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Messaggi - Jacopus

#946
Penso che si tratti di due piani diversi, Claudia. Il soggetto prevaricatore va fermato, punito, contenuto. Non c'è alcuna uguaglianza fra vittima e carnefice rispetto al fatto "hic et nunc" perpetrato o che si pensa di perpetrare. Ma in una accezione più socio-filosofica, occorre tener presente come la "cattiveria" sia un fenomeno complesso, che va considerato nelle sue origini ambientali, individuali e casuali e nella dinamica storica di ogni gruppo umano. Vista in questa prospettiva la "cattiveria" diventa più difficile da confinare secondo una distinzione netta fra "buoni" e "cattivi". Ti assicuro in modo piuttosto certo che, salvo problematiche neurologiche, la "cattiveria" è un percorso di apprendimento e di sviluppo di comportamenti routinari che diventano "modi di essere" (o modelli operativi interni, secondo Bolwby), a loro volta interagenti con il carattere individuale, l'ambiente dove vive il soggetto e il caso. Ciò non toglie, ripeto, che ognuno di noi sia responsabile, al cento per cento di ciò che fa, salvo perizia psichiatrica che affermi il contrario.
Per aggiungere carne al fuoco, si pensi come un certo comportamento e i relativi stati affettivi possono anche essere ereditati geneticamente. Quindi un ambiente che sollecita risposte predatorie, creerà un gruppo di dimoranti in quell'ambiente geneticamente inclini alla violenza, secondo un processo di feed-back che si autoalimenta e riproduce quel livello di predazione. Il tutto secondo i canoni della teoria evolutiva.
#947
CitazioneMa non siamo affatto tutti uguali, e alla storia comune ciascuno porta il proprio.
Prendi tot bambini di 4-5 anni e a ciascuno di loro fai trovare nel giardino di casa  un gattino di due mesi, che sia il primo gattino che incontra dal vivo.
Assisterai alle reazioni più variegate : alcune più diffuse, altre meno, altre ancora decisamente eccezionali a livello percentuale.
Vedrai quello che si approccia senza esitazioni all'incontro ravvicinato e lo accarezza e lo prende in braccio; quello che ne è attratto ma più cauto nell'avvicinarsi; quello che lo guarderà col terrore di chi ha incontrato un orso e scapperà a rifugiarsi; quello che prenderà il primo sasso per tirarglielo addosso; fino a quello (certamente molto meno comune) che lo porterà come pasto caldo al molosso di casa o lo prenderà per la coda e lo sbatterà al muro finchè non muore.
Ripartirei da qui Carla. Quello che scrivi è verissimo. Abbiamo delle reazioni diverse e comportamenti diversi anche fra fratelli, il cui patrimonio genetico inevitabilmente è diverso. Le precondizioni della cosiddetta "cattiveria" le ho elencate prima e sono sempre le stesse, genotipo/fenotipo, ambiente, caso. Poi subentrano i meccanismi di apprendimento. Possibilmente il bambino che si diverte sadicamente va corretto da genitori comprensivi e presenti e se non ci sono genitori comprensivi e presenti va corretto da istituzioni preposte, scuola e sanità in primo luogo. Una correzione che va sviluppata non in senso autoritario (tipo "comportati bene sennò chiamo i carabinieri") ma in senso affettivo, dimostrando con l'esempio qual'è la vita etica. Il nostro cervello è estremamente plastico, possiamo apprendere e mettere in pratica tutto e il contrario di tutto. Contenere il più possibile il male dell'uomo sull'uomo è una responsabilità dell'umanità come complesso di relazioni. In questo risiede la sfida della cultura almeno da Ulisse in poi.
Un ulteriore considerazione. Il male è multiforme, si annida nei centri del potere, è spesso anonimo. Risale a generazioni prima e quando esplode sembra insensato o attribuibile esclusivamente alla degenerazione del singolo, ma non è così. Alice Miller fa risalire il nazifascismo alla "pedagogia nera" di fine ottocento, quella che costringeva il presidente Schreber a restare immobile con le mani e i piedi ristretti in complessi macchinari ideati dal suo famoso padre pedagogo, affinché studiasse senza masturbarsi. Quello stesso Schreber, diventato schizofrenico,  al centro di due magistrali interpretazioni, la prima di Freud e la seconda di Canetti. In questo caso dove si origina il male dell'uomo sull'uomo, se non da una distorta interpretazione della cultura? Una distorta interpretazione della cultura a sua volta debitrice di distorti rapporti di potere. Quindi, lungi da me pensare ad un futuro privo di male nella storia dell'umanità, ma occorrerebbe da subito pensare ad un progetto collettivo per attenuare quel male, mentre invece la più recente direzione della storia ci indica la direzione opposta. È la stessa filosofia individualista contemporanea a muovere le teorie che la causa del male dell'uomo risiedano nel singolo uomo malvagio, ma in questo modo non si fa altro che attivare un meccanismo di difesa, anzi due, scissione e proiezione, senza migliorare di una virgola la possibilità verso la vita buona.
#948
La domanda di Carla è sostanzialmente: "dobbiamo sempre considerare il cattivo come una vittima? Anche alla luce dell'evidenza di soggetti cattivi privi di esperienze traumatiche?". Direi di no, proprio perché la "via alla cattiveria" non è a senso unico ma è piuttosto un labirinto di vie che si intersecano e si diramano secondo diverse miscele della solita triade:
1) genotipo/fenotipo;
2) società;
3) caso.
Cattiveria è anche un termine piuttosto generico, che ricomprende l'impulsività del focoso che spacca le teste, il freddo calcolo del omicida con premeditazione, ma anche gli appartenenti alla "zona grigia" di cui parla Primo Levi o coloro che magari sono cattivi in modo specializzato (contro poveri o ebrei o meridionali e così via), oppure coloro che lo esercitano perché lo credono inevitabile.
Il male dell'uomo sull'uomo esiste nelle società tribali e in quelle tecnologiche (ovvero in tutte le società dove interviene in modo preponderante la cultura). Nelle società arcaiche per la vicinanza con i modelli animali fondati sulla lealtà di clan e sulla gerarchia rispetto ai maschi alfa. Nelle società tecnologiche per qualche difetto "tecnico", che non si riesce mai a riparare. La cultura infatti, attraverso la religione, la filosofia e in seguito la scienza, ci ha sempre fatto intravedere il miraggio della pace, della giustizia, della libertà. Concetti che sono chiarissimi ad ogni mammifero anche in tenera età. Viviamo così da tempo immemore una condizione scissa. La nostra biologia e la nostra cultura riproducono entrambe uno sdoppiamento: una realtà dove esiste il male dell'uomo sull'uomo e una idealità dove il male dell'uomo sull'uomo è superata. La storia dell'uomo è un continuo tentativo, un protendersi verso il superamento di quel male, che conosce però un percorso a zig-zag, con ritorni all'indietro, con sentieri appena tracciati e subito interrotti.
La stessa dualità realtà/ideale si ripresenta in termini di responsabilità del male. Il perpetratore del male è contemporaneamente responsabile ed irresponsabile. Mantenere questa tensione è vitale proprio per affermare la libertà dell'uomo e per scorgere gli altri possibili esiti della storia e quindi del bene etico. Ma senza dimenticare che "io sono" è sempre un "noi siamo". In questa accezione riveste particolare importanza il discorso del perdono, che esula da una interpretazione religiosa, ma diventa il passaggio verso una nuova concezione dei rapporti umani. Ovvio che al perdono si deve abbinare anche il senso di colpa e il desiderio di "superare" lo stato precedente dominato dal "male". Un processo che si può fare solo insieme, abbandonando il bozzolo dell'individualismo, che è uno dei grandi mali del nostro tempo (come il gregarismo lo era di altri).
#949
Tematiche Culturali e Sociali / Re: I social media
24 Aprile 2023, 16:48:59 PM
Personalmente frequento solo FB, da bravo boomer. Scorro la pagina. Mi serve anche per avere delle notizie. Oggi ad esempio ho scoperto casualmente che stasera ci sarà alle 9.00 un film di Malick in Tv. Oppure seguo delle pagine di cucina che mi servono per provare qualche nuova ricetta. evito come la peste le pagine politiche e cerco anche di evitare commenti, che rischiano di aprire polemiche sterili con schiere di disagiati.
#950
Idee per migliorare il forum / Re: Psicologia
24 Aprile 2023, 16:43:51 PM
Ciao Aspirante. Nel vecchio forum c'era effettivamente la sezione psicologia. Niente esclude di poterla ripristinare. Il problema che potrebbe esserci a creare tante sezioni è quello di vederle inaridirsi per mancanza di contributi. Vediamo cosa ne pensano gli altri ed Ivo.
#951
Cara Claudia, qui potrei scrivere per ore. Innegabile che quella che tu chiami "cattiveria" esista. Interessante anche l'origine etimologica della parola: Captivus, in latino è il prigioniero. Che fa il paio con Carcer, che in origine erano le stanze dove stavano i gladiatori prima di esibirsi sull'arena. La cattività riguarda quindi coloro che non sono stati abituati, educati, addestrati a rispettare gli altri e considerano il prossimo semplice strumento dei loro scopi. Quindi una bella folla, comprensiva di amministratori delegati, alti funzionari, politici, parenti senza scrupoli, oltre che dei soliti e banali delinquenti. Ci sono un paio di film che lo spiegano meglio di qualsiasi trattato: the wolf of wall street e American Psycho. Ed è anche vero che le cause sono molteplici. Non esiste un'unica fonte per spiegare la violenza intraspecifica dell'uomo, ma quella più importante è sicuramente l'apprendimento, che avviene in famiglia ma anche in tutte le situazioni sociali dell'umanità, dal gruppo amicale all'ambiente di lavoro, dai messaggi televisivi alle conversazioni quotidiane. Un effetto della laicizzazione della società è questa tendenza a vedere gli altri non più come fine ma come mezzo. In un'epoca di transizione come questa, in cui ai valori religiosi in declino si sono sostituiti i valori tossici della ricchezza, dell'apparire, della affermazione, tutti valori vissuti in chiave esclusivamente individualista, sembra che la cattiveria sovrasti ogni azione cooperativa e benevola. Tutto ciò che è collettivo, sociale, condiviso, ci fa normalmente schifo. E se gli altri sono l'inferno, tanto vale usarli come dannati o combatterli come altrettanti diavoli. Questo è il quadro generale. La tendenza. Ma non bisogna neppure dimenticare che l'uomo è biologicamente un animale sociale e quindi i valori dell'Unione, dell'affetto, della collaborazione torneranno sempre dalle cripte dove sono stati temporaneamente posti. È una guerra ancora in corso fra divinità del bene e divinità del male, così come raccontato con una prosa indimenticabile da Freud, ne "Il disagio della civiltà".
#952
Uno dei più grandi filosofi di tutti i tempi, Spinoza, fece per tutta la vita, il molatore di lenti ed ottenne il record di essere perseguitato sia dagli ebrei che dai cristiani. Solo l'estrema tolleranza del governo olandese del seicento lo salvò dal rogo o dalla lapidazione (ed anche il non firmare i suoi libri).
#953
Scusa Duc. Ormai ci ho preso gusto e comunque discutere con te è un piacere, visto il tuo garbo, al di là delle diverse idee. Il mio credere è inevitabile, perché ognuno di noi agisce sulla base di pregiudizi, cioè credenze, ma non è una fede, in quanto è sempre possibile metterla in discussione ed è invece una credenza, che proprio alla luce della posizione di reciprocità, deve essere disposta ad accettare credenze diverse, come ad esempio "credere in Dio". Questo atteggiamento dì reciprocità ci porta a quel relativismo che citi in fondo all'intervento. Ma quel relativismo si supera fondando il proprio agire sul riconoscimento reciproco, in grado di trovare piccole verità discutibili lungo il cammino. Se è vero che questa logica non è detto che tutti l'accettino (come fai notare), aprendo la porta a profittatori di vario genere, la tua scelta è comunque quella della sottomissione, dello stato di minorità ad un potere assoluto in grado di annicchilirti in ogni momento. In entrambi i casi c'è un fattore di rischio, poiché la superbia, l'hybris, è dietro l'angolo sia fra i fedeli in Dio che fra i fedeli nell'Uomo. Ed entrambi hanno mietuto molte vittime fra i loro nemici. Ma è proprio per quello che facevo riferimento a logiche di reciprocità. Poiché se si educano le società ad ascoltare le ragioni degli altri, ognuno è vittima o come scrive Hegel ognuno è padrone e servitore allo stesso tempo. Il padrone dei cieli è troppo simile ad un tiranno per piacermi. Preferisco Ulisse che abbandonó Nausica, e preferì tornare fra i mortali, piuttosto che diventare immortale ma legato da un incantesimo senza tempo.
#954
I filosofi sono tuttavia uomini come noi. Di alcuni si conoscono universalmente alcuni anedotti della vita quotidiana. Fatti che li rendono più umani, comici o tragici. Chi non conosce il pianto di Nietzsche che abbraccia a Torino un cavallo che il vetturino stava frustando? Insomma qui si possono elencare gli anedotti curiosi della vita dei filosofi.
Inizio io con uno particolarmente divertente, raccontato da Galimberti. Sembra che Max Weber fosse di una erudizione mostruosa. Quando viveva ad Heidelberg, vivace città intellettuale, era lo spauracchio di ogni conferenziere. Infatti sia che ci fosse un convegno sulla zanzara anofele o sulla antica civiltà sumera, se fra il pubblico c'era  Max Weber, sarebbe intervenuto e avrebbe fatto fare una figura meschina al conferenziere, mettendo in mostra una cultura enciclopedica che non aveva uguali. Mi immagino questi conferenzieri che si informavano se per caso Weber fosse fra il pubblico e tiravano un sospiro di sollievo nel sapere che era in ferie in Tirolo.
#955
Forse hai ragione tu, Duc ma il senso della idolatria o della devozionalità scaturisce da un riconoscersi gregge di fronte ad un pastore ed eventualmente tutta una serie di pastori intermedi. Il mio "credere" nell'uomo è un credere (difficilissimo) nella reciproca responsabilità e nel reciproco sentire collettivo. La buona azione non ha quindi più bisogno di un principio metafisico che rischia di diventare una consolazione e un differimento rispetto al possibile raggiungimento di una condizione etica nella vita mondana. E non ha neppure bisogno di un principio metafisico per essere "buoni", perché c'è il rischio di essere puniti nell'aldilà . La condizione etica mondana è premio a sè stessa in una società fondata sul riconoscimento reciproco.
Non è un discorso semplice, che implica, fra l'altro, un processo educativo, di "Bildung", che in realtà è già iniziato da secoli e che coinvolge lo stesso cristianesimo (non è ovviamente farina del mio sacco, ma di una tradizione che parte da Epicuro e giunge ad Hegel, bypassa Marx che pensa di trasferire il paradiso in terra, e arriva a Freud e ad Habermas e Canetti).
#956
Attualità / Re: Ontologia e disastri umanitari.
21 Aprile 2023, 23:25:43 PM
La naturale saggezza del corpo? In cosa consisterebbe questa naturale saggezza del corpo? Che la natura sia presa come
Metro della Razionalità e della Verità Unica è alquanto buffo. Noi, come tutte le specie viventi siamo un accrocchio funzionante di organi, tessuti, cellule, che hanno fatto tesoro di miliardi di anni di storia evolutiva. Ciò non toglie che vi siano specie che mangiano i propri figli ed altre che si uccidono per difendere il proprio territorio, così come esistono specie per le quali sono
stati osservati tipici comportamenti omosessuali. Quindi l'omosessualità è naturale. Ma, aggiungo, non è questo il punto. La natura non può essere la misura dell'uomo, salvo adottare comportamenti paradossali, come quello di aggredire ogni gruppo sconosciuto, come accade fra i lupi. Oppure quello di dover subire le angherie del soggetto più forte, che ti impedirà di avere relazioni sessuali e che si terrà per sè tutte le femmine del clan.
L'uomo, dopo Kant, mi sembra abbastanza adulto per potersi dare in modo autonomo le proprie leggi. In questo campo poi mi sembra davvero antidiluviano pretendere un supposto rispetto per il corpo. Il rispetto si dà a quello che le persone sentono di essere. Questo rispetto per il corpo, così inteso, mi sembra il parente povero del rispetto per l'anima, che permetteva (fortunatamente qualche secolo fa) di bruciare i corpi al fine di salvare la prima.
#957
CitazioneAnche il Papa ha il suo scetticismo, ma è credibile e giudicabile - proprio come te e me - solo delle sue proprie azioni.
Quindi, finché c'è vita, uno può cambiare la propria credenza - e quindi il suo stile di vita: l'essere e l'esistere - grazie a quello scetticismo (o dubbi), ma, una volta deceduto, c'è da sperare di non aver sbagliato credenza, perché infine (menomale) la Verità di quale fosse la credenza perfetta e giusta nel pianeta Terra, ci sarà ben presente.
Infatti Duc. Hai colto il nucleo della nostra distanza rispetto al concetto di "credere". Nel tuo caso è un concetto devozionale, rispetto al quale non esiste possibilità di mediazione e di superamento. La verità divina non è suscettibile di "rivoluzioni" e presuppone l'uomo in stato di "permanente minorità". Nel mio, si tratta di credere nell'uomo come soggetto auto-legiferante, in grado di trovare la propria strada in modo autonomo. Sono due concetti del mondo umano molto diversi e rispetto ai quali vi sono ovviamente conseguenze diverse sull' agire umano, inteso in senso storico e non in senso metafisico.
#958
Presentazione nuovi iscritti / Re: Ciao
20 Aprile 2023, 20:55:38 PM
Ciao Ego, ben ritornato.
#959
Scusami se insisto, altrettanto gentile Duc, ma l'idolo ha bisogno di un pensiero incondizionato di accettazione. Credere in generale non presuppone questa credenza incondizionata propria della fede. Si può credere in modo dubitativo o dialettico. Si può credere in qualcosa e fondare la propria azione su quella credenza (il che è inevitabile), ma si può lasciare uno spazio di sano scetticismo anche sulle proprie credenze, che ci salvano dal pensiero paranoico della fede e della divisione (in psicoanalisi si direbbe scissione) fra bene e male.
#960
Duc. Non direi. "Idolo" presuppone terminologicamente, credere in qualcosa di superiore e indiscutibile, perché appartenente ad una sfera sacra. Preferisco credere in principi che possono essere messi in discussione. Se proprio dovessi scegliere un idolo sceglierei il principio dell'illuminismo stabilito da Kant, che è di per sè, il superamento di ogni atteggiamento di sottomissione supina a qualsiasi credenza che non sia sorretta dalla difesa della dignità di ogni soggetto, considerato in condizione di parità e di reciprocità.