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Messaggi - Apeiron

#901
Percorsi ed Esperienze / Re:Mondi dell'utopia
28 Febbraio 2017, 23:31:56 PM
Citazione di: Sariputra il 28 Febbraio 2017, 09:46:30 AMMi sono imbattuto , nel mio divagare tra le piccole utopie, in quelle che prendono la forma degli "eco-villaggi", il più famoso dei quali è sicuramente The Farm , in Tennessee, ma anche Christiana, la comune storica di Copenaghen. Sono presenti anche in Italia e fanno parte del Rive, la rete delle piccole comunità ambientaliste e 'socialiste' che attirano sempre più persone. Uno dei vantaggi che queste comunità presentano è la possibilità di abbassare il costo della vita mettendo in comune tutte quelle necessità materiali che servono. Questo si paga "abbassando" il proprio tenore di vita in cambio di una qualità di vita migliore: si lavora meno, la qualità del cibo è migliore, si usa meno l'auto, si vive in modo più sano. La fine di una certa militanza politica e la crisi profonda ( irreversibile?) delle ideologie contribuisce ad attirare sempre più persone in queste comunità ambientaliste che si stanno strutturando anche come punti di ricerca e di sperimentazione ( anzi sembra che questa sia la vera vocazione per cui sono nate...) di un modo alternativo e credibile di convivenza. Quindi non comunità 'chiuse' ( vanno tranquillamente a fare la spesa anche al di fuori se necessario...) ma che tendono all'autonomia economica, costruendo possibilità lavorative al proprio interno, anche tramite l'organizzazione di corsi, seminari, conferenze, ecc. Personalmente trovo che uno spazio 'privato' da ritagliarsi all'interno di una possibile comunità sia fondamentale. L'uomo ha bisogno di spazio, il quale contribuisce ad abbassare sensibilmente l'aggressività innata dell'essere umano, oltre che di uno spazio 'proprio' non invadibile da altri ( una sorta di territorio...). Una comunità quindi formata da una rete di punti autonomi che condividono le risorse del territorio e formano una coesione imprescindibile, ma nello stesso tempo vivente di spazi propri, necessari alla stessa autonomia umana e spirituale. mi sembra una soluzione più 'naturale', fatto salvo che , non essendoci mai vissuto, non posso formulare giudizi obiettivi sulle problematiche del 'vivere insieme'. Mi sembra così, a naso, e ricordando i periodi di forzata convivenza che ho vissuto, che l'autonomia formativa delle unità familiari, sia fondamentale... Un'altra cosa che probabilmente forma la coesione di queste comunità degli ecovillaggi è l'ex militanza politica in forze che una famosa forumista chiamerebbe 'sinistroidi' o 'sinistre' ( evocando con questo termine qualcosa di oscuro, malefico, appunto 'sinistro'... ;D ). Personalmente vedrei più coesa una comunità che incarni anche la ricerca in campo spirituale ( certo non le comunità post-hippy convertitesi ormai in massa a pseudoguru vari...). Una ricerca però che , nascendo da spazi anche personali di vissuto, sia anti-settaria e anti-dogmatica. Come avere tanti pozzi dove attingere acqua, che poi viene messa al servizio di tutti e in grado di dissetare sia le persone che le campagne ( imprescindibile il rivalorizzare la vita agricola, liberata da ogni forma di schiavitù del bisogno)... @Paul11 Ho letto adesso il tuo post. Per me la società attuale è gia morta, è un cadavere in avanzato stato di decomposizione, lasciato all'aperto ad ammorbare l'aria e tenuto in piedi, a mò di zombie, da fili invisibili ben manovrati da qualcuno molto panzuto. Infatti mi sento continuamente 'tirato' a destra e a sinistra , di qua e di là, e difficilmente riesco ad osservare i miei brandelli di carne che mi cadono... Dove vogliamo andare se, proprio ieri, un famoso e attualmente discusso personaggio, come uno dei primi provvedimenti ha deciso di aumentare a 54 mliardi di $ le spese militari... :'(

Bel post. Il problema è il solito. Abbiamo idee ma ci mancano le forze e la volontà. Ma la volontà si fonda sulla speranza che non è di certo possibile per un razionalista.
#902
Percorsi ed Esperienze / Re:Mondi dell'utopia
27 Febbraio 2017, 23:03:19 PM
Citazione di: Duc in altum! il 27 Febbraio 2017, 10:39:47 AM** scritto da Apeiron:
CitazionePer costruire una civiltà quindi servono fede e speranza ma anche il dubbio. Il dubbio, nato dalla curiosità, ci permette di scoprire cose nuove.
No, stai confondendo la curiosità con il dubitare, la prima conduce a una ricerca, il secondo provoca una scelta, inclusa quella di non scegliere o di sospendere il giudizio momentaneamente. Per costruire una civiltà si necessita la fiducia nelle relazioni, così come ben spiega @paul11, che nella ricerca di "qualcosa", provoca scelte ben determinate dissipando i dubbi inziali. E' quel "qualcosa" che variando poi produce, in realtà e non in utopia, un maggiore o minore beneficio sociale generale.

Sì in effetti di nuovo ti do ragione. Ad esempio la curiosità è una ricerca e la ricerca è finalizzata. Il dubbio mette in discussione il punto di partenza. 

Citazione di: acquario69 il 27 Febbraio 2017, 00:04:43 AM
Citazione di: Apeiron il 26 Febbraio 2017, 15:22:24 PMP.S. Gli antichi vedevano dei dappertutto, un mondo che era bello quanto un fantasy. Oggi il mondo che ci è dato dalla scienza è letteralmente un insieme di particelle quantistiche che si muovono senza senso, senza scopo, senza "anima", senza valori, senza etica, senza dei, senza spiriti... Può l'uomo imparare nuovamente a vedere "magia" e quindi speranza in questo mondo spogliato completamente dalla sua "poesia"?
Secondo me hai centrato il bersaglio. a mio avviso quello che "vedevano" gli antichi non era solo un fantasy o un modalità di interpretazione poetica pero alla maniera che abbiamo noi oggi, e che equivale perlopiù a qualcosa che se va bene viene confinato alla sola immaginazione astratta, e dove si ritiene che non vi sia alcun effetto concreto o anche a un estraniazione dalla realtà stessa. Io credo invece che era esattamente il contrario perché nel mito stesso ce la possibilità di riallacciarsi all'origine e il fondamento stesso delle cose, sia pure nella loro molteplice diversità,perché consente di liberarsi dall'angusto IO che chiude e riduce tutto e che lo filtrerebbe e percio lo deforma pure (dunque non e' più reale ed e' proprio quella che diventa pura fantasia) ...e' il velo che a quel punto si apre e consente di fare luce e chiarezza conseguente

Sì esatto. Tornare ad una mentalità antica con la conoscenza moderna, questa è una sorta di utopia. Cogliere il "divino" anche nelle apparenti (?) insensatezze dei moti delle particelle. Riaprezzare il mito però "da adulti" questa è la sfida.

Senza l'aspetto "divino" si perde anche la fiducia nelle relazioni perchè si perde la fiducia in qualcosa per cui vivere. Pensando al matrimonio ("giuro che...") dobbiamo ritrovare il coraggio di trovare "qualcosa che sta sopra...".

Ma forse siamo paradossalmente troppo agiati per apprezzare il "divino". Non a caso la spiritualità (e non la mera conoscenza di essa) fiorisce in periodi storici difficili e durante le crisi economiche.
#903
Percorsi ed Esperienze / Re:Mondi dell'utopia
26 Febbraio 2017, 21:29:14 PM
Citazione di: Duc in altum! il 26 Febbraio 2017, 19:50:35 PM** scritto da Apeiron:
CitazioneLa fede e la speranza dunque hanno aiutato l'uomo ad agire, la razionalità ci ha sbattuto in faccia il dubbio. Eppure è proprio questo dubbio che ci ha permesso di costruire la civiltà per poter meglio sopravvivere in un mondo dominato dalla Morte. Ma questo dubbio ci ha fatto anche capire che le nostre stesse civiltà,
Mi dispiace, ma la civiltà nasce non tanto con le grandi scoperte, ma con un atto di umanità, di ospitalità (cit. Jean Daniélou), quindi possibile solo a fede e speranza. Il dubbio esiste (senza domandarci tanto il come o il perché) solo come alimento per corroborare la fede nei momenti di crisi, o venire meno nei suoi confronti.

Accolgo la tua obiezione nel mio discorso. Per costruire una civiltà quindi servono fede e speranza ma anche il dubbio. Il dubbio, nato dalla curiosità, ci permette di scoprire cose nuove. Ma il dubbio pur non contrastando la speranza è "pericoloso" per la fede. D'altro canto vivere di sola fede può portare alla chiusura mentale, alla superstizione e perfino al fanatismo. Dunque è auspicabile una sorta di "equilibrio".
#904
Tematiche Filosofiche / Re:Dadi e probabilità
26 Febbraio 2017, 19:37:39 PM
Citazione di: Eretiko il 26 Febbraio 2017, 18:55:13 PM
Citazione di: Apeiron il 26 Febbraio 2017, 15:11:04 PMNel mio caso parlo semplicemente di regolarità (che è una generalizzazione del determinismo e del probabilismo). Ma una regolarità che riesce a "produrre" sia individui dotati di propria identità e di libertà limitata ma non indipendenti o liberi. In sostanza determinismo e probabilismo mi paiono semplificazioni troppo esagerate. Possiamo fare di meglio con le nostre ipotesi.
Considera che il rigido determinismo e' stato abbandonato, ancor prima della teoria dei quanti, all'interno della stessa meccanica newtoniana, grazie al lavoro di Poincare' nel famoso problema dei "tre corpi", del quale e' sicuramente interessante leggere le considerazioni filosofiche sul "caos". Non dimentichiamo che noi conosciamo le leggi "causali" sempre in forma differenziale, valide su una infinitesima porzione di spazio-tempo piccola a piacere, e che pretendiamo di estendere a una porzione finita di spazio-tempo (o addirittura a tutto l'universo) quando si cerca una soluzione particolare (con opportune condizioni al contorno) e che spesso e volentieri non riusciamo ad esprimere in forma chiusa (come nel caso dei tre corpi isolati nello spazio o nel caso apparentemente semplice del pendolo). Detto in parole povere: pur continuando a vedere la "regolarita'" occorre accettare una forma debole di determinismo perche' la complessita' della natura non ci consente di ridurre un sistema oltre un certo limite, soprattutto in un sistema biologico sottoposto da una parte ad eventi casuali (variazioni genetiche) e dall'altra filtrato da un processo deterministico (l'ambiente). Anche se la parola "caos" e' fuorviante perche' sembra connessa a processi casuali, in realta' essa deriva proprio dal rigido determinismo, e la conclusione e' che di fatto piu' aumenta la complessita' piu' si riduce la possibilita' di fare previsioni a lungo termine.

Concordo con tutto ciò che hai detto  ;)  il famoso lancio del dado iniziale dipende da una quantità tremenda di fattori: da come scelgo di lancirarlo, da dove cade, da come è l'ambiente in cui cade... Troppi fattori. E il risultato è che tutti questi fattori fanno sì che "assomigli" ad un evento casuale ma d'altronde non lo è perchè appunto dipende da "fattori esterni" che non ne garantiscono l'"indipendenza statistica". Sì anche io favorisco un determinismo debole ma un determinismo così debole da lasciare una, seppur parziale, autonomia ai suoi ingranaggi non è più un determinismo. In ogni caso secondo me la citata teoria del caos (su cui in questa discussione avevo sorvolato, ma che c'entrava molto di più della MQ  ;D ) ha dimostrato appunto che la realtà non è né deterministica né probabilistica. Determinismo e probabilismo sono utili "strumenti" d'indagine. Ma niente di più.
#905
Percorsi ed Esperienze / Re:Mondi dell'utopia
26 Febbraio 2017, 19:30:22 PM
Citazione di: paul11 il 26 Febbraio 2017, 17:54:10 PMInverno, per capire gli altri basta non avere pregiudizi. Certo che non bisogna fermarsi a esperienze fallite, la vita è fatta di tentativi, e la mia generazione ha grosse colpe su quelle giovani, ribadisco che ogni generazione ha dell opportunità, ma deve avere coscienza della propria forza. Aperion, si può essere sconfortati da questa cultura frammentata, ma ha una sua contraddizione fondamentale. Su cosa si fonda? Su quale certezza ,in questo caso politica sociale, può dichiarare che una forma di politica possa essere superiore ad un'altra? Se non ha potere fondativo, e non ne ha, allora qualunque posizione è vera: basta crederci.

paul11, lo sconforto secondo me deriva appunto dal fatto che (giustamente) abbiamo una mentalità più aperta e più critica. Oggi vediamo tutti come "fratelli" e inoltre la nostra mentalità critica ci toglie la possibilità di creare una gerarchia tra i sistemi politici perchè sappiamo trovare il "difetto" ovunque. Se io invece credessi in un ideale politico al punto da volerlo attualizzare sarei pronto a proporlo, magari fino alla morte. E appunto manca proprio questo oggi e la cosa in realtà ha un aspetto positivo (la violenza cala) ma un aspetto negativo (l'inazione).
Per esempio mettiamo che io volessi cambiare l'Italia e per farlo dovessi cambiare il sistema politico odierno. Ora se non ho una fede salda in tale mia idea non riuscirò nemmeno a proporla. Motivo per cui secondo me prima di recuperare la fede e la speranza per sistemi politici per cambiare il mondo ha invece più senso cercarle nella nostra vita come individui. Dopo aver "cambiato" l'individuo rafforzandolo si può cercare di cambiare il mondo.

Visto appunto che come individuo io non so nemmeno trovare la mia strada, trovandomi in un'"atonia" come dice Sariputra non ha senso credo che io pretenda di pensare ad un'utopia pubblica. In Brave New World (l'opera distopica di Huxley) ad esempio tutti sono felici in un sistema di classi. E sono felici grazie alla droga fornita dal governo. La vera domanda è: l'umanità sarebbe davvero felice nell'utopia che ci immaginiamo? O per raggiungere tale felicità serve la pillolina?
#906
Percorsi ed Esperienze / Re:Mondi dell'utopia
26 Febbraio 2017, 15:22:24 PM
Citazione di: Sariputra il 26 Febbraio 2017, 09:46:58 AMCome mi è difficile, ostico quasi, scrivere di utopie. Anch'io, come tutti ( o quasi ) sono immerso in una strana atonia spirituale e morale, in una nuvola di nebbia dove, a tratti, si accendono delle luci per illuminare il terreno dove ci invitano a guardare; così che possiamo scegliere con cura i nuovi prodotti da acquistare. Siamo come quei carabinieri della barzelletta che, smarrita la chiave dell'auto, se ne stanno tutti sotto un lampione illuminato a cercare per terra. Alla domanda:"Ma siete sicuri che la chiave è caduta proprio qui ?" rispondono decisi:" No...ma qui è illuminato". A cosa servono poi le utopie? Ne abbiamo vista qualcuna realizzata veramente? Il mondo di Atlantide forse? Shambhala? ...Eppure...che fascino esercitano ancora nelle menti infelici, inadatte a vivere in una società senza volto. L'utopia non sembra destinata a noi, è un'isola che non c'è. L'utopia è sorella della Speranza e l'uomo non ha più speranze, se non quella di riuscire a farsi posto, sgomitando, al banchetto di Mammona ( che strano mi fa poi sentire tutti lamentarsi del mondo, quando si discorre amabilmente viso a viso, ma continuare a perpetuarlo e aderire agli ami che lancia...). Tra l'altro il concetto stesso di utopia è tremendamente pessimista: un luogo felice inesistente. Eppure sembra che, per non perdere del tutto la speranza, questo luogo inesistente va cercato. Va cercato in un altrove radicale, addirittura fuori dall'esistenza. Appare come una 'dis-locazione' dell'essere, la possibilità che ci parla di una dimensione dell'essere che non avevamo presente, simile alla dis-locazione che conosciamo nell'Eros, nell'amore. Addirittura questa possibilità appare come più autentica del reale, a volte, quando l'animo ci si immerge e la fa sua. E' la possibilità della mente di vivere su piani diversi e quindi sperimentare la pressione che i pensieri utopistici esercitano su di essa per divenire reali. Implicito nell'utopia è anche il rifiuto di questa realtà, che non si accetta e si vuole cambiare. Ma questa realtà...è veramente reale? O non è essa stessa figlia di utopia? ( Utopia in questo caso più accomunabile all'incubo che al sogno felice...). E.Cassirer definisce così utopia: "Creare spazio al possibile; contro ogni passiva acquiescenza allo stato presente". L'utopia come uno spazio aperto ad ogni possibile, persino all'impossibile come luogo ideale di valore. Così per il Sari nasce l'impossibile Contea e le sue Ville sparse Sotto il Monte, e l'impossibile gente che l'abita: la signora Uccia e le sue favolose cipolle, l'asino saggio Anselmo, la massaggiatrice shiatsu, le favolose libagioni e vendemmie, la sua pace un pò malinconica ma vissuta, la terra amata. Una Contea utopistica, impossibile ma che, alla mente e alla fantasia inebetita dell'inadeguato Sari, preme per diventare possibile. Ma è reale la realtà o è reale la Contea?... :-\

Già il sapere, la scienza, la razionalità conducono alla perdita di fede e speranza. Queste due virtù osannate da ogni religione e ogni tradizione per l'uomo razionalista moderno non sono altro che sogni "infantili", illusioni, fantasie che ci servono per sopportare meglio l'esistenza. Ma la mancanza di fede e speranza conduce all'inazione, al blocco, al sognare per sognare, al pianto, alla disperazione e tutte queste conducono alla depressione e all'edonismo. La fede e la speranza dunque hanno aiutato l'uomo ad agire, la razionalità ci ha sbattuto in faccia il dubbio. Eppure è proprio questo dubbio che ci ha permesso di costruire la civiltà per poter meglio sopravvivere in un mondo dominato dalla Morte. Ma questo dubbio ci ha fatto anche capire che le nostre stesse civiltà, il nostro modo per sfuggire alla Morte non è altro che una "fascinazione delle ceneri" perchè sappiamo che non c'è scampo. Da qui segue l'assoluto rifiuto della vita così come noi possiamo percepirla. E qui entriamo al "culmine della disperazione" che si risolve o in un completo sfondamento nel baratro, o nell'assoluto edonismo, o nella rinascita di fede e speranza. L'utopia la si raggiunge solo cambiando noi stessi, riuscendo in qualche modo a usare la razionalità senza cadere nel razionalismo e a tornare speranzosi. Ma dunque esiste ancora la possibilità di sperare...?

P.S. Gli antichi vedevano dei dappertutto, un mondo che era bello quanto un fantasy. Oggi il mondo che ci è dato dalla scienza è letteralmente un insieme di particelle quantistiche che si muovono senza senso, senza scopo, senza "anima", senza valori, senza etica, senza dei, senza spiriti... Può l'uomo imparare nuovamente a vedere "magia" e quindi speranza in questo mondo spogliato completamente dalla sua "poesia"?
#907
Tematiche Filosofiche / Re:Dadi e probabilità
26 Febbraio 2017, 15:11:04 PM
@sgiombo certo che la mia è una "credenza"! Tornando al problema del determinismo vediamo che in tutte le sue forme ci "dice" che l'universo è un unico "oggetto" che lavora tutto in sintonia. In meccanica classica ad esempio dove i range di interazione sono infiniti e dove l'interazione si propaga a velocità infinita effettivamente l'universo è un Uno-Tutto. La cosa "strana" è appunto che questo Uno-Tutto ha "in sé" delle "parti" altamente "specializzate" come lo sono gli esseri viventi. Il problema è che il determinismo non può mai essere compatibilista perchè il determinismo asserisce che la causa e l'effetto sono sempre legati secondo una necessità. Da notare che in meccanica classica effettivamente la suddivisione in sotto-sistemi è meramente utile, perchè esiste solo un sistema, l'universo stesso.
In relatività invece la velocità limite fa in modo che in questo Uno-Tutto le parti non interagiscono tutte tra di loro e in questo modo si ha la località e quindi si possono formare "sottosistemi". Tuttavia nuovamente il determinismo fa in modo che gli individui non solo sono interdipendenti ma sono semplici illusioni, semplici inganni dell'intelletto. L'assurdità è che in questo caso la nostra illusione di essere un "io", la nostra illusione di essere liberi sono veramente degli scherzi della natura.

Se invece il mondo fosse probabilistico si aprono nuovi orizzonti. Affinché si possa parlare di sistemi che si comportano secondo leggi probabilistiche è necessario che abbia senso "isolarli" dall'esterno. Infatti oltre che avere una identità propria devono essere anche completamente indipendenti dal resto del mondo ("indipendenza statistica"). Il punto è che nuovamente la suddivisione in sotto-sistemi completamente indipendenti è solo una convenzione pratica. Non si possono osservare particelle libere, perchè già il solo atto di osservazione è un'interazione. Inoltre differenti osservatori osservano sistemi diversi (vedi il paradosso dell'amico di Wigner). Inoltre nuovamente anche qui si arriva ad assumere una posizione fatalistica: se tutto "va a caso" non posso fare nulla.

Nel mio caso parlo semplicemente di regolarità (che è una generalizzazione del determinismo e del probabilismo). Ma una regolarità che riesce a "produrre" sia individui dotati di propria identità e di libertà limitata ma non indipendenti o liberi. In sostanza determinismo e probabilismo mi paiono semplificazioni troppo esagerate. Possiamo fare di meglio con le nostre ipotesi.

P.S. All'università non hanno mai nominato Bell e hanno accennato l'entanglement un paio di volte. Purtroppo è un argomento di ricerca da dottorato per chi si specializza in fondamenti di meccanica quantistica. Ergo la mia conoscenza di queste cose è veramente ridotta. In ogni caso concordo con Eretiko che troppi fisici hanno abbandonato la riflessione filosofica solo perchè la teoria "funziona". Ma la natura è molto, ma molto più misteriosa delle nostre teorie (alcune delle quali sono assurdamente complicate).
#908
Tematiche Filosofiche / Re:Dadi e probabilità
25 Febbraio 2017, 15:40:49 PM
Ah ok! :) ora ho capito e accolgo la tua obiezione e cerco di integrarla nel mio pensiero. Sì hai ragione nel dire che i fenomeni non si possono davvero paragonare. Tuttavia il mio discorso era un po' diverso. Nel caso classico non c'è davvero in linea di principio bisogno di parlare di "probabilità". Ci serve quando nella pratica abbiamo troppi gradi di libertà: in sostanza ambiti del sapere come la meccanica statistica e lo studio del lancio dei dadi usano il concetto di probabilità perchè ci manca la conoscenza che in linea di principio sarebbe accessibile (vedi demone di Laplace).
In MQ (meccanica quantistica) specialmente nell'IC le cose non stanno esattamente così: qui nemmeno in linea di principio si può andare oltre a previsioni probabilistiche. Perchè? Rispondendo a questa domanda si entra nella filosofia.
Ma cosa significa che un evento è probabilistico? significa che segue le "leggi" della probabilità. Supponiamo che ad esempio ci sia un evento che segue una distribuzione gaussiana. Se siamo in questa situazione mi pare chiaro che per dire una cosa del genere si deve considerare il sotto-sistema considerato come una identità indipendente dall'esterno. In meccanica classica non puoi davvero isolare niente (se non approssimando...) emntre in meccanica quantistica non puoi far altro che considerare sotto-sistemi che sono per così dire "universi a parte", uno dei chiami per brevità lo chiamo S. Ora S è da considerarsi un'entità a parte. Ma a questo punto sorge il dilemma: se considero un sistema più grande G, che contiene S, come sistema quantistico? Ora S non è più visto come indipendente ma come parte di G. A G ora posso associare una funzione d'onda. Che ne è di S? S ora non è più indipendente! E in sostanza qui troviamo il paradosso: per dire che un sistema S segue una determinata legge probabilistica caratteristica dobbiamo considerarlo indipendente, ma mi è bastato considerare un sistema G che contiene S per mostrare che S in realtà non è più il sistema ma solo una parte. Questo è l'entanglement. Il problema è che c'è sempre un'arbitrarietà nel definire il sistema, tant'è che volendo posso pensare all'intero universo! Ma perchè noi nella pratica vediamo sotto-sistemi? Possiamo rispondere in due modi: o la meccanica quantistica non la si può applicare a tutto l'universo oppure in qualche modo dobbiamo spiegare "la nostra vita" anche se in realtà l'unico sistema indipendente è l'intero universo. Questo argomento credo che basti nel mostrare che la meccanica quantistica è incompleta: non la si può applicare a tutto l'universo se non si vuole cadere nella non-località e nell'assoluto determinismo (IB), nel solipsismo (IR) o nel predeterminismo (t'Hooft).
Cosa c'entra questo discorso con i dadi? Beh anche là per parlare di probabilità dovevo isolare il sistema. E qui torniamo a quanto diceva sgiombo. Non si può parlare di un evento che segue leggi probabilistiche se non "staccandolo" dal resto. Ma siccome io non credo che esistano davvero "sistemi isolati" (ossia che non interagiscono con niente!) e non credo che il mondo sia deterministico ma lo ritengo regolare, secondo me la sua regolarità non potrà mai essere capita con i concetti odierni. Dovremo trovare una regolarità che vada oltre il determinismo e il probabilismo (chi nega il libero arbitrio d'altronde è convinto che o tutto sia random o che tutto sia determinato). Ma la regolarità non significa questo...
#909
Percorsi ed Esperienze / Re:Mondi dell'utopia
25 Febbraio 2017, 11:52:06 AM
Citazione di: Sariputra il 24 Febbraio 2017, 15:55:34 PM
Citazione di: Apeiron il 24 Febbraio 2017, 15:36:31 PMSecondo me l'utopia di per sé non ci renderà mai felici. Potremo in un certo senso vivere tutti come i monaci buddisti o i francescani ed essere contenti eppure io sono il primo a non volere la povertà. Il problema è che per la nostra natura debole chi più chi meno ha bisogno della proprietà. Un ricco accetterebbe la povertà (NON la miseria!) solo dopo essere riuscito a rinunciarci. Ma purtroppo non siamo tutti uguale e la nostra intrinseca debolezza (o "peccaminosità") fa in modo che il tuo scenario sia del tutto impossibile. Questa debolezza d'altronde è il vizio. Per questo motivo il tuo modello non funzionerebbe se prima non si educa la gente ad essere così. Ossia prima di creare un'utopia per tutti, tutti dovremo cambiare noi stessi. Il "dimenticarsi" di questo "piccolo dettaglio" ha trasformato ogni tentativo di utopia in un inferno. L'utopia prima dobbiamo costruircela "dentro" di noi e nelle relazioni a noi più immediate (ossia col "prossimo"). Per questo motivo io non credo che l'approccio giusto sia calarla dall'alto (dal governo), bensì bisogna costruirla dal basso, ossia dall'individuo e dalle relazione più immediate che esso ha.
Sì, l'utopia è irrealizzabile ( proprio perché utopia). Ma alcune idee di un'utopia possono essere rese sistema, Per primo mi verrebbe da dire che si ha sempre bisogno di una 'rivoluzione' per rendere effettivo un reale cambiamento che parta da un sogno utopistico. Una rivoluzione 'non-violenta' potrebbe scardinare il sistema attuale e aprire le porte per l'affermarsi del nuovo. Pensa a quante persone vivono miseramente nel mondo: sono nettamente la maggioranza. Invece di proporre il sogno irrealizzabile di arricchirsi come la minoranza che detiene il potere, un nuovo soggetto politico globale potrebbe avanzare l'obiettivo di formare una società in cui il necessario per vivere e curarsi venga garantito a tutti . In più anche la possibilità di tenere una parte di proprietà privata ( la casa, del terreno, ecc.). Questo, che a noi sembra povertà ( non disporre più privatamente del Suv, dei viaggi turistici, degli abiti firmati, dei gadget tecnologici,ecc.), è invece un autentico miraggio per la maggior parte dell'umanità. Un livellamento autenticamente socialista che abbassi i pochi per alzare i molti. Segue...

L'utopia è una meta a cui si tende. In un certo senso è uno scenario che serve a dare una direzione al nostro progresso. Il nostro mondo di SUV, di case riscaldate ecc era una sorta di "utopia" per un antico tuttavia abbiamo ancora problemi. Vedo persone anziane che provano un risentimento contro i giovani "viziati e nati nelle ricchezze" ma questo risentimento in realtà è il risentimento contro se stessi visto che è esattamente il mondo che hanno voluto loro. Se gli anziani hanno lavorato tanto per far nascere i figli negli agi non ha senso poi prendersela con i figli perchè vedono gli agi come una normalità (d'altronde non hanno mai vissuto in altro modo). La miseria genera la sete di ricchezza e la ricchezza genera il vizio. Finché non cambiamo le prospettive delle persone anche nel mondo ideale "socialistico" succederà sempre che uno pretenderà più ricchezze di quello che dispone.
Per questo motivo è giusto parlare di utopie, ma l'utopia non nasce dall'imposizione dello stato ma dal "cuore" delle persone. E per come vedo me e le altre persone oggi il "cuore" delle persone è contrario alla rinuncia degli agi o per vizio o per la sete della ricchezza.

Quindi sì è giusto pianificare l'utopia e quella che tu hai proposto è interessante ma questo prima di tutto serve a cambiare il nostro "cuore".
#910
Tematiche Filosofiche / Re:Dadi e probabilità
25 Febbraio 2017, 11:41:46 AM
Citazione di: Eretiko il 24 Febbraio 2017, 19:11:11 PM
Citazione di: Apeiron il 24 Febbraio 2017, 15:27:46 PMOra supponiamo che tutto vada probabilisticamente. Ebbene se fosse così allora saremo alla mercé del "caso" e il mondo non sarebbe molto diverso dal caso precedente. Tuttavia questa situazione è a dir poco bizzarra: si può parlare di "probabilità" se magari per un singolo evento? Certamente sì se pensiamo che la probabilità sia soggettiva. Ma se è oggettiva l'evento in questione deve in principio potersi ripetere, il che significa per esempio che in un esperimento dobbiamo riuscire, in linea di principio, a riportare le condizioni sperimentali esattamente identiche di volta in volta. Nel mondo macroscopico di persone, pianeti e dadi non è possibile. Il secondo lancio del dado avverrà in una configurazione diversa dal primo. Ma l'assunzione che si fa in meccanica quantistica, mi pare, è che si possa davvero isolare completamente un sistema sperimentale in modo da riportarlo a nostro piacimento alle condizioni di una prova precedente. Questa è una assunzione fondamentale se si vuole dire che il mondo è probabilistico: ancor più che un mondo deterministico il mondo probabilistico richiede che un evento sia ripetibile esattamente. Questo ha sempre creato problemi: ad esempio dove è la "barriera" tra il mondo macroscopico soggetto all'irreversibilità e quello microscopico soggetto alla ripetibilità? In un sistema in continua evoluzione si possono trovare "leggi" probabilistiche? Secondo me no!
Secondo me tu non hai ben chiaro il ruolo della probabilità nella meccanica quantistica e la differenza sostanziale con la probabilità della fisica classica. Faccio un esempio semplice e che tutti possiamo comprendere. Il vecchio "tubo catodico" utilizzato un tempo nei televisori e nei monitor del PC è un dispositivo nel quale viene emesso un fascio di elettroni, fortemente accelerato da un campo elettrico e deflesso da un campo magnetico, che colpisce lo schermo in una piccola zona chiamata "pixel". Variando il campo magnetico si può indirizzare il fascio di elettroni in qualsiasi zona dello schermo, che funziona essenzialmente da "rivelatore di elettroni", illuminandosi. Tale dispositivo si può studiare con la fisica classica, con gli elettroni "immaginati" come sferette, e si può determinare esattamente dove dirigere il fascio di elettroni agendo opportunamente sul campo magnetico: tutto deterministico, anche se studiato statisticamente. Il fisico classico ti dirà: il fascio di elettroni emesso dalla sorgente segue una precisa traiettoria fino a colpire lo schermo nel pixel. Se tu lo studi secondo la meccanica quantistica, hai un sistema composto da una sorgente di elettroni e da un rivelatore (lo schermo), descritto da una funzione d'onda: ovviamente il fascio continuerà ad illuminare un solo pixel, ma il fisico quantistico ti dirà: io non so cosa fa il fascio di elettroni tra la sorgente e lo schermo, ma per un assegnato campo magnetico, il fascio colpirà sempre lo stesso pixel con probabilità del 100%. La sostanziale differenza consiste nel fatto che la fisica classica pretende di assegnare una ben definita traiettoria, mentre la fisica quantistica non ha questa pretesa e dirà che prima di arrivare allo schermo l'elettrone sarà un poco onda e un poco corpuscolo, chissà dove e come sparpagliato nello spazio-tempo.

No, l'assunzione che la natura quantistica sia intrinsecamente probabilistica è essenziale all'interpretazione di Copenhagen in tutte le sue varianti. Se prendi l'esperimento della doppia fenidtura ti accorgi sicuramente che esso deve essere ripetibile, altrimenti ogni predizione statistica non ha senso ma per motivi diversi dall'uso che si fa della statistica in meccanica classica. In meccanica classica l'uso della statistica è dovuto al fatto che non sappiamo precisamente il comportamento di ogni grado di libertà del sistema. In meccanica quantistica di Copenhaghen non possiamo fare di meglio che appunto predizioni probabilistiche (lo stesso demone di Laplace dovrebbe accontentarsi di questo). Il punto è che nell'interpretazione di Copenhaghen (da qui in poi "IC") gli strumenti di misura sono trattati classicamente https://plato.stanford.edu/entries/qm-copenhagen/#MeaProClaQuaDis. Il problema è che in ultima analisi questa assunzione è errata se si ritiene che l'Universo sia fondamentalmente quantistico. Ad ogni modo non c'è davvero un consenso su come interpretare la IC:
1)Secondo Bohr gli "oggetti" quantistici sono sconosciuti, ossia dobbiamo accontentarci di quello che vediamo e non potremo mai sapere cosa "davvero" siano le "particelle" quantistiche;
2)Secondo Heisenberg noi vediamo esattamente la realtà.
3)Secondo il neopositivismo i concetti di "posizione", "quantità di moto" e simili hanno senso solo mentre si fa la misura. Per questo motivo chiedersi "qual è la traiettoria dell'elettrone quando non lo misuro?" non è né vera né falsa ma insensata.
E potrei citartene delle altre. In ogni caso se prendi la posizione di Bohr o quella neopositivistica vedi che IC è una teoria abbastanza minimalistica, ossia segue il detto "shut up and calculate!". Non ha pretese di dire cosa c'è "oltre" gli esperimenti. Motivo per cui filosoficamente non è completa ma fisicamente sì. La filosofia si occupa del "perchè", la fisica no! In ogni caso per verificare l'ipotesi secondo la quale l'output dell'esperimento segue una legge probabilistica in modo essenziale (e NON solo per la nostra ignoranza) devi ammettere che gli esperimenti siano esattamente ripetibili.

L'interpretazione di Bohm (IB) è considerata interpretazione perchè le sue previsioni sono esattamente le stesse della IC. Il problema di IB è che in realtà è non-locale ("olistica" significa appunto "non-locale") ma la sua non-località non è come quella Newtoniana. In fisica newtoniana l'effetto di un'interazione cala con la distanza, in IB la distanza non gioca alcun ruolo. In sostanza la funzione d'onda di tutto l'universo la puoi vedere come semplicemente allo stesso livello dell'Hamiltoniana in meccanica classica. Serve solo per calcolarsi le equazioni del moto delle particelle. Il problema è che appunto l'equazione del moto di una particelle dipende da tutte le particelle dell'Universo, quasi che l'intero Universo "evolva" in completa sintonia. Per spiegare questo paradosso t'Hooft ha introdotto il superdeterminismo: l'intera evoluzione dell'universo era pre-determinata all'istante iniziale. Solo in questo modo non c'è correlazione a lunga distanza proprio perchè d'altronde tutto va come era prestabilito che andasse.  Inoltre si sa già che appaiono infiniti in essa e la cosa è "sospetta" per un fisico. https://plato.stanford.edu/entries/qm-bohm/

Per evitare tutti questi paradossi si è anche introdotta l'Interpretazione a Molti Mondi (IMM). I problemi di IMM sono due: non spiega l'esistenza della regola di Born (ossia non spiega perchè la distribuzione di probabilità osservate sono quelle e non altre) e non spiega da dove "nasce" il nostro punto di vista classico. Oltre ad essere orrenda dal punto di vista filosofico (tutto ciò che può accadere accade  ;D ). https://plato.stanford.edu/entries/qm-manyworlds/

Poi c'è Rovelli con la sua Interpretazione Relazionale (IR).  In questo caso ogni osservatore ha un ruolo intrinseco nel risultato sperimentale. In sostanza questa interpretazione fonde la "verità" della parte positivistica della IC (ossia che posizioni, velocità ecc "ci sono" all'atto dell'osservazione. Non a caso Rovellli apprezza il Tractatus di Wittgenstein) e la "verità" della IMM, nel senso che la meccanica quantistica è vista come teoria completa. Problema: ci avviciniamo al solipsismo. https://plato.stanford.edu/entries/qm-relational/

In sostanza ogni intepretazione ha i suoi problemi. Secondo me si dovrà andare oltre alla meccanica quantistica visto che trovo ogni interpretazione insoddisfacente per un motivo o per l'altro.

P.S. Una volta ero un convinto Bohmiano, oggi protendo di più per un "qualcosa" compreso tra l'interpretazione di Rovelli e quella di stampo neo-positivistico ma ho fortissime reticenze sul fatto che la natura sia inerentemente probabilistica. Tutto il "quantum mysticism" nasce da una interpretazione errata delle teorie di Bohm e di Heisenberg. Nel primo caso l'"olismo" è stato ridicolizzato ed è stato accostato al new-age mentre nel secondo caso si è arrivati a dire che la "coscienza crea la realtà". Spesso si vede che le due cose sono state fuse.
Visto che comunque non si può ancora falsificare le varie intepretazioni si deve scegliere filosoficamente.
#911
Percorsi ed Esperienze / Re:Mondi dell'utopia
24 Febbraio 2017, 15:36:31 PM
Secondo me l'utopia di per sé non ci renderà mai felici. Potremo in un certo senso vivere tutti come i monaci buddisti o i francescani ed essere contenti eppure io sono il primo a non volere la povertà. Il problema è che per la nostra natura debole chi più chi meno ha bisogno della proprietà. Un ricco  accetterebbe la povertà (NON la miseria!) solo dopo essere riuscito a rinunciarci. Ma purtroppo non siamo tutti uguale e la nostra intrinseca debolezza (o "peccaminosità") fa in modo che il tuo scenario sia del tutto impossibile. Questa debolezza d'altronde è il vizio.

Per questo motivo il tuo modello non funzionerebbe se prima non si educa la gente ad essere così. Ossia prima di creare un'utopia per tutti, tutti dovremo cambiare noi stessi. Il "dimenticarsi" di questo "piccolo dettaglio" ha trasformato ogni tentativo di utopia in un inferno.

L'utopia prima dobbiamo costruircela "dentro" di noi e nelle relazioni a noi più immediate (ossia col "prossimo"). Per questo motivo io non credo che l'approccio giusto sia calarla dall'alto (dal governo), bensì bisogna costruirla dal basso, ossia dall'individuo e dalle relazione più immediate che esso ha.
#912
Tematiche Filosofiche / Re:Dadi e probabilità
24 Febbraio 2017, 15:27:46 PM
Citazione di: sgiombo il 24 Febbraio 2017, 08:51:15 AM
Citazione di: Apeiron il 23 Febbraio 2017, 20:24:09 PMLivello 4: Qui in realtà si arriva all'ultimo livello della questione. Ci sono davvero eventi ripetibili? In meccanica quantistica, almeno nell'interpretazione usuale, l'assunzione che tali eventi siano una realtà è ancora più forte che in meccanica classica, altrimenti il discorso della probabilità non ha senso. Questo è un motivo per cui alcuni hanno ad esempio appoggiato l'interpretazione deterministica di Bohm. D'altronde almeno macroscopicamente l'universo è in continua mutazione ed è veramente impossibile dire che due eventi siano esattamente identici a questo livello. Perchè dovrebbe esserlo a livello microscopico? Davvero la freccia del tempo non da alcun effetto? Personalmente questo è un problema che mi attanaglia da molto. A mio giudizio la casualità degli eventi microscopici non è reale ma non è nemmeno reale il determinismo. Secondo il mio parere entrambi sono falsi (non possiamo davvero credere che tutto sia determinato, anche il determinista d'altronde guarda prima di attraversare la strada ;D ).
CitazioneL' unico mio motivo di perplessità da tutto il tutto discorso (soprattutto da ciò che ne ho tagliato, con cui concordo in pieno) sta nell' ultima affermazione. O meglio, forse ho capito ma ho bisogno di un chiarimento. Secondo me per definizione, analiticamente a priori, indipendentemente da come é di fatto la realtà, come mera ipotesi su di essa, se la realtà stessa muta, allora può darsi: o divenire ordinato, relativo, parziale nel quale siano astraibili caratteristiche fisse, immutabili, universali e costanti (rendendo possibile la conoscenza scientifica e valutazioni etiche degli agenti intenzionali; una sorta di sintesi dialettica fra fissità integrale-assoluta, "parmenidea"-tesi- e mutamento integrale assoluto, caotico, antitesi); oppure mutamento caotico, casuale: tertiun non datur. A meno che per il "teritum" non si intenda un divenire "ordinato in senso debole", cioé probabilistico - statistico (anziché forte, meccanicistico - deterministico: costanza, prevedibilità e calcolabilità, necessità non di ciascun singolo evento ma delle proporzioni fra più eventi reciprocamente alternativi in serie sufficientemente numerose di casi. E questo é forse ciò che intendi dire. Mi fa comunque molto piacere che le mie considerazioni sulla "problematicità logica" (diciamo così) di questa variante lasca di divenire ordinato (che del tutto soggettivamente può altrettanto a buon diritto anche essere considerata una variante lasca di indeterminismo), sulle quali io stesso non ho le idee del tutto chiare e sono quindi molto interessato alle osservazioni tue, di Paul11, Phil e degli, altri ti inducano ad ulteriorim riflessioni.

Provo a spiegarmi meglio sgiombo, però temo che in un certo senso ripeterò esattamente le stesse cose (e ciò purtroppo non significa chiarirle). Anche a me fa piacere di scrivere osservazioni che possono essere interssanti.
Supponiamo che l'universo sia completamente deterministico. Ne consegue che la nostra libertà è completamente illusoria, proprio come diceva Spinoza. Ora se tutta la libertà è illusoria allora le nostre decisioni sono completamente predeterminate (indipendentemente dal fatto che ci sia un fine negli eventi...) e quindi ogni cosa che facciamo non potrebbe essere fatta in modo diverso. Ma questa è la morte dell'etica e di noi come persone : d'altronde se tutto è determinato allora ogni nostra azione non fa differenza (curiosamente l'"Etica" di Spinoza era la completa accettazione di ogni libertà). Non si può dimostrare che questa posizione è falsa ma in fin dei conti per "istinto" non è così.
Supponiamo ora che l'universo sia completamente accidentale e caotico: in tal caso il futuro potrebbe essere completamente diverso dal passato e non avrebbe alcun senso fare previsioni. Nuovamente in questo caso regnerebbe il Caos e quindi ancora una volta la nostra libertà sarebbe ancora una mera illusione. Ma nuovamente non ci "sembra" una descrizione corretta della realtà.
Ora supponiamo che tutto vada probabilisticamente. Ebbene se fosse così allora saremo alla mercé del "caso" e il mondo non sarebbe molto diverso dal caso precedente. Tuttavia questa situazione è a dir poco bizzarra: si può parlare di "probabilità" se magari per un singolo evento? Certamente sì se pensiamo che la probabilità sia soggettiva. Ma se è oggettiva l'evento in questione deve in principio potersi ripetere, il che significa per esempio che in un esperimento dobbiamo riuscire, in linea di principio, a riportare le condizioni sperimentali esattamente identiche di volta in volta. Nel mondo macroscopico di persone, pianeti e dadi non è possibile. Il secondo lancio del dado avverrà in una configurazione diversa dal primo. Ma l'assunzione che si fa in meccanica quantistica, mi pare, è che si possa davvero isolare completamente un sistema sperimentale in modo da riportarlo a nostro piacimento alle condizioni di una prova precedente. Questa è una assunzione fondamentale se si vuole dire che il mondo è probabilistico: ancor più che un mondo deterministico il mondo probabilistico richiede che un evento sia ripetibile esattamente. Questo ha sempre creato problemi: ad esempio dove è la "barriera" tra il mondo macroscopico soggetto all'irreversibilità e quello microscopico soggetto alla ripetibilità? In un sistema in continua evoluzione si possono trovare "leggi" probabilistiche? Secondo me no!

Ecco il tertium: un mondo che ha regolarità ma che non sia né una "macchina" perfetta e nemmeno che sia completamente casuale (la casualità comunque è una regolarità) nei suoi fondamenti. Non possiamo capire un mondo che non sia uno di quei due casi, ma possiamo intuire che è qualcosa di simile. Come? Semplice: il libero arbitrio qui ci aiuta. Non possiamo "scegliere che la mela non cada dall'albero" ma possiamo segliere di attraversare o no la strada. Possiamo decidere di fare una cosa o non farla. Questa certezza nuovamente non è razionale (ossia non è né dimostrabile a priori e nemmno per induzione), tuttavia è così "centrale" in noi che non possiamo davvero negarle: se la neghiamo con la ragione, "riappare" ogni volta che ci chiediamo "cosa devo fare adesso?". Ma anche questa è una regolarità e sinceramente credo che non sia una regolarità esprimibile matematicamente.

Citazione di: Sariputra il 24 Febbraio 2017, 12:31:26 PM
Citazione di: Eretiko il 24 Febbraio 2017, 12:08:30 PM
Citazione di: Apeiron il 23 Febbraio 2017, 20:24:09 PMIn ogni caso comunque la mia domanda è appunto: perchè la scienza (o il metodo scientifico) funziona? Nemmeno io dubito sul metodo, tuttavia riconosco quanto non sia ovvio tale "miracolo" :)
Indubbiamente la legge causale non è né dimostrabile né confutabile per via logica, non è quindi né vera né falsa; possiamo assumere che essa è un principio euristico, una guida per orientarci nel groviglio degli eventi? Oppure potremmo accettare la spiegazione di Kant che proprio sulla base dello scetticismo di Hume proponeva di porre la causalità tra quelle categorie "a priori" che non possono essere dimostrate con la logica e che sono plasmate nel nostro intelletto pur non derivando dall'esperienza (come ad esempio i concetti di spazio e tempo)? Di sicuro possiamo dire che se l'universo non fosse "razionale" noi non potremmo indagarlo, forse nemmeno in modo probabilistico, e forse una spiegazione potrebbe essere appunto il fatto che noi siamo esseri razionali parte di un universo razionale e quindi la causalità, per dirla alla Kant, è innata nel nostro intelletto.
E' istintiva... :)

Il problema è che secondo me non è né istintiva e nemmeno innata. Tuttavia è una "certezza" che ci è necessaria per vivere (non so se questo sia "istinto"...). Non è innata perchè non ci è chiaro cosa significa "regolarità" perchè d'altronde impariamo cosa significa tale termine con l'esperienza e con la riflessione. Non direi che è istintiva perchè semmai è così profonda che essa stessa regola gli istinti. Supponendo infatti che noi non avessimo tale certezza non potremo nemmeno mangiare quando abbiamo fame, perchè d'altronde non ci verrebbe l'istinto di andare a mangiare (perchè inconsciamente in questo caso "sappiamo" che mangiando eliminiamo il problema). Forse in un certo senso si può dire che è innata, perchè tale certezza è nota a tutti i viventi. Eppure in un certo senso è prima di ogni esperienza e ogni riflessione ma non è prima dello stesso "vivere". Ritengo che tale certezza sia "connaturata" alla vita stessa.

Citazione di: baylham il 24 Febbraio 2017, 11:22:55 AMUna domanda curiosa, non ingenua, che applica lo scetticismo allo stesso scetticismo: con quali tecniche, principi logici, verifiche empiriche, Hume o Wittgenstein possono dimostrare a chi invece sostiene la certezza contraria che la realtà non è regolare oppure che il principio dell'induzione è fallace? Non stanno anch'essi ricorrendo all'induzione? Oppure hanno inventato una nuova tecnica logica?


Entrambi ti direbbero che l'induzione e la certezza della regolarità e le loro negazioni non possono davvero essere dimostrate. Ad esempio nel caso più semplice dell'induzione il dubbio parte dal principio. Ossia ti sfidano in questo modo: che senso ha usare l'induzione? In sostanza entrambi ti dicono che la usiamo per la pratica ma non è un metodo che possiamo prendere come infallibile.

Per la certezza della regolarità allo stesso modo non si può davvero sapere che la realtà è regolare. Eppure ne siamo certi anche nei nostri istinti più profondi. La certezza nella regolarità si riflette quindi da come si vive, è il "fondamento" delle nostre azioni. Tuttavia come "certezza" essa stessa è senza fondamento. Ma a questo punto lo stesso Wittgenstein, che in un certo senso si è fatto lo stesso problema tuo, ti sfida e dice: puoi dubitare una certezza senza fondamento? Ha senso il dubbio quando il dubbio stesso non ha fondamento (ossia quando non puoi dare un metodo per dubitare)? Puoi davvero mettere in dubbio che il "mondo sia regolare" quando non ha ragione per accettare che lo sia? In sostanza a questi livelli sospetto anche io che lo scetticismo non sia falso ma insensato. Non ha senso d'altronde mettersi a dubitare su cose che non potremo mai dimostrare che siano vere o false. Eppure in certi ambiti non facciamo altro che dubitare. Davvero curiosa è la nostra "natura umana"  ;D  dubitiamo anche quando il dubbio non ha senso avercelo
#913
Tematiche Filosofiche / Re:Dadi e probabilità
23 Febbraio 2017, 20:24:09 PM
@Eretiko (ma rispondo un po' a tutti notando la somiglianza della mia posizione con la posizione di paul11 e sgiombo),
direi che per risolvere la questione possiamo dividerla in vari livelli.
Livello 1: da dove deriva la certezza che la natura sia regolare? Può essere l'esperienza/induzione o la riflessione razionale/deduzione a-prioristica?
Livello 2: supponendo che la natura (meglio: il "corso" dei fenomeni) sia regolare in qualche modo ci è assicurato che possiamo conoscere tali regolarità?
Livello 3: supponendo che riusciamo a conoscere tali regolarità qual è il rapporto con le nostre teorie? In alternativa: i nostri concetti potranno un giorno darci una completa spiegazione delle cose? Ossia potremo dire su qualsiasi fenomeno un'affermazione sicura come lo è "2+2=4"?
Livello 4 (e qui si passa alla probabilità): cosa significa che un evento è casuale? Come fa ad esserci un evento davvero casuale se ad esempio l'evento non è esattamente ripetibile? E questo ci porta alla seguente domanda: ci sono davvero eventi ripetibili?
In ogni caso comunque la mia domanda è appunto: perchè la scienza (o il metodo scientifico) funziona? Nemmeno io dubito sul metodo, tuttavia riconosco quanto non sia ovvio tale "miracolo" :)



Mie risposte:
Livello 1: né l'esperienze, né la pura riflessione aprioristica ci possono dare le risposte cercate. Tuttavia un "istinto naturale", una "fede credibile" (sì Duc concordo con te che credere in qualcosa è necessario  ;D ), un "misticismo ragionevole" ci suggeriscono che è così. Tuttavia l'origine di questa certezza è non-razionale, quindi è una posizione strettamente parlando "infondata". Perciò una proposizione come "i fenomeni della natura presentano una certa regolarità" non è una vera proposizione empirica ma ne ha solo la forma: su di essa basiamo tutto il nostro agire.
Livello 2: Nuovamente no e questo ce lo ha insegnato Hume. Tuttavia nuovamente ho molta reticenza a dire che oggi la Relatività Generale non sia più vicina alla verità sulla gravità della teoria di Newton. Nuovamente però visto che il futuro è imprevedibile e visto che abbiamo una quantità enorme ma comunque finita di dati "filosoficamente" non potremo nemmeno dare questa conclusione. Vista però la mole di indizi a favore di questa sua posizione la riteniamo vera.
Livello 3: Questa posizione ricorda il "demone" di Laplace, però è una versione più "sofisticata". In questo caso infatti si potrebbe anche dire: potremo mai avere una teoria - anche solo ipoteticamente - che possa fornire una (attenzione: una, non l'unica!!!!!) spiegazione di ogni fenomeno? Ossia è possibile fare un "ritratto perfetto" della natura? Ma in realtà questo segue dalla 2, ammesso ad esempio di parlare appunto di intelligenze superiori alla nostra umana. Se è vero che ad esempio la Relatività Generale è più vicina alla verità di quella di Newton allora ne segue direttamente che ci sono gerarchie tra le teorie. Ergo non è impossibile pensare che questa gerarchia abbia un limite, oltre che una direzione. Questo è un altro argomento che mi da un convincimento che concetti come "vera realtà", "conoscenza perfetta" ecc non siano mere invenzioni dei filosofi ma che siano autentiche possibilità. Sul fatto che esistano queste "oggettività", "verità"o anche addirittura "menti superiori" ecc si è liberi di credere. Personalmente ritengo che una tale "verità" ci sia ma per noi è inacessibile (oracolo di Delfi: "ragiona come un mortale!").
Livello 4: Qui in realtà si arriva all'ultimo livello della questione. Ci sono davvero eventi ripetibili? In meccanica quantistica, almeno nell'interpretazione usuale, l'assunzione che tali eventi siano una realtà è ancora più forte che in meccanica classica, altrimenti il discorso della probabilità non ha senso. Questo è un motivo per cui alcuni hanno ad esempio appoggiato l'interpretazione deterministica di Bohm. D'altronde almeno macroscopicamente l'universo è in continua mutazione ed è veramente impossibile dire che due eventi siano esattamente identici a questo livello. Perchè dovrebbe esserlo a livello microscopico? Davvero la freccia del tempo non da alcun effetto? Personalmente questo è un problema che mi attanaglia da molto. A mio giudizio la casualità degli eventi microscopici non è reale ma non è nemmeno reale il determinismo. Secondo il mio parere entrambi sono falsi (non possiamo davvero credere che tutto sia determinato, anche il determinista d'altronde guarda prima di attraversare la strada  ;D ).

Pensare che la risposta breve alla domanda iniziale era di una riga. In sostanza è stato come aprire il vaso di Pandora!

P.S. sgiombo la tua osservazione sulla distinzione degli infiniti merita una risposta migliore di quella che potrei darti ora. Comunque è un discorso interessantissimo.
#914
Tematiche Filosofiche / Re:Dadi e probabilità
22 Febbraio 2017, 12:31:44 PM
Eretiko uno può credere nella validità del metodo scientifico anche se ritiene che in ultima analisi tale validità sia "indimostrabile" e quindi "infondata". In una discussione puramente filosofica si deve mettere in dubbio quanto più possibile. Il problema è che siccome non si può vivere di soli dubbi si devono giorno dopo giorno fare "atti di fede" più o meno ragionevoli. Personalmente ho fiducia nella scienza e per quanto mi è possibile combatto le pseudo-scienze. Ma il problema è che i sostenitori delle pseudoscienze non chiariscono mai il metodo utilizzato nelle loro analisi. Invece la forza della scienza è proprio dovuta al metodo e alla peer-review.

Esempio scemo: la Terra è piatta o no? Visto che le osservazioni satellittari, le osservazioni della curvatura dell'orizzonte e altre sostengono chiaramente che la Terra non è piatta allora dico che la Terra non è piatta. Un sostenitore della Terra piatta invece vive nel suo mondo e non accetta alcun argomento diverso. Con lui non è possibile stabilire un metodo di ricerca comune. Così come non è possibile stabilire un metodo di ricerca in comune con l'astrologo e simili.

Tutto questo però non significa che da un punto di vista filosofico non si possa mettere in dubbio la fondatezza di un metodo di ricerca. In un contesto come questa discussione si è invece invitati a verificare se l'esperienza giustifica certe asserzioni che si fanno sulla realtà o no. Oppure ci si deve chiedere se il ragionamento aprioristico può dare questo "servizio". Per me no e mi pare che già Hume abbia dimostrato che l'induzione è problematica. Wittgenstein è andato oltre e ha "dimostrato" che nemmeno un numero infinito di prove può distinguere una generalizzazione accidentale da una regolarità essenziale dei fenomeni. Inoltre mi pare ben chiaro che da quando è nato l'empirismo che il razionalismo è insufficiente.

In ogni caso alla scienza e al metodo scientifico non interessa la distinzione tra generalizzazioni accidentali e leggi. La scienza va avanti indipendentemente dal fatto che questo mondo sia "materialistico" o "idealistico" ecc. Tutto questo è fuori dal suo campo.

@sgiombo. Avere certezze infondate in realtà è proprio una forma di "misticismo". La ragione pretende la dimostrazione (ossia il fondamento) di tali certezze. Dire ad esempio che la Terra esiste da più di mille anni è fare un'affermazione indimostrabile e quindi a rigore "infondata". Tuttavia è una certezza ragionevole (ma NON razionale!) vista la quantità di indizi che abbiamo per tale affermazione. Anzi "la Terra esiste da più di mille anni" è una pseudo-proposizione empirica sulla quale poi fondiamo molti nostri comportamenti, abitudini...

Consiglio comunque il capolavoro di Wittgenstein "Della Certezza", il suo ultimo libro.

@paul11, concordo con quello che dici. La matematica è di per sé a priori ma la sua espressione è invece condizionata dall'esperienza (d'altronde nasciamo in un contesto sociale e non in completa solitudine). La sua applicazione alla natura è ragionevole, ma dire che con la scienza si è dimostrata una "regolarità essenziale" è dire una cosa falsa.
#915
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
22 Febbraio 2017, 12:11:40 PM
Ringrazio della risposta sia a Donquixote che a Duc. Mi interessava sapere il vostro parere per il fatto che secondo me se uno crede e pensa o se ricerca è difficile che il loeo "credo" sia uguale. E la diversità nelle vostre risposte lo dimostra.

In ogni caso ho come il sentore che accettare tutto passivamente a mo' di indottrinamento non faccia bene a nessuno, da qui il valore della ricerca. Perchè d'altronde anche la ricerca e i dubbi di coscienza secondo il mio eretico (?) parere sono un modo di vivere la fede.


Ma questa è la mia risposta personale, non pretendo che qualcun altro la condivida. D'altronde se uno va nel baratro è meglio che non trascini altri  ;D