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Messaggi - Apeiron

#931
Varie / Re:Motivi chiusure discussioni
16 Febbraio 2017, 12:48:13 PM
Beh Cratilo è la "Via"  ;D  se non puoi scendere nemmeno una volta nello stesso fiume non puoi attaccarti ad esso, ergo sei libero dalla sofferenza ahahah
#932
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
16 Febbraio 2017, 12:46:50 PM
I miei "two cents":

Il "nucleo dottrinale" del buddismo è riassunto nelle Quattro Nobili Verità e nei Tre Caratteri Fondamentali dell'Esistenza. Le quattro nobili verità:
1) Esiste il "dukkha": ossia l'esistenza è sofferenza. Perchè mai ciò è vero? Ebbene perchè o vi è sofferenza oppure perchè quando arriva qualcosa che ci rende felici inesorabilmente prima o poi quel qualcosa svanisce;
2) C' una causa del "dukkha": la causa della sofferenza è l'attaccamento a questi stati piacevoli.
3)Fin qui sarebbe veramente deprimente. Ma arriva una luce di speranza che è la terza nobile verità: esiste per così dire uno "stato" privo dalla sofferenza, il Nirvana ("estinzione").
4) Esiste un modo pratico per ottenere l'Estinzione. E questa è la parte principale del buddismo, ossia la pratica!

Collegato a ciò si deve anche giustificare tutto questo e lo si fa con i tre caratteri fondamentali:
1)anicca: ossia impermanenza. Precisamente: tutto ciò che dipende da condizioni è impermanente. Quindi TUTTI gli esseri viventi, compresi quelli residenti nel più infimo degli inferni (naraka), sia i deva che si godono il paradiso sono in realtà soggetti al declino. Per questo motivo ogni attaccamento è un male. E qui d'altronde c'è la dolorosa verità, ossia la "diagnosi" che bisogna accettare pienamente: tutti gli stadi dell'esistenza sono impermanenti. E ciò che è impermanente causa dolore (dukkha)!
2)dukkha (non lo descrivo)
3)anatta. L'anatta è molto più "subdolo", nel senso che è difficile da comprendere e guarda caso è proprio la comprensione di questa dottrina che ti conduce alla liberazione. L'anatta significa "non-sé". In senso stretto è una conseguenza di anicca e dukkha: ciò che è impermanente è doloroso e quindi non può essere né (veramente) "mio", né "me". E il Nirvana? Ecco qui in realtà non c'è un "vero consenso". Il Dhammapada però è lapidario: "tutto è anatta" (versetto 279). Ora Nirvana è descritto come "amata" (senza morte), permanente ecc. La domanda sorge: come può essere dunque "un non-sé"? In nessuna sutta è davvero spiegato questo problema. Anzi sembra che Buddha ritenga questa domanda come "inutile". Perchè? L'importante è la pratica! Solamente quando arriverai alla Liberazione/Nirvana capirai cos'è! In ogni caso è descritto come uno "stato" in cui ci si è liberati da ogni attaccamento e quindi da ogni pensiero di "io" e di "mio". In sostanza è una sorta di "suicidio epistemologico" in quanto il pensiero è morto. E non a caso il Nemico Mara (parola che è legata al concetto di "morte") cerca di ingannare facendo in modo che al praticante vengano i pensieri del tipo "io e mio".  Mara d'altronde, il Re del Samsara, vuole che continui il ciclo delle rinascite per continuare il ciclo di sofferenza e di morte. Come vincere Mara? Beh arrendendosi! Ci si deve arrendere da ogni pretesa di identificazione, da ogni pretesa di possesso.

Fatta questa escursione spero che sia chiaro che per il buddismo il vero problema è che "io" e "mio" conducono all'attaccamento per "cose" impermanenti. Questo è l'atto di fede che devi fare per inziare la pratica: non ci sono rinascite permanenti. Realizzato ciò "si inizia".

P.S. Per quanto mi riguarda credo che la dottrina abbia un grosso problema perchè non c'è vera distinzione tra l'Eterno Oblio e il Nirvana. Ma questa è una mia opinione...
#933
Grazie, come sempre, Sari   :D Per la questione dell'off topic: beh da quando abbiamo iniziato a discutere del relativismo ho come l'impressione di essere andati off topic  ;D  


@Phil
Ok sì appunto non ho mai "preteso" di "dimostrare" che ci sia un'oggettività e una gerarchia. Quindi sì ammetto che "non lo so" è una risposta "onesta". Tuttavia, credo, che in questo contesto si "debba" scegliere pur riconoscendo l'impossibilità di dimostrare la propria scelta. La scelta io l'ho effettuata considerando i pregi e i difetti delle due alternative e  ho scelto di conseguenza. Il nichilismo è una via e come ho già detto ha i suoi meriti perchè aiuta a sbatterci in faccia i nostri limiti (o meglio è la critica che lo fa...). Quindi sì sono se vuoi allergico ma la mia allergia è passata proprio nel considerare il nichilismo e nel riconoscere che in esso un po' di verità c'è.
Sulla gerarchia. Sì hai ragione non implica che ci sia una "prospettiva assoluta", tuttavia non appena dici che una prospettiva è "migliore" di un'altra fai un giudizio "assoluto" di valore. Per farlo in sostanza devi fare in modo che tale gerarchia "trascenda" le prospettive. Quindi secondo me l'ammissione delle gerarchie implica "certa oggettività". Ritenere che le gerarchie siano pure convenzioni a mio giudizio non è soddisfacente.
#934
Citazione di: Jean il 15 Febbraio 2017, 21:37:27 PMMi piace il modo d'argomentare di Angelo Cannata, che tende a rimaner semplice, usando parole semplici. Grazie al quale (unito al contributo di Phil) ho compreso (per quel che il sottoscritto può comprendere) qualcosa in più del relativismo. Proseguo copiando qui sotto un frammento di una mia risposta ad Angelo (in Spiritualità- Lo specchio della verità – post 24):  Poiché (Angelo) mi hai onorato della tua visita mi son sentito in dovere di accedere al link della tua firma e dare un'occhiata al sito che hai costruito. Permettimi di avere delle perplessità sull'essere...l'unico sito al mondo, interamente dedicato alla spiritualità, con l'obiettivo di essere imparziale e indipendente da qualsiasi religione o credenza. Un proclama altrettanto categorico di quelli di ogni religione che ritenga di essere la sola depositaria della "vera" verità...  ... per porre la questione della coesistenza (in un soggetto) di posizioni che spaziano da un estremo (assunti relativi) all'altro (assunti indimostrabili). Nel caso del relativismo mi chiedo se (riferito a un soggetto) preveda o accetti la possibilità d'esserlo a fasi/ambiti alterni... se questa è una sua peculiarità sarebbe interessante darne spiegazione. Tra i due estremi... quelli che Freedom ha chiamato "gradi di verità" che permettono, nei semplici casi della vita quotidiana, di non sbattere contro i muri o di ritenere, ad un livello un po' superiore, forse metafisico... che le migliaia di ex voto (strano che alcuno si sia sentito sollecitato ad approfondir l'argomento in spiritualità, forse ho sbagliato sezione...) abbiano valenza di prove, ovviamente dopo esser stati "valutati" con diversi strumenti d'indagine (non ultimo quello statistico) e non solo relegati ad atti di fede... perché lì c'è qualcosa anziché il nulla quale risultato di molte discussioni.

Personalmente considero una posizione come la mia o ad essa affine una sorta di "via di mezzo" tra il relativismo e il dogmatismo assoluto. Ossia secondo me nella maggior parte delle cose si deve essere critici (per questo dopotutto rispetto lo spirito critico di Angelo Cannata) ma l'eccesso della critica conduce al nichilismo (negando completamente l'oggettività) o alla completa inazione (perchè d'altronde non si può affermare più nulla). Sinceramente il relativismo mi sembra una posizione provvisoria, nel senso che non rimarrei nel relativismo per sempre (per lo stesso motivo per cui non rimarrei nella bonaccia con una barca a vele...). Il relativismo lo ritengo incompleto tuttavia riconosco in esso una profonda verità che tuttavia era già stata detta dall'Oracolo di Delfi in due suoi aforismi: "pensa come un mortale" e "conosci te stesso". Il relativismo appunto ci fa capire che non siamo né onniscenti né onnipotenti ed è un ottimo modo per riconoscere la nostra limitatezza. Ci si deve riconoscere piccoli, anzi vado oltre e seguendo Pascal dico che è anche giusto sentirsi "miseri". Ma appunto proprio perchè non ci si può riconoscere solo miseri è anche giusto secondo me ritenere possibile l'esistenza di una realtà oggettiva (magari mutevole nel tempo!) e la possibilità di una conoscenza incompleta e distorta di essa. Questa posizione, secondo me, incita al dialogo e di certo non lo sopprime. Col dialogo infatti posso capire meglio sia la mia prospettiva sul "paesaggio" (ossia la "realtà") sia tentare di "capire" anche quelle altrui.

A questo punto ti farei una domanda (rispondi se ti va di farlo  ;) ): Esiste il paesaggio o solo le prospettive?
#935
Grazie Phil della tua spiegazione. Domanda per te: esiste il paesaggio (che può essere oggettivo e mutevole, chi ha mai detto il contrario?  ;D ) o solo le prospettive? Non appena crei una gerarchia delle prospettive vai già oltre il relativismo. D'altronde nemmeno Nietzsche in fondo si può considerare "prospettivista" non appena parla di "volontà di potenza"...

Come Sari affermo anche io che la critica è ben accetta, proprio perchè senza il dubbio non si va da nessuna parte, nel senso che non si fanno progressi. Pensare di conoscere il paesaggio completamente è da folli, è appunto da delirio di onnipotenza. Ciò non toglie che tuttavia si può cercare di conoscere meglio il paesaggio. Ora potremmo chiederci se il paesaggio esiste o no. L'istinto naturale ci dice di sì ma l'istinto naturale magari ci inganna. A questo punto passiamo alla ragione: o esiste o non esiste. Se non esiste non c'è niente di oggettivo e non ci sono gerarchie delle prospettive. Siccome questo mi pare nichilismo, possiamo scegliere di credere che esista. Tale "credenza" non può essere "dimostrata", tuttavia l'assunzione mi sembra più che ragionevole.

Una domanda per il Sari: se il buddismo afferma che il paesaggio esiste allora è anch'esso "metafisico". D'altronde "tutta l'esistenza condizionata è impermanente" (deva compresi che vivono molto di più di Buddha, quindi Buddha non può aver avuto l'esperienza diretta che conferma la sua "teoria" e qui entra in ballo la fede...) mi pare un'affermazione "oggettiva". Semmai su può dire che siccome per Buddha (o anche Nagarjuna) non è possibile "afferrare" tutta la realtà e ciò lo si capisce con la critica allora non rimane che rinunciare al pensiero ed entrare nel Silenzio. Ma questo d'altronde è un insegnamento comune a molte tradizioni orientali (es taoismo). Non mi pare che siano relativisti a riguardo ad una realtà oggettiva, al karma ecc. E nemmeno uno può essere relativista nella pratica: non ha senso se inizi l'Ottuplice Sentiero mettere in dubbio continuamente che "tutta l'esistenza condizionata è impermanente". Lo accetti e basta  ;D Quindi la domanda per il Sari: come fai a dire che il buddismo è sempre la via di mezzo tra estremi quando fa delle affermazioni indimostrabili che devono essere accettate?  ;D  Si può semmai dire che la dottrina buddista è meno importante della pratica ma questo si sapeva già... Tuttavia in un forum filosofico bisogna parlare di dottrine.
#936
Citazione di: Angelo Cannata il 15 Febbraio 2017, 11:31:15 AM
Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 09:40:15 AMIl problema del relativismo è appunto quello che nega il paesaggio e tiene solo le angolazioni.
Il relativismo non nega l'esistenza del paesaggio. Non può negarla, poiché negarla significherebbe avanzare la pretesa di aver raggiunto una certezza, la certezza, appunto, che il paesaggio non c'è. Il relativismo dubita, getta sospetti, mette tutto in questione, ma non nega né afferma alcunché.
Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 09:40:15 AMAffermare l'esistenza del paesaggio non è essere dogmatici ma semplicemente riconoscere che c'è un oggetto della nostra ricerca, indipendente da noi.
Riconoscere che c'è un oggetto della nostra ricerca indipendente da noi è essere dogmatici. Per tentare di chiarire meglio faccio il confronto con la scienza. Se io dico alla scienza che forse il sangue è blu, la scienza non nega questa possibilità. È questo che tanti non capiscono. Quando la scienza dice che il sangue è rosso, per essere più esatti, la sua affermazione dovrebbe essere riportata in questi termini: "I risultati delle ricerche effettuate finora mostrano produttivo, efficace, funzionale, trattare il sangue come se fossse di colore rosso; ma nulla esclude che tale colore possa essere nient'altro che un'illusione, un inganno che finora ha gravato su tutti noi; se tu vuoi proporre che il sangue è blu, siamo ben lieti che tu faccia le tue ricerche per farci sapere se per caso ci siamo ingannati". Ora, la scienza non può ripetere tutta questa tiritera ad ogni sua affermazione; e allora, per accorciare i discorsi, essa preferisce dire con semplicità "Il sangue è rosso". Sia chiaro quindi che, tutte le volte che la scienza usa il verbo essere, si tratta di un uso sbrigativo per non dover ripetere tutti i dettagli che ho detto sopra. Adesso andiamo alla metafisica, non la metafisica intesa come semplice teoria aperta alle smentite, ma la metafisica dogmatica, poiché è questa che finora è stata al centro della mia attenzione in tutta questa discussione. Per la metafisica dogmatica non ci sono usi sbrigativi delle parole: ogni parola viene usata in tutto il suo peso totale, assoluto, che non lascia spazio alcuno a divergenze o imprecisioni. In questo senso, nel momento in cui la metafisica afferma che il sangue è rosso, significa che è rosso e basta, non sono ammesse discussioni, né presenti, né future. A questo punto si tratta di verificare che peso vuoi dare alle parole che hai usato nella tua frase che ho citato qui sopra, specificamente alla parola "indipendente". Se è la scienza a dire che l'esistenza di un oggetto è indipendente da noi, in tal caso la parola "indipendente" ha un valore sbrigativo. Il vero senso è "troviamo fruttuoso, efficace, produttivo, trattare l'esistenza di quell'oggetto come indipendente da noi, ma non escludiamo, né escluderemo mai ulteriori ricerche al riguardo". In metafisica invece la parola "indipendente" è una parola di importanza cruciale, fondamentale, capitale. In metafisica "indipendente" significa che tu ed io non possiamo farci niente, e non potremo mai farci niente, né in presente né in futuro, per principio non sarà mai possibile smentire tale esistenza insieme alla sua indipendenza. Ciò significa che, se devo dare alle tue parole un peso forte, non posso non sentirle come contraddittorie. A meno che anche tu, come la scienza, non intenda darvi un senso sbrigativo. Una caratteristica della scienza, legata al principio di falsificabilità, consiste proprio nel non dare mai nulla per definitivamente certo. In questo senso la scienza è nichilista, nella scienza non esistono verità definitive, ma tutto rimane aperto alla smentita, al dubbio, a ulteriori ricerche. Secondo la mentalità dei metafisici, ciò dovrebbe rendere la scienza qualcosa di inaffidabile, perennemente insicuro, senza alcun valore, e invece accade proprio l'opposto: la scienza oggi è quanto di più serio e di affidabile possiamo produrre proprio perché essa si presenta nuda, esposta al dubbio. Il metafisico invece, proprio a causa di queste sue paure del dubbio, va a cadere nell'esatto opposto: pensa di pervenire ad affermazioni indubitabili, infalsificabili, ma proprio a causa di ciò le sue affermazioni sono del tutto inconsistenti, perennemente esposte ai sospetti del relativismo.

Angelo, si è vero. Lo ammetto. Non si può dimostrare l'esistenza del paesaggio. Ammetto di avere fede nell'esistenza del paesaggio. Secondo me è una fede ragionevole. Mi sembra a momenti di vedere il me di qualche anno fa dopo che ho abbandonato Spinoza per Nietzsche. Tuttavia nel dubbio poni una scelta: o il paesaggio esiste o il paesaggio non esiste. Se il paesaggio non esiste allora è vero che non ci sono gerarchie, non ci sono valori ecc e si ha il nichilismo. Se il paesaggio esiste allora si dubita con uno scopo ossia per esplorare le varie prospettive. Ho scelto di credere nell'esistenza del paesaggio, perchè come dici tu è una posizione indimostrabile e infalsificabile. Così come è indimostrabile per me che la Terra abbia più di 23 anni. Come dice Wittgenstein nel suo capolavoro "della Certezza" che consiglio a tutti, l'esistenza del paesaggio non è una vera proposizione ma è posta come il fondamento delle altre. Ma in ogni caso si deve scegliere tra le due. Sinceramente ho scelto quella che mi sembra più "utile". In quell'altra mi sembrava di essere all'oscuro e solo. Se vuoi l'ho fatto per codardia, anche se sinceramente non mi sembra.
#937
Citazione di: Sariputra il 15 Febbraio 2017, 10:11:16 AM
Citazione di: Apeiron il 15 Febbraio 2017, 09:51:18 AM
Citazione di: Sariputra il 15 Febbraio 2017, 08:46:03 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 15 Febbraio 2017, 04:33:13 AM
Citazione di: Sariputra il 15 Febbraio 2017, 00:08:39 AMNon ne esci... io ho la regina...
A mio parere non è mai possibile stabilire chi è dentro e chi è fuori, chi dovrebbe uscire e chi dovrebbe entrare, chi ha la regina e se esiste una regina. Dalla frequentazione dei Vangeli mi è rimasto impresso come, specialmente in quello di Giovanni, riguardo al momento in cui Gesù fu processato, il lettore venga condotto a chiedersi chi è che sta facendo da giudice, Pilato, il sinedrio, il popolo nei confronti di Gesù oppure Gesù nei confronti di tutti costoro. Anche questo è relativismo: stabilire chi è giudice e chi imputato, chi vinto e chi vincitore, o se sia tutt'altro il senso di ciò che si sta verificando, dipende dalla prospettiva da cui scegliamo di interpretare le cose. Da un punto di vista di relativismo appare umanamente interessante abituarsi a frequentare sempre più prospettive, mai accontentarsi di una sola. Anche questo era un insegnamento che raccomandavano i miei professori di Bibbia: mai studiare la Bibbia accompagnandosi con un commentario solo: minimo due, meglio se sono di più. Questo fa abituare alla mentalità che non esiste un senso (delle cose, di un testo, della vita, ecc.), tanto meno il senso, ma sempre molteplici sensi, tutti dipendenti dal nostro essere umani, quindi relativi.
Citazione di: Angelo Cannata il 15 Febbraio 2017, 05:01:30 AMP.S. Ma poi non capisco come mai ti sei sentito attaccato personalmente, visto che parli di armi, di partita a scacchi, non ne esci, ecc. E che è, la terza guerra mondiale? Io avevo semplicemente espresso un mio modo di considerare il relativismo. Se la senti come guerra penso che per me non sia il caso di proseguire.
E chi ha mai detto che bisogna accontentarsi di una sola prospettiva?Avere molteplici possibilità di interpretazione e di prospettiva, non significa affatto, come sostieni tu, che quindi nessuna prospettiva ha significato. Tutte le prospettive però, per essere prospettive, ricorrono allo stesso linguaggio interpretativo, a cui tu , come nichilista, neghi qualunque validità. Di più, neghi qualunque validità di qualunque cosa, persino della tua stessa esistenza e quindi ,a mio parere, trovo estremamente contraddittorio che tu adesso venga ad affermare l'importanza di avere molteplici prospettive. Importanza rispetto a che cosa, visto che neghi il concetto stesso di importanza? Per quello che riguarda la regina...sei tu, Angelo, che hai iniziato questa discussione con fare arrogante e dileggiante le opinioni altrui, non io...e non è un caso che , sia io che un altro utente, ci siamo sentiti offesi da questo atteggiamento. Pertanto ho cercato, nei miei immensi limiti, di mostrarti quello che , a mio modesto parere, risultava contraddittorio anche nella tua posizione...che poi tu provi piacere per le contraddizioni, non è affar mio... ;D Mi associo alla considerazione della sterilità di continuare questa discussione tra di noi. Se dobbiamo ridurci a discutere...del nulla ::)
Negare il concetto di importanza segue dal negare il concetto di "gerarchia delle prospettive". Ma ammettere una gerarchie tra le prospettive non è dogmatismo. Semmai dogmatismo è anche dire: "io ho la mia prospettiva e siccome nessuna è più importante della mia allora non ha senso che io impari altre prospettive. Perchè d'altronde se comunque sono prospettive come la mia anche conoscendole, la mia nuova prospettiva sarà tanto importante quanto quella che ora! Quindi non ci guadagnerei nulla". Questo discorso vale per ogni relativismo (quindi anche per quello "temporale" di Phil). Ti correggo Sari su una cosa. Anche nel buddismo c'è una "verità eterna" ed quella del trittico anicca-anatta-dukkha (ossia il Dhamma stesso). La suprema prospettiva è appunto quella che conduce alla Liberazione. Nel cristianesimo la "verità eterna" è quella di Dio. Ciò non toglie tuttavia che il dialogo tra le religioni può aiutare ai componenti di una determinata religione di conoscere meglio la propria. Nell'esempio del messaggio precedente anche se una religione vede tutto il paesaggio può ancora imparare dalle altre i dettagli su cui non si è soffermata. Di certo una religione non può rifiutare un dogma (il buddismo senza "anicca" non sarebbe più tale ecc), tuttavia è bene essere comunque aperti al dialogo per il discorso dei dettagli. Ad esempio personalmente trovo molto problematico l'esasperato dualismo del cristianesimo... In ogni caso anche se riprendendo il discorso delle angolazioni e del paesaggio, io fossi in una angolazione che mi fa vedere tutto continuerei a dialogare proprio per istruire l'altro di ciò che vedo io e per imparare dall'altro dettagli che ho trascurato. Negare il paesaggio tuttavia mi sembra del tutto assurdo.
Infatti il Buddhismo non ha mai negato l'importanza della fede nell'insegnamento di Buddha. Se non hai fiducia che quell'insegnamento sia vero, non vai da nessuna parte. La fede è una componente importante di ogni pratica spirituale ed è necessaria per il progresso in quel "particolare" cammino che hai intrapreso. La fede la riponi in quello che la tua riflessione logica personale ( e non solo logica , ma che investe l'intera situazione esistenziale ) ti fa ritenere come la prospettiva migliore in cui ti sei imbattuto e aumenta quando verifichi che , seguendola, c'è una diminuzione della tua sofferenza esistenziale. Questo non significa affatto sminuire, e credo che un buddhista coerente mai lo farebbe , le prospettive altrui. Semplicemente si ha fiducia, perché lo si sperimenta giorno dopo giorno, dopo giorno che si è sul cammino giusto per liberarsi dall'angoscia esistenziale. Nel Dharma ( almeno in quello vero...) non c'è mai esaltazione della propria dottrina e dileggio di quelle altrui, invita semplicemente a "venire e vedere"... Credo che la fiducia sia necessaria in ogni campo. Se lo scienziato non ha alcuna fiducia negli strumenti di ricerca, come può progredire nella ricerca stessa? Ovvia che si renda perfettamente conto che dispone di strumenti limitati...ma questo non gli impedisce di andare avanti, perché, se anche limitati, i risultati non sono necessariamente falsi.

Totalmente d'accordo. Come ho cercato di dire: per semplice onestà intellettuale non si può escludere che "qualcuno ne sappia di più". A questo punto uno è libero di crederci o no. Quello che mi sembra indice di fanatismo è appunto sminuire l'altro. Ma ciò non toglie che si possa ritenere la propria "prospettiva" "più importante", "più valida" ecc. Altrimenti la teoria aristotelica della caduta dei gravi e la relatività generale avrebbero la "stessa importanza". In ogni caso personalmente nella scienza non appoggio completamente neanche il falsificazionismo perchè è anch'esso problematico, visto che non è affatto facile dire quando un esperimento ha davvero falsificato una teoria. Nella scienza ci sono teorie che funzionano meglio e teorie che funzionano peggio. La differenza tra spiritualità e scienza è semmai che si deve essere pronti a scartare una certa teoria. Ma anche lo scienziato d'altronde non può negare il paesaggio: anzi la sua unica fede finchè svolge il suo lavoro da scienziato è appunto che la sua ricerca dia informazioni in più sul paesaggio. E inoltre proprio perchè crede nell'esistenza del paesaggio è sempre pronto a scartare una teoria per un'altra, infatti ritiene che il paesaggio è "superiore" rispetto alla teoria. La vedo molto dura che uno scienziato rinneghi completamente il paesaggio.

Citazione di: Sariputra il 15 Febbraio 2017, 10:47:33 AM
Citazione di: Duc in altum! il 15 Febbraio 2017, 09:42:46 AM** scritto da Angelo Cannata:
CitazioneAllora mi chiedo: dove sta depositata la definizione esatta del valore oggettivo della vita? Nel nostro cuore? Nella filosofia di qualcuno? Se tale definizione non è per niente chiara, né chiarificabile, una volta che ogni chiarificazione avrebbe bisogno a sua volta di essere chiarificata, cos'è allora questo valore oggettivo della vita?
Il valore oggettivo della vita è il Mistero della vita che nessuno può svelare totalmente (per volere divino secondo me, purtroppo per gli altri), ma che ognuno sperimenta in corpo e coscienza, e sta depositato in ciò che tu con la tua fede definisci essere l'amore; e che, metafisico o anti-metafisico, dirige le tue scelte etiche e, soprattutto, morali. Hai voglia ad auto-ritenerti anti-tutto, ma da come e perché svolgi il tuo lavoro, da come e perché relazioni con gli altri, da come e perché leggi dei libri anziché altri, da come e perché hai speranza in quella determinata utopia, già sei diventato un valore oggettivo della vita, secondo la tua personale opinione. Qual è la tua posizione sulla creazione dell'Universo e della vita? ...qual è la tua idea di benessere sociale? ...qual è la tua opinione sul testamento biologico? ...che posizione hai preso all'ultimo referendum? ...qual è il motivo che ti ha fatto decidere di recidere burocraticamente il tuo sacerdozio? Ecco, dentro di te c'è un filo rosso che collega tutte le tue personali risposte e le conseguenti decisioni pratiche: quello è il valore oggettivo della vita secondo te, ed è quello che definisce l'esistenza e l'essere di @Angelo Cannata, anche se anarchicamente.
Si potrebbe anche dire: è come agisci e non quello che dici, che parla per te. Su questo sono perfettamente d'accordo. :)

Visto che però anche la parola è azione, anche la parola parla. Mi è piaciuta la metafora del "filo rosso"  :)
#938
Citazione di: Sariputra il 15 Febbraio 2017, 08:46:03 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 15 Febbraio 2017, 04:33:13 AM
Citazione di: Sariputra il 15 Febbraio 2017, 00:08:39 AMNon ne esci... io ho la regina...
A mio parere non è mai possibile stabilire chi è dentro e chi è fuori, chi dovrebbe uscire e chi dovrebbe entrare, chi ha la regina e se esiste una regina. Dalla frequentazione dei Vangeli mi è rimasto impresso come, specialmente in quello di Giovanni, riguardo al momento in cui Gesù fu processato, il lettore venga condotto a chiedersi chi è che sta facendo da giudice, Pilato, il sinedrio, il popolo nei confronti di Gesù oppure Gesù nei confronti di tutti costoro. Anche questo è relativismo: stabilire chi è giudice e chi imputato, chi vinto e chi vincitore, o se sia tutt'altro il senso di ciò che si sta verificando, dipende dalla prospettiva da cui scegliamo di interpretare le cose. Da un punto di vista di relativismo appare umanamente interessante abituarsi a frequentare sempre più prospettive, mai accontentarsi di una sola. Anche questo era un insegnamento che raccomandavano i miei professori di Bibbia: mai studiare la Bibbia accompagnandosi con un commentario solo: minimo due, meglio se sono di più. Questo fa abituare alla mentalità che non esiste un senso (delle cose, di un testo, della vita, ecc.), tanto meno il senso, ma sempre molteplici sensi, tutti dipendenti dal nostro essere umani, quindi relativi.

Citazione di: Angelo Cannata il 15 Febbraio 2017, 05:01:30 AMP.S. Ma poi non capisco come mai ti sei sentito attaccato personalmente, visto che parli di armi, di partita a scacchi, non ne esci, ecc. E che è, la terza guerra mondiale? Io avevo semplicemente espresso un mio modo di considerare il relativismo. Se la senti come guerra penso che per me non sia il caso di proseguire.
E chi ha mai detto che bisogna accontentarsi di una sola prospettiva?Avere molteplici possibilità di interpretazione e di prospettiva, non significa affatto, come sostieni tu, che quindi nessuna prospettiva ha significato. Tutte le prospettive però, per essere prospettive, ricorrono allo stesso linguaggio interpretativo, a cui tu , come nichilista, neghi qualunque validità. Di più, neghi qualunque validità di qualunque cosa, persino della tua stessa esistenza e quindi ,a mio parere, trovo estremamente contraddittorio che tu adesso venga ad affermare l'importanza di avere molteplici prospettive. Importanza rispetto a che cosa, visto che neghi il concetto stesso di importanza? Per quello che riguarda la regina...sei tu, Angelo, che hai iniziato questa discussione con fare arrogante e dileggiante le opinioni altrui, non io...e non è un caso che , sia io che un altro utente, ci siamo sentiti offesi da questo atteggiamento. Pertanto ho cercato, nei miei immensi limiti, di mostrarti quello che , a mio modesto parere, risultava contraddittorio anche nella tua posizione...che poi tu provi piacere per le contraddizioni, non è affar mio... ;D Mi associo alla considerazione della sterilità di continuare questa discussione tra di noi. Se dobbiamo ridurci a discutere...del nulla ::)

Negare il concetto di importanza segue dal negare il concetto di "gerarchia delle prospettive". Ma ammettere una gerarchie tra le prospettive non è dogmatismo. Semmai dogmatismo è anche dire: "io ho la mia prospettiva e siccome nessuna è più importante della mia allora non ha senso che io impari altre prospettive. Perchè d'altronde se comunque sono prospettive come la mia anche conoscendole, la mia nuova prospettiva sarà tanto importante quanto quella che ora! Quindi non ci guadagnerei nulla". Questo discorso vale per ogni relativismo (quindi anche per quello "temporale" di Phil).

Ti correggo Sari su una cosa. Anche nel buddismo c'è una "verità eterna" ed quella del trittico anicca-anatta-dukkha (ossia il Dhamma stesso). La suprema prospettiva è appunto quella che conduce alla Liberazione. Nel cristianesimo la "verità eterna" è quella di Dio. Ciò non toglie tuttavia che il dialogo tra le religioni può aiutare ai componenti di una determinata religione di conoscere meglio la propria. Nell'esempio del messaggio precedente anche se una religione vede tutto il paesaggio può ancora imparare dalle altre i dettagli su cui  non si è soffermata. Di certo una religione non può rifiutare un dogma (il buddismo senza "anicca" non sarebbe più tale ecc), tuttavia è bene essere comunque aperti al dialogo per il discorso dei dettagli. Ad esempio personalmente trovo molto problematico l'esasperato dualismo del cristianesimo...

In ogni caso anche se riprendendo il discorso delle angolazioni e del paesaggio, io fossi in una angolazione che mi fa vedere tutto continuerei a dialogare proprio per istruire l'altro di ciò che vedo io e per imparare dall'altro dettagli che ho trascurato. Negare il paesaggio tuttavia mi sembra del tutto assurdo.
#939
Citazione di: Angelo Cannata il 14 Febbraio 2017, 16:22:46 PM
Citazione di: Apeiron il 14 Febbraio 2017, 15:15:26 PML'etica non può essere trascritta in un sistema di "regolette"
Il relativismo non è senza obiettivi, solo che li considera provvisori, discutibili. Anche la metafisica si serve di obiettivi provvisori e discutibili. Dico si serve. Cioè, quelli provvisori sono solo uno strumento per giungere a qualcos'altro; questo qualcos'altro è una meta, arrivati alla quale smettere di andare oltre. Meta definitiva. Ci sono i metafisici che dicono di aver già raggiunto questa meta, cioè ritengono di aver individuato delle verità che saranno indiscutibili in eterno, come per esempio il principio di non contraddizione. Ci sono altri metafisici che pensano di non aver raggiunto tale meta, però ritengono che essa esiste, deve per forza esistere. Una meta che, almeno riguardo ad essa, consenta di smettere ulteriori ricerche. A questa categoria mi sembra che appartenga tu, pur con tutte le tue particolarità, cioè la tua apertura al dialogo, al mettere in discussione ecc. Voglio dire: sono o non sono nel giusto quando ritengo che tu sei alla ricerca di un'etica che sia definitiva, cioè che non abbia bisogno di ulteriori ricerche, ulteriori sforzi di individuare un'altra etica ancora? Ora ti chiedo: qual è il vantaggio di un'etica che non prevede ulteriori ricerche di altre etiche che la sostituiscano? Perché porsi come obiettivo una meta che implichi il blocco del progredire, in merito alla possibilità di sostituirla con qualcos'altro che risulti migliore? È come se un fisico si ponesse come meta la scoperta di una particella che blocchi la ricerca su di essa. Questa in fondo fu la pretesa di individuare gli atomi da parte di Democrito: a-tomos significa non ulteriormente divisibile. A suo dispetto, in fisica si individuarono particelle che si decise di chiamare atomi, ma essi erano ancora divisibili. Ma perché cercare qualcosa che non sia più divisibile? Perché voler trovare a tutti i costi un punto sul quale smettere di fare ricerca, di progredire? Sì, magari l'etica che tu ricerchi non sarà esprimibile a parole, non sarà fatta di regolette, ma questo cosa cambia in merito al concepirla come qualcosa di definitivo, oltre la quale non ci sia altro da cercare se non come dettaglio marginale?

Qui tu assumi un po' di cose che sinceramente non ho mica affermato. Il mio unico obbiettivo non è quello di trovare l' "etica perfetta", visto che mi interessano anche altre parti della filosofia e della scienza. Se mai dovessi finire di ricercare su un argomento allora sicuramente ne prenderei altri su ci ricercare.
Tuttavia già quando si dice che uno cerca un'etica o una particella o qualcosa ci si pone un obbiettivo e tale obbiettivo è meglio che sia condiviso da più persone, le quali spesso ricercano nel loro modo più peculiare. Perciò la mia ricerca non è la tua ricerca, quindi quando io eventualmente finirò la mia ricerca non è detto che il resoconto della mia ricerca sia in fin dei conti soddisfacente anche per te.

Tornando all'esempio dell'etica è come avere davanti ritrovarsi sulla Terra 10000 anni fa e volerlo esplorare nella sua interezza. Col dettaglio metti di essere ad esempio privo dell'olfatto. L'obbiettivo è ben definito. Ora metti che io vada in Italia e dico, arrivo alle Alpi e dico: "le alpi delimitano la Terra". Poi arriva un altro e mi porta oltre le Alpi e mi fa capire: "no guarda la Terra va oltre le Alpi". A questo punto posso non crederci e considerarlo "pericoloso" oppure posso accettare quello che dice. Poi arriva un altro e mi fa un bellissimo discorso su quanto siano belli gli odori che si sentono nelle campagne della Pianura Padana. In questo caso io non ho la possibilità di capire nulla di quanto dice perchè io sono privo di olfatto. Posso rinchiuderlo in manicomio perchè "pazzo" o posso accettare che non posso conoscere pienamente la Terra, visto che mi manca l'olfatto. Così nel mio studio dell'etica non pretendo di avere una conoscenza "assoluta, completa ecc" di essa ma di certo avrò una conoscenza distorta e relativa ossia prospettivistica. Nulla però mi vieta di teorizzare e di provare a formulare ipotesi che vadano oltre alla mia prospettiva. Ad esempio se nella Pianura Padana cade una male, tale fenomeno è visibile a tutti quelli che hanno la vista. Un cieco potrebbe sentire il suono della mela caduta ecc. Tuttavia al cieco fa anche bene affinché non cada nell'arroganza di sapere anche cosa dicono gli altri e di "accogliere le loro prospettive" senza che necessariamente debba ritenere che la sua prospettiva è inferiore o superiore.  In sostanza è come se fossimo bloccati a vedere il paesaggio da diverse angolazioni e ognuno di noi vede qualcosa. C'è chi vede solo una piccolissima parte e c'è chi lo vede quasi completamente. Magari però quello che vede una piccolissima parte può istruire quello che vede quasi tutto di dettagli che quell'altro non ha mai osservato. Viceversa quello che vede quasi tutto può raccontare all'altro che ha visto molte cose. E così via. Metti che quello che vede poco si è accorto della presenza di un sasso e quello che vede tanto no. Quello che vede tanto può dire all'altro "c'è il sasso" e l'altro può non crederci (e magari dalla sua angolazione non è possibilitato a vedere il sasso con i suoi occhi). Può rifiutarsi di credere che ci sia il sasso eppure per quanto si rifiuti il sasso è presente. Ora tornando a noi: il prospettivismo apre la mente perchè ti fa capire che sei costretto a vedere le cose dalla tua prospettiva. Tuttavia il prospettivismo secondo me ha il problema che dice che "ci sono tante angolazioni". Tuttavia il prospettivismo-relativismo conduce al nichilismo perchè nega l'esistenza del paesaggio.

Quindi rispondendoti: a meno che io non raggiunga l'onniscenza dovrò comunque essere aperto alla ricerca e al dialogo. Se dovessi per assurdo essere onniscente saprò già tutto quello che dovrai dirmi e quindi l'eventuale dialogo non mi sarebbe di nessuna utilità se non quella di sentirti parlare. Il problema del relativismo è appunto quello che nega il paesaggio e tiene solo le angolazioni. Affermare l'esistenza del paesaggio non è essere dogmatici ma semplicemente riconoscere che c'è un oggetto della nostra ricerca, indipendente da noi. Quello che dico io è che bisogna essere pronti a capire che di esso possiamo avere solo una prospettiva limitata.
#940
Citazione di: Angelo Cannata il 14 Febbraio 2017, 14:15:10 PMNon mi sognerei mai di considerarti uno che evita il dialogo e l'ascolto. Tu, a mio parere, non sei un metafisico, tanto meno un metafisico incallito; sei una persona molto aperta, la quale non si accorge, nel servirsi di categorie metafisiche, di far uso di categorie che distolgono dal dialogo. Anche la Chiesa Cattolica è molto metafisica, eppure ho sempre sostenuto che essa, tra tutte le religioni, mi viene a risultare finora la più aperta al dialogo, al confronto, all'autocritica. In altre parole, ritengo che la metafisica possa nascostamente annidarsi anche in certi modi di ragionare adottati dalle persone più aperte e più disposte a mettersi in questione. Anch'io indubbiamente mi servo di un sacco di categorie metafisiche, più o meno consapevolmente. Quando dico che la metafisica è una proposta di fine del dialogo, dico che, una volta che essa pretende di stabilire delle verità indiscutibili, "indiscutibile" significa proprio questo: riguardo a quella verità non è più ammesso il mettere in discussione. Questo non ammettere la messa in discussione va distinto dalla gestione concreta delle possibilità: per esempio, per la Chiesa Cattolica è un dogma indiscutibile che Gesù è il Figlio di Dio; ma ciò non significa che essa vieti alle università cattoliche di indagare su tale dogma, perfino provando a verificare che conseguenze nascono se viene negato. Però, nel momento in cui esso debba venire utilizzato in attività che lo pressuppongono, va considerato, trattato, come indiscutibile. Allo stesso modo, un metafisico non vieterà la possibilità di effettuare ricerche accademiche sulla possibilità che 2 + 2 faccia 5. Però, nel momento in cui bisognerà fare matematica, bisogna dare per scontato, cioè come verità definitiva, e quindi indiscutibile, che 2 + 2 fa 4. Ugualmente, tu cerchi un'etica oggettiva e ciò non significa che, dopo averla individuata, stabilirai il divieto di ulteriori ricerche su di essa e sulla sua messa in questione; però mi sembra chiaro che chiederai, a chi la volesse adottare e praticare, che nel momento in cui la metterà in pratica la dia per certa e definitiva, la tratti come certa e definitiva, quindi come indiscutibile. Questo è dove io individuo una proposta di fine del dialogo. Il relativismo invece prevede il mettere in discussione tutto, quindi dialogare, in qualsiasi momento, anche nel momento della pratica; d'altra parte, in esso non vi sono princìpi che si prestino essere adottati e quindi dati per certi.

Angelo, grazie per questa risposta. Non volevo rispondere oggi nuovamente, ma vista questa tua risposta mi sono sentito in "dovere" di farlo.
Vedi per me sei uno dei più onesti ricercatori della verità. Hai abbandonato le tue certezze e sei pronto a metterti in discussione in ogni momento. Ti metti in pericolo e lo fai appunto perchè ritieni che ciò sia giusto. E di certo non imponi la tua filosofia a nessuno. Questo ti rende onore. Così come ti rende onore la tua disponibilità a riconoscere anche i pregi altrui. Motivo per cui ritengo che le discussioni con te siano sempre utili. Mi costringi ogni volta a rivedere le mie convinzioni.

Personalmente non credo che un'etica possa davvero essere scritta in modo "sistematico". Questo per il semplice fatto che massime come "ama il tuo prossimo come te stesso" sono maldefinite proprio perchè la parola "amore" è maldefinita. Cosa vuol dire? Boh! Uno psicopatico potrebbe intendere "amore" anche la tortura, il creare sofferenza all'altro. Viceversa "amore" per qualcuno potrebbe voler dire solo "non far del male". Per me non è così e ho motivi abbastanza validi per pensarlo. L'etica non può essere trascritta in un sistema di "regolette" proprio perchè manca il contributo più importante ossia l'esperienza, la vita ecc. Ma allora cosa serve dare importanza alle regole? Le regole servono come una guida, un'indicazione. Così io ho cercato di capire dai Vangeli, dai suttas ecc.

Ritengo poi che tu sia non un "anti-metafisico" ma un "vero metafisico", proprio come me (per quanto mi sia concesso di definirmi tale). Diamine possibile che fino all'incirca all'anno 1000 sbucavano sistemi metafisici da ogni parte e ora invece abbiamo come metafisica in mente solo quella di Platone o di Aristotele? Perchè smettere di fare teorie solo perchè quelle passate si sono rilevate errate? Perchè smettere di ricercare? Ma ogni ricerca deve secondo me avere un obbiettivo, eventualmente sconosciuto. E questo obbiettivo si manifesta nel modo in cui si procede nella ricerca.

Sulla Chiesa concordo con te. Ho avuto occasione di parlare con un mio amico prete e teologo e ho visto che ha davvero una mentalità aperta e su certe questione più della mia. Però come dici tu ha i suoi dogmi su cui non può rinunciare.

Infine dico che magari fra qualche anno divento un relativista come te oppure divento un fondamentalista, un metafisico incallito oppure rimango come sono ora ecc. Non prevedo il futuro, spero solo che la mia ricerca sia "per il bene" (uso questa espressione "etico-religiosa"). Detto questo in queste discussioni ci si dimentica inoltre del tempo della rielaborazione personale. Una cosa che leggo ora può sembrarmi un'assurdità e per questo motivo posso disprezzarla e dire all'altro che la sostiene che è una "stupidaggine". Poi succede che fra qualche anno mi accorgo che bastava che la leggessi in modo diverso e invece di essere una "stupidaggine" era una genialatà. Ma sono processi lunghi, che durano anni e non mi faccio illusioni. Perchè dunque scrivere il mio pensiero e leggere il vostro se il convincimento non è immediato? Semplice: ho la speranza che queste discussioni siano utili a me e al "prossimo" (ossia agli altri utenti e visitatori) e siano un modo per conoscere meglio l'elefante. Anzi non solo: anche semplicemente per capire meglio la mia stessa prospettiva, conoscere meglio le mie stesse convinzioni. Nelle'esempio di prima il "comandamento" di "amare il prossimo" può avere sfaccettatura che da me non sono comprese, perchè magari l'"amore" si manifesta in modi a me sconosciuti.

Ora però per un po' me ne vado sul serio anche perchè con la mia mente eccessivamente logica a volte la applico dove non dovrebbe essere applicata.
#941
Angelo Cannata,
ti dico semplicemente che io sono adesso (chissà in futuro?) molto aperto al dialogo perchè ho la convinzione di essere nella stessa situazione dei ciechi con l'elefante. So che la mia prospettiva sarà parziale e distorta. Tuttavia non nego l'esistenza dell'elefante e non dico che nessuno può avere una conoscenza dell'elefante migliore della mia. Non dico ad esempio che il cieco che dice che "l'elefante coincide con la sua coda" descriva meglio l'elefante di chi dice che "l'elefante coincide con la sua zampa". Entrambi sbagliano e se fossero intellettualmente onesti dovrebbero essere aperti al dialogo. Spero di aver chiarito la posizione.

Per me l'etica è inconoscibile ma anche se è inconoscibile ciò non significa che alcuni  non la conoscano meglio di me. Altrimenti a che cavolo servierebbe imparare e dialogare? Mi stai accusando di evitare il dialogo e l'ascolto. Io ti dico invece che uso il dialogo e l'ascolto per conoscere meglio. Così come i ciechi con l'elefante invece di prendersi a pugni potrebbero imparare qualcosa di più dialogando. Ad esempio trovo il dialogo con te e Sari molto utili.

Se non ho chiarito con questo messaggio smetto anche di parlare perchè a quanto pare non so per nulla esprimermi.
#942
Citazione di: Fharenight il 13 Febbraio 2017, 11:02:27 AMMi dispiace per la tua condizione, però avendo dato un'occhiata a buona parte del tuo libro, non mi è piaciuto affatto come definisci tua sorella: "la ritardata", "la scema", non ha un suo nome, per te è "la scema". Se leggesse il tuo libro, immagina quanto sarà felice nel sapere come è disprezzata e certamente non amata dalla sorella. Non pensi che anche tua sorella possa aver sofferto e soffra almeno quanto te per la sua condizione? Non riesco a capire tanto cinismo da parte poi di una persona che ha vissuto sulla propria pelle la diversità. Forse è rabbia (e odio) repressa per la propria difficoltà che si riversa sul piú debole? O forse è un aspetto tipico di chi soffre di Asperger?

Sì è vero nemmeno a me è piaciuta la descrizione della sorella, tuttavia non leggerei troppa "malizia" in tali parole.
Questo comportamento non è "tipico" dell'Asperger, nel senso che gli Asperger non sono davvero più "violenti" dei "neuro-tipici". Anzi molto spesso la violenza repressa la scatenano contro sé stessi ed entrano in depressione che talvolta sfocia nel suicidio (leggi: https://psychcentral.com/news/2014/10/13/suicidal-thoughts-10-times-more-likely-in-adults-with-aspergers/76016.html). Tuttavia vedendo la condizione descritta nel libro non mi sorprende che dopo molta sofferenza si tenda a descrivere in quel modo un'altra persona. Questo perchè l'Asperger spesso non si rende conto del fatto che certe parole sono davvero offensive. Per esempio un Asperger potrebbe chiamare "ritardata" una persona con un QI molto basso (leggi: https://en.wikipedia.org/wiki/Intellectual_disability) per il semplice fatto che tale appellattivo viene anche dato dagli stessi psichiatri (magari non tutti, ma alcuni sì). Oppure può farlo semplicemente per la "rabbia repressa" ecc. Non conoscendo il motivo "vero" per cui è stato dato questo appellativo non si posono fare altro che ipotesi (e sinceramente non credo che Arianna68 risponderà a questa domanda).

In ogni caso l'Asperger ha il tremendo difetto di essere "troppo diretto" e quindi in una società in cui il "politically correct" è inteso come "non dire niente" tali comportamenti vengono scambiati per volute offese.  In ogni caso la situazione descritta nel libro è di una miseria che è solo dovuta in parte all'Asperger e ritengo anche che il contributo di tale sindrome sia in realtà non così rilevante (anche perchè da quanto ho potuto capire dal libro il mio "livello di autismo" mi pare maggiore). Il problema è che il "soggetto autistico" è una persona molto peculiare e per questo motivo l'ambiente in cui cresce è importantissimo. Se l'ambiente è pessimo perfino chi non ha problemi alla fine se li ritrova, figuriamoci una persona routinaria, con tratti talvolta ossessivi, con interessi inusuali, con un modo di relazionarsi a-tipico ecc.
#943
Citazione di: Sariputra il 14 Febbraio 2017, 00:18:19 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 13 Febbraio 2017, 22:54:16 PM
Citazione di: Apeiron il 13 Febbraio 2017, 22:20:45 PMComunque secondo me la tua è ancora metafisica
Sì, di primo acchito il relativismo si può considerare nient'altro che una metafisica che cerca di essere più completa, includendo nel proprio sistema di idee un tener conto del soggetto; sarebbe quindi nient'altro che una metafisica più vera, più aderente a come stanno le cose. Difatti ho già detto che il relativista non è altro che un ex metafisico. A questo punto punto però nasce un problema: nel momento in cui io creo una metafisica che tiene conto del soggetto, quest'operazione provoca un annullamento totale di tutti i valori, tutti i significati, tutti i criteri: è il nichilismo. Infatti, siccome il soggetto soffre di inaffidabilità, ammettere la sua inclusione nel sistema metafisico significa far saltare in aria tutto. È questo il motivo della paura di tener conto del soggetto: perché il soggetto è pericoloso, destabilizzante. A questo punto si pone l'alternativa: proseguire con la metafisica, come se nulla fosse, facendo finta che il soggetto non ci sia, o armarsi pazienza e affrontare la distruzione totale? Secondo me non c'è alternativa perché, una volta preso atto del limite della metafisica, la distruzione è già tutta avvenuta. Essa può essere ignorata, si può far finta di niente, ma ormai c'è. In realtà la situazione non è poi così disastrosa: è sufficiente abbandonare la metafisica intesa come dogma e praticarla, più umilmente, come teoria, ipotesi, approssimazione. Solo che così si perde quel senso di padronanza sulla realtà che tu hai espresso bene all'inizio usando il verbo "catturare". Per mettere da parte la metafisica è necessario adottare stili di esistenza completamente diversi, non basati sulla cattura; cosa difficile, perché la razza umana è riuscita finora a sopravvivere anche grazie al suo istinto predatorio, istinto di cattura e di potere. È il nostro DNA ad essere così. Essere relativisti significa, per certi versi, andare contro il nostro DNA che ci porta a catturare, predare, competere. Ma vogliamo provare o no a sperimentare modi di vivere meno violenti?
Ma non è la metafisica che impone stili di vita violenti, è l'istinto naturale umano che si serve della metafisica per giustificare stili di vita violenti. E siccome questo istinto esiste ed è connaturato all'uomo, si può servire tranquillamente anche del relativismo (soprattutto etico) per esercitare il suo desiderio predatorio e di potere. Se , per es. affermo che il valore della vita umana è relativo ed è indimostrabile che la vita umana ha un qualche valore, cosa può impedire all'istinto violento e predatorio dell'uomo di sfruttare, ancor meglio che non con la metafisica, il suo stile di vita violento? Dopo tutto...perché no? E' pura utopia sperare che la bestia umana, pur non credendo in nulla, si astenga dal fare il male e si dedichi ad uno stile di vita amorevole, pieno di bellezza , d'arte, riflettendo sul fatto che tutto è relativo, ecc. Anzi si dedicheranno alla violenza e al piacere di far del male senza alcun senso di colpa...e molti casi incominciano già a vedersi nella nostra quotidianità...credo che Dostoevskij, con la sua capacità insuperabile di penetrare negli anfratti più bui della psiche umana, ne abbia già tracciato un quadro assai verosimile nel capolavoro "I demoni". L'uomo non è solo pensiero, Angelo...

Sottoscrivo quanto dice il Sari. All'uomo serve l'etica. E l'etica la deve sentire come qualcosa di importante. E siccome deve appunto sentirla come "importante" servono le "gerarchie dei valori". In un contesto relativistico cosa si potrebbe dire a chi usa tale filosofia proprio per giustificare le sue azioni violente? Oppure magari sparirebbe la violenza ma potrebbe anche sparire lo stimolo all'impegno visto che tutto ha importanza relativa. In ogni caso mi pare che il tuo relativismo sia molto spostato sulla non-violenza e sulla non-imposizione, quindi avverto una sorta di "bias" nei tuoi discorsi. Ritenere che "uccidere il primo che passa" non è né giusto né sbagliato mi sembra un tradimento non solo della metafisica ma della stessa coscienza umana. In ogni caso l'uomo è ancora più bestiale di tutti gli altri animali perchè appunto sa che le sue azioni possono far soffrire e lo fa lo stesso. Riconoscere ad esempio che un essere umano non puoi trattarlo come un oggetto materiale è già imporre una gerarchia. Ho veramente molta difficoltà ad abbandonare qualsiasi "oggettivismo etico" (o almeno un'etica che possa essere condivisa).

In ogni caso non sono d'accordo con Sari che il problema sia la religione ma l'atteggiamento che si ha avuto e che si ha con essa. Ad esempio nel Discorso della Montagna si legge "ama il tuo nemico" , "porgi l'altra guancia", "perdona il tuo prossimo", "riconoscere la trave nel proprio occhio". Questo richiamo alla non-violenza purtroppo non è stato ascoltato dalla Chiesa stessa che doveva appunto mostrarsi "perfetta". Bruciare un eretico, indire crociate ecc di certo non mi sembrano consistenti con "porgere l'altra guancia", "pregare per i persecutori" ecc. Il vero problema semmai è come ho già sottolineato l'imposizione di un'etica. Infatti chi usa la religione come pretesto per la violenza è come coloro che volevano lapidare l'adultera. Chiaramente ho usato l'esempio del cristianesimo ma potevo usare anche altre religioni. E purtroppo ci sono anche buddisti, indù che fanno violenza proprio perchè non seguono il precetto dell'ahimsa (non-violenza). Tutto perchè si è scelto di preferire l'utilitarianesimo rispetto a tali precetti. Ma questo è un altro discorso.

Comunque  se nel Vangelo o nei suttas ci fosse scritto "odia il tuo prossimo", "fai il violento con lui" ecc allora sarebbe stato un altro discorso. Ma c'è scritto ben altro...
#944
Citazione di: Angelo Cannata il 13 Febbraio 2017, 19:46:17 PM
Citazione di: Apeiron il 13 Febbraio 2017, 19:33:54 PMSecondo: il concetto di prospettiva implica il concetto di soggetto, il quale è un concetto metafisico.
Il relativismo è uno sbocco della metafisica portata alle sue conseguenze. Non può esistere relativismo che non si basi sulla metafisica. Il relativista è un metafisico che tiene conto del soggetto, considerato metafisicamente, quindi esistente, oggettivo, parte del processo di comprensione. Tenendo conto di tutto ciò, il metafisico critico si accorge che l'intromissione del soggetto rende impossibile parlare di oggettività. Allora il metafisico critico demolisce la propria metafisica e persegue un ricercare che si sforza in continuazione di evitare certezze, oggettivismi, assolutizzazioni. È solo uno sforzo, poiché, come ho già detto in un altro post qui sopra, il nostro linguaggio nasce metafisico e non ci possiamo spogliare di esso. Dunque, il concetto di soggetto è, sì, in partenza, metafisico, ma successivamente il relativista lo include tra le macerie che sono il risultato della demolizione della metafisica. Attenzione che macerie non significa nulla: macerie sono le idee, di cui è impossibile fare a meno; solo che il metafisico ritiene che esse stiano in piedi benissimo.

Eh appunto siamo costretti - se pensiamo - a usare concetti e determinazioni, ossia a cercare di "catturare" la realtà pensandola costituita da "enti". E siccome siamo costretti ad essere così, non ci è permesso nemmeno in realtà ad andare oltre, perchè tale "oltre" per noi sarebbe incomprensibile. Anzi sarebbe impensabile. Mi pare che la tua proposta sia di riconoscere che le nostre teorie che possiamo fare per quanto "benfatte" che siano non riusciranno a cogliere la realtà perchè siamo "intrappolati in un contesto". Ebbene ciò lo riconosco anche io, tuttavia a differenza tua ritengo che quello sforzo di cui parli tenda proprio a "allargare la propria prospettiva" e renderla "più oggettiva". Tuttavia questo processo non ci porterà mai ad avere la prospettiva assoluta, anche se questa magari c'è. Tuttavia se neghi le gerarchie delle prospettive allora anche questo tuo sforzo di "allargare la prospettiva" è inutile. Come afferma il Sari a questo punto è meglio rinunciare a pensare. O forse questo sarebbe il bene per tutti  ;D visto che si guadagnerebbe la pace interiore.

Comunque secondo me la tua è ancora metafisica, solo che il tuo metodo e il tuo atteggiamento nei suoi confronti sono diversi dalla stragrande maggioranza dei metafisici. Non a caso stai cercando di convincermi che non ci sono prospettive assolute, giusto? Ma se ciò è vero allora la proposizione "ci sono prospettive assolute" è falsa e non solo per noi due, ma per tutti. Ossia tale affermazione sarebbe "oggettivamente" falsa. Inoltre ritieni che sia falso che i sistemi metafisici si reggano in piedi. Questo non mi pare relativismo. Mi pare pirronismo ma appunto il pirronismo richiede la sospensione del giudizio, ossia la rinuncia a pensare.

@maral, sono d'accordo col tuo ultimo post, tuttavia ritengo che non sono riuscito a trasmettere bene la mia idea. Però adesso dovrei mettermi seriamente a scrivere in modo chiaro la mia opinione sull'io e su ciò faccio una tremenda fatica (nel senso che mi sembra di esprimere malissimo quello che ho in mente). Siccome col tempo che ho a disposizione in questo periodo non riesco ad esprimermi meglio di così, ti andrebbe di riprendere la discussione in un altro momento (non lo faccio per evitare il dibattito, anzi...)?  Ti consiglio dunque di ragionare sul fiume dove noterai che il suo "essere" dipende proprio dal cambiamento delle sue acque e tale cambiamento avviene in un modo che dipende dalla sua storia passata. Ciò non toglie che appunto anche se il fiume è cambiato è comunque lo stesso fiume (o forse è lo stesso proprio perchè è cambiato). Se ti va comunque ti consiglio di leggerti un po' di cose sulla dialeteia, è proprio un modo di ragionare diverso.

Edit: sono anche d'accordo col Sari sul relativismo etico. L'assenza di una gerarchia nel campo dell'etica è pericolosa. Sono anche d'accordo con lui sul fatto che il vero problema è chi impone la sua particolare teoria. In ogni caso se ad esempio Buddha non si fosse convinto di aver capito che tutti i 31 piani dell'esistenza erano impermanenti (che per Buddha era forse l'unica verità oggettiva) di certo non si sarebbe messo a cercare di convincere le persone a seguire il Dhamma. A mio giudizio se non si è convinti di fare un passo verso una qualche verità "oggettiva" non si ha proprio lo stimolo di incamminarsi in una ricerca.  Magari Buddha ha davvero scoperto la verità e noi che non ci convinciamo siamo poveri illusi. Di certo però Buddha non la impone a nessuno la sua verità...
#945
Varie / Re:Pseudonimi
13 Febbraio 2017, 21:57:01 PM
Citazione di: Sariputra il 13 Febbraio 2017, 20:20:36 PM
Citazione di: Apeiron il 13 Febbraio 2017, 19:43:05 PMIl mio Apeiron (traduzione non letterale: "senza confini") non dovrebbe essere troppo complicato. L'ho scelto perchè il concetto introdotto da Anassimandro, il primo scrittore-filosofo greco, è il primo tentativo di comprendere l'Incomprensibile Assoluto e inoltre è il primo concetto che si oppone alla nostra realtà finita (ossia "peirata"). Ho scelto l'iniziale maiuscolo per dare al concetto la sua giusta importanza. Avevo pensato anche di chiamarmi "Logos", tuttavia per un motivo abbastanza ovvio non l'ho fatto :P
Citazione di: Sariputra il 13 Febbraio 2017, 11:16:53 AMIl mio è semplicissimo: Sariputra, Sari per gli amici. Il tuo è complicatissimo, sbaglio sempre la posizione delle H...
Ecco solitamente ti chiamo Sariputra ma se ti chiamo Sari non arrabbiarti. Ti considero un amico ma siccome non leggo nella mente degli altri non potrò mai capire se potrò chiamarti "Sari". ;D ;D ;D ;D P.S. Magari tra errori di battitura e di lettura può essere che mi sia capitato di sbagliarmi. Chiedo perdono anche per futuri errori.
Non "puoi" chiamarmi Sari...DEVI chiamarmi Sari! Poi...visto che frequenti mia figlia... ;D ;D ;D ( a proposito...reggi l'alcool?)...

Shhhhhh Sari non dirlo troppo ad alta voce shhhhh

ah l'alcol lo reggo meno di molti miei amici ma almeno non sono astemio ahahah

forse oggi in effetti ho alzato il gomito oltre le mie possibilità ahahah