Citazione di: Claudia K il 08 Marzo 2023, 01:45:30 AMStrano ma vero : condivido totalmente la conclusione in neretto, ma non un passaggio precedente; e sul quale non riuscivo a capirti neanche in passate discussioni, e benchè tu l'abbia qui più difffusamente illustrato (grazie), perdonami ma non riesco a farmelo quadrare
Fondamentalmente : perchè usi il termine <utilitaristico> ?
Evidente e siamo d'accordo che nel mondo mentale e speculativo del soggetto X possano "esistere" soltanto gli enti di cui X ha rappresentazione o ritenga di averne.
Da qui in poi mi perdo nella tua teoria, e per ben più di una ragione. Perchè:
1) la rappresentazione che X ha di qualunque ente (animato o inanimato, immanente o trascendente) è la SUA rappresentazione e, condividendo una osservazione che hai svolto sopra, la Psicologia, soprattutto Sociale,...per quanto Scienza non esatta, insieme alle Neuroscienze aggiungo io,...è così tanto "più avanti" rispetto alla Filosofia da poter serenamente scindere e DIMOSTRARE quante "rappresentazioni" della "realtà mentale del soggetto X" possano essere frutto di rappresentazioni indotte e abilmente insufflate (qui un esempio elementare: l'infanzia della media delle persone è stata segnata da robe tipo la nonna o la tata che quando non ne potevano più hanno lanciato il rimedio - estremanete tossico, sebbene non farmacologico - della frase tipo "adesso basta e bisogna riposare, altrimenti arriva l'uomo nero che punisce i bambini ribelli" e che poi fa il paio con la mostruosa befana che può portare "il carbone" se sei stato "cattivo". Poi emerge agli onori della cronoca il recente caso "strano" di due genitori particolari che hanno scelto di vivere in una piccola comunità molto particolare (in Toscana mi sembra) e vedi che un bambineto di tre anni, formato all'idea che della Natura si è parte...viene trovato dopo una notte fuori casa da solo, del tutto tranquillo e dopo essersi nutrito di mirtilli o simili che aveva saputo cogliere da solo, e pure senza scarpine...non aveva nessuna paura di nulla!) ;
- in secondo luogo è noto ad Esse (Psicolologia, Pscihiatria e Neuroscienze) come e quanto le medesime rappresentazioni del soggetto X possano essere (e quanto spesso lo sono!) frutto di "soli" scompensi psicoo-fisici (come tutti i deliri allucinatori che derivano da patologie psichiatriche o da assunzione di sostanze psicoattive); è come dire che la rappesentazione di X...è proprio e solo la rappresentazione di X! E che di agganci con la realtà reale può averne meno di niente, eppure essere propalata come "Verità"...che no poggia SU NULLA , se non sul delirio soggettivo di X;
- ciò premesso torno allo <utilitaristico> che io non vedo e non so collocare : sempre il soggetto X può vivere come propria realtà mentale una serie infinita di ossessioni e fobie, ritenendole realtà, senza che lo siano affatto e SENZA CHE ABBIANO NULLA DI UTILITARISTICO e magari pur risultando fuorvianti e devastanti per lo stesso X e per la sua vita! Mentre al contempo può non avere la benchè minima rappresentazione di un virus e della sua potenzialità letale (cambiamo virus e prendiamo l'HIV o il papilloma virus, per non essere monotoni) e trovarsi la realtà reale totalmente sovvertita da questo ente che X non si era mai rappresentato o di cui aveva elaborato una rappresentazione propria in largo difetto.
Certamente lo è ne sono consapevole. Mi complimento con te per averla così ben intercettata e definita.
Il "fanciulla" del passaggio precedente lo considero un ENORME complimento, e te ne sono grata, ma in sincerità lo ricambio a te, nella tua dedizione al Riflettere, che si vede benisssimo non essere meno spontanea e sincera della mia.
Per i percorsi scolastici...io sono sempre stata molto quotata e da adulta mi sono chiesta e ancora mi chiedo come possa essere accaduto, dal momento che denotavo ampi margini autistici con introversione totale, sebbene nella mia infanzia il quadro autistico non fosse stato ancora definito. Solo per dire che evidentemente ho avuto la fortuna di incrociare insegnanti che non hanno mai enfatizzato, a partire dalle elementari, quelli e solo quelli che erano i primi ad alzare la mano con "io la so" o a recitare la poesia di Pasqua e Natale senza sentirsi orribilmente ridicoli come pappagallini sul trespolo. E sentirsi ridicoli in queste perfomances era e resta per me una grande prova di Intelligenza Globale.
Con gli insegnanti sbagliati e limitati si può provare quel che hai provato tu. E' capitato anche ad Einstein...
Non ho mai avuto crisi con la Filosofia, ma fu la Filosfia del Diritto a creami massima passione e altrettanto massima delusione, con rischio Confusione.
E le ragioni sono molto affini a quelle su cui a volte non riesco a condividere alcuni passaggi dei tuoi Contenuti.
La Filosofia del Diritto è la ricerca del "diritto scientificamente validabile", che per me resta un'Araba Fenice, atteso che il Diritto degli umani è funzione del libero arbitrio (assolutamente NON in senso cattolico) e che se dovessimo attingere alle regole di Natura per bypassare l'impasse...sempre troviamo una Natura in cui (tanto per farla iper-semplice) "il pesce grande mangia il pesce piccolo". Per cui...in Etica (che per me è sacra) purtroppo non esiste un modello in Natura. Crearlo dovrebbe essere quel salto di qualità che all'Umano potrebbe essere di dovere, visto il suo surplus di QI.
Ma non ne vedo traccia , e posso solo concludere con proposizione di standig ovation al tuo :
Un sempre più caro saluto a te, Daniele.
Utilitaristico: devi considerare che io contesto la formulazione classica che si da della conoscenza a priori. Parto dunque da una premessa: secondo me una cosa è tutto quello che la tua mente può inquadrare tanto da poterne parlare, anche a vanvera. Aggiungo ora quanto già scritto tempo fa sul termine "significato" che per me deve intendersi più che altro come "senso":
"Per me il significato, o meglio, un significato di qualcosa ... quel che io chiamo un tempo, ma che assomiglia anche ad un'azione o a un verbo, risiede in ciò che quella cosa ti informa in un determinato momento lungo la tua azione di vivere. Tale informazione, un significato appunto, possiede due componenti non separabili, e non una, come siamo soliti trattarlo: una intima che la cosa indirizza all'interiorità, e una razionale, che si costituisce nella fissazione delle sequenze spazio temporali dell'esperienza con la cosa. Se guardiamo alla nostra lingua, nei vocabolari non vi è cenno della parte intima del significato, non c'è un vocabolario che descriva le potenziali affettività per ogni parola. Certo, per esprimere l'intimità usiamo gli aggettivi, o qualche sostantivo, ma sempre in termini razionali. Le nostre modalità linguistiche cioè, a parte qualche gridolino, qualche parola sussurrata o gridata, hanno in parte abdicato da un linguaggio di tipo emozionale, che poteva invece sussistere in tempi pre-umani. Probabilmente ciò sarebbe accaduto anche per il fatto che la lingua, a cagione del nostro atteggiamento marcatamente volto all'artificio, abbia dovuto ricorrere ineluttabilmente, e anche inconsapevolmente dico io, alla componente più razionale dei messaggi provenienti dalle varie parti del mondo che pretendeva rappresentare. Scendendo però nelle piazze del mondo, queste due componenti dell'unità del significato si intrecciano ben evidenti nella realtà dell'adesso, oscillando però in peso tra l'una e l'altra. Ma qualora vi fosse una decisa spinta all'azione determinata dalla cosa, sempre che ve ne sia il tempo, o magari ancora dell'altro tempo, questa azione sarebbe determinata dalla parte specialmente intima del significato, piuttosto che da quella razionale ... Infatti ... se la cosa in questione fosse "una pietra che rotola", tu non ti sposteresti quando vedi la cosa, ti sposteresti invece se la cosa direziona verso di te, ovviamente ... L'azione che compie la cosa è la stessa, ma il significato per te diverte. Nel primo caso pesa la componente razionale, nel secondo quella intima. Per quel che infine riguarda il segno, la pietra in questo caso, essa rappresenterebbe solo il punto che tiene la mente coi piedi per terra ... cioè attaccata al corpo, che sa cosa può fare o fargli una pietra che rotola.".
Questa dimensione del senso dell'immanenza nel transito dal non manifesto al manifesto per me appartiene nei limiti delle sue possibilità pure al neonato che si imbeve delle istruzioni di varia natura che gli vengono fornite più che altro dai genitori; si consideri poi come zona grigia (per noi che studiamo) una conoscenza già inscritta nel suo codice genetico. Pertanto, a mio vedere, l'individuo fin dalla nascita non farebbe altro che regolare in modi spontanei l'utilitarismo (nel bene e nel male) degli enti e/o entità che in certa misura sarà costretto ad affrontare via via che cresce. In pratica la conoscenza a priori, precategoriale in quanto non logica, si costituirebbe della relazione che l'individuo intrattiene con il suo intendere personale di bene e male riferito alla propria pelle. L'esperienza gli offrirebbe la possibilità di razionalizzare in un edificio conoscitivo tale rapporto col bene ed il male. Siccome non voglio tarpare le ali alla tua perizia, penso che quanto detto possa bastare per darti qualche riflessione in merito. Ti ringrazio per gli apprezzamenti e ti dirò che mi piace molto il tuo atteggiamento. Trovo inoltre di notevole interesse quanto hai esposto in successione nel post e certamente ne riparleremo. Non aggiungo altro se non un augurio che tu possa trascorrere una serena giornata Claudia ... Ciao