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Messaggi - Sariputra

#946
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Attrazione
12 Ottobre 2017, 12:01:42 PM
Sul discorso monogamia/poligamia direi che, anche se , sulla carta, sembrerebbe 'fantastico' avere molte donne o molti uomini ( anche se le donne, per come le conosco, i molti uomini preferiscono vederli solo nel caso esercitano la più antica professione del mondo, altrimenti...), ma in realtà , nella 'pratica', è fantastico solo nella fantasia. Ci sono moltissimi libri o commedie esilaranti sul come si riducono questi 'aponi' che si dilettano di posarsi di fiore in fiore, liberi come l'aria. Solo il nascondere all'una e all'altra le varie impollinazioni pretende uno sforzo e uno stress che presto ti fa optare  per la vita claustrale, vista alla fine come oasi di pace e di benessere... ;D


Sull'attrazione: è normale che, soprattutto l'impollinatore, venga attratto dai variopinti colori floreali ( e più sono 'colorati' più ne viene ammaliato...). Ma attenzione perchè spesso molti di questi amabili fiorellini , dopo averti 'abbracciato' teneramente, si stringono e si chiudono all'improvviso...rivelandosi le infiorescenze di spaventose piante carnivore, che ti succhiano tutto, ma tutto...persino l'anima e, dopo averti ben spolpato e digerito, ti sputano sull'arido terreno sottostante... :(
#947
Seguendo l'indicazione di @Angelo Cannata sono andato anch'io a vedermi le definizioni di etica e morale in un altro vocabolario (il Devoto-Oli):
etica - Dottrina o indagine speculativa intorno al comportamento pratico dell'uomo di fronte ai due concetti del bene e del male.
morale - Concernente il presupposto spirituale del comportamento dell'uomo, spec. in rapporto con la scelta e il criterio di giudizio nei confronti dei due concetti antitetici di bene e di male. Il complesso dei principi dal punto di vista religioso o filosofico che definiscano tale presupposto.
A prima vista ( a naso... :) ) direi che il termine 'morale' caratterizza più un comportamento dettato da presupposti ben definiti, specialmente a riguardo di una  determinata dottrina religiosa o filosofica ( morale cristiana, morale stoica, morale buddhista, ecc.),  mentre l'etica è ciò che precede e determina la propensione individuale nello scegliere una specifica morale ( intesa come 'sorgente' interiore di una scelta, di cui la morale ne è poi il corso?...).
Si nota una certa differenza tra i due termini nel colloquiare ordinario.
Diciamo infatti: 'Quel medico esercita con grande senso etico la propria professione" ( difficilmente diremmo:"Quel medico esericita con grande moralità la propria professione"...anche se non è sbagliato in definitiva, ma etica sembra avere un significato più ampio, più includente, più profondo per l'appunto...).
Viceversa diciamo:" Quell'uomo mi ha fatto la morale" ( indicando una persona che può costringere altri a seguire i propri convincimenti morali , che magari impone il fardello agli altri senza veramente portarlo lui stesso: 'fariseo', 'ipocrita', ecc.).
'Morale' mi sembra anche un termine più legato alla storicità, alla cultura dominante in un determinato periodo: (m.pubblica, m. privata, m. collettiva, uomo senza morale, ecc.).
'Etica' invece sembra , come dicevo, contenere qualcosa di più sorgivo, più autenticamente umano, come una specie di 'tensione verso...". E' qualcosa che si potrebbe definire, forse, come 'ricerca di cos'è veramente bene o male...'.
Nei nostri tempi cupi che viviamo ( quegli altri tempi non li ho vissuti, ma certo questi che vivo non sono luminosi... :() si tende  ad eliminare la tensione etica e appiattire tutto sulla morale storica e culturale, con evidenti violente contrapposizioni...
#948
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
11 Ottobre 2017, 16:21:19 PM
La ri-nascita sempre come un'ulteriore possibilità? Tutta la metafisca e non solo, il sistema sociale  e culturale del sub-continente indiano è vissuto ( e vive ancora) sull'eterno ciclo di nascita-morte-rinascita.
La morte è un nemico, è sofferenza, ma non perché 'pone fine alla vita', che è la paura e il terrore naturale dell'uomo, ma perché la perpetua , ti costringe a ri-nascere a ri-soffrire ancora e poi ancora. Donde viene questa millenaria sapienza che ruota, che dà per scontato, per assodato, pacifico che si viva, si muoia e poi si rinasca? Mi ha sempre fatto riflettere questa assoluta certezza che investe ogni forma di spiritualità/filosofia sorta sul quel terreno fecondo. Cosa percepivano della vita quegli antichi saggi che composero, forse quasi 2.000 anni prima di Cristo, il Rig-veda, il più antico testo della cultura indo-europea? Perché nessuno, nemmeno Siddhartha, mise mai veramente in discussione questa certezza? Sì, ci furono pensatori nichilisti, marginali, ininfluenti che non fecero scuola.
Se prendiamo come nostra stessa esperienza quei continui ricordi, sogni o visioni che inspiegabilmente ci fanno incontare volti che ci sembra di aver sempre conosciuto, ambienti in cui ci sembra di aver sempre vissuto, sensazioni strane che riconosciamo senza averle mai provate...beh!A volte ci sono spiegazioni plausibili, altre volte meno. Ricordo di quel bimbo palestinese che ricordava di essere stato ucciso con un colpo alla testa. Venne infine ascoltato da un ricercatore, non ricordo il nome, e il bambino lo portò nel luogo esatto dove sentiva di esser stato sepolto. Scavarono e trovarono i resti di un uomo con un foro nel cranio...ma ci sono tante storie documentate. Quella di Katsugoro. raccontata da Lafcadio Hearn, è inquietante e documentata da numerosi documenti dell'allora distretto di Tamagori, in Giappone alla metà dell'ottocento. Lo stesso Lafcadio Hearn provò su stesso l'ipnosi regressiva per verificare...sogni, visioni, sensazioni interiori, brevi flash...cosa c'è?...
Il buddhismo del canone è 'anche' il buddhismo votato a spegnere questo fuoco della rinascita, questo ciclo samsarico. Ecco che a noi occidentali, una cosa che forse, per la nostra cultura, appare come positiva ( il rinascere, l'avere ancora una possibilità di migliorarsi, di assaporare ancora questa vita così bella ma anche così dolorosa) si trasforma per l'indiano in un tormento, in una sete d'esistere che non trova quiete, da troncare, per sempre.
"Ancora tu sei ammaliato dalle follie dell'arte, della poesia e della musica, dalle delusioni del colore e della forma, dalle delusioni del linguaggio e del suono sensibile.
Ancora questa apparizione chiamata Natura- che è solo un altro nome per significare vuoto ed ombra-t'inganna e t'ammalia, e ti riempie con sogni di desiderio per le cose dei sensi.
Ma chi desidera veramente conoscere, non deve amare questo fantasma della Natura, non deve trovare delizia nello splendore di un chiaro cielo, né nel mormorio di fiumi correnti, nè nelle forme dei monti e dei boschi e delle valli, né nei loro colori. Chi veramente desidera conoscere non deve trovar delizia nel contemplare le opere e i fatti degli uomini, nell'osservare il gioco di marionette delle loro passioni e delle loro emozioni. Tutto ciò non è altro che un tessuto di fumo, un barbaglio di vapori, un'impermanenza, una fantasmagoria.
Perché i piaceri che gli uomini chiamano alti e nobili o sublimi non sono altro che più larghi sensualismi, più sottili falsità; fioriture velenose ed apparentemente belle dell'egoismo, tutte radicate nell'antica melma degli appetiti e dei desideri...
Tutto ciò che esiste nel Tempo deve perire. Per lo Svegliato non v'è tempo, né spazio, né cambiamento, né notte, né giorno, né caldo, né freddo, né luna, né stagioni, né presente, né passato, né futuro. La forma e i nomi delle forme sono ugualmente nullità. La conoscenza solamente è reale e per chiunque la guadagna l'universo diventa uno spirito. Ma è scritto: 'Colui che ha superato il Tempo nel passato e nel futuro deve essere di mente eccezionalmente pura'.
Tale mente non è la tua. Ancora ai tuoi occhi l'ombra sembra sostanza, l'oscurità luce e la vacuità bellezza. E quindi la vista delle tue nascite anteriori ti dà solamente dolore".
(Lafcadio Hearn-Spigolature nei campi di Buddho-Laterza 1922 uno dei testi più antichi di Villa Sariputra  ;D).
#949
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
11 Ottobre 2017, 00:07:26 AM
Citazione di: Apeiron il 10 Ottobre 2017, 22:48:04 PMHo ancora pensato alla questione dello status ontologico del Nibbana (e la relazione con "Anatta") e ho trovato anche questo link che pare utile (oltre che dire le stesse cose che afferma Il Sari) https://what-buddha-said.net/library/Wheels/wh011.pdf ... ok ancora non capisco la differenza tra una visione "positiva" del Nibbana (almeno come tipo l'"Essere" di Parmenide per intendersi...) e dire che "non deve essere compreso come semplicemente non-esistenza". Ma sarà un mio limite ;D Curiosità. Stasera mi sembra che mi stia vendendo un qualche malanno e stavo meditando su quanto il fatto di star male fisicamente impone restrizioni sulla vita, qualsiasi cosa si voglia fare (ok lo so è solo un normale malanno ma quando parto per la tangente ahimé non mi ferma nessuno ;D ). Il che mi ha fatto riflettere e mi è sorta questa curiosità (forse un po' fuoriluogo): ma che succede a chi non ha la salute fisica per fare il monaco? Voglio dire i precetti del tipo "mangia al massimo 2 volte al giorno e chiedi solo cibo in elemosina" (e altri) chiaramente "funzionano" solo se si è in buona salute. Così come ad esempio chi non può camminare non può fare la "meditazione in cammino". Quindi mi chiedo per curiosità: in questi casi la corsa al Risveglio è rimandata alla vita successiva? :( idem a chi magari sorge una qualche malattia grave. In questi casi si confida nelle rinascite? :(

Spero che sia solo un malanno di stagione, tipico dell'autunno. Mi chiedi cosa succede a chi non ha la salute fisica per fare il monaco...beh! Direi  che non esiste un limite fisico per meditare.
Sei ammalato?  Coltivi la consapevolezza del tuo disagio fisico, la frustrazione che ti  provoca,  sei consapevole dell'insofferenza della mente che 'vuole scappare'. L'afflizione quindi può diventare uno strumento di meditazione per sviluppare vipassana ed anche metta ( provare benevolenza e compassione verso il proprio corpo sofferente. Visualizzare con gentilezza e semplicità il fatto che questo corpo, così bistrattato dalla mente, ci sorregge, ci permette di fare, di vedere la bellezza, ecc. ).
Nella comunità monastica il precetto di non prendere cibo solido dopo mezzogiorno vale solo per le persone in buono stato di salute. Per gli ammalati ci si prodiga per liberarlo, nei limiti del possibile, dalle sue pene fisiche ( non nel senso di ammazzarlo, ovviamente ;D ). Però, nella tradizione della foresta, si è parecchio 'duri'. Non si bada ai malanni passeggeri, si va ad elemosinare il cibo con la febbre , se non è da cavallo, per capirci...
Ajahn Tate, per esempio, era un monaco che si trovava in ospedale per curare un cancro, valutato dai medici incurabile. Decise di sospendere ogni cura e di tornare al monastero nella foresta, per morire. Visse altri 25 anni. Un bhikkhu estremamente stimato e venerato che diceva, alla gente che andava  a trovarlo per avere un consiglio, che la  medicina che l'aveva tenuto in vita era stata la meditazione.Credo che gli abbiano dedicato una grande sala del Dhamma, se non ricordo male, l'ho letto parecchio tempo fa...dicono che parlasse pochissimo
Se sei in carrozzella non puoi ovviamente fare la meditazione camminata, ma puoi esercitare la presenza mentale del gesto di spingere la carrozzella. In fondo quello che è importante è il coltivare i fondamenti della presenza mentale, non lo strumento o il modo per farlo. Si può meditare mangiando o urinando  e defecando. L'importante è esserci, essere presenti e non permettere al bufalo di scappare in continuazione ( il bufalo è simbolicamente la mente che non risiede quasi mai nel presente ma vive del ricordo del passato e nell'immaginazione del futuro...).
Ti rispondo anche alla domanda che mi hai posto nel topic su Dio.
Intendevo che , nella visione vedica e upanishadica, l'assoluto Brahman genera le molteplici divinità che sono rappresentazioni simboliche delle molte manifestazioni e funzioni di un unico Dio: "respirava senza produrre respiro, per propria forza, quell'Uno" (Rig-Veda). Questo Uno che si manifesta prima in tre, poi in 33, poi in 333, poi in 33.000.000 ( cifra simbolica ad indicare l'infinità di forze che muovono il cosmo) non si disintegra nella sua molteplice manifestazione, ma  sottolinea che si manifesta come molti aspetti. Uno di questi aspetti ( riconducibile a Shiva) è la trasformazione , la morte. Pertanto la morte e la sofferenza connessa è una manifestazione di Dio. In un certo senso lo definirei come un 'abitare la morte' da parte di una manifestazione di Dio/Ishvara. Questo perché in questa visione l'uomo attribuisce a DIo la funzione di creatore (Brahma) prima di ogni altra, poi di conservatore, di colui che 'mantiene' in essere (Vishnu/Lakshmi) e infine di trasfomatore, di distruttore (Shiva). In una visione non lineare ma bensì ciclica del tempo si ripete in Dio questo andamento eterno di creazione, sostentamento e riassorbimento della creazione, che quindi non è una ma molteplici, infinite creazioni. Creazione al plurale, come plurali sono le manifestazioni dell'Uno.
Ecco che quindi, a parer mio, il significato e il peso nella metafisica vedica della morte non è paragonabile alla visione abramitica. La vita, con le sue gioie e i suoi dolori, con la sua tarsformazione/morte è parte di Ishvara stesso, è Ishvara stesso. Ma questo non è panteismo o ingenuo naturalismo, si tratta di speculazione metafisica dato che l'Uno precede metafisicamente ogni polarità e separazione. Per questa mancanza assoluta di dualità viene definito col neutro (ékam). Riferendosi agli attributi di questo principio metafisico infatti è opportuno parlare di non-dualità piuttosto che di 'Unità', secondo gli insegnamenti della scuola Advaita.

P.S. sai niente che fine/trasformazione ha fatto il Pierini? Dopo 500 e passa manifestazioni apparse in poco più di un mese è scomparso... :-\  ???
#950
Razionalità è anche vedere i limiti della ragione stessa. I suoi confini. Il suo perimetro se così si può definire. Ora, sarebbe perfettamente assurdo usare un cucchiaino da caffè per scavare un canale o un bacino idrico. Per l'eventuale credente in un ipotetico Dio o in una dimensione trascendente significa ritenere che bisognerebbe disporre almeno di un escavatore per una simile opera. E' in questo senso, suppongo, che va interpretata la famosa frase biblica "I miei pensieri sovrastano..."
Se invece un razionalista ritiene che non è accettabile nulla che non sia dimostrabile e verificabile dalla ragione umana posso solo dire: "Bien" parafrasando un famoso pilota asturiano... ;D
Se mi trovo in una giungla e vengo assalito da una tigre, il mio bene sarà riuscire a sfuggirle. Per la tigre però sarà il suo male, visto che non avrà di che mangiare.
Ciò che l'uomo vede come suo bene o come suo male, potrebbe non essere quello che un ipotetico Dio considera come il suo bene o il suo male ( disponendo dell'escavatore...).
Quindi non penso ci sia vaghezza , ma tentativo di uscire dalla limitata prospettiva umana ( eppur si sale intravvedendo il profilo del prossimo scalino...questa sì che è vaga... :)).
#951
Non condivido la risposta che ti sei data alla domanda. Io non stabilisco cos'è male o bene per E. Io dico che se E esiste allora non può essere nel mondo ciò che E considera male. Questa è l'argomentazione, nulla di più, nulla di meno.  


E come fai a sapere ciò che E considera male? E' solo 'uomo che considera non possa esserci Dio se c'è quella cosa che lui ritiene o sente sia 'male'.
Un bimbo piange se viene sgridato dai genitori e pensa di subire un'ingiustzia, soffre  e ritiene che sia un male. Viceversa per il genitore, che vede l'interesse generale del bimbo, l'atto educativo esercitato è per il bene e non per il male del bambino. Ora il bimbo può ritenere che il genitore sia malvagio, ma poi , quando crescerà comprenderà che non lo è. Esempio banale...

Quindi sei d'accordo con me che non possono coesistere E e il male (secondo E) nel mondo?


Non possono coesistere l'idea che ci facciamo di E e il male nel mondo secondo l'idea che ci siamo fatti di E. Ma l'idea che ci siamo fatti di E è falsa, illusoria o limitata.  Cos'è il male per l'uomo non è cos'è il male per un ipotetico Dio. Se tu assolutizzi l'idea che l'uomo ha del 'male' e la proietti sull'idea che hai di un dio è una tua interpretazione. :)

Ritorno sulla mia personale convinzione che siamo troppo influenzati dall'idea paolino/platonica di Dio e infatti l'obiezione ha senso solo all'interno della cultura monoteistica abramitica in cui la morte viene opposta alla vita. In altre concezioni in cui la morte non è che un aspetto del divenire della vita non ha senso.
#952
Ciao Sariputra.  
Come dicevo, non è necessario che si definisca cosa sia male e bene. Poniamo che il fatto x è male secondo l'entità E onnipotente, onnisciente e infinitamente buona. Bene, x non può esisterete se esiste E. Questo è il nocciolo della quetione, non trovi?


Ma chi stabilisce che x è male per l'entità E ? Sempre e solo l'uomo secondo il suo giudizio su ciò che lui ritiene sia male anche per l'entità E. La teodicea può avere valore come confutazione degli attributi che l'uomo  attribuisce all'entità E (onnipotenza, onniscienza, infinita bontà) e sempre e solo rispetto alla propria idea e definizione linguistica di onnipotenza, onniscienza e infinita bontà. Non ha alcun valore rispetto al 'mistero' privo di attribuzioni umane. Bisogna sgomberare il campo dalla teologia cristiana che tanti danni ha fatto. Basta inserire l'attributo di distruttore ( come nella visione vedica) e già la teodicea crolla.

E sì che ci sarebbero pure stati 'spunti' interessanti anche nella Bibbia: "I miei pensieri sovrastano i vostri pensieri"; "Io sono colui che è"; "Perché mi dite buono? Solo il Padre mio è buono" ( Interessante perché Yeoshwa prospetta un tipo di bontà qualitativamente 'diversa', inconcepibile, che solo il Padre possiede, non-umana e non solo riferibile all'esperienza umana della bontà), ecc.
#953
Citazione di: InVerno il 10 Ottobre 2017, 12:42:44 PM
Citazione di: Sariputra il 10 Ottobre 2017, 12:14:35 PMIo invece la penso come Apeiron, quindi in contrapposizioe a te e Sgiombo. Tutta la tua argomentazione regge solo se definiamo "male" ciò che noi , esseri umani limitati, consideriamo come male. Questo male però può non apparire come male nel pensiero non-umano e non limitato di un ipotetico Dio. :)
E io la penso come te e Apeiron, ma in contrapposizione a nessuno, semplicemente coerentemente alla matrice deista delle mie considerazioni, ma un Dio personale ha da fare con il "male degli uomini", agisce nelle stesse categorie "punisce", "ama" etc, si presta al mondo degli uomini e alle loro categorie, altrettanto il male e il bene. A mio avviso il conflitto logico scaturisce nel momento in cui si attribuiscono a Dio qualità di matrice panteista ( le varie omni-, che lo vedono permeare il Tutto e il Nulla) con qualità prettamente teiste (tra le quali la capacità di "azione"), due ordini di astrazione incompatibili tra loro e che generano questo conflitto logico-semantico che non ha alcuna possibilità di essere risolto se non attraverso un campo linguistico neutro (che non mi risulta esistere) dove un essere omnicomprensivo possa agire (nonostante sia esso allo stesso tempo il soggetto, l'oggetto e l'azione stessa). Per permettere una tale ipotesi è necessaria una "lingua franca" per poterla esprimere, il concetto di "mistero" (nella sua accezione "spirituale") è una delle parole che mi viene in mente di questo ben poco fornito vocabolario di idee, a cui tuttavia mancano predicati e soggetti. Si possono creare infiniti rompicapo sfruttando questa incompatibilità, dal masso che Dio non può alzare etc.

Contrapposizione d'idee s'intende. Io 'amo teneramente? Sgiombo ed Epicurus... ;D
Sono assolutamente d'accordo con te. Oltre ai limiti del linguaggio mi preme far notare tutto il male che ha prodotto la pretesa umana di definire gli "attributi" di Dio ( e quindi di designarlo secondo categorie del linguaggio umano...). Quindi tutto il male che ha prodotto certa teologia. La teodicea è la conseguenza logica alle pretese teologiche e trova il suo senso solo nella critica di dette pretese e di queste premesse. Si è completamente perso il senso del 'mistero' (mysterium tremendum...). :)
#954
Citazione di: epicurus il 10 Ottobre 2017, 11:41:19 AMLa penso come Sgiombo, quindi in contrapposizione con Aperion. Il famoso paradosso del mio omonimo (;D) è stringente, non c'è via di uscita. O Dio vuole abolire il male, e non può; oppure può, ma non vuole; oppure non può e non vuole. Se vuole, ma non può, è impotente. Se può, ma non vuole, è malvagio. Ma se Dio può e vuole abolire il male, allora perché c'è tanto male nel mondo? La questione non è se dio esiste o cosa si intende quando usiamo la parola "dio". Definiamo un ente come onnipotente, onnisciente e infinitamente buono. Ora, se esiste il male allora tale ente non può esistere. Questa è l'argomentazione. Quindi o sia accetta che il male non esista oppure che sia tale ente a non esistere. L'argomentazione per me è tra le cose più convincenti che potremo mai esibire su questioni "interessanti". Ricorrere al concetto di mistero è a dir poco forviante. Un conto è la semplice mancanza di spiegazione, ma qui abbiamo un'argomentazione forte e convincente della sua impossibilità. Se vogliamo mantenerci ragionevoli ciò ci dovrebbe portare a rifiutare che possa esistere un tale ente in contemporanea con il male nel mondo; se, invece, non ci interessa nulla della ragionevolezza e vogliamo credere a tutti i costi, nessun problema. Mi pare più pertinente ed interessante qui scoprire quali tesi siano ragionevoli, anziché convincere il prossimo a credere a tali tesi. Aperion, inoltre, non capisco quanto tu scrivi: <> Che cosa vorresti dire in questo caso? Inoltre, mi pare che rispondere a questo quesito con la tesi della divinità non personale o della moralità non umana sia non centrare il quesito, ma parlare d'altro. Può o non può esistere un ente onnisciente, onnipotente e infinitamente buono in un universo in cui c'è il male? Questo è il problema. :)

Io invece la penso come Apeiron, quindi in contrapposizioe a te e Sgiombo.
Tutta la tua argomentazione regge solo se definiamo "male" ciò che noi , esseri umani limitati, consideriamo come male.
Questo male però può non apparire (essere ritenuto) come male nel pensiero non-umano e non limitato di un ipotetico Dio. :)

Manca infatti a noi l'eventuale conoscenza della motivazione e dell'esito finale, ossia vediamo solo gli effetti e non l'intera storia come viene vista dall'ipotetico dio.
La teodicea non regge.
#955
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Attrazione
10 Ottobre 2017, 11:44:01 AM
Un vecchio e noto proverbio recita. "La bella è guardata , la brutta vien sposata."
La brutta,  consapevole di esser brutta, qualora accalappia un maschio bello sa tenerselo ben stretto con manicaretti, attenzioni di ogni tipo, disponibilità, mitezza d'animo, ecc. perché teme che, qualora lo perdesse, non ne ritroverà altri.
La bella, consapevole di esser bella,  qualora accalappia un maschio brutto lo snobba, lo bistratta, lo maltratta, gli nega malignamente le sue grazie perché sa che, qualora se ne liberasse, ne ritroverà altri di polli come lui, come ben vede dagli sguardi e dalle attenzioni che riceve.
Viceversa:
Il brutto, consapevole di esser brutto, qualora accalappia una donna bella vive nella gelosia, nel timore, nello spavento continuo e pur di non perderla è disposto a tutto , ad ogni umiliazione, financo ad accettare di spartirsela con altri molto più belli di lui.
Il bello, consapevole di esser bello, qualora accalappia una donna brutta la maltratta, la tiraneggia, la umilia, consapevole che, qualora si stancasse di lei, ne ritroverà altre, come ben vede dagli sguardi e dalle attenzioni che riceve.
Per questo il saggio dice: "Ad ognuno il suo."
Il bello che si accoppia con la bella vive felice e ha figli belli e adeguati al mondo moderno, che richiede come prima virtù l'aspetto.
Il brutto che si accoppia con la brutta vive (abbastanza) felice e ha figli brutti e inadeguati al mondo, che rifiuta la loro bruttezza.

P.S. L'uomo saggio sa: Bisogna tenersi lontani dalla donna e dall'oro.
      La donna saggia sa: Bisogna tenersi lontani dall'uomo e dalla sua mancanza d'oro. ;D
#956
Citazione di: sgiombo il 10 Ottobre 2017, 09:55:18 AMAggiunta per Apeiron Ti faccio una domanda (anzi, due). Secondo te un gretto e meschino egoista (e disonesto) che cercasse di ingannare una persona proba per arraffare il frutto dell' onesto lavoro di quest' ultima ma venisse smascherato, perdendo il desiderato "maltolto" e magari finendo in galera, dal momento che, per dirlo con Nietzche (almeno come da te menzionato; io non l' ho letto), non godrebbe di "ricompensa" (del suo pessimo intento) sarebbe forse da considerare un altruista? E un generoso che si recasse presso una famiglia povera con un bel gruzzolo di denaro onestamente guadagnato per regalarglielo e, magari sventando un tentativo di furto lungo il percorso, ci riuscisse e dunque fosse ben soddisfatto, contento della riuscita del suo (generoso, altruistico) intento ovvero, per dirlo con Nietzche (almeno come da te menzionato; io non l' ho letto), godesse di un' adeguata "ricompensa" (del suo gesto generoso) sarebbe forse da considerare un egoista?

L'egoista può sentirsi (per dirla con Nietzsche, come da Apeiron menzionato...) 'ricompensato' del suo egoismo e portato a pensare che, se continuerà ad agire da egoista, continuerà a provare il piacere della 'ricompensa' dell'egoismo.
L' altruista può sentirsi ( per dirla con Nietzsche, come da Apeiron menzionato...) 'ricompensato' del suo altruismo e portato a pensare che, se continuerà ad agire da altruista, continuerà a provare la soddisfazione data dalla 'ricompensa' dell'altruismo.
Ma bisogna distinguere i 'frutti' dalla motivazione. Nel primo caso la motivazione è bieca e meschina ( la propria soddisfazione personale in barba a tutto e a tutti...), nel secondo caso la motivazione è nobile ( la propria e l'altrui soddisfazione poste sulle stesso piano valoriale, in chi dà nella ricompensa dell'agire nobilmente e in chi riceve nella soddisfazione di risolvere qualche sofferenza e nel contempo provare  il piacere di sentirsi 'oggetto' di benevolenza, cosa assai contagiosa che può portare a ricambiare il gesto in un cerchio virtuoso di dare e avere...).
Nel caso dell'egoista il suo agire non fa che perpetuare il suo stesso egoismo (Kamma negativo).
Nel caso dell'altruista il suo agire non fa che perpetuare il suo altruismo (Kamma positivo).
Nel primo caso si dà ri-nascita in regni bestiali ( simbolicamente scrofe,verri, pidocchi, zecche, tutto ciò che sta 'aggrappato'...).
Nel secondo si dà ri-nascita in regni superiori (simbolicamente uomini saggi, albatros, acquile reali, tutto ciò che si libra e si svincola...)  ;D
#957
Tematiche Spirituali / Re:Lo specchio della verità.
09 Ottobre 2017, 16:32:54 PM
Chi è Dio? E' la domanda che si pone Jean.
Allora sentite questa...come sapete una delle mie bizzarrie è quella di visitare piccoli cimiteri di montagna semiabbandonati. Spesso si trovano addossati a chiesette di borgate, abitate da qualche vecchio che non vuole lasciare la sua terra. Si possono trovare indicazioni di vite vissute, piccoli poemetti scolpiti su lastre marmoree slavate dalla pioggia. Le fotografie, quasi sempre, sono in bianco e nero se non addirittura in quell'ocra antico che dà sull'arancio delle prime foto d'epoca. Domenica, solitario e ramingo,  passeggiavo lentamente in uno di questi sereni luoghi di riposo. L'aria era tersa e il cielo di un azzurro splendido. La temperatura mite di prim'ottobre, unita a qualche nota melodiosa di uccelli nascosti nei rovi e nelle abetaie attorno, rendevano quieta l'atmosfera. Ad un certo punto...un rumore insolito...incuriosito mi giro e vedo un piccolo ramarro verde ( quanto tempo era passato dall'ultima volta che ne avevo visto uno nella campagna attorno alla Villa?...). Subito la bestiola si è tuffata tra il groviglio di verde che copriva quasi interamente una tomba singola. Groviglio peraltro del tutto simile ad altri che infestavano le altre dimore funebri. Questo però aveva un che di insolito che mi attirava...un solo, solitario e principesco fiore giallo tra la massa verde.  Era un comune fiori di tarassaco che però si ergeva alto sopra tutto il fogliame, quasi a catturare la vista, a voler essere notato. Mi sono avvicinato e, guardando quel che si poteva ancora intravedere , scorsi la foto di una giovane ragazza sorridente, invero molto carina...c'era accanto scritto solo un nome: Vittoria, con due date 1936-1954,,,
La tomba di una bellissima fanciulla dai capelli corvini di soli diciotto anni! Allora mi inginocchio e osservo da vicino la vecchia, stinta fotografia...la fanciulla ha un viso sorridente: probabilmente una foto scattata nell'occasione di una festa  o di un compleanno. Forse lo stesso dei suoi diciotto anni...La tomba si presentava completamente occupata dal verde. Non c'era probabilmente più nessuno in vita per tenerla pulita. Così mi è venuta una strana voglia, un desiderio inconsueto...quello di ripulirla.  Mi sono levato il giubbino e ho strappato tutta l'erba con le mani, ho rassettato il terriccio e lavato la lapide con dell'acqua presa da un vecchio rubinetto arrugginito. Ho lasciato solamente la piantina di tarassaco e il suo impavido fiore giallo...
Mentre lavoravo nella tranquillità del luogo, alzando ogni tanto lo sguardo per dare un'occhiata alle cime intorno, ho cominciato ad immaginare questa ragazza in un convito in paradiso. Un paradiso fatto di conversazioni, di pettegolezzi con le amiche. Perchè, se mai ci fosse un paradiso, non lo si può che immaginare come un grande luogo di chiacchere e di condivisioni. Magari tutti in cerchio, così che non ci sia mai nessuno che viene "prima"  di un altro... In un luogo simile anche i santi non potrebbero che essere dei giovinetti scherzosi che fanno festa attorno ad una ragazza nuova appena arrivata. E Dio, verso sera, quando i canti si fanno più malinconici , viene a sedersi nel cerchio e allora spiega perché ha fatto questo e non quello, perché a questo è toccato quel destino e a quella ragazza un altro. E nessuno ci trova da ridire,anzi! A tutti sembra proprio che doveva andare così, che era la cosa giusta da fare...Poi il giardino del paradiso si fa buio e silenzioso, mentre Dio va a dormire, e allora , proprio quella ragazza, sogna di un uomo che la sta guardando  e che sta pulendo la sua tomba...e sogna la sua casa e la sua famiglia perduta, ma senza dolore, con serena consapevolezza data dall'amore che non divide...
Verso mezzogiorno son tornato e, mentre preparavo il pranzo, osservavo mia figlia che leggeva..i suoi capelli, i suoi occhi...
#958
Tematiche Filosofiche / Re:sull' etica
06 Ottobre 2017, 19:31:45 PM
Citazione di: Phil il 06 Ottobre 2017, 19:19:02 PM
Citazione di: sgiombo il 06 Ottobre 2017, 10:56:13 AMchi ha la sfortuna -?- di essere (nato o diventato) malvagio, disonesto, vigliacco, egoista ha alcun motivo per non continuare ad agire meno malamente, disonestamente, vigliaccamente, egoisticamente, ecc. di come ha fatto in precedenza. Sono solo un attore che recita un copione scritto da altri (dovrei essere un Dio perché le cose stessero altrimenti). Ma non per questo non sono contento di recitarlo al meglio delle mie possibilità.
Dall'interno della tua prospettiva deterministica (se l'ho ben compresa :) ) non si potrebbe nemmeno parlare di "al meglio delle mie possibilità" (o di "cercare di agire meno malamente"), poiché, inevitabilmente, fai ciò che puoi fare, né più né meno; la tua scelta è dovuta ad una causalità stretta e condizionante in cui il tuo voler "fare al meglio" (o "meno peggio") è l'unica possibilità che trovi ragionevole, e che (e)segui di conseguenza... un determinismo radicale non lascia spazio per la discrezionalità del "meglio possibile" o il "peggio possibile", perché si realizzerà indubbiamente l'unica scelta deterministicamente causata... che tuttavia verrà giudicata come se fosse stato possibile non scegliere ciò che si è scelto, ovvero come se la volontà avesse potuto volere qualcosa di differente... ma se così fosse, sarebbe stata un'altra volontà, non quella che, di fatto, è. Se non possiamo andare oltre la nostra volontà, ovvero non possiamo "volere ciò che non vogliamo", allora credo che tanto il libero arbitrio (non mi pare sia definibile con "= casualità delle scelte" ;) ) quanto la responsabilità etica siano da pensare a partire da un preponderante ruolo egemone della volontà individuale (escludendo casi di manipolazione farmaceutica, plagio, circonvenzione di incapace, presunto ipnotismo, etc.), ovvero considerando che non si può modificare la nostra volontà dall'interno, poiché anche il voler cambiare, il voler fare ciò che non ci piace, il voler andare contro i nostri istinti, sono comunque voleri della nostra stessa volontà (la cui la capacità di automodificarsi è quindi limitata...). Ciò non toglie che, in una vita civile regolata, sia utile e necessario prendere provvedimenti, per il sovrano "quieto vivere", verso chi ha una volontà disfunzionale (o potenzialmente nociva) al contesto che lo circonda (e invitare gli altri a comportarsi bene per evitare le fiamme dell'inferno o la dannazione eterna o il reincarnarsi in un topo, è una strategia di comunicazione di massa molto efficace ;D ). E anche questo stesso meccanismo di autoconservazione delle società credo sia frutto di un determinismo causale, selettivo e adattativo, in cui il volere "privato" è una risultante di fattori condizionanti (perlopiù esterni) e allo stesso tempo confluisce nel volere "pubblico" (almeno in democrazia... almeno sulla carta ;) ). Di conseguenza, valutare cosa sia "bene" o "male" dal punto di vista etico, richiede criteri la cui fondazione (e l'annessa arbitrarietà, per i non credenti) cozza con la matrice "volontaristica"-deterministica della libertà d'azione, per cui "il bene" e "il male", demistificati, risultano solo giudizi-condizionati di una volontà-condizionata su l'operato-condizionato di un'altra volontà-condizionata (e anche tale consapevolezza è condizionata!). L'iniziare a pensare alla "mente" (intelletto, volontà, comportamento, istinti, inconscio, capacità varie, etc.) come una risultante condizionata, causata da altro da sé (genetica, società, vissuti ed esperienze, etc.) piuttosto che come una "scintilla divina", un motore immobile che muove una "volontà libera"(?), credo sia il primo passo per aprirsi al disincanto in cui le prospettive etiche risultano una necessità antropologica, non più un "gioco di ruolo" in vista del giudizio divino (se invece si immette in questo orizzonte una divinità, allora il determinismo e il causalismo vanno in cortocircuito con il ruolo stesso della divinità; si prospettano allora differenti soluzioni, più o meno escludenti o diplomatiche...). P.s. Ne discussi già con Carlo e altri: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/siamo-liberi-di-pensare-cio-che-vogliamo/30/

E così, caro Phil, alfine abbandoni la tua consueta diplomazia, è riveli di essere un determinista materialistra puro... ;D  ;D 

Vio vedere che aveva ragione Green?... ;)
#959
Tematiche Spirituali / Re:Sono un essere inadeguato
06 Ottobre 2017, 16:26:54 PM
RICORDI

"Cerca solo quello che non vedi, ché il visibile l'hai già trovato" mi diceva un giorno...quanto tempo era passato?...l'amico Li Tai Pe. Eravamo allora nel suo atelier in Montparnasse con Gauguin e Van Gogh che dipingevano paesaggi bretoni sbirciando Parigi dalla finestra. A quel tempo Li  faceva il pittore di professione e i suoi dipinti li trovavi sempre appiccicati sui muri sporchi di qualche bettola parigina.
Aveva stretto amicizia con Paul e con Pierre Bonnard. Vincent invece se lo teneva in casa solo per far piacere a Paul e mi rammento benissimo le liti che scoppiavano tra i due sulla funzione del colore nell'opera d'arte. Con noi viveva anche Maurice, la bella inserviente del 'Parisien', che talvolta posava come modella. Li non poteva amare Maurice e cercava compagnia tra i marinai che facevano spola tra Bordeaux e il Morocco. A volta rimaneva lontano per giorni interi.
Tentai anch'io di cimentarmi con i colori e i risultati furono incoraggianti. Paul voleva che esponessi al 'Salon des Indipendants' di quell'anno, ma non mi sentivo ancora pronto. Dopo un anno decisi di smettere.
Era stato un anno molto duro: non eravamp riusciti a vendere che pochi quadri e la miseria ci stringeva le budella in quell'inverno del 1875. Soltanto Maurice portava un pò di soldi.
Con quelli vivevamo alla meno peggio.
Paul decise di andarsene appena i bucaneve fecero capolino sulle rive della Senna. Prese un paltò, un paio di mutande e un asciugamano.
Non lo rivedemmo mai più.
Soltanto qualche anno dopo venni a sapere che si era trasferito a Tahiti. Aveva sempre amato il sole e le donne.
Aveva sempre amato la natura.
Per il dolore Vincent si tagliò un orecchio e le sue scappatelle al manicomio cominciarono a farsi più serrate.
Me ne andai anch'io, una mattina di febbraio, quando la nebbia ingrigiva la Senna, su un barcone macilento della 'Società per i trasporti fluviali'.
Li e Maurice vennero a salutarmi.
Li vidi scomparire nella nebbia, con le pesanti sciarpe rattoppate che frustavano l'aria gelida del primo mattino. Mi avevano detto solo:'Addio'...
Quella fu l'ultima volta che vidi Li Tai Pe ...e ancora lo sto cercando.

1980




#960
Il mare,
visto dalla scogliera,
ha il colore del blu.
Se però ne raccolgo
un pò d'acqua
con le mie mani,
tremanti per la vita,
è trasparente.

Sari di Sotto il Monte

P.S. Bellissime foto Jean, complimenti ! Sono piaciute moltissimo anche a mia figlia, che sta facendo fotografia al Liceo Artistico. Mi ha detto di chiederti se le hai scattate con una macchina fotografica "vera" o con lo smartphone.  :)