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Messaggi - Sariputra

#916
Francamente io non ho ancora capito se è la 'mente' che sta 'dentro' al cervello o se è il cervello che sta dentro alla mente.
Sono io che sono 'cosciente' o c'è 'qualcosa' che è cosciente a me - in me, di cui 'io' sono specchio?
Sono io che sogno di essere di una  farfalla o  sono solo il sogno di una farfalla?  :-\
#917
Nei testi sacri antichi, di tutte le tradizioni, d'Occidente come d'Oriente, c'è sempre un ampio uso di iperbole per rafforzare il concetto espresso e dargli una netta evidenza nel contesto della narrazione. Troviamo, per esempio, nei testi canonici buddhisti, discorsi del Buddha in cui si raccomanda ai monaci di coltivare e dimorare saldamente nella presenza mentale. Come esempio porta la storia di una monaco che,nonostante il re prima gli faccia staccare un braccio, poi l'altro, poi le gambe, poi gli occhi, ecc. continua a perseverare nella presenza mentale e a non far emergere un sentimento di avversione/odio verso i suoi carnefici. E' evidente che nessun essere umano può sopravvivere ad una cosa simile, mantenendo la calma mentale. Il senso quindi dell'esagerazione è nel mettere al centro, dare enorme importanza, al potere della presenza mentale. Metterlo cioè al centro dell'attenzione del praticante. Se prendiamo il discorso alla lettera, dovremmo concludere che il Buddha non era quel gran sapiente che dicevano, visto che ignorava che un essere umano non può sopravvivere  se gli strappano tutti gli arti. Ma non era questa l'intenzione del Buddha...
Similmente , nel brano della Bibbia che riporti, è evidente che Yeoshwa  traccia questa immaginaria figura del gelso che viene sradicato da un infinitesimo livello di fede in Dio e addirittura trapiantato in acqua e non nel terreno. E' totalmente assurdo , se preso alla lettera, e questo ti fa dire che "Yeoshwa era un ipocrita". Ma Yeoshwa, come il Buddha, era un maestro che insegnava e che sapeva usare abili mezzi per colpire l'attenzione dei discepoli e portarli 'al punto'. Il punto è quindi il fatto che, se si dispone di un minimo livello di fede, si ha la possibilità di cambiare la propria vita (come un gelso cambia prendendo radici nell'acqua e non nella terra...che, se lo pensiamo, è una immagine di straordinaria forza poetica/mistica).  Nel daoismo abbiamo queste narrazioni di figure di antichi saggi che volano in groppa a draghi o che, pluricentenari, nuotano nelle profondità. Una riflessione basata sulla logica ti fa subito esclamare."Assurdità!". Ma l'intenzione del maestro non è quella di presentare un racconto logico e razionale, bensì quello di mostrare un' immagine mistica ( mi si passi il termine non del tutto appropriato...) che scardini proprio la crosta della razionalità logica e faccia 'intuire'  ciò che oltrepassa questo limite del pensiero.
Quando Yeoshwa riprende i suoi discepoli che, molto razionalmente e secondo la loro comprensione dell'agape insegnato dal maestro, trovavano contraddittorio 'sprecare' tutto un vasetto di profumo, che all'epoca aveva un grande valore economico, per cospargere il capo del rabbì buono, intende a mio giudizio marcare l'importanza della devozione totale che non fa calcoli, che si dà tutta nell'atto d'amore, di cui il vasetto d'olio è solo immagine simbolica. Qualcosa di simile lo troviamo nel passo di 'Marta e Maria' , in cui viene potentemente sottolineata la superiorità dell'essere ( ascolto/ attenzione/ presenza mentale... ) al fare, che non è superfluo , ma non è la 'parte migliore' in un cammino di pratica spirituale, secondo l'insegnamento del Cristo ( ma non solo...). Questo è molto logico all'interno di un insegnamento devozionale come quello cristiano. Io lo trovo coerente e non incoerente, come lo vedi tu...quando un maestro 'autentico' insegna, lo deve fare per immagini che, seppur continuamente rielaborate dal pensiero e dall'intuizione umana, abbiano un tono di assoluto che supera la contingenza dell'epoca. Per questo i passi che hai citato, ma altri, come gli antichi discorsi dei grandi maestri dell'Oriente hanno ancora la possibilità di far fiorire una tensione spirituale in noi, scafati razionalisti e nichilisti del XXI sec... :)
Questa sorta di 'cortocircuito' logico che il maestro tenta di attivare , attraverso anche l'uso volontario di immagini illogiche e assurde, nel discepolo lo induce, dopo un primo momento di disorientamento , a chiedersi e ad interrogarsi: "Ma qual'era il significato? Cosa voleva dire?  Certamente non quel che detto, ma...vuole forse indicarmi qualcosa di più profondo?". Ecco quindi che viene attivata l'investigazione personale, affinchè poi ci sia la realizzazione propria e non semplicemente quella 'imposta' dall'alto. Questo sarebbe il vero modo di insegnare: portare l'altro a capire da solo... :)

P.S. Che poi non era un modo di narrare solo dei testi sacri. Pensiamo all'Iliade di Omero in cui l'eroe, il peléide Achille per esempio, da solo fa strage di centinaia di troiani con una misera spada... :o
#918
@Garbino

Non fraintendermi. Sono ben consapevole che nell'uomo la radice dell'egoismo è molto sviluppata, se non la più tenace in assoluto. Volevo solo mettere in evidenza che l'uomo non è 'solo' egoismo, ma che è capace 'anche' di altruismo. Arrivo a credere che, se questo mondo sta ancora in piedi, seppur traballante, è per gli infiniti atti di altruismo, per lo più privati, che passano quasi sempre inosservati e che non trovano , o trovano poca, cassa di risonanza nei media e pure nelle 'chiacchere da bar' che formano il sentire comune, la percezione comune del mondo come qualcosa pieno solo di egoismo, mediocrità, ipocrisia e meschinità.
Ma se anche il mondo fosse solo egoismo dovremmo chiederci come sarebbe possibile uscirne con una filosofia che dice che in fondo non dobbiamo combatterlo , ma accettarlo, seppur in modo aristocratico o 'nobile', al motto " siam fatti così, dobbiamo accettarlo e anzi dargli libero sfogo per sentirci meglio e non cadere nella paranoia"( scusa l'eccessiva semplificazione...). Ma la mente umana , proprio perché ha salde radici nell'egoismo, nell'odio e nell'illusione di potenza, non può mai essere 'libera e spontanea' e certamente non aderendo in toto alla schiavitù imposta dalle radici stesse che la formano, diventandone anzi un tutt'uno con esse. Non mi libero dall'egoismo ( che genera ipocrisia, istituzionalizzazione dell'egoismo stesso attraverso apparati religiosi, statati , politici,, meschinità, ecc.) semplicemente aderendovi. Quindi non si otterrebbe alcun miglioramento della società umana, ma semmai un assai ampio miglioramento della possibilità di esercitare liberamente l'egoismo, come, di fatto, avviene. Ossia proprio quello che era , in sostanza, l'ideale aristocratico che poteva permettersi un nobile altruismo verso il 'debole' all'interno della propria volontà di potenza che si esplicava nell'adesione al proprio egoismo. Non era più il debole pieno di 'risentimento' per non poter essere un nobile a costringere all'obolo, ma era la libera volontà del nobile che si piegava, se lo voleva, nel dare l'obolo al debole risentito ( sigh).
Pensieri in libertà s'intende...
Natura egoistica dell'uomo= istituzionalizzazione dell'egoismo= società egoistica.
Natura egoistica dell'uomo mitigata dalla presenza dell'aspetto altruistico= istituzionalizzazione dell'egoismo mitigata dall'altruismo= società egoistica mitigata dall'altruismo.
Natura dell'uomo liberata dall'egoismo= Nessuna necessità di leggi e virtù = società altruistica = società utopistica.  ;D

Grazie per le risposte!... :)  :)
#919
@Garbino scrive:
il Nichilismo ha le sue radici nel Cristianesimo che a sua volta fu ispirato da Platone.

In questo mi sembra che concordi quindi col Nishitani...

Ma l' uomo che crede in un Dio buono e misericordioso è l' uomo in decadenza. E' l' uomo che fa della sua condizione di incapacità a sfogare la sua crudeltà all' esterno una scelta di vita buona e misericordiosa decisa da lui stesso. L' addomesticamento dell' uomo effettuato dal tipo prete è completo. L' uomo è migliorato in funzione della società, dipendente interamente all' autorità religiosa e asservito allo stato. Un miglioramento che Nietzsche interpreta come una castrazione del tipo uomo.

E per fortuna che s'è castrato! Se l'alternativa era dare sfogo al proprio desiderio di crudeltà e di potenza. Però il famosso 'addomesticamento' fatto dal tipo prete e dalla società non può nascondere il fatto che forme di convivenza anche non crudeli , bensì altruistiche o volgarmente dette 'buone' sono biologicamente parte dell'uomo stesso e che anzi proprio in virtù di questo ha saputo e potuto 'scendere dagli alberi'...la religione è anche il prendere atto di questa positività insita nell'essere umano ed elevarla a sistema, cercando di arginare la sua capacità d'odio distruttivo, visto come negativo. Il bene o il male fatto da una religione è, a mio parere, da ascrivere alla coerenza e capacità di fare il bene o all'incoerenza e incapacità dei suoi attori.  Siam sempre là, il problema non è il coltello ma l'uso che se ne fa...nemmeno lo stesso Nietzsche era, nella sua vita personale, coerente con la sua stessa filosofia...raramente lo siamo, tutti noi, coerenti... :(
#920
@Sgiombo
Nishitani accosta Sartre a Nietzsce non per accomunare i due filosofi, a parer mio, ma per mettere il evidenza il sorgere di una soggettività  che ha nel nihilum il fondamento, a suo giudizio. Soggettività che, tolta dalla scienza la 'terra sotto i piedi' alla fede in un dio, deve per forza trovare in se stessa , nella sua extasis soggettiva la propria ragione/non ragione proprio perché fondata sul nulla., o per meglio dire fondata sul potere della scienza che però non dà un senso al dramma umano ( al massimo lo ignora o cerca panacee...).  Mentre nell'ateismo e nel materialismo "ingenuo" dell'Illuminismo c'è una fede nelle meravigliose sorti progressive dell'umanità, in Nietzsche l'ateismo e il problema del nihilum come fondamento dell'esistenza di ogni cosa si fa consapevolezza. A Nishitani non interessa poi approfondire la tematica 'nicciana', le differenze nell'etica rispetto al Sartre o ad altri ( il suo lavoro verte infatti sulla genesi del nichilismo all'interno del cristianesimo stesso...e sulle ripercussione su culture non-cristiane che vengono ad essere 'infettate' dal nichilismo occidentale e sradicate dalle loro visioni tradizionali e diverse della realtà, con drammatiche conseguenze e spaesamenti...).
Con tradizione greco-cristiana penso intenda quella particolare forma filosofica che fa da 'supporto' alla prima teologia cristiana ( Platone in primis). Non dimentichiamo che, ancor adesso, fior di teologici e di papi ( Ratzinger per citarne uno) parlano di razionalità della fede in DIo. Quella stessa forma di razionalità sarà il frutto che porterà alla genesi del nichilismo occidentale, per Nishitani, che si pone come 'nuova trascendenza', come trascendenza del nihilum stesso ( come 'nuovo Dio'...una sorta di fede non dichiarata ma praticata da tutti...). 
Un'etica soggettiva, come quella che descrivi e mi par di capire tu segua, è già all'interno di questo processo di soggettivazione del nihilum di cui parla Nishitani, in quanto non può che posare i piedi sul sottostante nulla di ogni cosa e confidare in se stessa...( il fatto che la materia esista  è indifferente in quanto, privata dell'idea di essere manifestazione di Dio, non è altro che nihilum, non-senso o assenza di alcun senso della Natura...privata del suo 'essere in Dio").
Ovviamente, tengo a precisare, il mio pensiero non corrisponde automaticamente a quello dei vari autori che ho postato in questa discussione ( non essendo un filosofo ho già da fare di mio anche solo per capirli... :( ). In questo caso mi sento piuttosto concorde con il Nishitani su questa riflessione, se l'ho ben interpretata... :)
#921
In questo periodo sto leggendo "La religione e il nulla" del filosofo giapponese Keiji Nischitani, uno dei più noti esponenti della famosa "Scuola di Kyoto", allievo di Nishida Kitaro.  Mi sono imbattuto in questa riflessione sull'ateismo e sul nichilismo che, da quel che mi sembra di aver capito, Nishitani riconduce alla matrice stessa del pensiero greco-cristiano. Per Nishitani infatti un ateismo basato sulla razionalità scientifica, sul materialismo e sull'idea di progresso poteva nascere solo all'interno della cultura cristiana e occidentale. E passa poi a dimostrare come l'ateismo stesso e la nascita dell'importanza della 'soggettività' della persona sia ancora frutto del cristianesimo del quale l'ateismo vorrebbe, in un certo senso, essere l'opposto quando invece ne è il frutto...

Tre elementi allora compongono il moderno ateismo: materialismo, razionalismo scientifico e idea di progresso. Presi insieme mostrano ll destarsi dell'uomo alla sua soggettività libera e indipendente. In altri termini , ciò che può definirsi come "ateismo del progresso" risultò dalla combinazione del destarsi della soggettività nella ragione con la visione materialistica del mondo; entrambi accumunati dalla negazione dell'esistenza di Dio.
Nella nostra epoca l'ateismo ha fatto un ulteriore passo avanti. Da un lato, c'è l'insensatezza di un mondo concepito solo più materialisticamente e meccanicisticamente e la concomitante consapevolezza del nihilum che si nasconde sotto la superficie del mondo. Dall'altro  lato si può parlare di soggettività solo come risveglio al nihilum interno alla natura umana, il quale nihilum sta al di là della ragione umana e tuttavia costituisce il fondamento sul quale noi stiamo. Sentire questo nihilum sotto i piedi è irrompere di colpo oltre il terreno dell'esistenza delle cose, passare al di là di quella dimensione nella quale ciascuna cosa nel mondo avrebbe un'esistenza oggettiva e aprire per l'uomo una posizione soggettiva che non si lascia mai ridurre ad un'esistenza meramente oggettiva.
Questa è la forma di soggettivazione nell'ateismo moderno.
Se paragoniam questo ateismo al cristianesimo...ha la sua contropartita nel  nihilum che appare nella concezione cristiana della creazione divina come creatio ex nihilo. Ancora, l'atteggiamento nel quale il soggetto prende posizione sul nihilum ( la soggettivazione del nihilum), decidendo di confidare nient'altro che su se stesso, è analogo alla soggettività di Dio, che dice di se stesso "Io sono colui che sono".
Per l'ateismo contemporaneo, il nihilum della 'creatio ex nihilo' diventa un abisso nel quale l'esistenza di Dio viene negata e rimpiazzata dal nihilum stesso.
In questo abisso del nihilum sia il sé che il mondo trovano il loro fondamento. E' qui evidente il risveglio della soggettività...
Ciò è chiaro nel caso di Nietzsche. Come ho già detto, anche Sartre mostra simili tendenze. In entrambi l'ateismo si lega ad una forma di esistenzialismo. Ossia , l'ateismo viene soggettivato, il nihilum diventa il campo della cosiddetta extasis della propria esistenza e l'orizzonte della trascendenza sia apre nella direzione non di DIo, ma del nihilum.
E' evidente che un ateismo così non crede più nell'idea di progresso e non può più manifestare un ingenuo ottimismo, come il primo ateismo. Al contrario, i caratteri dell'ateismo esistenzialista, sono una presa di coscienza della più profonda crisi umana, una sofferenza che è tutt'uno con l'esistenza stessa, un'impetuosa decisione di conservare saldamente l'indipendenza dell'identità umana, contando nient'altro che su se stessa, sforzandosi di essere se stessa e di superare la crisi fondamentale dell'esistenza umana...
Storicamente parlando, questi problemi sono intimamente connessi col Cristianesimo, che è stato nel contempo matrice e antagonista della scienza moderna fin dagli inizi del Rinascimento, o ancora prima.
La stessa cosa vale anche per l'ateismo moderno, che nelle sue diverse forme è impensabile al di fuori del Cristianesimo.
E sferrando il suo radicale attacco contro il Cristianesimo, Nietzsche dava espressione di un atteggiamento nutrito all'interno del Cristianesimo stesso, ossia la costante e inflessibile volontà di verità.

Ho pensato di inserire questo stralcio perché mi sembrava interessante ( anche se per capire tutto il discorso di Nishitani bisogna leggere il libro...) capire la valutazione che fa un filosofo 'esterno', in un certo senso, vista la relativa gioventù dell'incontro tra la filosofia nipponica e il mondo occidentale,della cultura filosofica occidentale e quindi non conivolto totalmente nelle sue dinamiche interne.
Insomma , per Nishitani, il nichilismo della cultura e della scienza di matrice occidentale e imposta con le buone, ma spesso con le cattive, al resto del mondo è l'approdo di una costruzione basata su concetti che in radice sono nella visione stessa del mondo data dal Cristianesimo.
#922
Citazione di: Angelo Cannata il 20 Ottobre 2017, 17:12:10 PMIn effetti avevo sospettato che dietro ci fosse un malinteso sul significato del termine "meditazione". In questo senso può essere il caso di precisare che la Chiesa non ha nulla in contrario riguardo alla pratica di tecniche meditative di qualsiasi genere, ma le ritiene del tutto irrilevanti al fine della relazione con Dio. Cioè, se uno vuole praticare tecniche di meditazione o concentrazione per favorire il proprio benessere, la Chiesa non ha nulla da ridire, ben vengano. Non le accetta se queste tecniche vengono praticate con l'idea che garantiscano una maggiore vicinanza a Dio.

La base di tutte le tecniche meditative è lo yoga. Lo troviamo già nei Veda più antichi, ma poi è utilizzato pure nei successivi buddhismo e jainismo. Purtroppo in occidente si è diffusa una pratica, un pò dovunque, di uno pseudo-yoga che ha come obiettivo solo il benessere fisico e il rilassamento ( consumismo yogico all'occidentale... >:( ), ma lo yoga autentico è essenzialmente un cammino spirituale di ascesi e di ricerca dell'unione con Dio e non può essere praticato senza un maestro appartenente ad un lignaggio preciso. Ha il significato di 'giogo': mettere il giogo alla mente per 'unire'e legare a Dio. E' comprensibile che la Chiesa non accetti queste pratiche perché, come hai già specificato, non è ammissibile la pretesa di cercare l'unione con Dio che resta sempre avvolto nella 'nube della non-conoscenza' e al cui devoto è richiesto solo di fare la Sua volontà e portarla concretamente nel mondo.

Temo però che siamo andati off-topic... :(
#923
Il termine 'meditazione' ha un significato molto diverso tra Cristianesimo e altri monoteismi abramitici e scuole orientali.
In Occidente s'intende come riflettere ( dal latino meditatio, riflessione...), ponderare, scrutare in solitudine o in gruppo la parola di Dio.
In Oriente s'intende come tecnica di controllo della mente, ricerca di quiete, di consapevolezza, di unione con il sacro e si attua attraverso esercizi specifici, posture adeguate, consapevolezza del respiro, ecc.
Due mondi diversi che solo recentemente hanno iniziato a dialogare ( e noto che , almeno all'interno di gruppi di preghiera più 'agguerriti', s'inizia ad usare anche all'interno del cristianesimo alcune tecniche meditative tipiche dell'india...).
Ci sono importanti esperienze di esercizi di tecnica meditativa particolare anche all'interno di religioni non tipicamente orientali, come nel caso del sufismo musulmano.
La concentrazione nell'accezione più tipicamente orientale permette di aumentare la consapevolezza, la cosiddetta 'presenza mentale'. Con 'presenza mentale' s'intende l'attenzione consapevole con cui si percepiscono le attività mentali ( percezioni, sentimenti, volizioni, ecc.). Quindi non si tratta di reprimere ma di osservare, per evitare di identificarsi con i propri stati d'animo mutevoli e impermanenti che ci 'trascinano' con sè..
 La famosa 'bastonata' sul groppone del maestro sta proprio ad indicare al praticante che sta perdendo l'attenzione al momento presente e che sta 'correndo dietro al bufalo imbizzarito'... :)
#924
@A.Cannata scrive:
Purtroppo nei miei anni di sacerdozio mi sono capitati spesso fedeli che mi chiedevano come fare a stare concentrati, perché erano preoccupati del fatto che durante la Messa, oppure durante la preghiera privata, la loro mente tendeva ad andarsene per conto proprio. 

Se anche non è un problema visto dal punto di vista della Chiesa, evidentemente questi fedeli lo avvertivano come un problema e giustamente chiedevano consigli su come fare per evitare il fatto di non essere presenti mentalmente al momento. Penso che questo fatto generasse in loro molta frustrazione, perché è normale voler svolgere 'al meglio' possibile un impegno preso con se stessi ( l'orazione...). Il fatto poi si proietta sulla soddisfazione che possiamo trarre dal pregare.  Con 'soddisfazione' intendo la sensazione di aver vissuto qualcosa di realmente appagante dal punto di vista spirituale. Il fatto di 'stare' soltanto fisicamente in un luogo in cui teoricamente si dovrebbe interagire col senso del sacro , mentre mentalmente si è un tutt'altro luogo, mi sembra faccia piomabare il culto in quella dimensione di consuetudine e di tradizione in cui vengono a mancare le reali motivazioni interiori. Alla fine, soprattutto per i giovani, questo finisce per allontanare.

Riguardo al primo comandamento, qui purtroppo c'è un trabocchetto in cui cadono quasi tutti i fedeli, compresi preti, vescovi e papi. Gesù ha presentato come comandamento più grande quello dell'amore per Dio e per il prossimo, ma il nocciolo, la sostanza del Cristianesimo non è un comandamento. La sostanza del Cristianesimo è l'iniziativa di Dio nei confronti dell'uomo realizzata in Gesù Cristo. Questo significa che nel Cristianesimo c'è un'altra cosa che viene ancora prima dell'amore per Dio e per il prossimo. Questa cosa che viene prima è l'amore di Dio per noi. Dio ha sempre la precedenza come colui che è sempre il primo nel prendere l'iniziativa. In questo senso il Cristianesimo si pone come religione di risposta: tutto ciò che l'uomo fa è sempre risposta a un altro, cioè Dio, che ha agito per primo, ha preso l'iniziativa. 

L'animo umano come 'reagente' all'azione di Dio, e non come agente della 'scalata al monte santo'. Questa è una delle più marcate differenze con la spiritualità dell'oriente non cristiano, in cui l'uomo è 'agente' della propria liberazione. Qui torna tutto il problema di questa discussione attorno alla scrutabilità-imperscrutabilità della volontà divina e alla sua Grazia verso l'uomo. Il cristiano autentico è in pratica una 'cartina di tornasole' dell'azione divina nel mondo a cui si 'sottomette' pur non conoscendo questa volontà ( o, per meglio dire, la conosce nei limiti dell'interpretazione data dal magistero della chiesa/e...). Ritorna il concetto di fede come sottomissione ad un'altrui volontà , profondamente ebraico e che viene potentemente ripreso dal Cristianesimo e dall'Islam: "Venga il Tuo regno, sia fatta la Tua volontà..." recita il Pater. Non è chiesto di capire il significato di questa volontà che ci sovrasta, bensì semplicemente di accettarla e confidare nel fatto che, alla fine, sarà per il bene nostro e dell'umanità intera. Ma come aderire a questa volontà? Come faccio a sapere che una cosa è volontà di Dio e quell'altra no? Come faccio a non ingannarmi? Ovviamente dispongo del consiglio/parere dell'Ecclesiam, dell'assemblea dei fedeli ( a volte purtroppo poco assemblea e più parlamento bulgaro...) che si fa portavoce di questa volontà, dopo aver intensamente pregato  e celebrato appositi riti ( sperando nel fatto che non stessero tutti dormendo durante la preghiera e i riti... ;D ).
E' un bel problema...cogliere e concretizzare la volontà di Dio e che si è prestato a molte strumentalizzazioni ( basta pensare al fenomeno del fanatismo e dell'intolleranza...).
#925
@A.Cannata
Per devozione s'intende, come da dizionario, in un contesto religioso o spirituale, il sentimento  con conseguente atteggiamento d'amore provato dalla persona verso una divinità.
Esistono anche altre forme di devozione: per un condottiero (nell'antichità, ma non solo...), per un insegnante, per il capufficio, per la moglie  ;D...ecc.
Il Cristianesimo, mettendo come primo comandamento e come pratica stessa, l'amore verso Dio rientra di diritto nella tipologia di religione devozionale.
Non si chiede come prima necessità il 'comprendere' e nemmeno il 'realizzare l'unione', ma proprio l'atteggiamento d'amore.
Questo non sminuisce il Cristianesimo. Semplicemente è la sua caratteristica, mi sembra...
Che poi il C. abbia sviluppato una propria forma di comprensione del volere di Dio attraverso lo studio della Bibbia ed anche forme d'unione 'mistica' con l'amato è realtà, ma ciò non toglie la preminenza della 'sottomissione' ( comune a tutte e tre le religioni abramitiche..) al compimento della volontà di Dio.
Nel cattolicesimo poi, si sono sviluppate molteplici devozioni minori, legate alla figura del 'santo', l'uomo che incarna totalmente la volontà di Dio e la vive con coerenza.
Accanto a queste c'è la grande, enorme devozione per Miriam, la madre di Yeoshwa. Questa devozione ha portato alcuni a definirlo come una sorta di bi-teismo. Sostenuta e alimentata dalle stesse figure sacerdotali, questa devozione mi sembra abbia superato di gran lunga quella rivolta a Dio stesso. Se fosse possibile numerare le preghiere di tutti i fedeli cristiani, cattolici e ortodossi, rivolte a Miriam e quelle viceversa rivolte direttamente a DIo ( per farla semplice l'Ave Maria e il Pater..) sarei disposto a scommettere la riserva di novello che le prime surclassano di gran lunga le seconde.
Per non parlare poi del grande fenomeno delle apparizioni mariane...
La preghiera cristiana si svolge grosso modo, correggimi se sbaglio, in due tipi principali: la ripetizioni di formule imparate a memoria e la preghiera spontanea che viene spesso preceduta dalla lectio divina e dalla riflessione solitaria o di gruppo. In questo contesto la concentrazione non ha molto significato se non, per l'appunto, come puntello a non cadere nella sonnolenza o, insidia maggiore, nel continuo rimuginare e fantasticare della mente.
#926
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
19 Ottobre 2017, 17:04:37 PM
@Apeiron si domanda:
Come è possibile per esempio riconoscere se si è "Entrati nella Corrente" (per chi ci legge: il primo livello di Risveglio. Incompleto) ? Si è per caso "entrati" in contatto con il Nirvana? Se sì, lo si riconosce in modo automatico o lo può dire solo un altro "Risvegliato"? Cioè una volta che ho ottenuto questo "step" lo riconosco necessariamente?

"Entrare nella corrente" ( sotapanna) è il primo dei quattro 'frutti' della liberazione e , secondo la tradizione ( molto schematica ripeto...) dei sutta, permette di entrare definitivamente nel Nibbana al massimo entro sette nascite. Quali sono le caratteristiche del sotapanna?
-indebolimento dell'egocentrismo.
-minore brama verso gli oggetti sensoriali.
-minore avidità di guadagni, averi, riconoscimenti, beni mondani.
-maggior capacità di condividere.
-capacità di percepire la natura impermanente di tutto ciò che sembra piacevole e bello.
-non cadere nell'errore di considerare come permanente ciò che è impermanente.
-capacità di non-vedere l'essere in ciò che ne è privo.
-il non attaccamento a formule e riti.
-vedere l'importanza della pratica di vipassana e samatha.
Di solito si associa al sotapanna l'impossibilità di mentire, di rubare e di tenere una vita sessuale sregolata e, ovviamente, il far del male intenzionalmente agli altri.
Al di là dello schemino ( che risulta però utile e interessante per il praticante buddhista per fare una 'verifica' dello stato della propria pratica...) direi che 'entrare nella corrente' ha un significato, nella nostra vita ordinaria, particolare. Io lo definisco come "un'ombra di Dhamma su ogni cosa" (è una frase mia, prendila con le pinze... :)). Ossia lo intendo così: in ogni pensiero che rivolgo verso le cose  istintivamente lo verifico anche alla luce dell'Insegnamento ( non solo perché vi è pure un pensare concreto "necessario"...). Studio le stelle? Le vedo anche alla luce del Dhamma. Studio fisica? La studio anche alla luce del Dhamma. Coltivo la vite? La coltivo anche alla luce del Dhamma. Spero di non essere stato troppo criptico...

Sì, i jhana sono molto importanti, ma non sono decisivi per la liberazione. Questa è il frutto della visione profonda penetrante. I jhana potrebbero essere definiti come dei 'pseudo-nibbana'. Il Nibbana infatti distrugge tutti gli elementi negativi della mente; il jhana invece li sopprime solamente e temporaneamente.

Quanto è comune che i praticanti ottengano il jhana?

Non praticando grandi gruppi di meditanti non saprei darti una risposta precisa. Da quel che so per sentito dire e che leggo non è una cosa comune. Però molti possono essere, a mio avviso giustamente, riservati su queste esperienze. Diffido di quelli che vanno in giro urlando a tutti: "Ho raggiunto il primo jhana!". Nella tradizione buddhista si dice che, in quest'era di Kali-yuga, è raro trovare qualcuno in grado di realizzare anche solo il primo jhana. Sembra che era molto  comune al tempo del Buddha. Altri uomini...(sigh  :'( ).
Ciao
#927
Citazione di: Angelo Cannata il 19 Ottobre 2017, 01:21:06 AMLa preghiera è comune, ma con la differenza detta di non contatto con Dio, che ha un'altra conseguenza: nella preghiera cristiana non è richiesta la concentrazione. I Salmi della Bibbia ne sono un esempio: il salmista non fa alcuno sforzo di pensare solo a Dio; al contrario, sono molto frequenti nei Salmi interruzioni improvvise, in cui l'orante si fa prendere dal pensiero dei suoi nemici, che proprio gli stanno sullo stomaco, e si lascia andare anche a invettive cattivissime, cristianamente inaccettabili, scandalose. Con ciò il Cristianesimo non rifiuta la concentrazione, ma non ne fa una necessità primaria: nella preghiera di presentano a Dio anche le proprie preoccupazioni, che possono essere costituite proprio da ciò che nella preghiera ci fa distrarre. Inoltre, nella preghiera cristiana non vi sono gradi da raggiungere; semmai fasi che si può provare a seguire, ma non stadi di cui si possa dire "Sono riuscito a raggiungere questo stadio". Nella preghiera cristiana si presuppone che è Dio a raggiungere te, lì dove ti trovi, anche in mezzo alla tua distrazione, la tua semmai è solo una risposta, non sei tu che devi raggiungere Dio con le tue forze spirituali o con la tua concentrazione. Anche in questo senso, il Cristianesimo non rifiuta alcun tipo di sensazioni speciali che l'orante possa provare, ma queste non sono mai un requisito, né un indicatore dell'autenticità della sua preghiera. Una delle preghiere fondamentali della tradizione cristiana è quella vissuta da Gesù nel Getsemani e fu una preghiera pessima da questo punto di vista: Gesù è nervoso, distrattissmo, si contraddice, non riesce a stare fermo, eppure non ci sono dubbi che quella fu una preghiera ultra-autentica, senza che Gesù abbia raggiunto alcuno stadio di concentrazione, né raccoglimento, né particolari sensazioni di vicinanza a Dio. Non per questo si preferisce la distrazione: i Vangeli dicono anche che Gesù si alzava la mattina presto per pregare, perché non ci fosse disturbo, ma non troviamo riferimenti alla concentrazione. Ci sono episodi in cui Gesù raccomanda la fede nella preghiera, o addirittura le certezza che ciò che si chiede sarà ottenuto, ma questo non è detto che significhi concentrazione. Tra parentesi, ho un piccolo orgoglio: nella mia diocesi forse ero l'unico prete nella cui Messa i bambini avevano libertà di fare quello che volevano; avere bambini piccoli non valeva con me come scusa per non venire a Messa. Dicevo ai genitori che mi disturbavano di più loro, nel loro cercare di tenere sotto controllo i bambini, che non i bambini stessi.

Come scriveva @Green Demetr il cristianesimo è essenzialmente una via di devozione. Non è richiesto di avvicinarsi alla visione del Dio , ma di pregarlo incessantemente ( anche se poi Yeoshwa dice di non moltiplicare le parole, che il Padre vostro sa già  quello di cui avete bisogno...) perché "sia fatta la Sua volontà". Ma qual'è poi la sua volontà? Senza la realizzazione del divino nel proprio animo, la volontà deve essere interpretata. E qui nasce la figura dell'intermediario, del sacerdote: l'uomo che si pone come interprete della volontà divina nel percorso della storia. Nata la figura del sacerdote , o del brahmana come nell'induismo, iniziano i riti per prestare devozione e ingraziarsi la divinità. I riti abbisognano di chi li conduce, per l'appunto l'intermediario che poi, necessitando di organizzarsi, crea l'istituzione religiosa. Ma ogni istituzione ha un 'costo', bisogna procurarsi denaro, molto denaro per tenerla in piedi ( per il 'decoro' stesso dell'istituzione...). Per avere denaro si scende al compromesso con il 'mondo', ossia con il potere. Naturalmente tutto per realizzare la volontà del divino nel mondo e nella storia  :( . L'inefficacia della preghiera è data proprio dall'esempio che citi: il salmista che passa dall'adorazione e dal profondere amore verso Yahweh alle più atroci maledizioni in una sorta di schizofrenico rapporto d'amore/odio. Ho degli amici cristiani che mi chiedono, delle volte, se riesco ad essere costante nella meditazione perché loro non lo sono con la preghiera. Partono con le migliori intenzioni e poi...la palpebra s'abbassa, lo sbadiglio s'allunga...sopravviene la noia e abbandonano tutto! Questo è del tutto naturale: se porti tutta l'agitazione del 'mondo' nella tua preghiera come puoi aspettarti che metta radici e che abbia alcun potere di trasformare la tua vita? Se non prepari il campo per la semina, come puoi pretendere che poi dia un raccolto che non siano misere erbacce? Ecco l'importanza della concentrazione: Non è uno sterile esercizio, ma la condizione indispensabile affinchè il seme della preghiera attecchisca, in ambito cristiano. Bisogna pur domare il cavallo per poi poterci fare un giretto in groppa... ;D
Il cristianesimo, come giustamente scrivi, dice che si può portare tutta la propria 'umanità' nella preghiera: tutta l'irrequietezza, le distrazioni, i voli fantastici e 'presentarli al Signore'. Questo va benissimo , ma se c'è, sottostante, la consapevolezza di essere in questi stati mentali. In mancanza di questa consapevolezza, di questo distacco dell'osservatore dai propri voli...semplicemente tu, in quel momento di preghiera, non sei lì. Sei nell'agitazione, nella fantasia, ecc. ma non nel momento presente della preghiera. Certo ...se poi il sacerdote ti dice che va tutto bene lo stesso, che Dio ti capisce e ti comprende, che anche Lui...basta che reciti 150 Ave Maria, non importa se le biascichi con un occhio aperto e l'altro chiuso, perché l'importante è che sia fatta la Sua volontà...e ricordati della cassettina vicino alla porta...

Alla fine il cristiano non riesce più a pregare ( troppo noioso...), non capisce dove trovare il senso della storia ( un qualche senso...), s'arrabbia con l'intermediario che l'ha gabbato, diserta i riti e la chiesa, si mette anche lui in fila per l'ultimo modello di iphone... :(
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Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
18 Ottobre 2017, 23:57:00 PM
Apeiron, permettimi di non rispondere alle prime due domande, perché le parole sono facilmente fraintendibili, in quanto coloro che magari leggono avendo solo un'infarinatura generica di Dhamma possono trarre conclusioni che sono al di là delle mie intenzioni. Se parlo dell'argomento 'jhana' è perché lo trovo importante nel contesto di questa discussione sul buddhismo e non per celebrare i miei successi o insuccessi personali a riguardo.  E' una di quelle cose ( l' eventuale successo/insuccesso...) che mi riprometto sempre di tenere nella sfera più intima possibile ( anche per non alimentare il senso dell'io/mio.. :) ma anche perché sento che è 'bene' così...).
La terza domanda: un maestro non è indispensabile ma certo giova molto ad un meditante proprio quando questi s'imbatte in certe esperienze  che possono addirittura diventare dannose per il praticante stesso.  Non dimentichiamoci che molte persone, fantomatici guru, si servono di questo per esercitare potere  e per alimentare il proprio ego, anziche lottare per diminuirlo, o per scrivere corposi libri di visioni e messaggi direttamente trasmessigli da entità soprannaturali. Il problema è : dove trovare un nobile maestro che ti possa aiutare senza pretendere qualcosa in cambio? Soprattutto qui da noi? Ce ne sono, ma bisogna cercare parecchio...
La funzione del Nibbana è 'dare pace' o 'confortare' ed è sicuramente uno stato di quiete, di non agitazione, ma anche uno stato della mente 'che conosce'. E cosa conosce la mente? "Prima c'era la brama, ora non c'è più. Prima c'era l'avversione, ora non c'è più. Prima c'era l'ignoranza, ora non c'è più". Coloro che intendono il Nibbana come 'nulla' non hanno compreso fino in fondo l'Insegnamento e soprattutto non hanno esperimentato in modo non illusorio i jhana. I quattro Jhana ( secondo il buddhismo) sono come cancelli da superare , ma il meditante non vede nella pratica tutta questa schematicità descrittiva , come riportata dai testi, che sembrano quasi delle guide Michelin... ;D La meditazione fluisce spontanea e s'approfondisce da sé, senza che vi sia , da parte della coscienza, una necessità continua di catalogare."Ecco il primo jhana!...Acc...ecco il secondo...o forse no? Sarà mica il terzo? ...Che li abbia già raggiunti tutti e quattro?"... :o
Scherzo, ovviamente, ma c'è questo rischio. "Ho raggiunto il primo jhana, e tu?"; "Io sto lavorando sul secondo". Questo non è serio.  La prima serietà che impone la meditazione buddhista è quella delle motivazioni e non può esserci, per il Buddha, motivazione che non abbia solide radici nella moralità ( sila ). Molti buddhisti , soprattutto occidentali, praticano il Dhamma  e la meditazione ritenendo secondaria la moralità della motivazione. L' autentica purezza dei jhana però è strettamente legata alla purezza delle intenzioni. Intenzione di comprendere con il proprio 'cuore' le quattro nobili verità e in particolare la prima. Mi è capitato di incontrare dei personaggi che si definivano come buddhisti, ma che rifiutavano la moralità ( soprattutto in campo sessuale, ovviamente...) e che arrivavano a definirsi tali proprio perché "Il Buddha non ha mai predicato tutta quella sessuofobia dei cristiani...". Oltre al sesso libero si fumavano dei bei cannoni, specificando che il Buddha non l'ha mai proibito e che il quinto precetto non riguarda la Marihuana, ampiamente usata da millenni dai santoni hindu per visualizzare gli dèi...Capisci che comodo diventa allora il dichiararsi "buddhista"? Ci costruiamo un bel Dhamma su misura. I jhana e il Nibbana diventano allora, semplicemente, 'farsi un'altra esperienza sensazionale'.  In realtà questi meditanti alfine trovano solo confusione e altra sofferenza...
La concentrazione che porta al jhana è un mezzo potente per stabilizzare la mente, così che possa avanzare nella vipassana, nella visione profonda. Il Nibbana è una condizione di libertà dal sankhara, dal continuo processo di creazione della mente; viene infatti definito come 'non-prodotto' e 'non-creato'. Questo , a mio parere, significa che né è un sankhara, né che attraverso il sankhara viene prodotto.
Il Nibbana è quindi una condizione priva di ulteriori creazioni. Un uomo libero da avidya (ignoranza) non produce alcun sankhara. Ottenuto il Nibbana l'arahant conserva i suoi fattori di personalità ( khandha, dei quali uno è per l'appunto il sankhara...) fino alla morte. I cinque fattori sono ben compresi, rimangono ancora 'in piedi',  anche se le loro radici sono state tagliate. Solo al momento della morte le attività 'si acquietano'. In pratica, a mio parere, solo i tipi di sankhara che determinano conseguenze di natura kammica ( quindi la brama, l'odio e l'illusione...) vengono definitivamente sradicati con l'entrata nello stato di Nibbana in vita. Nei jhana, e in particolare nella sola realizzazione del primo, c'è una temporanea scomparsa, una 'sospensione', ma poi, non avendo ancora ottenuto la visione profonda, si torna al sankhara. Che cosa succede al momento della morte dell'arahant? Come ben sai, Siddhartha rifiutò di farsi coinvolgere in una discussione su questo. Riporto un brano di Rune Johannsson, uno psicologo svedese esperto di pali e sanscrito e ovviamente di Dhamma:
Potremmo dire che quando un insieme di forze interagenti, privo di un sostrato materiale, viene a cessare, non rimane nulla. A questo punto la personalità umana si annullerebbe nella morte. Ma il mondo del Buddha era differente: egli conosceva bene i processi della coscienza e sapeva, dall'esperienza meditativa, che questa non deve necessariamente cessare quando cessano tutti i processi coscienti. Al contrario, era proprio questa per lui la condizione ideale: una quieta tranquillità, una coscienza immobile, completamente priva di processi coscienti, assolutamente impersonale, assolutamente illimitata. Giungere a tanto era il solo modo per vincere l'impermanenza e la molteplicità; ed egli sentiva che si trattava di una condizione permanente, l'unica condizione permanente possibile..."
#929
Citazione di: green demetr il 18 Ottobre 2017, 22:17:20 PMMi pare che gli assertori del Dio da laboratorio (antony e viator) , non abbiamo inteso ancora una cosa : La trascendenza. La trascendenza ha a che fare con il contatto con Dio. La mia domanda è semplice, ma voi sentite Dio o semplicemente siete curiosi di sapere se sia portabile in laboratorio così anche voi potete sentirlo? Non capisco nemmeno te angelo, non ho sinceramente capito quale sia la tua posizione. Visto l'insistenza con cui hai risposto ad antony . che parla di tutto ma di Dio proprio MAI. Ci stiamo veramente ponendo il problema della scrutabilità di DIO? Ma i testi sacri cosa sono allora per te? Vi è una differenza abissale tra la sapienza della religione e le commodities della scienza. Volevo farti notare, mi sembra strano visto l'ammontare di scritti che ho prodotto, che la pretesa di far diventare DIO un oggetto, e cioè la SCIENZA il vero DEUS ex machina , è una MALATTIA! Scuotiti amico mio! Oppure se vuoi parliamone, magari non mi sono fatto capire di là nella sezione filosofica. (o forse non hai avuto modo di leggermi)

Se ad uno non gli si rizzano i peli sulla schiena quando pensa a Dio è meglio si dedichi ad altro... :(
Che vanità delle vanità ( alla Qoelet...) la pretesa di costruire una 'teoria' su Dio...
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Presentazione nuovi iscritti / Re:Mi presento...
18 Ottobre 2017, 21:48:28 PM
Citazione di: Enrico il 18 Ottobre 2017, 21:42:24 PMCiao a tutti. Sono stato sempre interessato per le scienze e saperi in generale ma ho scoperto la bellezza della filosofia quando ho dovuto scegliere l'università, non avendomi convinto il resto delle discipline, mi sono buttato in questa. Con totale incoscienza. ;D Vorrei partecipare con piacere alle vostre discussioni ma ahimè sono un ignorante...

Beh, lo ero anch'io! E dopo novecento e passa post devo dire che lo sono ancora!  :-[  :) ...
Ben arrivato!