista (poi non resta che testare l'efficacia della interpretazione scelta volgendo lo sguardo a ciò che ci circonda, sempre tenendo ben ferma la distinzione fra comprensione ermeneutico-filosofica e giudizio di valore morale). In sintesi: l'interpretazione di Hassan non è certo da assolutizzare né vuole  porsi come assoluta, tuttavia, debolezza per debolezza, non mi sembra la più debole nel mettere a fuoco la contemporaneità.
#904
Tematiche Spirituali / Scienza e religione.
16 Maggio 2021, 16:57:48 PM
@paul11 e @Ipazia
Confermo l'assenza del meta-criterio culturale: ciò che Hassan propone sono infatti criteri (indubbiamente prospettici) per decifrare la postmodernità (per come era osservabile negli anni '70, ovviamente), rilevando come il paradigma interpretativo della (sua) attualità non possa essere più solo quello moderno, perché alcune categorie non sono più applicabili o sono quantomeno indebolite e messe in discussione dalla società.
Chiaramente, in puro spirito postmoderno (riluttante ai "massimi sistemi"), Hassan non propone con la sua tabella "le tavole della legge postmoderna", infatti, come ci ricorda la pagina di wikipedia, egli stesso commenta la suddetta tabella con: «Yet the dichotomies this table represents remain insecure, equivocal. For differences shift, defer, even collapse; concepts in any one vertical column are not all equivalent; and inversions and exceptions, in both modernism and postmodernism, abound.» («Eppure le dicotomie rappresentate da questa tabella rimangono insicure, ambigue. Perché le differenze cambiano, differiscono, addirittura crollano; i concetti in una qualsiasi colonna verticale non sono tutti equivalenti; e le inversioni e le eccezioni, sia nel modernismo che nel postmodernismo, abbondano»).

@paul11
Il senso di quella tabella, che non classifica bene/male, giusto/sbagliato, etc., richiama l'istanza metodologica di usare categorie interpretative adatte ed aderenti all'attualità, anche se ciò significa abbandonare quelle più tradizionali (religiose o meno) e che, individualmente, possiamo trovare "giuste". Il restare fedeli a categorie inattuali rende, come si diceva, problematico decifrare il reale e spinge ad un giudizio negativo fondato su una comprensione viziata da, appunto, categorie anacronistiche; che non significa sbagliate o false, ma solo non più adeguatamente pertinenti per comprendere. Il giudicare, come detto, dovrebbe, secondo me, essere una fase secondaria che non può prescindere da adeguata comprensione; da qui la domanda: quale colonna ci aiuta a capire l'attualità? E rilanciando sull'opportuno suggerimento di Ipazia: come possiamo aggiornare la proposta di Hassan 50 anni dopo?
Questo potrebbe essere uno spunto per una filosofia, più ermeneutica che giudicante, rivolta al futuro partendo dalla comprensione del presente.
#905
Tematiche Spirituali / Scienza e religione.
16 Maggio 2021, 12:04:28 PM
Per agevolare la comprensione di quel che intendo con «categorie adeguate all'attualità», posto la nota tabella (non l'ho trovata completa in italiano) redatta da I. Hassan in un suo testo del 1971 (se non sbaglio):

quale delle due colonne, 50 anni dopo la pubblicazione, ci aiuta ancora a comprendere (attenzione: non «valutare») la contemporaneità?
#906
Tematiche Spirituali / Scienza e religione.
16 Maggio 2021, 11:33:02 AM
@paul11

Alcuni chiarimenti circa il mio (lo ammetto, troppo lungo) post precedente:
Citazione di: paul11 il 16 Maggio 2021, 00:32:49 AM
Nella tua prolusione parti da una pregiudiziale ,che l'attuale cultura sia la migliore e che attraverso di essa sia possible classificare le altre culture.
Decisamente no. Tutto il mio dilungarmi sul multiculturalismo, sulla mediazione fra culture, sulla relatività e secondarietà del meglio/peggio (rispetto alla comprensione delle dinamiche culturali), sull'aporia che (s)fonda i paradigmi dei giudizi di valore, sulla necessità di restare contestualizzati nella molteplicità dell'attualità, etc. altrimenti non avrebbe senso, ed è invece il nucleo del mio discorso. L'assenza di un meta-criterio culturale che renda possibile "classificare" le altre culture è un'evidenza teoretica e metodologica che percorre tutto il mio post, sino all'ultima frase.
Citazione di: paul11 il 16 Maggio 2021, 00:32:49 AM
Come fai a dire allora che non ci potrà essere un'altra rivoluzione culturale, su quale base se non su quella dell'attuale cultura?
Infatti non ho affermato questo (puoi ricontrollare), anzi ho evidenziato al contrario come la cultura sia dinamica e sempre più complicata dall'ibridazione con le culture confinanti (fisicamente o per relazione); questo comporta la difficoltà nella sua adeguata comprensione "in corsa" e rende necessario aggiornare le analisi (e le domande pertinenti) all'attualità (non perché sia bella, buona, giusta, etc. ma semplicemente perché è ciò che ci circonda ed in cui viviamo). Per il futuro non ho proposto né esclusioni né profezie.

Riguardo
Citazione di: paul11 il 12 Maggio 2021, 00:25:41 AMPerchè le tre condizioni; filo religiose, filo scientifiche, e la terza via appunto di Nietzsche ed Heidegger falliscono? Questa è la filosofia del futuro che ancora non c'è.Ognuna delle tre strade da sola ,forse è errata e forse, e ridico forse, è solo prendendo il meglio delle tre strade in una argomentazione solida e forte, che se ne potrebbe  uscire.
e
Citazione di: paul11 il 16 Maggio 2021, 00:32:49 AMHo letto e studiato troppi libri per non aver capito che pochissimi pensatori arrivano a pensare ai "massimi sistemi" culturali, a mio parere oggi come oggi non ci sono premesse per una seria analisi culturale [...] c'è qualcuno che scrive ancora qualcosa di veramente originale?
direi che in fondo «la filosofia del futuro»(cit.) di cui parli c'è tuttora intorno a noi (almeno occidentali) ma viene perlopiù ignorata (almeno in alcune sedi), proprio perché spesso si permane nella convinzione "nostalgica" (e, questa sì, pregiudiziale) che solo un nuovo pensiero forte (in stile sistemone hegeliano) ci salverà e che il novecento, pur iniziando con fenomenologia e neopositivismo per poi terminare con il postmodernismo, sia comunque il secolo di Heidegger, Severino e altri esteti continentali "tardometafisici" (non è un'offesa), partendo dai quali l'attualità risulta inevitabilmente un rebus ancor più complesso perché viene letto con categorie inattuali (la tecnica non è più quella dei tempi di Heidegger, come il lavoro non è più quello dei tempi di Marx, etc. se ci si trincea dentro questi pensieri anziché aggiornarli guardandosi intorno, dove tutto trasuda postmodernità, è inevitabile ottenere un quadro insoddisfacente della realtà, ovvero un giudizio di valore che tuttavia non è fondato su adeguata comprensione per incompatibilità categoriale). Se si è metabolizzato tutto il novecento e la sua "originalità" (che richiedi nella tua citazione), auspicarsi "massimi sistemi" oggi, è quello che intendo con "messianismo filosofico": un atto di fede legittimo, ma che, per ora, non è basato su indizi che diano uno spessore "contenutistico" all'attesa (oltre a non giovare alla comprensione della contemporaneità in atto).
#907
Tematiche Spirituali / Scienza e religione.
15 Maggio 2021, 15:31:17 PM
Recupero e coniugo alcuni spunti:
Citazione di: paul11 il 14 Maggio 2021, 16:00:50 PM
il parametro è la giustizia che nessuna scienza può insegnare.
Può darla o una religione oppure una filosofia metafisica "forte".
Citazione di: paul11 il 14 Maggio 2021, 21:07:51 PM
non avendo una morale, che può nascere solo da un pensiero "forte",non ha alcun mezzo, alcun pensiero che possa in qualche modo indirizzare la tecnica ad un sistema più umano
Citazione di: paul11 il 14 Maggio 2021, 22:04:54 PM
Ma tutti abbiamo giudizi morali, magari del tutto personali, ma ci sono...il problema è che dovreste chiedervi: sono fondati su che cosa?
il fil rouge implicito mi pare essere la forza del fondamento (e/o il fondamento della forza); la risposta tautologica (ad es. «il fondamento morale dell'umanesimo è l'umano», cit. Ipazia) dimostra come ogni fondamento sia forte all'interno del suo sistema ed ogni sistema abbia la sua forza nell'accettare come veri i propri fondamenti; dinamica autoreferenziale che spazia dalla politica alla matematica, dalla linguistica ai giochi di società. L'appello alla forza richiede un fondamento che sprigioni/spieghi tale forza, ma se tale forza è solo quella dell'adesione/fede nel sistema fondato, non sarà teoreticamente più forte di quella di altri sistemi (risulterà magari più forte nell'imporsi con vari metodi o nell'avere successo storico, ma ciò non costituisce forza teoretica). L'appello alla prassi potrebbe essere invece banco di prova super partes, ma il prezzo da pagare per tale verifica è che i valori morali diventano criteri funzionali/utilitaristici e la teologia cede il passo all'epistemologia, con conseguente perdita del valore (etico) atteso inizialmente. Tornando al fondamento forte: la religione rappresenta il tentativo di fondare con forza nel Cielo (rivelazione più o meno esplicita del divino) un paradigma che non possa essere falsificato dalla terra ma solo consolidato (tradizione), conformando una società coesa e funzionale (oltre che fornire risposte a domande esistenziali). Il rapporto con i paradigmi teologici geograficamente confinanti pone la questione che il cielo del fondamento è troppo affollato e propone fondamenti non sempre compatibili e trasversali; a questo punto o si innesca il conflitto fra teologie o nel tollerare diplomaticamente l'altrui fondamento si indebolisce il proprio, aprendo al dubbio (nemico della fede) la propria autofondazione. L'epistemologia, l'antropologia e altre scienze umane sbrogliano la questione razionalmente e rivelano l'escamotage dell'infalsificabile appello al cielo del fondamento divino. Tuttavia ciò non toglie che resta necessario comunque rispondere all'esigenza pragmatica di vivere in società appellandosi a paradigmi terrestri locali, almeno umanamente approntati se non divinamente rivelati, almeno dinamici e mutevoli (v. il mutare delle culture) se non più eterni.
Una volta compreso che il male teologicamente inteso non è altro che il socialmente disfunzionale (investito di trascendenza ad libitum), declinato differentemente dalle varie culture e società, la morale demistificata si rivela come percezione sociale di valori culturali in una comunità (banalizzando: uccidere non è male perché si va all'inferno o si sporca il karma, ma soltanto perché se tutti potessero uccidere la società si disgregherebbe, verrebbero penalizzati i più deboli, etc. mentre l'uomo ha da sempre bisogno di vivere in branco per sopravvivere nel mondo, oggi più che mai). Ogni morale è dunque ben forte e salda a casa sua, il problema della debolezza emerge spontaneamente con il confronto (o scontro) fra i propri fondamenti e quelli altrui quando le case sono così confinanti da diventare condomini (o quando le distanze comunicative e relazionali si accorciano al punto che si può nascere cristiani, crescere induisti e morire taoisti senza uscire dal proprio iglù, connessione internet permettendo).

Se si attende/auspica un pensiero forte, di una forza che travalichi le singole culture (e le loro commistioni) che sbrogli le questioni filosofiche "classiche", con al contempo una solidità epistemica minimamente degna della contemporaneità (per non ragionare ancora come metafisici dell'ottocento), ne scaturisce una impassse metodologica e l'annesso bisogno di "uscirne", ritrovandosi ad oscillare fra utopia, disagio e "messianismo" filosofico/teologico, in totale assenza di indizi plausibili verso un fondamento redimente (e ridimente).
Un'ulteriore domanda, accanto a quelle ereditate da millenni, allora potrebbe essere: siamo sicuri che solo una filosofia forte, meta-culturale, potrà salvarci? Salvarci da cosa e in virtù di quale forza? Se restiamo nell'alveo del pensiero classico, la risposta è scontata: una filosofia forte del suo sapere assoluto ci salverà dall'ignoranza, dal sonno della ragione e magari anche dal male. Progetto "canonico" e certamente in buona fede, ma che pare incagliarsi in una realtà che non presenta le basi epistemologiche per ancorare saldamente tale ambizione (u-topica, senza luogo, se non si compie il salto individuale nella fede). Che le speranze degli antichi siano ereditate e condivise dai moderni, non dimostra che siano speranze ben fondate, sensate o realizzabili. L'alternativa sarebbe affrontare la suddetta domanda da un paradigma più debole, più contingente/immanente o persino più estetico: in gioco non ci sarebbe allora nessuna salvezza né soteriologia, ma "solo" la tangibile interazione storicamente determinata fra culture, paradigmi e filosofie (comprese quelle antiche, quelle postmoderne, le religioni, etc.) senza una forza meta-filosofica che possa idillicamente risolvere le incongruenze e i conflitti facendo leva su un Assoluto. Se ci si rivolge al presente, lasciando che il mondo della materia (biologica e non) sia studiato dalla scienze e dalla tecnologia, la dimensione umana è comprensibile (prima di essere giudicata), nella sua pluralità multiculturale, abbandonando il titanismo del paradigma antico che prevede monismi univoci e redenzioni (se, oltre la filosofia, si accetta con umiltà di imparare anche le lezioni, verificate seppur non assiomatiche, dell'antropologia, della sociologia, etc.).
In fondo, quando formuliamo un giudizio di valore, positivo o negativo che sia, su un filosofo, su una prospettiva, su un periodo storico (attuale o meno), etc. in cosa consiste il fondamento (e quanto è forte?) di tale (pre)giudizio? L'aporia/indecidibilità del fondamento dei valori è il "punto cieco" di ogni prospettiva giudicante, e se ben inteso rende debole ogni discorso sulla "forza del fondamento" del giudizio di valore (ma questa stessa prospettiva che individua tale aporia del fondamento, non soffre della stessa aporia? Direi di no, perché non è valutativa o giudicante, ma solo analitica e "meccanicistica", non esprime giudizi di valore, non afferma che l'aporia di fondo è male/bene, etc.).

Se tuttavia preferiamo restare in un paradigma di valori teologici, dove il bene e il male non sono solo criteri di funzionamento degli ingranaggi sociali, credo concorderemo tutti nel rilevare che chiedere lezioni di etica alla tecnologia o alla scienza è come chiedere lezioni di epistemologia o gnoseologia alla religione: non è il chiedere in sé ad essere "fuori fuoco", ma lo è la scelta del settore/dominio in cui si cerca la risposta. Come scrissi tempo fa, di fronte al cadavere rischiamo di fare il processo alla pistola dimenticandoci che il grilletto non si preme da solo.
Per comprendere la contemporaneità, risulta fondamentale prendere atto (non si tratta di opinione, ma di constatazione) di come la cultura oggi non sia solo di stampo storico-religioso, ma anche scientifico e tecnico: analizzare la cultura (post)moderna che ci circonda senza comprendere, insiemisticamente ed ermeneuticamente, il ruolo della tecnologia significa infilarsi in vicolo cieco (di "cecità analitica"). Ben venga riconoscere l'innegabile imprinting religioso, ma non è l'unico fattore costituente la nostra cultura attuale: non c'è la cultura come scrigno statico e custode del bene contro la tecnica come parassita malevolo che ne insidia la virtù; sin dai tempi della selce scheggiata anche la tecnica forgia la cultura che dialetticamente interroga e direziona la tecnica (ad esempio, il contemporaneo successo dei social non è frutto di imposizione dittatoriale né di obbligo di legge: la tecnica ha dato risposte potenti alla innata fame di comunicazione e socialità già ben "irrigate" nella cultura precedente, dalla alfabetizzazione alla televisione, passando per i giornali, la posta, etc. uomini creano/usano tecnologia su altri uomini, la tecnoscienza è burattino e se ne possono agevolmente risalire i fili; si potrebbe poi discutere del tema della "giusta misura" d'impiego, ma basandoci su quali meta-criteri? Si ritorna alla suddetta aporia e conseguente debolezza da calare nel mare delle necessità pragmatiche).
Altrettanto verificabile è la multiculturalità globale (l'apertura al diverso è sempre stato innesco per lo sviluppo della tecnica, ma anche per l'ibridazione/indebolimento dell'identità culturale) e pensare che i denominatori comuni transculturali siano in quanto tali forieri di "verità", è una fallacia tanto logica quanto ontologica; ad esempio, che tutti i popoli antichi spiegassero il mondo e il post mortem ideando una divinità, non ha valore epistemico o probante, se non in quanto dimostrazione di alcuni meccanismi psicologici, sociali e cultu(r)ali (senza voler sminuire il valore esistenziale della fede individuale, né rinnegare il suddetto ruolo di collante sociale svolto dalla religione) che rendono l'uomo ciò che è.

Qualunque giudizio sulla contemporaneità (alienazione, avversione, ottimismo, etc.) è tanto più "solido" (ebbene sì, anche la debolezza ha le sue gradazioni, non significa affatto che un giudizio valga l'altro) quanto segue una comprensione adeguata e "corrente": leggere l'attualità alla luce di domande e paradigmi inattuali, non può che comportare incongruenze e disappunto; non sempre le domande, una volta poste (come quelle tramandateci dalla nostra tradizione giudaico-ellenica, lasciando da parte il differente "stile di domanda" dell'oriente), vanno ritenute inaggirabili: a volte non c'è riposta perché sono solo malposte o insensate (ed ostinarsi a voler rispondere a tutti i costi può comportare uno scollamento dall'attualità che le ha già decostruite o almeno "diversificate", pluralizzandone ed indebolendone le risposte).
Riconducendo le grandi narrazioni alla loro (debole?) pulsante dimensione culturale e dinamica, al loro valore esistenziale/letterario (più che genuinamente ontologico/gnoseologico), si può apprezzarne il valore estetico senza l'amaro della loro fallibilità logico-epistemica ("ingenuità", in senso buono); non è una questione di prima/dopo, ma principalmente di individuare i fattori che oggi rendono tale e fanno funzionare la nostra cultura; i giudizi di valore in merito, ovvero se essa funzioni bene/male, sono un passo successivo e (se sono riuscito a spiegarmi e se mi si concede l'infelice "trigger") «relativo» (ad esempio, il contrasto fra differenti prospettive politiche, differenti ideologie e valori, non può essere risolto, in campo morale, semplicemente partendo da fondamenti o assiomi o comandamenti differenti per poi concludere che chi non concorda è in errore; due autoreferenze non fanno una metaverità).
#908
Per "smaltire" le circa 8000 tonnellate (fonte) di rifiuti spaziali pare verrà attivato un servizio ad hoc (link).
#909
Per quanto riguarda la percezione pubblica dell'omosessualità (al lordo del ruolo dei media), stando ai dati presentati in questo sito che raccoglie sondaggi sui valori in alcune nazioni nel mondo (come ad esempio in questa schematizzazione) i dati relativi al 2005-2009 in Italia parlavano di un 46,8% di intervistati che riteneva inammissibile/ingiustificabile l'omosessualità contro un 5,7% che la riteneva sempre ammissibile (per le gradazioni intermedie rimando al sito); nel periodo 2017-2020 la percentuale degli intransigenti è scesa al 14,7% mentre quella dei favorevoli è salita al 22,7%. Chiaramente tali dati non escludono la possibilità che gli intransigenti, per motivi eterogenei, siano diventati nel frattempo più aggressivi.
#910
Provo a sbrogliare due questioni filologiche:
Citazione di: niko il 25 Aprile 2021, 16:51:18 PM
Io una volta ho letto una teoria molto interessante e convincente sulla causa dell'intelligenza umana. La riassumo brevemente, no ricordo la fonte, ma è qualcuno di illustre, non una roba presa così da internet.
[...]
Quindi la nostra grande intelligenza connessa a linguaggio e tecnologia, deriverebbe dal poter applicare, nei primi momenti di vita, al mondo esterno una percezione e una elaborazione dei dati di coscienza di tipo sostanzialmente fetale ed embrionale, rivolta però ad un ambiente extrauterino, e quindi estremamente più variabile, ricco di stimoli e pericoloso di come sarebbe quello uterino, insomma con l'uomo abbiamo un embrione "mancato", che fa esperienze da embrione, ossia altamente plasmanti le sinapsi e gli altri aspetti micro-fisici dell'organismo, in un ambiente niente affatto tipico di un embrione o di un feto perché tale ambiente è già, in relativo "anticipo", l'ambiente terrestre esterno; insomma la grande intelligenza umana è una conseguenza dell'incontro "felice" tra la plasmabilità di un essere ancora in formazione e la ricchezza infinita dell'ambiente terrestre e culturale relativo ad altri umani amichevoli che un tale essere in formazione può trovare.
Alludi alla «prematurità fisiologica» (intesa come "gestazione extrauterina passata nell'incubatrice della società") di Adolf Portmann?

Citazione di: iano il 25 Aprile 2021, 21:36:48 PM
Vorrei darvi come riferimento un altro libro, ma questo davvero non lo ricordo.
L'autrice è una scienziata, che senza  volere è diventata ta oggetto di un suo  esperimento.
Essa si riteneva una persona priva di difetti sensoriali.
Paradossalmente  infatti, ad esempio, credeva di vedere il mondo in tre dimensioni, quando scopri occasionalmente di vederlo in due dimensioni.
Ma neanche tanto occasionalmente perché il suo difetto , prima di apparire tale, rientrava nel campo dei suoi studi.
Il libro è forse «Vedere e rivedere» di Susan Barry?
#911
Se l'uomo è quella parte di natura cha ha consapevolezza/coscienza di esser-natura, e che ha inoltre la capacità mentale e fisica di manipolare la natura che lo circonda (oltre che la propria), direi che più che "contro-natura" l'uomo è iper-natura, trans-natura (v. transumanesimo) o post-natura (se intendiamo tale post sempre connesso bio-logicamente al pre).
La tecnica più che alienazione o minaccia, mi sembra la conseguenza e la "materializzazione" delle tendenze psicologiche e delle potenzialità cognitive umane: la tecnica non è faber, l'uomo lo è, sia quando usa la tecnica per sottomettere il prossimo che quando la usa per curarlo, assecondando, in entrambi i casi e non a caso, due aspetti atavici della natura umana (natura umana che è fatta tanto di tecnica quanto di linguaggio, tanto di intelligenza quanto di istinti, etc.).
La tecnica, anche quando è algoritmo, è pur sempre oggetto anche se agente (è creatura, golem) viene progettata e realizzata finalisticamente, va attivata e, oggi come ieri, va anche "saputa vendere" da uomo a uomo, conoscendo appunto i meccanismi e le leve della natura umana; non è mai una tecnica (o un'economia) ipostatizzata ed autonoma ad agire (la pistola non è mai l'assassino), ma sempre altri uomini, tramite essa, per i loro scopi (a prescindere da come vengano giudicati; parlare di tecnica che ci ibrida è come parlare di medicina che ci cura: in realtà parliamo sempre e solo di homo, "technicus" e/o "medicus", che usa la sua natura sapiens e faber per interagire con il mondo e con gli altri). Stabilire il limite fra "poca tecnica" e "troppa tecnica", la sua giusta misura da non superare e il suo giusto impiego da tutelare, richiederebbe criteri e metacriteri che difficilmente sarebbero adeguatamente condivisi spontaneamente e planetariamente, come ci insegna la storia sin dalla notte dei tempi (per quanto resti indubbiamente legittimo interrogarsi filosoficamente su tali criteri e tali confini).
#912
Percorsi ed Esperienze / La Grotta
22 Aprile 2021, 15:20:06 PM
Può essere etologicamente interessante il confronto con "i topi d'oltreoceano": i loro principali quattro sport per seguito (e suppongo anche per affari), fra cui non c'è il calcio, sono organizzati in quattro leghe chiuse, con campionati senza promozione e retrocessione: una trentina di squadre localizzate in altrettante città giocano tutti gli anni fra loro senza che le ultime siano eliminate. Le possibilità di "riscatto" che danno un senso al "continuare a giocare" anche per i "topi deboli", stanno nei meccanismi di acquisizione dei migliori giocatori esordienti che dovrebbero favorire le squadre perdenti affinché possano diventare (almeno un po' più) vincenti; i dettagli sono complicati da sintetizzare e di fatto non sempre questa "dinamicità di classifica" accade. Un altro aspetto differenziante con l'Europa calciocentrica è che tali campionati mi pare stabiliscano un tetto di spesa e stipendi standard per le differenti squadre, in modo da livellare gli scenari economici (e chi supera tale tetto paga una tassa/multa).
Due tipi di "topo sportivo" che rappresentano due mo(n)di possibili di impostare lo sport; fermo restando che, parafrasando, "ogni topo è bello per sua madre" e il gioco di decidere quale approccio sia meglio o peggio, fuori dal rispettivo contesto, è per me uno sport poco avvincente.
#913
Citazione di: Eutidemo il 18 Aprile 2021, 14:01:59 PM
lo spettatore sordomuto e il concorrente, in realtà hanno esattamente le stesse identiche "informazioni"; e, cioè, che dietro la porta n.3 c'è una capra.
La differente informazione, o meglio, l'informazione cruciale in più che il concorrente ha (rispetto agli "spettatori sordomuti") è che quella porta con la capra è stata esclusa (aperta) non a caso, bensì dopo che il conduttore ha saputo quale fosse la porta su cui aveva puntato il concorrente; il conduttore ha così "convogliato" (passami l'espressione) i 2/3 di probabilità residua sulla porta che offre come cambio al concorrente (v. soluzione standard).
Senza sapere tutto questo gli "spettatori sordomuti" non possono che credere di avere il 50%, mentre il concorrente, valutando questo contesto (la scelta del conduttore di aprire volutamente la porta con la capra rende più probabile che l'altra abbia il premio) sa di avere 2/3 di possibilità se cambia porta.
#914
@Eutidemo

Come dimostrato dai due link che ho postato (v. post #1) e dalla soluzione standard (già segnalata da baylham), cambiare è di fatto la strategia con maggior successo. Le probabilità, come già ricordato altrove, sono "oggettive" sempre solo in base alle informazioni che sia hanno, quindi è un'oggettività relativa ai dati ed al punto di vista che li valuta (l'oggettività assoluta è eventualmente quella della realtà, a posteriori rispetto a previsioni probabilistiche).
Se noi sappiamo secondo quale logica il conduttore ha escluso una porta (basandosi su un sottoinsieme di due porte), sappiamo anche che è più probabile (v. suddetti link e soluzione standard) che la porta destinataria del cambio celi il premio. Chi ha meno informazioni o non ha alcuna informazione, come i due presunti "spettatori sordomuti" sapranno, dal loro punto di vista, di avere il 50% di possibilità (perché non sanno altro). Se loro tenessero la casistica degli esiti (vincolati probabilisticamente alla dinamica del gioco e alla scelta del conduttore, come da soluzione standard), si stupirebbero nel riscontrare che la porta inizialmente scelta dal concorrente garantisce un minor tasso di successo; stupore dovuto al loro non avere informazioni (che noi sappiamo) sul perché e come una porta venga esclusa.
Se non erro, chi ha più informazioni (o informazioni più rilevanti) riesce solitamente ad ottenere previsioni probabilistiche più adeguate all'esito reale, per questo gli "spettatori sordomuti", non avendo informazioni crederanno di avere una probabilità 50/50 che si dimostrerà di fatto poco confacente agli esiti reali (che saranno tendenzialmente affini al 67/33 o comunque sbilanciati a favore della porta destinataria del cambio, come è possibile sperimentare di persona al secondo link).

P.s.
Riguardo all'influenza delle informazioni sulla probabilità "oggettiva": supponiamo ad esempio che un fonico sappia che chi decide la posizione del premio nell'90% dei casi lo mette dietro la porta n.3; questa informazione, essendo più rilevante di quelle possedute dal concorrente (e dagli "spettatori sordomuti"), risulterà, a lungo termine, più efficace nel predire gli esiti sia del 67/33 che del 50/50, ovvero: se il fonico dovesse scommettere sull'esito, punterebbe sempre subito sulla porta n.3 e vincerebbe circa il 90% delle volte, smentendo il fatto che cambiare porta produca un vantaggio probabilistico (nel gioco infatti l'assegnazione della porta credo sia random e comunque si esclude che il concorrente sappia già la probabilità di successo di ogni singola porta, qui l'ho introdotta solo come esempio del ruolo delle informazioni e dell'annesso "punto di vista").
#915
Tematiche Filosofiche / Il problema dei tre nani
17 Aprile 2021, 17:37:37 PM
Ricapitolando le mie perplessità:
- se, come indicato nel testo, «tutti e tre vogliono decidere per primi quale parte scegliere»(cit.), difficile supporre che tutti concordino nel seguire l'ordine del passa-mano fatto per portare il diamante fuori dalla caverna: i due nani che sanno che non decideranno per primi (e vorrebbero invece farlo) non concorderebbero con la proposta di seguire l'ordine del passa-mano (e, come detto, due nani su tre, sono una maggioranza)
- non sapendo le dimensioni del terreno, che potrebbero quindi anche essere molto estese, non è intuitivo pensare di poterlo dividere adeguatamente in tre contenitori: fino a che profondità si scava? come gestire tre contenitori potenzialmente enormi (sapendo che per un nano è facile che qualcosa sia «enorme»)?
- la procedura del bendaggio (che richiederebbe molta fiducia reciproca sul non alzare la benda), poi travaso e rinvaso, forse è superflua: senza spostare un quantità ignota (enorme o minuscola che sia) di terra, basta dare una palata a testa direttamente sul campo e questo verrà man mano scavato in tre parti uguali: dopo 3 palate, ognuno avrà scavato circa la stessa quantità di terra, quando saranno state date 99 palate, ognuno ne avrà date 33, etc. Per risolvere l'enigma dell'ordine di scavo, basta avere tre pale uguali e dare i colpi di pala simultaneamente (nascerebbe tuttavia un problema se due nani volessero scavare sullo stesso punto, forse risolvibile "premiando" il nano che ha dato l'ultimo colpo di pala più vicino al punto conteso; se il punto conteso è invece quello della prima palata, allora forse torna utile seguire l'ordine del passa-mano, se proprio non si vuole fare un duello nanesco di competizione fisica o di abilità).

P.s.
Nel testo "beta", eviterei la ripetizione di quei «decidono di...» (che mi ha tratto in inganno) ed aggiungerei, se si vuole tenere la tua soluzione, qualche informazione o allusione che lasci intendere che la terra da scavare non è molta (così da rendere plausibile l'idea di dividerla in tre contenitori).
Grazie a te per l'indovinello.