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Messaggi - Phil

#946
Tematiche Filosofiche / La sicurezza
31 Gennaio 2021, 21:53:35 PM
Citazione di: green demetr il 31 Gennaio 2021, 19:13:03 PM
Devi specificare cosa intendi con aderenza, se non è identificazione.
Cosa è la coerenza interna? Se non che una forma formale? Ma poco prima alludevi all'importanza di non farlo diventare un pensiero solo sulla forma? quale sarebbe la coerenza interna rispetto alla forma, che non sia una forma?
Provo volentieri a spiegarmi meglio. L'aderire presuppone la differenza fra qualcosa che aderisce e ciò a cui esso aderisce; la logica formale ha aderenza con il reale nel momento in cui, ad esempio, assegniamo i valori di verità alle proposizioni, passando dal valutare la validità formale di un sillogismo al deciderne la verità. Questa aderenza fra logica ed evidenza, verifica, etc. àncora il discorso evitando che vada alla deriva nei mondi possibili smettendo di parlare del mondo attuale. La logica aiuta il discorso a non perdere di aderenza, richiedendone la massa in atto (v. la compilazione dei valori di verità), tuttavia non c'è «identificazione» perché, per dirlo in sintesi, il discorso sul mondo non è (non si identifica con) il mondo.
Questa istanza di «aderenza», di adesione fra il ragionamento puramente formale e fatti, evidenze, fenomeni, etc. esterni al soggetto, è un "meccanismo di pensiero" che si basa, per me, su un duplice monito: non ridurre tutto a una questione esclusivamente formale (perdendo aderenza con il "contenuto", il mondo) e non esimersi dal dare una forma coerente, comprensibile, una "logica", al proprio paradigma di lettura del mondo (così da non perdere il senso della relazione fra le categorie usate nel paradigma).
Con «coerenza interna» mi riferisco a un paradigma o, se preferisci, una lettura del mondo che non sia contraddittoria con se stessa, ovvero che, seppur solo abbozzata ed in fieri, si ponga il problema di essere il più possibile funzionale (nel dar un senso coerente al mondo) e funzionante (nel non incepparsi in contraddizioni e ambigue licenze poetiche); fermo restando che, come detto, tale coerenza formale deve "riempirsi", o almeno cercare di aderire, alla realtà, al mondo esterno.

Citazione di: green demetr il 31 Gennaio 2021, 19:13:03 PM
E quale sarebbe la forma ben formata della logica di qualsiasi gruppo di appartenenza, o meglio, come tu scrivi, in un breve lasso di lucidità, gruppo politico.
Perchè mi pare che tu non ne parli, e non ne parli proprio mai.
Non intendo che ci sia una unica «forma ben formata della logica di qualsiasi gruppo di appartenenza»(cit.), nel senso che c'è una medesima logica per tutti i gruppi; infatti poi specifico: «ciascuno secondo la sua logica». Proprio per questa assenza di unicità, non posso parlarti della «forma ben formata»(cit.), assoluta o ideale o altro, di qualsiasi gruppo politico. Come suggerito sopra, secondo me la forma (o le differenti forme) va utilizzata in aderenza al contenuto, o meglio, ai differenti contenuti (valori, proposte, etc.) dei vari gruppi politici. Non nascondo un manifesto disinteresse per la filosofia politica (almeno nei miei post), ma mi concederai che mettersi a discorrere qui delle molteplici logiche (non solo in senso formale) dei differenti orientamenti politici sarebbe comunque piuttosto off topic (oltre a non essere per me un tema coinvolgente).


P.s.
Citazione di: green demetr il 31 Gennaio 2021, 19:13:03 PM
Solo dopo puoi arrogare che il modello dell'assoluto sia errato.
Non credo (né credo di aver affermato) che «il modello dell'assoluto sia errato», soprattutto se parliamo di "logica" (formale o intesa in senso lato); magari lo ritengo infalsificabile (che non significa errato), poco funzionale e funzionante (v. sopra), ma qualunque sia il mio giudizio in merito, non lo ritengo una "certezza oggettiva" (tantomeno una verità che mi "arrogo"), ma solo un'opinione, una prospettiva (e in quanto tale suscettibile alle più disparate peripezie esegetiche della suddetta aderenza che, dimenticavo, ovviamente non è sempre uguale per tutti, come ben dimostra la stimolante plurivocità di questo forum).
#947
Tematiche Filosofiche / Nulla e qualcosa.
31 Gennaio 2021, 13:12:38 PM
Citazione di: baylham il 31 Gennaio 2021, 12:04:47 PM
Logicamente l'esistenza del nulla è contradditoria: se il nulla esiste allora il nulla non esiste; se il nulla non esiste allora il nulla esiste.
Una meravigliosa rappresentazione grafica-logica di questa contraddizione  è offerta dall'insieme vuoto della teoria degli insiemi di Cantor, dalla quale si evidenza che il nulla non è la negazione dell'ente o diveniente, che, per inciso, per me sono equivalenti:
A U 0 = A
A  U \A = 0
dove U è il simbolo di unione e \ di negazione
Questa è la massima espressione grafica-logica della contraddizione dell'esistenza del nulla
O =
Ho provato a ripassare un po' di insiemistica e, correggimi se sbaglio, mi pare che l'unione (U) fra A (insieme pieno) e ~A (non-A) non corrisponda a Ø (insieme vuoto) né a 0 (zero), ma all'unione di A con tutto ciò che è non-A; quindi, verosimilmente, il risultato sarà A più l'infinto al suo esterno.
L'intersezione (∩) fra A e ~A è Ø, essendo appunto uno la negazione dell'altro.

Riguardo «O = » (cit.) è logicamente completabile in «O = O», a dimostrazione di come non vi sia alcuna contraddizione, ma una semplice identità concettuale, seppur priva di identità empirica e referente estensionale, ma avente comunque un'esistenza logico-astratta (per questo possiamo formalizzarla e parlarne).
#948
Se ho ben capito la domanda, credo che la parola chiave sia «intorno»: la Terra ha una traiettoria intorno al Sole, ovvero il Sole (pur muovendosi rispetto ad altre stelle e galassie) è "racchiuso" entro la traiettoria terrestre (essendone il centro); viceversa la traiettoria del Sole non "racchiude" la Terra, ovvero il Sole non gira intorno alla Terra, ma intorno ad un centro di rivoluzione nella galassia (se anche poniamo la Terra come "punto fermo", mi pare che il Sole si muova rispetto alla Terra, ma non esattamente intorno).
#949
Tematiche Filosofiche / Re:La sicurezza
29 Gennaio 2021, 13:32:03 PM
Citazione di: Ipazia il 29 Gennaio 2021, 10:26:28 AM
Si inizia dalle aurate stelle del rigore logico e si finisce alle mammifere stalle della "logica di ciascuno" passando per un nodo di congiunzione - il rifiuto del "riduzionismo logico" - che è una toppa peggiore del buco,
Non so quanto nel mio post si parli della «logica di ciascuno» (se intesa soggettivisticamente): riferendomi al «gruppo sociale di appartenenza» ho aggiunto in parentesi «ciascuno fondato su una sua logica», riferendomi alla logica condivisa che tiene coeso e riconoscibile ciascun gruppo sociale (senza alludere individualmente ai singoli membri).
Il rifiuto del "riduzionismo logico" è per me contestualizzato nel riconoscimento della complessità dei moventi (culturali, istintivi, etc.) e dei sensi che scandiscono l'agire umano, con riferimento a quando paul11 ci ricordava che la gente non basa la propria vita solo sui manuali di logica e in ulteriore aggiunta alla suddetta molteplicità delle logiche, stavolta intese non solo in senso matematico-formale (dei vari gruppi sociali, delle proposte politiche, etc.). Rifiutando, in tal senso, il "riduzionismo logico" (ma non certo la logica tout court), non cerco quindi di tappare il buco (delimitato dalla logica, le sue aporie, etc.), ma anzi di tenerlo bene aperto, poiché quel buco (affacciato sulla complessità del molteplice) è l'unico spioncino da cui possiamo osservare la vastità delle gesta umane (senza che le dinamiche di senso siano oscurate troppo dalla logica dell'osservatore).
La molteplicità delle "stalle", degli orizzonti di senso e delle fedi, è un dato di fatto: cercare di capirne le differenti "logiche" (e se e quanto siano logiche) è un gesto ermeneutico; sollecitarle direttamente con domande per saggiarne il fondamento (fuori da pretese veritative assolutistiche) è un gesto maieutico; usare la propria "logica di senso" per correggerle o bacchettarle, è un gesto fondato sulla fede in una Verità unica (come quella proposta da Bobmax). A scanso di equivoci: sto parlando di scienze umane, di interpretazioni del mondo, di senso, non della logica scientifica "oggettivistica" che collauda un vaccino o manda navicelle su Marte.

Riguardo alle differenze che invitavo a tener presenti c'è anche quella fra dialettica e contraddizione, proprio perché, come osservi, viaggiano su piani onto-logici differenti; l'osservazione che «i fondamenti sono oltremodo condizionanti»(cit.) credo renda ancora più necessario distinguere fra fondamento e condizionamento, ovvero fra il condizionamento necessario operato da ciò che fonda e il condizionamento contingente che può sopraggiungere in seguito.
#950
Tematiche Filosofiche / La sicurezza
28 Gennaio 2021, 12:38:01 PM
Altra postilla di logica, stavolta sulla logica: fare attenzione alla forma e al linguaggio logico, non significa assolutizzare la logica (se si ha la flessibilità ermeneutica di riconoscere i propri assoluti senza tuttavia ritenere necessario che anche gli altri debbano averne). Ad esempio, distinguere fra «autofondare» e «fondare», fra «rapporto dialettico» e «contraddizione», fra «fondamento» e «condizionamento», etc. non indica la velleità di trasformare ogni ragionamento in un sillogismo o, tantomeno, proporre di valutare tutto l'agire umano usando la sola logica come "pietra di paragone"; è semmai un invito a mantenere salde e chiare le categorie del discorso, affinché sia più comprensibile (se si può sostituire «autofondare» con «fondare», senza rilevare importanti cambi di significato, forse conviene riflettere sulla differenza fra le due espressioni, perché un lettore perplesso potrebbe chiedere di dar conto del valore di quell'«auto-»).
Fare attenzione alla logica significa (secondo me), da un lato, guardarsi dal proiettarla sul mondo al punto da confonderla con l'ontologia o l'antropologia, affermando ad esempio che la contraddittorietà sia del mondo (ipostatizzando la logica) e non delle categorie usate per leggerlo; dall'altro lato, cercare di usare la logica per evitare che il discorso perda di coerenza interna, di aderenza (ma non «identificazione») con il reale o incappi in fallacie.
Se la cultura, la filosofia, l'agire umano, etc. non si basano solo sulla logica (ed è evidente sia così), non credo ciò possa concedere la licenza poetica di ragionare trascurando la logica perché «in fondo c'è anche molto altro che muove le dinamiche umane». Come tutti gli strumenti, la logica ha un campo di applicazione ben delimitato (seppur più ampio e utile di quanto si possa talvolta pensare), al cui interno essa può essere usata più o meno attentamente, senza che ciò comporti l'estremizzazione di aderire ad un improbabile "riduzionismo logico", cieco alla complessità delle questioni umane.
Perché la logica ha a che fare con la sicurezza? La solidità di una prospettiva logica, recepita come stabile e valida (a prescindere dal fatto che lo sia davvero), è direttamente proporzionale alla sicurezza che essa fonda e infonde, sicurezza offerta da una proposta politica o da un gruppo sociale di appartenenza (ciascuno fondato su una sua logica), sicurezza della propria visione del mondo e talvolta anche del proprio posto nel mondo (per questo la logica merita attenzione, non assolutizzazione).
#951
Tematiche Filosofiche / Re:La sicurezza
27 Gennaio 2021, 21:32:08 PM
Citazione di: paul11 il 27 Gennaio 2021, 19:28:19 PM
asserisco che la libertà non è un primitivo, perché appartiene solo al dominio umano.
L'uomo ha una volontà , e può decidere ciò che reputa più opportuno, [...] L'uomo può autofondare ciò che ritiene per volontà più opportuno a sé
Il fatto che «la libertà non è un primitivo, perché appartiene solo al dominio umano»(cit.), fatto su cui concordo (essendo «libertà» un concetto con cui interpretare umanamente anche il non-umano), non giustifica né dimostra che «l'uomo può autofondare ciò che ritiene per volontà più opportuno»(cit., corsivo mio) poiché quest'ultima affermazione resta una contraddizione in termini: se l'uomo fonda qualcosa sulla sua volontà (o altre inclinazioni, bisogni, etc.), tale qualcosa non è autofondato, bensì, appunto, fondato sulla volontà (o altro) che non è tale qualcosa.
Se infatti (e qui quasi concordiamo): «il primitivo della libertà va cercato nelle sue motivazioni, nella sua intenzionalità»(cit.), la libertà non si «autofonda come problematica» (come suggerivi nella citazione che ho riportato nell'altro post), ma è fondata nei moventi della motivazione, dell'intenzionalità, della volontà, etc. che sono altro dalla libertà, (che quindi non si autofonda, v. sopra). Partendo da questi fondamenti (e/o altri) può essere affrontato il discorso (che ho già svolto altrove ad abundantiam) che relaziona la libertà come maggior/minore possibilità (d'azione o di scelta) alla volontà, al determinismo, etc.
#952
Tematiche Filosofiche / La sicurezza
27 Gennaio 2021, 15:49:59 PM
Citazione di: paul11 il 27 Gennaio 2021, 12:10:08 PM
La libertà è una formulazione soggettiva, non oggettiva, ed è tipicamente umana poiché nasce dalla consapevolezza di Sè. Diventa "oggettivazione della soggettivazione umana" nel momento in cui la si vuol far entrare nella cultura, vale a dire il passaggio dalla problematica della libertà intesa personalmente, individualmente, a quella sociale che è condivisione di motivazioni e obiettivi.
La libertà quindi si auto fonda come problematica individuale e sociale nel solo dominio umano.
Postilla logica: a prescindere dal tema della libertà (concordo sia una formulazione soggettiva, con tutte le conseguenze fondazionali del caso), trovo sia contradditorio parlare di autofondamento, soprattutto per tematiche, caratteristiche o proprietà individuali: per autofondarsi (o per "fare qualcosa"), x deve già esistere (come "agente"), quindi deve essere già fondata (su qualcosa che non è lei, perché la precede); per cui l'autofondazione è tale solo in teoria, mentre di fatto essa è spesso il nascondimento di una genealogia sfuggente, eppur logicamente necessaria.
Questo vale almeno se intendiamo per «fondamento» qualcosa che rende possibile e sensato qualcos'altro. Nemmeno gli assiomi, logici e matematici, sono autofondanti, ma solo convenzionalmente accettati come veri: il loro fondamento non è in loro stessi o nel mondo esterno (se non si confonde il fondamento di un assioma con l'eventuale falsificazione di alcune sue applicazioni), ma nel loro essere considerati tali da una comunità (che accetta che per un punto passino infinite rette, che quell'unità di misura sia stabilita e formalizzata in quel determinato modo, etc.). Sul piano fondazionale si tratta dunque di fondamenti assiomatici «anapodittici» (ovvero fondati sull'evidenza, direbbe Aristotele) o «indecidibili» (ovvero aporetici nel proprio sistema, direbbe Godel), ma non realmente autofondanti.
Anche per macrodinamiche o concetti generali (come la cultura, la lingua, la legge, etc.) mi pare ingannevole parlare di autofondazione: c'è sempre almeno un fattore (più o meno noto) a fondare ed innescare fenomeni di massa che sembrano autopoietici, sia esso un preciso evento storico o la decisione di un gruppo di persone o una tendenza che si consolida o altro. Il fondamento, in quanto tale, ha in sé l'esser differente da ciò che è fondato (e che, logicamente, non può autofondarsi, per quanto detto sopra).
Soprattutto se parliamo di «problematica»(cit.), individuale o sociale che sia, essa non può che fondarsi su altro da lei, ovvero su tutte quelle precondizioni (siano esse empiriche, concettuali, interpretative o altro) che conferiscono al problema una specifica identità, fondandolo e caratterizzandolo.
#953
Tematiche Filosofiche / Re:La sicurezza
20 Gennaio 2021, 16:41:47 PM
Se parliamo di popolazione in termini di quantità, concordo che sia necessaria una comprensione delle dinamiche che la abitano, prima di applicare criteri valutativi (condizionati a loro volta dallo stesso contesto che vorrebbero giudicare). Il "bipolarismo" (@Andrea) che da un lato abbraccia una visione epico-titanica, per cui «alla soddisfazione segue il desiderio di superare difficoltà maggiori, non la sicurezza»(cit.) e dall'altro è quasi fatalista affermando che «dal nichilismo non si esce a meno che non intervenga qualcosa o qualcuno a tiracene fuori»(cit.), è una prospettiva schiettamente personale, ma non credo applicabile all'indole della massa. L'individuo medio, suppongo, non anela ad affrontare «difficoltà maggiori» (semmai, appunto, alla sicurezza) e non vive nell'attesa che qualcuno "lo tiri fuori" dal nichilismo (non sapendo nemmeno di esserci, soprattutto considerata la "volatilità semantica" dell'espressione).
Altrettanto poco rappresentativo mi pare l'appello di Kobayashi all'artista e all'atleta, che sono comunque delle minoranze; nondimeno: la «ripetizione infinita dello stesso gesto»(cit.) esclude «il cambiamento costruttivo»(cit.), poiché se il gesto è davvero lo stesso non c'è cambiamento; inoltre, la «ripetizione infinita dello stesso gesto» e i «decenni di allenamento quotidiano»(cit.) non sono forse mossi da una ricerca di rassicurazione, ovvero espressione del tentativo di pervenire ad una sicurezza nell'esecuzione (che limiti imprevisti e sbagli) e che renda sicuro e stabile il proprio ruolo (e stipendio) nel proprio settore?

Citazione di: paul11 il 18 Gennaio 2021, 15:07:19 PM
Sui giovani ho una domanda -considerazione: non è che impegnarsi in tematiche generali come la moda(è un problema reale, ma anche una moda) della sostenibilità ambientale sia a sua volta un modo di sfuggire all'impegno su tematiche molto più "pratiche", più vicine a loro, come ad es. trovare soluzioni nella propria città?
Il fascino di tematiche globali che spingono all'attivismo fa trasparire il nesso fra conformarsi e la sicurezza: la "forma" accogliente rassicura, l'informazione condivisa e il paradigma a cui ci si conforma rendono sicuri di poter appartenere ad una maggioranza, ad un branco coeso, di poter procedere facilmente per imitazione, più che per ragionamento/consapevolezza. Più il tema è generico e mondiale (come il clima), più farai parte di un movimento numeroso, più sarai sicuro di trovare chi concorda con te e meno avrai responsabilità di fare qualcosa di significativo e mirato, essendo un problema di dimensioni immense e tu già fieramente schierato fra coloro che prendono posizione "impegnata" in merito. In fondo, non risulta più facile e "rassicurante" (se non narcisistico) manifestare per "la pace e la solidarietà nel mondo" piuttosto che regalare la propria coperta ad un senza tetto oppure fare un giorno di volontariato alla Caritas (piuttosto che usare un giorno per andare a manifestare in un'altra città)?

Citazione di: paul11 il 20 Gennaio 2021, 00:29:35 AM
Come ha  ben evidenziato da qualche parte Inverno, non abbiamo mai avuto un popolo più acculturato come oggi.....eppure. Significa che una "presa di coscienza" deriva da ben altro.
Il livello culturale (qui inteso come indice di scolarizzazione) non credo intacchi la ricerca di sicurezza (né la coscienza) degli individui e forse il gap fra livello culturale medio e complessità della società è maggiore ora che molti secoli fa; una massa di laureati (quindi specializzati in qualcosa, molto poco probabilmente nella comprensione della società che li circonda) deve far fronte ad una attualità caleidoscopica che richiede competenze trasversali (di ragionamento, pensiero critico, etc.) non acquisibili in molte lauree. Per cui il giovane contadino del '500, pur avendo magari problemi con l'aritmetica di base, forse riusciva a comprendere il suo "piccolo e semplice" mondo circostante (e a dargli un senso), meglio di quanto un millennial con master riesca a destreggiarsi nelle interazioni multidisciplinari (fra statistiche, information pollution, sovrastimolazione da social, etc.) della società globalizzata.

Più la società si fa complessa, più "ragionarla" e decifrarla è difficile (per competenze, tempo, energie, etc.), ma avendo l'innata tendenza (necessità?) alla valutazione spiccia (senza analisi adeguata, soprattutto data appunto la complessità attuale), l'imitazione e la semplificazione risultano un escamotage sociale decisamente allettante e rassicurante (sicuro nel suo essere riverbero della maggioranza), almeno per la "massa silenziosa e indaffarata" di cui si è parlato sopra (le ripercussioni collaterali spaziano dalla "manipolabilità di gregge" all'astensione politica, etc.). Chiaramente qui si potrebbero innestare molte considerazioni sociologiche, storiche ed antropologiche sullo sfaccettato rapporto semplicità/sicurezza/socialità, e suppongo che tutte dovrebbero considerare come parametro rilevante la pervasività sociale della ricerca di sicurezza (soprattutto di chi, al di qua di ideali e processi storici epocali, "tiene famiglia" e mutuo da pagare).
#954
Tematiche Filosofiche / La sicurezza
17 Gennaio 2021, 18:45:36 PM
Citazione di: Andrea Molino il 17 Gennaio 2021, 17:46:29 PM
Insicurezza -> Difficoltà -> Impegno -> Superamento -> Soddisfazione...

Sicurezza -> Comodità -> Divertimento -> Noia -> Nichilismo...
Senza voler mettere in questione le sequenze proposte, mi sembra comunque che le due "catene" siano in fondo un cerchio (o una spirale?): la «Soddisfazione» porta alla «Sicurezza» (essendo tale soddisfazione un «Superamento» della «Insicurezza» di partenza); poi il «Nichilismo» (sempre senza voler approfondire) può (ri)portare alla «Insicurezza», e così si inizia un altro giro...
#955
Tematiche Filosofiche / La sicurezza
17 Gennaio 2021, 16:05:33 PM
Citazione di: paul11 il 17 Gennaio 2021, 00:41:32 AM
la sicurezza che nasce dalla psicologia umana, la trovi ovunque, in tutte le forme teoretiche e pratiche, compreso i suoi  epigoni contrari.
Concordo e aggiungerei che tale dinamica psicologica ha radici fisiologiche: l'autoconservazione, l'attaccamento alla vita, la spontaneità nella paura di una minaccia, etc. dimostrano che la tendenza alla propria sicurezza è un istinto innato e congenito; così come è istintivo ritrarre il dito che si scotta sul fuoco o il rilascio di adrenalina quando si prospetta un imminente scontro per difendere la propria sicurezza e incolumità (e se il soggetto tende a reazioni come la fuga, anch'essa è comunque orientata dalla ricerca della sicurezza).
Probabilmente l'uomo è perlopiù un animale abitudinario, che non gradisce le cosiddette «interruzioni di schema», che tende a diffidare degli imprevisti, mosso più da «loss adversion» (paura del danno/perdita, non solo economica) che dalla intraprendenza, dal mettere a rischio la propria sicurezza (generalizzando, parlando su larga scala). La sicurezza è spesso connessa con il noto, con il familiare, per questo ci sentiamo al sicuro a casa nostra e poco al sicuro in contesti che non conosciamo, da cui ci possiamo attendere dubbie sorprese o di cui non conosciamo la provvidenziale via d'uscita (anche se magari sono oggettivamente più sicuri di casa nostra).
Socialmente, la sicurezza comporta una certa avversione o diffidenza per il nuovo; ogni nuova procedura che comporti «lasciare la vecchia strada per la nuova» suscita spesso (sempre ragionando a spanne) un attimo di esitazione, alla ricerca della comprensione di solide buone ragioni per abbandonare ciò di cui si è già sicuri. Tuttavia se il cambiamento parte da noi, da una nostra idea, oppure è nella direzione che ci auguravamo da tempo, non c'è altrettanta resistenza, proprio perché avendolo già anticipato, nella nostra volontà o nelle nostre speranze, è più rassicurante, fino a diventare auspicabile.

Sempre in generale, la ricerca di sicurezza è, secondo me, direttamente proporzionale all'insicurezza percepita: più il contesto è instabile, più si cercherà qualcosa di molto rassicurante (magari abbassando lo standard della sicurezza), quantitativamente (come è il "così fan tutti") o qualitativamente (contromisure estreme di autotutela, differenti a seconda del contesto). Ad esempio, se i giovani si muovono già in una situazione di radicale incertezza lavorativa, economica, socio-politica, psico-emotiva, etc. è normale che tendano a cercare sicurezze nel nido parentale, nelle "echo chamber" dei social, nel disimpegno sociale e (meno paradossalmente di quanto sembri) nell'impegno attivo in questioni oggettivamente mondiali, come il riscaldamento globale (della cui urgenza e importanza si è, appunto, sicuri).
L'insicurezza, persino in filosofia (sempre parlando a grandi linee), non è mai stata ben sopportata, se non come fase "scomoda" da dover superare (anche a costo di postulazioni audaci o di esiti più estetici che teoretici); se nell'ultimo secolo è emersa una certa pluralizzazione (che comporta minor "sicurezza" dei propri valori, ideali, etc.), il suo contrappasso è stato il (ri)destarsi di correnti e (ri)proposte che (ri)cercano sicurezza esistenziale nei paradigmi «di una volta» (sia politicamente che filosoficamente parlando), in appelli all'emozione (vista l'insicurezza che genera la decifrazione delle complesse realtà sociali; sicurezza/semplicità sarebbe forse un rapporto da approfondire) e in un'ignava assenza di premura (si-curezza: assenza di preoccupazione), sia essa epistemica (nel ragionamento) o sociale (nell'azione e nell'interazione).
#956
Tematiche Filosofiche / Re:Nulla e qualcosa.
13 Gennaio 2021, 16:49:38 PM
Credo che la "parola archimedea", nel titolo del topic, sia la «e» perché allude al rapporto fra «nulla« e «qualcosa», che è un rapporto (comunemente parlando) di negazione logica. Specificare che tale negazione sia «logica», potrebbe essere superfluo perché la negazione non può non esserlo: anche nelle varie dialettiche, nelle teologie, nei dialeteismi, nei relativismi, etc. la negazione è pur sempre inserita in un discorso anzitutto logico (non necessariamente paraconsistente) prima che interpretativo e/o onto-logico.
Notoriamente la logica non è il mondo, ma il mo(n)do che più ci risulta comprensibile nel ragionare, in quanto dotati di determinate strutture mentali, imprinting culturali, etc. Risulta per questo sempre importante, secondo me, distinguere i concetti con un referente reale e i concetti puramente astratti (il bottom-up dal top-down, le verità di fatto da quelle di ragione, il corrispodentismo dal coerentismo, etc.).
Pur in tutta la sua sconfinata fertilità, che spazia dal poetico al quantistico passando per il filosofico, il nulla mi pare anzitutto generato, concettualmente, dalla negazione dell'esistere quadrimensionale comunemente inteso: non ci si imbatte nel nulla, al massimo si pensa al nulla (non il nulla), teorizzandolo. Una domanda interessante, che in quanto domanda non è scevra dalla precomprensione da cui origina, è questa:
Citazione di: niko il 13 Gennaio 2021, 14:24:59 PM
chi testimonia del campo di coscienza nullo di quel vivente espulso dall'essere e dal mondo, che non è più? Della verità di quel campo di coscienza? 
Uno dei presupposti impliciti di questa domanda, se non la fraintendo, è (sorvolando la questione dell'"espulsione", carica di "latenza") che ci debba essere tale testimonianza, tale "resto" (dopo aver "pagato" il fio dell'esistenza, come già ricordato da altri), un'eredità della verità del campo di coscienza che fu. Su cosa si fonda tale dovere? Sulla certezza che tutto si trasforma, lasciando sempre una qualche traccia di resto. Eppure, resto di cosa, esattamente? Di «verità», «coscienza»; concetto puramente formale il primo e attività concettualizzata la seconda («concettualizzata» non significa priva di referente reale/materiale, ma piuttosto "convenzionalmente identificata e circoscritta"). In fondo, allora, non è un po' come chiedersi (solito esempio): qual è il resto della luce quando spegniamo una lampadina? Che ne è della "verità" del precedente stato (illuminazione) e cosa testimonia l'assenza della luce che non è più, ma un tempo fu?
Si potrebbe facilmente richiamare anche la consueta metafora computazionale: quando spengo l'automa, cosa resta della sua attività interna, di tutti i suoi processi di elaborazione, autogestione, etc. (supponendo, per amor di parallelismo, che non sia più possibile riaccenderlo)?

Il paragone forse è meno spurio di quanto sembri: se l'essere coscienti è molto affine all'avere attività cerebrale, attività (se non ricordo male) anche elettrica, forse la domanda che chiede in che cosa si trasforma la coscienza dopo la morte, può trovar risposta (certo non da me) più nelle leggi concettuali che spiegano le mutazioni della materia e l'elettricità, piuttosto che ricorrendo al nulla (per quanto, concettualmente, se il nulla è affine, seppur non coincidente, alla negazione, possiamo ben dire che l'esser-spenti è il nulla/negazione dell'esser-accesi; tuttavia è un discorso puramente logico, non ontologico, come non lo è il nulla che in esso viene evocato).
#957
Tematiche Culturali e Sociali / Le opinioni e le bugie
11 Gennaio 2021, 15:03:29 PM
Citazione di: Eutidemo il 11 Gennaio 2021, 13:59:59 PM
A proposito di "soglia critica", tempo fa ho letto un interessantissimo articolo sullo "Scientific American" (nella sua versione italiana "Scienze") nel quale si spiegava come  "intelligenza" e "soglia critica" siano due cose differenti [...] purtroppo non riesco a ritrovare la rivista, quindi non posso rileggere e meglio approfondire l'articolo.
Intendi questo articolo? Al riguardo, qualche spunto interessante è anche qui.
#958
Tematiche Filosofiche / Nulla e qualcosa.
10 Gennaio 2021, 21:48:23 PM
Citazione di: niko il 10 Gennaio 2021, 19:07:31 PM
il mio pensiero del passaggio del nulla a qualcosa è spaziale, non temporale, quindi non c'è prima il nulla e poi qualcosa, ma c'è il nulla che in un certo senso è il vuoto, della realtà o della coscienza; o anche il limite, o il contenitore, dell'essere.
Questo accenno ad una  "topologia del nulla" mi ha ricordato il concetto di luogo-basho di Nishida (scuola di Kyoto), a suo modo una rivisitazione "zen" della chora di Platone; qui un articolo su Nishida e un nulla meno "all'occidentale".
#959
@Eutidemo

A scanso di possibili equivoci, vorrei disambiguare: il suddetto sito bit.ly (come TinyUrl e altri) fornisce un servizio che abbrevia gli indirizzi dei siti (e delle rispettive pagine) associandoli ad un link più breve, che facilita e snellisce la condivisione dei collegamenti; ad esempio il link della pagina di questa discussione
https://www.riflessioni.it/logos/attualita/attenzione!-il-covid-sta-favorendo-un-'nuovo'-e-'pericolosissimo'-tipo-di-truffa/
diventa semplicemente https://bit.ly/2LjHgNF (e nella versione a pagamento del servizio è possibile personalizzare l'ultima parte del link con parole chiave o il nome dell'azienda, come successo nel tuo caso delle finte Poste).
L'effetto collaterale di tali abbreviazioni è che non è possibile leggere il dominio o il nome del sito (o pagina) a cui si viene rimandati, per cui cliccando sul link non si può intuire la destinazione (ovvero si compie un "salto della fede", per dirla filosoficamente).

Suppongo che le aziende più note non abbiano l'abitudine di ricorrere a servizi di abbreviazione link, soprattutto quando inviano messaggi direttamente alla mail (o simili) del loro cliente/destinatario, se non altro per evitare che tale link legittimo possa risultare sospetto e quindi venir bloccato da alcuni software di difesa (anti-malware, anti-phishing, etc.), soprattutto se, come nel caso che hai postato, il link è http e non https (considerando che il link sovrastante che ho generato con il sito, è stato prodotto automaticamente in https, il "tuo" link in http risulta ancora più sospetto: che non abbiano usato il vero sito bit.ly, ma un suo clone ad hoc?).
Mandando molti messaggi (spesso mal tradotti) ad indirizzi e numeri di telefono casuali, facendo "pesca a strascico", si finisce in pochi casi a contattare qualcuno che è davvero in attesa di un pacco postale (o ha davvero un conto in quella banca, o è davvero cliente amazon, etc.); credo sia una questione di giocare con i grandi numeri, più che di mirare ad un utente specifico (ovviamente, la polizia postale potrebbe approfondire la questione, ma se si è curiosi di scoprire qual è la destinazione di un link abbreviato, senza aprire davvero la pagina di destinazione, si possono usare servizi gratis come quello all'indirizzo https://unshorten.it/, una volta ottenuto l'indirizzo autentico della pagina di destinazione lo si può processare con servizi o software che ne valutino la pericolosità, a proprio rischio pericolo e ovviamente).
#960
Attualità / Commento all'assalto al Capitol Hill.
08 Gennaio 2021, 18:43:22 PM
Sul blocco di Twitter a Trump (cito da qui):
«Twitter ha bloccato per 12 ore l'account del presidente Usa, Donald Trump, dopo aver rimosso tre tweet che contenevano "ripetute e gravi violazioni" della sua politica di integrità civica. Non solo. Il social ha fatto sapere di essere pronto a bloccare in modo permanete l'account del presidente uscente degli Stati Uniti se le violazioni continueranno e che l'account rimarrà bloccato a meno che Trump non cancelli definitivamente i tre tweet ritenuti offensivi.
"Come conseguenza della situazione violenta senza precedenti e in corso a Washington, abbiamo richiesto la rimozione di tre tweet di Donald Trump postati oggi per ripetute e gravi violazioni della nostra politica di integrita' civica", ha twittato l'account Twitter Safety. "Ciò significa che l'account di Donald Trump sarà bloccato per 12 ore dopo la rimozione di questi tweet. Se i Tweet non vengono rimossi, l'account rimarrò bloccato. Le future violazioni delle regole di Twitter, incluse le nostre politiche di integrità civica o minacce violente, comporteranno la sospensione permanente dell'account di Donald Trump", si legge nella serie di tweet del Social.»
Anche Facebook e Instagram sembrano essere sulla stessa linea (v. qui)