Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - Carlo Pierini

#916
Citazione di: 0xdeadbeef il 01 Luglio 2018, 20:35:33 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 01 Luglio 2018, 12:19:16 PM
CARLO
Platone non fonde insieme - identificandoli - il modello ideale METAFISICO (il noumeno) e la cosa FISICA di cui il noumeno è "modello celeste". Quindi non è vero che, come scrivi: <<l'idea platonica è ...il modello che possiamo riscontrare nella molteplicità>>


Non vedo cos'altro possa essere l'idea platonica se non, dicevo: "il modello unitario che possiamo riscontrare
nella molteplicità".

CARLO
"Nella molteplicità" osservi NON il modello METAFISICO, ma le "cose" FISICHE che da quel modello discendono.

OXDEADBEEF
E' come (ma non c'è davvero bisogno di specificarlo, visto che tutta la filosofia è, nei millenni, concorde
con questa definizione) se io dicessi "l'uomo" intendendo con ciò non "un" uomo, ma l'archetipo dell'uomo,
il modello, l'ideale, ciò che è costituito dalla "sostanza" (l'umanità) cui la molteplicità degli uomini
"partecipa".

CARLO
Esattamente: l'archetipo, il progetto esistente in sé metafisicamente come idea divina, al quale si può virtualmente risalire (nel tempo) con l'intelletto (consustanziale all'intelletto divino) attraverso la conoscenza della "cosa" di cui l'archetipo è modello. Questa è la concezione platonica. Mentre Kant - fondendolo ILLEGITTIMAMENTE (con-fondendolo) con la "cosa" (la "cosa" fisica è ALTRO dal suo modello metafisico) - ottiene questo aborto concettuale che chiama la "cosa in sé", che non corrisponde né con la cosa fisica, né col suo archetipo, un "flatus vocis" assolutamente privo di senso, un fantasma inosservabile e inconoscibile che contagia della sua fantasmaticità-inconoscibilità tutto ciò che tocca, dal mondo fisico delle "cose" al mondo metafisico del noumeno divino. Un vero e proprio virus letale che paralizza sia la filosofia che la conoscenza

OXDEADBEEF
Quanto alla "cosa in sè" essa è l'oggetto cui il "segno" (semiotico) si riferisce.

CARLO
Non diciamo cazzate. C'è UN segno per indicare la "cosa" (fenomenica) e UN ALTRO segno per indicare il suo noumeno-archetipo. La loro fusione non è altro che una CON-FUSIONE.

OXDEADBEEF
Certo per Kant Dio, essendo indimostrabile, è "speranza", non "certezza" (ed in questo sì, anch'io lo
vedo come "discepolo" di S.Francesco - ma come del resto lo è tutta la Riforma protestante).
saluti


CARLO
Anche la "cosa in sé" è indimostrabile, quindi "speranza". La "speranza" di distruggere le fondamenta filosofiche della conoscenza (il mondo è inconoscibile, Dio è inconoscibile: quindi andate al mare invece di sprecare il vostro tempo a studiare scienza e teologia)
#917
Citazione di: sgiombo il 01 Luglio 2018, 14:56:28 PM
I teoremi della logica e della matematica essendo per l' appunto, a mio parere, giudizi analitici a priori, certamente veri (se correttamente svolti) ma del tutto sterili conoscitivamente, nel senso che non ci dicono nulla di come é o non é la realtà (di ciò che realmente é/accade o meno) ma solo di come si possa correttamente parlare ovvero "linguisticamente pensare" (riguardano ciò che -realmente, se realmente accade di pensarlo- é mero "contenuto di pensiero", mera "concettualità" a prescindere da ciò che é/accade realmente o meno").

CARLO
Certo, presi in sé isolatamente, i teoremi della logica sono SOLO teoremi della logica. Ma essi NON SONO fini a se stessi. Come dicevano Pitagora e Galilei, essi rappresentano le "lettere dell'alfabeto" del "Libro della Natura" e quindi rappresentano uno strumento insostituibile per la sua conoscenza. E I FATTI storici, cioè il grande balzo evolutivo compiuto dalla conoscenza umana dal momento in cui essi sono stati applicati metodicamente all'interpretazione del mondo fisico, dimostrano che le idee di Pitagora e Galileo sono molto più veritiere delle tue elucubrazioni campate per aria.
#918
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è il piacere?
01 Luglio 2018, 17:13:57 PM
Citazione di: baylham il 01 Luglio 2018, 09:23:50 AM
Il conflitto e la mediazione tra la fisicità e la spiritualità non produce affatto piacere o felicità. La mediazione dell'io mi appare una economia del piacere, all'interno di schemi, modalità già sperimentate, quotidiane. La felicità, l'estasi, si ha quando il fisico coincide con lo spirituale, non dalla loro opposizione ovviamente.

Infatti, per "mediazione" intendevo il passaggio (molto impegnativo) dal conflitto tra pulsioni opposte alla loro armonizzazione complementare. Per esempio, scrive Jung:

"L'erotismo è per sua natura ambiguo e lo sarà sempre. [...] Esso appartiene da un lato all'originaria natura animale dell'uomo, la quale sopravvivrà fin quando l'uomo avrà un corpo animale; dall'altro lato l'erotismo è apparentato con le forme più alte dello spirito: ma fiorisce soltanto quando spirito e istinto trovano il giusto accordo. Se l'uno o l'altro aspetto manca ne deriva uno squilibrio o una unilateralità che degenera facilmente nel morboso. Un eccesso di animalità svisa l'uomo civilizzato, troppa civiltà crea animali ammalati".    [JUNG: Psicologia dell'inconscio - pg.67]
#919
Citazione di: 0xdeadbeef il 01 Luglio 2018, 10:45:59 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 01 Luglio 2018, 02:42:15 AM
OXDEADBEEF
Curioso. Per me il "noumeno" è l'equivalente dell'"evento" semiotico, del "primum assoluto" o "oggetto
primo" che dir si voglia".
Da un certo punto di vista direi, anzi, che la semiotica poco o nulla aggiunge alla filosofia di Kant.
Voglio dire, che c'entra l'idea platonica?


CARLO
L'idea platonica è "l'oggetto primo", il "primum" assoluto, l'"evento semiotico";  cioè, è il "noumenon". Quindi c'entra!

OXDEADBEEF
La "cosa in sè" è il non (ancora) interpretato; l'oggetto che non dipende dall'osservatore (tanto
per parafrasare il Principio di Heisemberg); è una cosa materiale, e non è affatto associabile
al trascendente.


CARLO
E' proprio ciò che ho scritto io: la cosa non è associabile al trascendente. E la "cosa in sé" è un concetto privo di senso, perché la conoscenza è la conoscenza della cosa fenomenica, non della "cosa in sé", che non vuol dir nulla.
<<La Terra gira intorno al Sole, e non viceversa>> è un elemento di conoscenza che ha rivoluzionato la cultura umana senza alcuna necessità di ricorrere a puttanate come la "Terra in sé", o il "Sole in sé" o il "girare in sé". E questo vale per TUTTE le altre migliaia e migliaia di cose o fenomeni che sono entrati a far parte della conoscenza. Esso, cioè, è solo un FALSO CONCETTO, utile solo alla ciarlataneria relativista.


...
Non lo è per il semplice motivo che essa, l'idea platonica, è la sostanza essenziale, l'ideale, il modello
unitario che possiamo riscontrare nella molteplicità.



CARLO
Platone non fonde insieme - identificandoli - il modello ideale METAFISICO (il noumeno) e la cosa FISICA di cui il noumeno è "modello celeste". Quindi non è vero che, come scrivi: <<l'idea platonica è ...il modello che possiamo riscontrare nella molteplicità>>

OXDEADBEEF
Con ogni evidenza non è questo che Kant intende per "cosa in sè". In essa, nella "cosa in sè", non vi è nessun richiamo alla "sostanza", al modello, all'ideale (così come pure ai concetti di unità e di molteplicità intesi in maniera "greca" - in Kant una unità siffatta non è concepita, e la molteplicità è intesa come
molteplicità di interpretazioni).

CARLO
Esattamente: la "cosa in sé" non si riferisce né alla "sostanza" della cosa né a qualcosa di conoscibile che possa essere chiamato "essenza" della cosa, ma si riferisce al NULLA, come ogni concetto privo di significato.

OXDEADBEEF
Se la "cosa in sè" fosse un concetto privo di senso, come tu affermi, il "fenomeno" assumerebbe, come in Husserl, la connotazione di "essenza".

CARLO
Non in una prospettiva platonica, secondo la quale l'"essenza" della cosa coinciderebbe con l'idea originaria su cui essa si fonda e la "sostanza" con il fenomeno che la rende manifesta. Cioé: il noumeno come essenza METAFISICA (inosservabile, ma intelligibile),  e il fenomeno come sostanza FISICA (osservabile e intelligibile). In questa prospettiva, per esempio, la formulazione matematica (metafisica) di un fenomeno rappresenta il noumeno (o una sua componente essenziale). Ma non c'è una fusione-identificazione tra il fenomeno e il noumeno, ma solo una corrispondenza biunivoca tra DUE realtà distinte e complementari, proprio come sosteneva Spinoza nel suo motto <<ordo et connexio rerum ac ordo et connexio idearum>> e come ribadiva Leibniz nella sua idea di <<armonia prestabilita>> tra idea e cosa.

OXDEADBEEF
Attenderei, in conclusione, di sentire qualcosa anche sulla "colpa", che tu attribuisci a Kant, di aver
provocato una "frattura inconciliabile" fra scienza e fede (per la qual cosa io ti ho rimandato a San
Francesco - o all'agostinismo in generale, potrei aggiungere).

CARLO
Esistono due forme di agnosticismo: quello ateo-materialista (<<Dio è solo un'idea insostanziale, quindi indimostrabile, quindi inessenziale alla conoscenza>>) e quello teista (<<Dio esiste, ma è inconoscibile, quindi oggetto solo di fede e non di conoscenza>>). Kant è il pilastro principale dell'agnosticismo materialista, mentre Francesco, insieme alla maggior parte dei mistici di ogni religione, è uno dei sostenitori di quello teista. Entrambi contribuiscono alla separazione schizofrenica e all'incomunicabilità tra le due "polarità" della cultura: quella scientifica e quella religiosa.
#920
OXDEADBEEF
Curioso. Per me il "noumeno" è l'equivalente dell'"evento" semiotico, del "primum assoluto" o "oggetto
primo" che dir si voglia". 
Da un certo punto di vista direi, anzi, che la semiotica poco o nulla aggiunge alla filosofia di Kant.
Voglio dire, che c'entra l'idea platonica?


CARLO
L'idea platonica è "l'oggetto primo", il "primum" assoluto, l'"evento semiotico";  cioè, è il "noumenon". Quindi c'entra!

OXDEADBEEF
La "cosa in sè" è il non (ancora) interpretato; l'oggetto che non dipende dall'osservatore (tanto
per parafrasare il Principio di Heisemberg); è una cosa materiale, e non è affatto associabile
al trascendente.


CARLO
E' proprio ciò che ho scritto io: la cosa non è associabile al trascendente. E la "cosa in sé" è un concetto privo di senso, perché la conoscenza è la conoscenza della cosa fenomenica, non della "cosa in sé", che non vuol dir nulla.
<<La Terra gira intorno al Sole, e non viceversa>> è un elemento di conoscenza che ha rivoluzionato la cultura umana senza alcuna necessità di ricorrere a puttanate come la "Terra in sé", o il "Sole in sé" o il "girare in sé". E questo vale per TUTTE le altre migliaia e migliaia di cose o fenomeni che sono entrati a far parte della conoscenza. Esso, cioè, è solo un FALSO CONCETTO, utile solo alla ciarlataneria relativista.
#921
Citazione di: davintro il 30 Giugno 2018, 16:14:04 PM
penso che il limite della gnoseologia kantiana sia stato quello di costituirsi come di fatto una troppo rigida dualità fra "forme" con cui l'intelletto ordina e organizza i dati dell'esperienza sensibile, e una materia identificabile con i contenuti dell'esperienza intesa solo dal punto di vista degli oggetti fisici, che cadono primariamente sotto le categorie estetiche di spazio e tempo. Private di una propria specifica materialità, le categorie apriori dell'intelletto, cioè la componente di intelligibilità insita nella nostra mente, dovrebbero limitarsi ad essere "funzioni", ad operare nella loro attività di organizzazione e unificazione dei dati senza poter essere posti come oggetto di uno specifico sapere (di qui la squalifica della metafisica e dell'ontologia come scienza autonoma). Ma a questo punto la riduzione delle categorie presenti a priori nell'intelletto a "funzioni" impossibili da oggettivare dovrebbe limitarsi a spiegare il meccanismo della conoscenza del mondo esterno, ma sarebbe impossibilitata a giustificare le possibilità di una critica della conoscenza, cioè lo schema kantiano potrebbe bene spiegare come si sviluppa il processo conoscitivo, ma non riuscirebbe a rendere conto di sé, della possibilità di oggettivare in una riflessione ad hoc i fondamenti trascendentali dell'intelletto, dato che questi fondamenti essendo, per Kant, solo forme e funzioni, non potrebbero assurgere a materiale e oggetto di uno specifico tipo di intuizione e conoscenza. Come potrebbe Kant accorgersi dell'esistenza di strutture trascendentali se poi sulla base della sua concezione di "conoscenza" questa potrebbe solo ricevere un materiale sensibile, circoscrivibile a "spazio" e "tempo"? Se l'intuizione che fornisce sinteticamente i contenuti della conoscenza poi ordinata dalle "forme" può essere solo di natura sensibile, che tipo di intuizione ha utilizzato Kant per parlare di "apriori", "causalità", "spazio", "tempo", tutto ciò strutturalmente presente nella mente a livello trascendentale, cioè indipendentemente dalle condizioni empiriche di un certo tempo e spazio? E questo limite esplicativo si riflette poi sullo stesso dualismo fenomeno-noumeno: se il noumeno fosse del tutto inconoscibile sarebbe impossibile persino riconoscerne la distinzione rispetto al fenomeno, in quanto ogni riconoscimento di un limite, presuppone sempre una certa, seppur confusa e parziale, rappresentazione di ciò che sta al di là del limite stesso. La riflessione sui limiti della conoscenza sensibile è cioè resa possibile dall'individuazione di un "al di là" intelligibile, e solo in relazione ad esso la conoscenza sensibile può apparirmi come limitata, e quindi concepire una dualità, ma questo "al di là" intelligibile dovrebbe comunque in qualche misura essere oggetto di conoscenza. Altrimenti dovremmo limitarci a ricevere dati sensibili senza la possibilità di intraprendere una critica tesa a delimitare i confini di questo ambito. La mia impressione è che il dualismo fenomeno-noumeno in Kant sia il prodotto di un indebito passaggio dal rilevamento di una dualità tra la cosa come oggetto di esperienze, e la "cosa in sé" posta indipendentemente dal fatto di averne un'esperienza soggettiva, una dualità in un'accezione logica-formale, al rilevamento di una dualità gnoseologica e anche ontologico tra "fenomeno" e "noumeno", non considerando che, un conto è distinguere tra ciò che si può conoscere e ciò che non si può conoscere, un altro tra ciò che una cosa è oggettivamente, e ciò che è relativo a una mente soggettiva che ne fa esperienza. La confusione tra il piano logico (oggettività o inseità della cosa) e piano gnoseologico (inconoscibilità) conduce necessariamente al relativismo e solipsismo in quanto si fa coincidere la "cosa in sé", l'oggettività, con ciò che è al di là del fenomeno e dunque contenuto di un sapere scientifico, condizione da cui Kant spera di trarsene fuori con l'individuazione di una sfera di verità universali, quella dei giudizi sintetici a-priori. Ma l'errore sta nel ritenere che la nozione di "a priori" sia scindibile da quella di noumeno, di poter salvare la prima (come proprietà dei giudizi e delle categorie che si riconoscono nella nostra mente) relegando la seconda nell'ignoto. Perché nel momento in cui, criticamente, riconosco l'esistenza di strutture necessariamente presenti nell'intelletto e conseguentemente ne deduco un ambito di giudizi aprioristicamente veri, mi  sto riferendo a un correlato oggettivo di tale sfera di categorie e giudizi di cui colgo dei caratteri di universalità, cioè di indipendenza rispetto alla contingenza delle esperienze particolari, dunque a un nucleo noumenico, universale, che regge la possibilità di conoscere strutture a loro volta aprioriste, cioè universali, indipendentemente dal fatto che tale universalità non riguardi più il mondo esterno, ma il mondo interiore della nostra soggettività. Insomma, il limite della critica kantiana a mio avviso sta nel delineare un modello di meccanismo conoscitivo parziale, perché strutturalmente incapace di rendere ragione della critica stessa, perché il tipo di conoscenza che la critica utilizza non può essere lo stesso che pone come limite entro cui una scienza è possibile, dato che le strutture a priori dell'intelletto, nel momento in cui le riconosco in me, non possono più essere solo forme e funzioni al servizio di un materiale sensibile-estetico, ma devono essere a loro volta a tutti gli effetti "materia" e "oggetto" di scienza. Manca un momento autoriflessivo, "metacritico" nelle quali l'apriori sia oggetto di una modalità d'apprensione specifica, che non potrebbe che essere una sorta di intuizione intellettuale, autonoma rispetto a quella sensibile (anche se complementare ad essa nel concreto dell'esperienza) adeguata all'intelligibilità delle categorie apriori che la critica scopre, e che dunque renda possibile la critica stessa. Questa mancanza sarà poi un problema che la fenomenologia nel novecento proverà a colmare con il concetto di "intuizione eidetica", tramite cui rendere ragione della struttura universale, cioè essenziale dei fenomeni della coscienza, e risalire alle condizioni originarie dell'esperienza del mondo, riconnettendo il pensiero all' oggettività dell'essere, per superare il relativismo, e dunque recuperare a suo modo un'idea di ontologia, anche se in un'ottica diversa da quelle di tipo classico

CARLO
Sono d'accordo con te. E ciò che scrivi è perfettamente conforme con quanto "mi è stato mostrato" nell'esperienza "estatica" di cui ho parlato nel seguente thread (sul quale gradirei un tuo eventuale pronunciamento):

https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/gli-archetipi-esistono-io-li-ho-'visti'!/
#922
APEIRON
Direi che nemmeno tu hai spiegato bene cosa critichi di Kant visto che non hai parlato del motivo per cui secondo Kant il noumeno sarebbe inconoscibile, fornendo una controargomentazione a riguardo.

CARLO
E' Kant, non io, che considera il "noumeno" - come "cosa in sé" - inconoscibile. Quindi è a lui che devi chiedere giustificazione di questa inconoscibilità, non a me.

Citazione da: Carlo Pierini - 29 Giugno 2018, 19:25:21 pm
CitazioneIn tal senso, la conoscenza di una cosa è un risalire al "noumenon" che la fonda, al suo paradigma o archetipo originario, che è ALTRO dalla cosa,
ma conoscibile, intelligibile, proprio in quanto "idea" commensurabile alle idee umane ordinarie.


APEIRON
In un certo senso questa è la soluzione di Platone visto che non ci è possibile davvero conoscere il mondo sensibile, non avendo veri oggetti di conoscenza.

CARLO
1 - Non si può usare un medesimo termine (noumeno) per riferirsi a due significati inconciliabili come quello platonico e quello kantiano. Quindi Kant avrebbe dovuto SOSTITUIRE il concetto di noumeno con quello di "cosa in se", invece di renderli SINONIMI.

2 - Se non possiamo conoscere il mondo sensibile, cos'altro possiamo conoscere?

Citazione da: Carlo Pierini - 29 Giugno 2018, 19:25:21 pm
CitazioneKant lo ha manipolato fondendolo con la cosa e ottenendo un aborto concettuale: "la cosa in sé", che non ha alcun significato, con il solo scopo di contrapporre dualisticamente "fenomeno" e "noumeno" e dichiarare il primo conoscibile, e il secondo (al pari del "Trascendente") assolutamente inconoscibile.

APEIRON
Nella mia risposta cercavo di spiegare perchè secondo Kant il noumeno non è conoscibile. Il motivo è che noi possiamo conoscere solo i fenomeni attraverso le categorie dell'intelletto, che sono a-priori.

CARLO
1 - Devi decidere: se mi dici, come hai fatto qualche riga fa, che <<il mondo sensibile non è conoscibile>> adesso non puoi dirmi che <<noi possiamo conoscere solo i fenomeni>>; che altro sarebbero i fenomeni, se non manifestazioni del mondo sensibile?

2 - <<Conoscere i fenomeni secondo le categorie a-priori dell'intelletto>> è ciò che sostiene anche Platone, se per <<categorie a-priori>> si intendono le categorie del noumeno (i modelli archetipi a-priori, le idee platoniche) e per <<fenomeni>> si intendono le platoniche <<cose sensibili>>.  E non è un caso che il "platonico" Jung interpreti l'a-priori kantiano negli stessi termini:

"L'idea, in quanto astrazione, appare come un prodotto della funzione del pensare. [...] Ma considerata psicologicamente, essa esiste a priori come una possibilità, già data, di connessioni di pensieri in genere. Perciò l'idea nella sua essenza (non nella sua formulazione) è un'entità psicologica esistente a priori e determinante. In questo senso essa è per Platone l'immagine originaria delle cose, per Kant  «l'immagine originaria dell'uso dell'intelletto»".     [JUNG: Tipi psicologici - pg.485]

Insomma, dov'è la differenza tra le <<categorie a-priori>> di Kant e i modelli archetipi di Platone? E per quale motivo Kant avrebbe stabilito questa differenza?


Mi fermo qui, perché ogni discussione ulteriore creerebbe solo ulteriore confusione, se prima non chiariamo questi concetti-base
#923
Citazione di: Apeiron il 30 Giugno 2018, 10:53:17 AMP.S. Dissento totalmente dal giudizio negativo su Kant. 

Lo so che dissenti, ma tutto ciò che hai scritto è un monologo che nemmeno sfiora il contenuto della mia critica.
#924
Citazione di: sgiombo il 29 Giugno 2018, 22:11:10 PM
Il problema é che abbiamo molteplici aspirazioni e desideri, e spessissimo non possiamo realizzarli tutti (molti sono di fatto reciprocamente incompatibili).

Per questo la felicità completa, integrale, assoluta non é possibile e possiamo solo aspirare a una felicità parziale, relativa.
A questo scopo sono necessarie una conoscenza che sia la migliore possibile dell' ambiente naturale e sociale in cui ci troviamo ad agire onde stabilire quali insiemi di scopi sono congiuntamente realizzabili in alternativa a quali altri insiemi di scopi e con quali mezzi (e a quali prezzi, cioè rinunciando a quali altri scopi con essi incompatibili).
E a questo scopo la guida migliore sono l' analisi razionale e la ricerca scientifica.
E inoltre un' attenta valutazione dell' importanza o dell' intensità (non quantificabile!) con la quale avvertiamo i diversi desideri e aspirazioni, onde metaforicamente "ponderare" quali insiemi di soddisfazioni di aspirazioni reciprocamente compatibili ci darebbero la soddisfazione complessiva maggiore fra tutti i reciprocamente incompatibili insiemi complessivi di soddisfazioni di aspirazioni( reciprocamente compatibili nell' ambito di ciascun insieme incompatibile con gli altri insiemi).
"Metaforicamente "ponderare" e non prpriamente misurare quantitativamente, come sarebbe per esempio il "pesare" letteralmente, cosa infatti impossibile nell' ambito della res cogitans la quale ci prospetta i fini delle nostre azioni, e contrariamente al caso della res extensa, la conoscenza la migliore possibile (auspicabilmente scientifica) della quale ci può fornire i mezzi per conseguire quelli fra di essi che sono realisticamente ottenibili nelle circostanze in cui ci veniamo a trovare e ad agire.
La cosa più difficile nella ricerca della felicità é proprio la non misurabilità quantitativa letterale, sotto forma di rapporti matematici esprimibili da numeri, dell' intensità delle diverse aspirazioni spesso non reciprocamente compatibili e dunque fra le quali scegliere quali ricercare e a quali altre rinunciare onde conseguire le prime in alternativa alle seconde così da essere il più possibile felici.
Anche perché la vicinanza spaziotemporale di possibili soddisfazioni, il fatto di "constatarle come realtà presente o per lo meno imminente, in atto o quasi" tende a farcele avvertire falsamente come più intense, mentre altre soddisfazioni incompatibili con le presenti o imminenti ma più lontane nel tempo, per il fatto che si possono soltanto "immaginare come mere potenzialità future" tendono a sembrarci falsamente meno intense (in una sorta di "illusione mentale" analoga all' illusione ottica o prospettica che ci fa sembrare più grande di quanto non sia un oggetto materiale -res extensa- allorché ci é vicino e più piccolo quando é più lontano da noi).

...Ovvero: quando il non dir niente (o quasi) diventa letteratura (o quasi)!
#925
Citazione di: sgiombo il 29 Giugno 2018, 22:15:17 PM
Penosa pretesa liquidazione di Kant senza averlo capito.

Se tu l'hai capito, spiegami dov'è che mi sbaglio.
#926
Il "noumenon" platonico è l'idea originaria, eterna, divina, il modello metafisico della cosa creata. 
In tal senso, la conoscenza di una cosa è un risalire al "noumenon" che la fonda, al suo paradigma o archetipo originario, che è ALTRO dalla cosa, ma conoscibile, intelligibile, proprio in quanto "idea" commensurabile alle idee umane ordinarie.
Kant lo ha manipolato fondendolo con la cosa e ottenendo un aborto concettuale: "la cosa in sé", che non ha alcun significato, con il solo scopo di contrapporre dualisticamente "fenomeno" e "noumeno" e dichiarare il primo conoscibile, e il secondo (al pari del "Trascendente") assolutamente inconoscibile.
Con questa mossa oscena ha costruito a tavolino una filosofia da vendere sia ai materialisti che ai mistici sostenitori dell'ineffabilità di Dio. 
Un vero mercante truffatore mascherato da filosofo. L'iniziatore della frattura inconciliabile e cruenta tra scienza e fede.
#927
La dialettica postula l'unità "sintetica" della dualità di opposti "tesi" e "antitesi".
Ma Hegel si è dimenticato di dirci che, se l'Uno giacesse sullo stesso piano immanente del Due, sarebbe una contraddizione inaccettabile l'idea di "Unità del Due" (in aritmetica, 1 non può essere uguale a 2).
Eppure nella concezione taoista Yin e Yang riescono nell'impresa di risalire alla loro complementarità originaria rispetto a quel "Tertium" superiore che li ha generati (il Tao), ottenendo il "miracolo" apparentemente paradossale dell'"Unità del Due". E' una contraddizione? No, è un paradosso logicamente risolvibile se poniamo l'Uno su un piano diverso (trascendente) da quello a cui appartiene il Due.

Per esempio, gli opposti "uomo" e "donna" non realizzano forse un'unità profonda in quel "Tertium" superiore che chiamiamo "Amore" (anche Amore è un Dio) senza perdere la propria distinzione duale, anzi, portandola al suo compimento ultimo? Quando ci si ama davvero, cioè, l'uomo realizza in pieno la propria virilità e la donna la propria femminilità: il miracolo dell'"Unità del Due"! (per questo il sacramento del matrimonio si configura non come semplice unione, ma come "unione in Cristo").
Capisco che si tratti di un concetto non immediatamente assimilabile, specialmente se lo affrontiamo con la sola rudimentale logica aristotelica (principio di non contraddizione). E non è casuale che il conflitto tra il parmenideo "En to pan" ("tutto è Uno") e l'eracliteo "panta rei" ("tutto scorre", cioè, "tutto è divenire", "non esiste alcun Essere-Uno") non sia stato ancora risolto.
Infatti, l'idea di una unità ontologica che cancella ogni molteplicità (Saturno che divora i suoi figli) e quella, opposta, di una molteplicità ontologica che annienta ogni unità, confliggeranno irrimediabilmente fin quando non introdurremo il concetto di "complementarità del molteplice (immanente) rispetto all'Uno (trascendente)"; concetto che equivale più o meno alla "Analogia Entis" di Tommaso, alla Dialettica di Hegel, alla filosofia ermetica della Pietra Filosofale intesa come "Coniunctio Oppositorum", ma anche e soprattutto all'idea religiosa di "uni-trinitarietà" di Dio, o di Cristo, o di molte altre divinità della tradizione.
#928
3a PARTE

"Per avere un'idea chiara della 'cosmovisione' andina (...) dobbiamo sempre tener conto dei principi 'logici' della razionalità andina, in particolare i principi di corrispondenza e complementarità. (...)
Gli assi cardinali della pachasofia si estendono: secondo l'ordine spaziale, tra sopra (hanaq) e sotto (huray) e tra sinistra (lloqu'e) e destra (paña) e secondo l'ordine temporale, tra prima (ñawpaq) e dopo (qhepa). Queste dualità più che opposizioni sono polarità complementari. (...) Altro asse cardinale della cosmovisione andina è la polarità sessuale tra femminile (warmi) e maschile (qhari) presente sia sopra (sole e luna) che sotto (maschio e femmina). (...) I fenomeni di transizione occupano un posto speciale e vitale: hanno la funzione di relazionare i diversi poli degli assi cardinali affinché il sistema cosmico sia realmente pacha, cioè un insieme di interrelazioni ordinate e fisse.
La pachasofia andina insiste sull'importanza della 'identificazione topologica' degli elementi polari e corrispondenti: ognuno di essi occupa un locus o un topos determinato secondo la sua funzione relazionale e simbolica nel tutto cosmico". [J. ESTERMANN: Filosofia andina - pp.145-147]
 
"[Nella cultura andina] il principio di complementarità si manifesta ad ogni livello e in tutti gli ambiti della vita, tanto nelle dimensioni cosmica e antropologica quanto in quelle etica e sociale. L'ideale andino non è l'estremo, uno dei due opposti, ma l'integrazione armoniosa dei due. (...) E' opportuno, quindi, vedere più da vicino la familiarità della filosofia andina col pensiero dialettico occidentale. Ci sono molti indizi che permettono di qualificare la razionalità andina come 'dialettica', sia nella struttura sotterranea di concepire la realtà sia nell'abbondanza di indicazioni fenomenologiche". [J. ESTERMANN: Filosofia andina - pg.129]
 
"Questa duplice funzione di ogni processo simbolico, la funzione della divisione e della riunificazione, si presenta in modo ancor più chiaro e convincente nell'arte. «Niente più sicuramente dell'arte separa l'uomo dal mondo, e niente più di essa lo congiunge con il mondo». Questa frase di Göethe esprime un sentimento di fondo che agisce in ogni grande artista. (...) Anche il sentimento religioso presenta lo stesso carattere di duplicità". [E.CASSIRER: La logica delle scienze della cultura - pp.49/51]
 
"L'immaginazione simbolica costistituisce l'attività dialettica stessa dello spirito. (...) E se tanti simboli, tante metafore poetiche animano gli spiriti degli uomini, è, in ultima analisi, perché essi sono gli «ormoni» dell'energia spirituale". [G. DURAND: L'immaginazione simbolica - pg.106]
 
"L'alchimia, che riconduce il minerale a umanità e l'umanità a minerale, definisce anch'essa, nei suoi termini propri, queste vertiginose congiunzioni di opposti". [E. ZOLLA: Le meraviglie della natura - pg.472]
 
"Il fatto che gli opposti appaiano come dèi deriva dal semplice riconoscimento della loro grande potenza; la filosofia cinese ne dedusse che erano principi cosmici e li chiamò Yang e Yin. Quanto più vogliamo separare gli opposti, tanto maggiore diventa la loro potenza. «Se un albero cresce fino al cielo, le sue radici affondano nell'inferno», diceva Nietzsche. Eppure si tratta, sopra e sotto, dello stesso albero". [JUNG: Psicanalisi e psicologia analitica - pg.510]
 
"Il motivo della coppia primitiva: Cielo (maschio) e Terra (femmina), è piuttosto frequente; nell'isola indonesiana di Keisar, il principio maschile Makarom manuwe, che abita in cielo e temporaneamente nel sole, e il principio femminile Makarom mawachu, presente in terra, sono l'oggetto centrale del culto. La coppia primitiva e il mito cosmogonico corrispondente sono caratteristici della Polinesia e della Micronesia - la forma più conosciuta è quella Maori di Rangi e Papa. Tracce della credenza in una coppia divina primitiva si trovano anche in Africa; per i Bantu meridionali, e specialmente per i Bawili e i Fjort, la divinità suprema celeste Nzambi passa in seconda linea, lasciando al suo posto, e addirittura sotto nome identico, una divinità della Terra, i cui segreti cultuali sono comunicati esclusivamente alle donne. Il motivo mistico della coppia Cielo-Terra si ritrova nella California meridionale (fratello e sorella; dalla loro unione sono nate tutte le cose), fra gli Indiani Pima, nel Nuovo Messico, fra gli Indiani della Pianura (Plain Indians), presso i Sioux e i Pawni, e nelle Antille". [M. ELIADE: Trattato di storia delle religioni - pp.57-8]
 
"Simon Mago chiamava lo spirito primordiale arsenothelys, «maschio-femmina». Del pari i Nasseni concepivano l'Uomo celeste, Adamas, come un arsenothelys. L'Adamo terrestre non era che un'immagine dell'archetipo celeste: anche lui era quindi androgino. Dato che gli uomini discendono da Adamo, l'arsenothelys esiste virtualmente in ogni uomo e la perfezione spirituale consisterebbe proprio nel ritrovare in sé questa androginia. Lo Spirito supremo, il Logos, era anch'esso androgino. E la reintegrazione finale, «tanto delle realtà spirituali quanto di quelle animali e materiali, avrà luogo in un uomo, in Gesù figlio di Maria» (Refutatio, V, 6). (...) Per i Nasseni, l'androginia è solo un grandioso processo di totalizzazione cosmica". [M. ELIADE: Mefistofele e l'Androgine - pg.95]
 
"Che cosa ci rivelano tutti questi miti e questi simboli, tutti questi riti e queste tecniche mistiche, queste leggende e queste credenze implicanti più o meno chiaramente la coincidentia oppositorum, la riunione dei contrari, la totalizzazione dei frammenti? Anzitutto, una profonda insoddisfazione dell'uomo per la sua situazione attuale, per quella che viene chiamata la «condizione umana». L'uomo si sente lacerato e diviso. Gli è difficile rendersi sempre perfettamente conto della natura di questa divisione interiore, perché talvolta egli si sente alienato da «qualche cosa» di potente, di totalmente altro di lui stesso; altre volte si sente alienato da uno «stato» indefinibile, atemporale, di cui non ha alcun ricordo preciso, di cui tuttavia conserva un sentimento nel più profondo del suo essere: uno stato primordiale di cui egli godeva prima del tempo, prima della storia. Questa separazione o alienazione si è costituita come una rottura, sia in lui stesso che nel mondo. È stata una «caduta», non necessariamente nel senso ebraico e cristiano del termine, ma pur sempre una caduta perché si è tradotta in una catastrofe fatale per il genere umano e, ad un tempo, in un cambiamento ontologico della struttura del mondo. Da un certo punto di vista, si potrebbe dire che numerose credenze implicanti la coincidentia oppositorum tradiscano la nostalgia di un Paradiso perduto, la nostalgia di uno stato paradossale nel quale gli opposti coesistono senza però contrastarsi e dove la molteplicità rappresenta quella degli aspetti di una misteriosa unità". [M.ELIADE: Mefistofele e l'Androgino - pg.113]
 
"Il mito ha, per così dire, una duplice faccia. Da un lato, presenta una struttura concettuale, dall'altro una struttura percettiva. Anzitutto non è un insieme di idee confuse e incoerenti; deriva, in secondo luogo, da una precisa forma di percezione. (...) Per capire la natura del pensiero mitico bisogna riportarsi a questo più profondo strato della percezione". [E. CASSIRER: Saggio sull'uomo - pg.155]
#929
2a PARTE

"Dice l'Ortelius: «Come Cristo partecipa delle due nature, la divina e l'umana, così pure questo nostro salvatore terreno [Mercurio] consta di due parti, la celeste e la terrena, per il cui tramite ci restituisce la salute e ci libera dai mali celesti e terreni, dagli spirituali e dai corporali, dai visibili e dagli invisibili". [JUNG: Psicologia e religione - pg.96]
 
"In breve i temi del materiale sudamericano che ci interessano sono: 1) la divisione binaria dello spazio e dell'habitat; 2) i miti dei Gemelli Divini; 3) la dicotomia estesa all'intero mondo, inclusa la vita spirituale dell'uomo; e 4) l'antagonismo divino, che riflette piuttosto una complementarità occulta, la quale fornisce il modello del comportamento e delle istituzioni umane. Frequentemente, diversi di questi motivi, o addirittura tutti, sono attestati nella stessa cultura. (...)
I Kaingang del Brasile fanno risalire tutta la loro cultura e tutte le loro istituzioni agli antenati mitici, i Gemelli. Essi hanno non solo diviso le tribù in due metà exogamiche, ma tutta la natura è distribuita tra i due eroi. La loro mitologia, che fornisce il modello esemplare per i Kaingang, illustra drammaticamente questa bipartizione universale, resa intelligibile e piena di significato dall'attività dei due eroi. (...) Sovente una tale dicotomia totale della natura si estende nello stesso modo all'aspetto spirituale dell'uomo. (...)
Secondo Nimuendaju, la concezione delle due anime riflette la dicotomia della natura, illustrata in modo esemplare dai Gemelli mitici, i cui opposti ed antagonistici caratteri sono trasmessi ai membri delle due metà. (...) Questa concezione può essere comparata con l'idea di fondo dei Caliñas, secondo cui tutto ciò che esiste sulla terra ha una replica spirituale in cielo". [M.Eliade: Nostalgia delle origini – pp.152/56]
 
"Citerò l'uso fatto dai Kogi della Sierra Nevada dell'idea della polarità e della complementarità nella loro interpretazione del mondo, della società e dell'individuo. La tribù è divisa in 'popolazione dall'alto' e 'popolazione dal basso' e il villaggio, come la capanna consacrata al culto, è separato in due metà. Anche il mondo è diviso in due parti, determinate dal corso del sole. lnoltre vi sono molte altre coppie opposte e antagonistiche: uomo-donna, mano destra-mano sinistra, caldo-freddo, luce-oscurità, ecc. Queste coppie sono associate ad alcune categorie di animali e di piante, di colori, venti, malattie, e, allo stesso modo, al concetto del bene e del male.
Il simbolismo dualistico è evidente in tutte le pratiche magico- religiose. Tuttavia, i contrari coesistono in ogni individuo come in alcune divinità tribali. (...)
Secondo i Kogi, il problema centrale della condizione umana è proprio il modo di portare questi due contrari all'equilibrio e di mantenerli come forze complementari. L'idea fondamentale è vulúka, un termine che può essere tradotto 'essere in accordo', 'essere uguale', 'essere identificato'. Sapendo come bilanciare le energie creative e distruttive, 'essere in accordo' è il principio fondamentale del comportamento umano. (...)
La divisione binaria è estesa all'intero universo. Le coppie di opposti sono allo stesso tempo complementari. Il principio della polarità sembra essere la legge fondamentale della natura e della vita, come la giustificazione dell'etica. Per i Kogi, la perfezione umana non consiste nel 'fare il bene', ma nell'assicurare l'equilibrio delle due forze opposte del bene e del male. Al livello cosmico, questo equilibrio interiore corrisponde al 'punto centrale', il Centro del Mondo. Questo punto si trova alla intersezione delle quattro direzioni cardinali e dell'asse verticale zenith-nadir, nel mezzo dell'uovo cosmico, che è identico all'utero della Madre Universale". [M. Eliade: Nostalgia delle origini – pp.156/158]
 
"Nell'isola di Nias, le due supreme divinità, Lowalangi e Lature Danö, sebbene una opposta all'altra, sono allo stesso tempo complementari. Lowalangi è associato al mondo superiore; incarna il bene e la vita, i suoi colori sono il giallo o l'oro, i suoi simboli ed emblemi di culto sono il gallo, l'aquila, il sole e la luce. Lature Danö appartiene al mondo inferiore; incarna il male e la morte, i suoi colori sono il nero o il rosso, i suoi emblemi i serpenti, i suoi simboli la luna e l'oscurità. Ma l'antagonismo tra le due divinità implica anche la loro complementarità. I miti narrano che Lature Danö venne al mondo senza testa e Lowalangi senza parte inferiore; in altre parole, essi insieme costituiscono una totalità. Inoltre, ciascuno di essi possiede alcuni attributi che sembrano più appropriati all'altro.
In Indonesia, il dualismo cosmico e l'antagonismo complementare sono espressi nella struttura dei villaggi e delle case, nell'abbigliamento, negli ornamenti, nelle armi come nei rites de passage (nascita, iniziazione, matrimonio, morte). Per dare solo pochi esempi: ad Ambryna, una delle isole Molucche, il villaggio è diviso in due metà; la divisione non è solo sociale ma anche cosmica perché comprende tutti gli oggetti e i processi del mondo. Pertanto sinistra, donna, costa marina, inferiore, spirituale, esteriore, ovest, giovane, nuovo, ecc. sono l'opposto di destra, maschio, terra o montagna, superiore, cielo, terrestre, alto, interno, est, vecchio, ecc. Ciononostante, quando gli abitanti di Ambryna si riferiscono a questo sistema, essi parlano di tre divisioni piuttosto che di due. Il terzo elemento è la 'sintesi superiore' che integra i due elementi antitetici e li mantiene in equilibrio. Lo stesso sistema è applicato a centinaia di chilometri di distanza da Ambryna, ad esempio a Giava e a Balì. L'antagonismo tra gli opposti è messo in rilievo specialmente negli oggetti di culto e nei rituali che, in ultima analisi, tendono alla congiunzione degli opposti. Presso i Minan-gkabau di Sumatra, l'ostilità tra due clan è espressa con un combattimento di galli in occasione del matrimonio. (...) Il loro significato cosmico è innegabile; i gruppi antagonisti rappresentano alcune sezioni dell'universo; di conseguenza, la loro contesa illustra l'opposizione delle forze cosmiche primordiali: il rituale costituisce un dramma cosmico. (...)
In breve, si può dire che il pensiero religioso indonesiano elabora e spiega incessantemente l'intuizione colta dal mito cosmogonico. Poiché il mondo e la vita sono il risultato di una separazione che spezza la congiunzione primordiale, l'uomo deve ripetere questo processo esemplare. L'antagonismo polare è elevato al grado di un principio cosmologico; non solo esso è accettato, ma diviene la cifra attraverso cui il mondo, la vita, e la società umana svelano il loro significato. Inoltre, attraverso il suo stesso modo di essere, l'antagonismo polare tende ad annullare se stesso in una unione paradossale dei contrari. Le polarità, scontrandosi tra loro, producono ciò che potrebbe essere chiamato un 'terzo termine' che può essere sia una nuova sintesi o un regresso a una situazione precedente. Raramente si incontra nella storia del pensiero presistematico una formula che ricordi la dialettica hegeliana in modo più accentuato delle cosmologie e simbologie indonesiane". [M. ELIADE: La nostalgia delle origini - pp.178/81]
 
 
"Il fatto di riconoscere l'esistenza di una dualità e di situarla al posto che realmente le compete non costituisce in alcun modo un dualismo, dato che i due termini procedono da un unico principio, appartenente in quanto tale a un ordine superiore di realtà; così è, innanzitutto, per quanto riguarda la prima di tutte le dualità, quella dell'Essenza e della Sostanza universale, generate da una polarizzazione dell'essere, fra le quali si produce ogni manifestazione". [R. GUÉNON: La grande triade - pg.25]
 
"Per gli Indonesiani, la sintesi delle polarità, il 'terzo termine', pur rappresentando una nuova creazione nei confronti dello stadio immediatamente precedente, quello dell'antagonismo polare, è allo tesso tempo un regresso, un ritorno alla situazione primordiale, quando i contrari coesistevano in una totalità non differenziata.
Si potrebbe dire che la mente indonesiana, dopo aver identificato il mistero della vita e la creatività nella congiunzione e disgiunzione mitica degli opposti, non cercò di andare oltre questo modello biologico come fece, ad esempio, il pensiero indiano". [M. ELIADE: La nostalgia delle origini - pg.181]
 
"Lo storico delle religioni può ritrovare la coincidentia oppositorum e il mistero della totalità tanto nei simboli, nelle teorie e nelle credenze concernenti la realtà ultima, il Grund della divinità, quanto nelle cosmogonie che spiegano la Creazione nei termini di una divisione di un'Unità primordiale". [M. ELIADE: Mefistofele e l'Androgine - pp.74-75]
 
"Talvolta ci stupisce che ad uno stesso simbolo possano essere attribuiti due significati almeno in apparenza opposti l'uno all'altro. (...) Per comprendere ciò, occorre partire dal concetto di dualità quale presupposto di ogni manifestazione e quale elemento che la condiziona in tutti i suoi modi. Certamente questa dualità è in verità un complementarismo e non una opposizione; ma due termini che sono in realtà complementari, se vengono esaminati da un punto di vista più esteriore e contingente, possono anche apparire opposti. Ogni opposizione esiste come tale solo ad un certo livello, poiché un'opposizione irriducibile non può esistere: ad un livello più elevato essa si trasforma in un complementarismo, nel quale i due termini si trovano già conciliati ed armonizzati, prima di entrare infine nell'unità del principio comune donde entrambi procedono. (...) Si può così comprendere che il considerare in un simbolo due aspetti contrari è del tutto legittimo, poiché essi sono correlativi e quindi la loro esistenza è in qualche modo solidale. (...) I due aspetti possono trovarsi riuniti in una medesima figurazione simbolica complessa, e ciò dimostra che essi non si escludono affatto e che possono essere colti simultaneamente. (...) Una dualità può disporsi, quanto alla reciproca situazione dei suoi termini, in senso verticale oppure orizzontale (schema a forma di croce del quaternario). Un esempio del primo caso è dato dai due triangoli che formano il Sigillo di Salomone, mentre, quale esempio del secondo caso, abbiamo i due serpenti del Caduceo". [R. GUÉNON: Il regno della Quantità e i segni dei tempi - pp.199/200]
 
"I simboli non hanno un solo significato, ma diversi e spesso addirittura caratterizzano una coppia di opposti: per esempio, la stella mattutina [Mercurio], denominata anche Lucifero (che annuncia la luce), è un simbolo molto noto allo stesso tempo di Cristo e del Diavolo. L'interpretazione corretta dipende dal contesto". [JUNG: Psicanalisi e psicologia analitica - pg.267]
 
"I simboli sono tentativi naturali di superare il divario, spesso profondo, tra gli opposti, come appare evidente dalla natura contraddittoria di molti di essi". [JUNG: Simboli di trasformazione - pg.298]
 
"L'unione degli opposti a un livello più alto di coscienza, non è un fenomeno razionale o un fatto di volontà, ma è un processo di sviluppo psichico che si esprime in simboli". [JUNG: Il segreto del fiore d'oro - pg.30]
 
"La fisiologia mistica indiana, particolarmente lo Yoga e il Tantra, attribuisce al Sole una regione «fisiologica» determinata, opposta a quella della luna. E lo scopo comune di tutte le tecniche mistiche indiane non è di ottenere la supremazia di uno di questi due centri cosmico-fisiologici, ma, al contrario, di unificarli, cioè di conseguire la reintegrazione dei due principi polari. Siamo qui di fronte a una delle numerose varianti del mito e della metafisica della reintegrazione, nella quale la polarità riceve una formulazione cosmogonica Sole-Luna". [M. ELIADE: Trattato di storia delle religioni - pg.152]
 
"La sequenza dei re leggendari di Roma tradisce le alternative della lotta fra i due principi. Dopo Romolo, trasmutatosi in "eroe" nella specie di Quirino, il Marte Sabino, il "dio invitto" del quale lo stesso Cesare si considererà quasi come una incarnazione, risorge in Numa il tipo lunare del sacerdote regale etrusco-pelasgico, diretto dal principio femminile (l'Egeria), e con lui si annuncia la scissione fra il potere regale e quello sacerdotale.
Ma in Tullo Ostilio può vedersi il segno di una rivolta del principio aristocratico virile propriamente romano, opposto a quello etrusco-sacerdotale; egli ci appare, infatti, soprattutto come il tipo dell'imperator, del capo guerriero; e se Tullo Ostilio perisce per aver acceso l'altare e aver fatta scendere la folgore dal cielo come usano farlo i sacerdoti, ciò ci conferma, attraverso il simbolo, il senso di un tentativo di restaurazione e di reintegrazione sacrale dell'aristocrazia guerriera; tentativo che sembra esser stato travolto dalla dinastia etrusca dei Tarquini, con la quale il tema della preeminenza femminile e della tirannide connessa alla protezione degli strati plebei contro l'aristocrazia vengono a intrecciarsi strettamente in Roma". [J. EVOLA: Simboli della tradizione occidentale - pp.40-41]

...Continua...
#930
"Il termine "simbolo" deriva dal greco symbállo, "metto insieme", e designa in origine le due metà complementari di un oggetto che, spezzato, può essere ricomposto avvicinandole". [Enciclopedia di Filosofia Garzanti - pg. 1056]

"La forma religiosa del simbolo corrisponde quindi esattamente all'originaria natura di esso, che consiste nell'essere scissione dell'unità e ricostituzione di essa dalla dualità". [H. G. GADAMER: Verità e metodo 1° -pg.106]

"ll dualismo religioso e filosofico ha avuto una lunga storia in Asia quanto in Europa (...). Dall'inizio del secolo, tuttavia, il dualismo come altri problemi ad esso connessi quali la polarità, l'antagonismo e la complementarietà, sono stati avvicinati in una nuova prospettiva e siamo ancora attratti verso i risultati di queste ricerche, in particolare alle ipotesi che hanno suscitato". [M. ELIADE: La nostalgia delle origini - pg.145]

"Durante il primo quarto del secolo, grazie alla crescente conoscenza delle istituzioni sociali e politiche tradizionali, gli studiosi furono impressionati e imbarazzati dal numero considerevole di organizzazioni sociali di tipo binario e dalle molteplici forme di dualità". [M. ELIADE: La nostalgia delle origini - pg. 145-146]

"Per gli strutturalisti, le polarità, le opposizioni e gli antagonismi non hanno un'origine sociale, né possono essere spiegati con gli avvenimenti storici. Piuttosto, essi sono espressioni di un sistema perfettamente coerente, che informa l'attività inconscia del pensiero. (...) La comprensione della funzione delle polarità nella vita religiosa e nel pensiero delle società arcaiche e tradizionali richiede uno sforzo ermeneutico, e non una demistificazione. I nostri documenti - siano essi miti o teologie, sistemi di divisione dello spazio o rituali officiati da due gruppi antagonisti, dualità divine o dualismo religioso, ecc., - costituiscono, ciascuno secondo il proprio specifico modo di essere, tante creazioni del pensiero umano. Noi non abbiamo il diritto di trattarli in modo diverso dal modo in cui trattiamo, diciamo, le tragedie greche o una delle grandi religioni. Non abbiamo il diritto di ridurli a qualcosa di diverso da ciò che sono, vale a dire creazioni spirituali. Di conseguenza, è il loro significato e contenuto che deve essere afferrato. Per questa ragione presenterò un certo numero di documenti scelti tra differenti culture. Li ho selezionati in modo da mostrare la sorprendente varietà di soluzioni offerte agli enigmi della polarità e della rottura, antagonismo e alternanza, dualismo e unione di opposti". [M.Eliade: Nostalgia delle origini – pp.148/51]

"Ricordiamo anzitutto che l'esperienza religiosa presuppone una bipartizione del mondo in sacro e profano. La struttura di questa bipartizione è troppo complessa per poter essere discussa convenientemente in questa sede (...). Sia sufficiente dire che non è questione di un dualismo embrionale, perché il profano è trasformato in sacro dalla dialettica della ierofania. D'altra parte, numerosi processi di desacralizzazione trasformano nuovamente il sacro in profano. Ma troviamo l'esemplare opposizione del sacro e del profano negli innumerevoli elenchi di antagonismi binari, assieme alle opposizioni maschio-femmina, cielo-terra, ecc..". [M.ELIADE: Nostalgia delle origini – pg.151]

"Per i popoli antichi lo spirito e la materia erano considerati come le due mani di Dio; in reciproco rapporto come maschio e femmina, o padre e madre, non potevano in alcun modo dissociarsi l'uno dall'altro poiché, se il primo era presente come principio attivo di generazione, l'altro dava forma e corpo a tutte le attività celesti. (...)
È stato l'uomo moderno a fare della materia una «cosa», e non più lo specchio passivo dello Spirito. [...] Si è fatta massa inerte e opposta allo spirito libero, pura esteriorità spiritualmente impenetrabile, fatto bruto". [TITUS BURCKHARDT: Alchimia - pp. 54-55]

"La bi-unità divina risponde a un bisogno fondamentale dell'essere umano: la reintegrazione dell'uomo nel Cosmo attraverso un'assoluta unificazione; in essa scompaiono gli estremi e si fondono i contrari". [M. Eliade: Il mito della reintegrazione - pg. 55]

"Le divinità della fertilità cosmica sono in massima parte androgini, oppure sono femmine un anno e maschi l'anno dopo (cfr. ad esempio lo « Spirito della Foresta » degli Estoni). La maggioranza degli dèi della vegetazione (tipo Atti, Adone, Dioniso) e delle Grandi Madri (tipo Cibele) sono bisessuati. In una religione arcaica come l'australiana, il dio primordiale è androgino, e tale è anche nelle religioni piú evolute, per esempio in India (talvolta perfino Dyaus; Purusa, il macrantropo cosmico del Rgveda, X, 90, ecc.). La piú importante coppia divina del pantheon indiano, Siva-Kali, è talvolta rappresentata in forma di un essere unico (ardhanarisvara). E l'iconografia tantrica è piena di immagini che ci mostrano il dio Siva strettamente abbracciato con Sakti, la propria «potenza», rappresentata come divinità femminile (Kali). D'altronde, tutta la mistica erotica indiana ha come fine specifico la perfezione dell'uomo mediante la sua identificazione con una «coppia divina», cioè attraverso l'androginia". [M. ELIADE: Trattato di storia delle religioni - pp. 436-7]

"In quasi tutte le tradizioni religiose del mondo, l'uomo primordiale era raffigurato come androgino. Yama, il primo uomo della mitologia indiana, significa «gemello»; in testi un po' più tardi, veniamo a sapere che ha una sorella, Yami, proprio come nella tradizione iranica Yima ha una sorella gemella, Yimal. (...) Il primo uomo nella mitologia germanica era Tuisto, parola che deve essere messa in rapporto con l'antico norvegese tvistr («bipartito»), con il vedico dvis, con il latino bis, ecc. (Krappe, p.319)". [M. Eliade: Il mito della reintegrazione - pg.79]

"La bisessualità divina è fenomeno molto diffuso nelle religioni e - questo tratto merita di essere rilevato - sono androgine perfino le divinità maschili e femminili per eccellenza. Quale che sia la forma in cui si manifesta, la divinità è la realtà ultima, la potenza assoluta, e questa realtà, questo potere, rifiutano di lasciarsi limitare da qualsiasi specie di attributi e di qualità (buono, cattivo, maschio, femmina, ecc.). Molti fra i piú antichi dèi egiziani erano bisessuati. Presso i Greci, l'androginia continuò ad ammettersi perfino negli ultimi secoli dell'antichità. Quasi tutti gli dèi importanti della mitologia scandinava conservano tracce di androginia: Odino, Loki, Tuisto, Nerthus, ecc.. Il dio iranico del tempo illimitato, Zervan, che gli storici greci traducono giustamente Chronos, è anch'egli androgino, e Zervan mette al mondo i due gemelli Ormuzd e Ahriman, il dio del «Bene» e il dio del «Male», il dio della «Luce» e quello delle «Tenebre». Perfino i Cinesi riconoscevano una divinità suprema androgina, che era appunto il dio dell'oscurità e della luce: il simbolo è coerente, dato che luce e tenebre sono soltanto aspetti successivi di una realtà unica; considerandoli isolati, questi aspetti parrebbero separati, opposti, ma agli occhi del saggio si manifestano piú che «gemelli» (come Ormuzd e Ahriman): formano una sola e unica essenza, ora come manifestata e ora come non manifestata". [M. ELIADE: Trattato di storia delle religioni - pg. 437]

"In Romolo e Remo ritorna infatti - in fondo - lo stesso tema dei "gemelli", che si ritrova in Indra-Varuna, in Osiride-Set, in Caino-Abele, ecc. Essi son nati da un dio guerriero, Marte, e da una donna, da una vergine custode del fuoco sacro; nel che si ha lo stesso tema degli angeli che scendono nelle donne generando "razze gloriose", della generazione divina degli eroi elleni, di Eracle e di Apollo, della generazione rituale dei re egizi, ecc.; tema, che sappiamo caratteristico appunto per lo spirito aristocratico dei cicli "eroici". [J. EVOLA: Simboli della tradizione occidentale - pp.37-38]

"Il mito rivela, piú profondamente di quanto potrebbe rivelarlo la stessa esperienza razionalistica, la struttura stessa della divinità, che si pone al disopra degli attributi e riunisce tutti i contrari. Che una simile esperienza mitica non sia aberrante, ce lo dimostra il fatto che essa si integra pressoché universalmente nell'esperienza religiosa dell'umanità, anzi in una tradizione rigorosa come quella giudeo-cristiana, Jahvè è insieme buono e collerico; il dio dei mistici e dei teologi cristiani è terrificante e mite, e da questa coincidentia oppositorum sono partite le piú audaci speculazioni di uno pseudo Dionigi, di Meister Eckhardt o di Nicola da Cusa.
La coincidentia oppositorum è uno dei modi piú arcaici con cui si espresse il paradosso della realtà divina. (...) Teniamo ben presente che la personalità divina non potrebbe in nessun caso considerarsi semplice proiezione della personalità umana. Tuttavia, benché tale concezione nella quale tutti i contrari coincidono (o meglio sono trascesi) sia appunto una definizione minima della divinità e dimostri fino a che punto la divinità sia «assolutamente cosa diversa» dall'uomo, nonpertanto la coincidentia oppositorum è diventata il modello esemplare di certe categorie d'uomini religiosi, o di certe modalità dell'esperienza religiosa. La coincidentia oppositorum o la trascendenza di tutti gli attributi, sono realizzabili per l'uomo in ogni sorta di modi. (...)
Nella prospettiva orientale, la perfezione non è concepibile senza un'effettiva totalizzazione dei contrari. Il neofita comincia tentando di «cosmizzare» tutta la sua esperienza, assimilandola ai ritmi che dominano l'Universo (Sole e Luna), ma, una volta ottenuta questa «cosmizzazione», volge tutto il suo sforzo a unificare il «Sole» e la «Luna», cioè ad assumere il Cosmo tutto intero; rifà in sé e per proprio conto l'unità primordiale precedente la Creazione; unità che non significa il caos della pre-creazione, ma l'essere indifferenziato nel quale tutte le forme sono riassorbite". [M. ELIADE: Trattato di storia delle religioni - pp. 434-5]

"Il termine sanscrito per coppia di opposti in senso psicologico è "dvandva". Esso significa anche coppia (uomo-donna), conflitto, litigio, duello, dubbio. Le coppie degli opposti sono state generate dal creatore del mondo. [...] «Il mondo ha sempre da soffrire a causa delle coppie di opposti», dice il Ramayana (II, 84, 20). È quindi un dovere etico di essenziale importanza non lasciarsi influenzare dagli opposti (nirvandva = libero dagli opposti), ma elevarsi al di sopra di essi, giacché la liberazione dagli opposti conduce alla redenzione.
Dal libro di Manu: «Chi si è affrancato progressivamente da tutti i legami e da tutte le coppie di opposti riposa in Brahman» (Manava-Dhar-masastra VI, 80 sg.).
Nel Yogasutra del Patanjali è detto: «Dalla più profonda concentrazione (samadhi) consegue la non ostruzione da parte dei contrari»". [JUNG: Tipi psicologici - pg.212]

"E' degno di nota che forse la maggior parte delle divinità cosmogoniche siano di natura androgina. Ermafrodito non significa altro che un'unione degli opposti più clamorosi e più appariscenti. Tale unione rinvia anzitutto a una condizione primitiva dello spirito, nel cui crepuscolo differenze e contrasti sono poco accennati o addirittura confusi. Con la crescente lucidità della coscienza i contrasti diventano sempre più netti e inconciliabili. (...)
E ancora in tempi molto recenti, nella mistica cattolica, abbiamo sentito parlare di androginia di Cristo". [JUNG: Archetipi e inconscio collettivo - pp.166/167]

...Continua...