Citazione di: Phil il 07 Marzo 2018, 22:27:57 PM
mi viene in mente, per quel poco che so, che la politica è andata sempre a braccetto con il "mercato": oltre alla supremazia militare, il potere politico si (auto)legittima anche economicamente.
Le azioni di un popolo per ottenere risorse da sfruttare economicamente, scandiscono la storia politica dell'uomo, basti pensare alle rotte pioneristiche degli esploratori (Marco Polo, Colombo e compagnia... e non intendo solo "compagnia delle Indie"), ai colonialismi-imperialismi vari (fino all'"esportazione della democrazia"), hanno sempre viaggiato sulle due "ali" dell'economia e della politica.
La globalizzazione è forse solo una questione di unità di misura (il globo), ma se definita come "politica mercatocratica" mi pare sia da sempre un movente cardine delle dinamiche inter-culturali (ovvero fra culture, popoli, stati e nazioni).
Una "comunità plurale" o "globalizzata", con differenti legami culturali radicati fuori dal suolo della patria, non è necessariamente in difficoltà nella difesa del debole sul suo territorio,
Nel precedente post, avevo definito la globalizzazione come il processo per cui il mercato tende sempre più a diventare
potere politico.
In realtà, come dicevo nel poscritto, rilegggendo quel post mi ero accorto di aver omesso una parte importante, e cioè
quella per cui il mercato necessita di una espansione continua (la qual cosa, evidentemente, porta alla globalizzazione).
Dunque correggo così la definizione: la globalizzazione è la dimensione massima dell'espansione del mercato (che tende
sempre più a diventare potere politico).
Che il mercato tenda sempre più a diventare potere politico mi sembra palese.
Da dove viene la perdità di sovranità degli stati di cui tanto si parla se non da un potere economico che gli stati ormai
sovrasta? Di esempi ve ne sono a bizzeffe; dal caso della Grecia alle continue ingerenze della tecnocrazia di Bruxelles
verso i nostri governi, come si suol dire, "democraticamente eletti" (laddove la suddetta tecnocrazia non lo è affatto,
ma è appunto espressione della "tecnica" mercatistica).
Che poi questa "tecnica mercatistica" non favorisca la parte contraente forte su quella debole è una affermazione che
mi lascia sbigottito (probabilmente devo inforcare un buon paio di occhiali quando vado a leggere certi dati sulla
povertà che avanza, visto che allora ci vedo male...).
La politica non è andata "sempre" a braccetto con il mercato. Se proprio devo individuare un periodo storico che somiglia,
sotto questo aspetto, alla contemporaneità direi proprio il Rinascimento; periodo in cui, e non certo per caso, il
potere politico fu preso dai mercanti e dai banchieri.
Intendiamoci, il potere politico non ha mai disdegnato la ricchezza (e ci ha spesso "flirtato"...), ma un conto è un
potere politico che regola (e magari sfrutta anche) la ricchezza; un altro è un potere politico che DALLA ricchezza è
deposto (come deposti furono i Comuni italiani medievali dal mercante (poi "signore") rinascimentale, e come tutto
sommato deposto fu il governo Berlusconi dagli omologhi "signori" della tecnocrazia europea e dei mercati finanziari
mondiali).
Ma, dicevo, bisogna spendere qualche parola sulla globalizzazione come dimensione massima dell'espansione del mercato.
Personalmente (ma non sono certo il solo...), definisco "mercatismo" la dimensione quasi "ontologica" che ormai hanno
assunto l'economia e le sue "leggi". Una dimensione che sta spazzando via ogni altro "potere" ad esse concorrente.
Per una fondamentale legge economica (detta "di scala"), vi è una intima relazione fra la dimensione e la produzione
di un impianto aziendale e la sua capacità di diminuire il costo medio unitario di produzione.
In parole povere (ma già quelle lo sono assai...), più una azienda è grande minore è il costo della merce
che essa produce (con grande beneficio della competitività, ovviamente).
Questo è, in radice, il motivo per cui al mercato stanno stretti i confini nazionali (e questo è anche il motivo per
cui l'economia si è "trasferita" dal piccolo reale al più grande virtuale...).
Non è certo per caso che la globalizzazione così come la intendiamo ha una precisa data di nascita. Nel 1989 infatti, a
"muro" non ancora crollato, R.Reagan e M.Thatcher firmarono la celebre intesa sulla libera circolazione di capitale,
cui presto seguirono le aziende "fisiche" (nel 92 nella sola città rumena di Timisoara vi erano 5000 aziende italiane)
e, da ultime, le persone.
saluti