Cerco di rispondere agli interessanti interventi con un unico post che spero sia esaustivo e soddisfacente.
donquixote parla del "credere" argomentato da Giuseppe. Secondo quest'ultimo il vero "credere" cioè la vera fede è l'assoluta certezza, in quanto frutto di percezione incontrovertibile, dell'esistenza di Dio. In questo senso il credente va oltre il significato comunemente attribuito al credere dalla vulgata popolare. In questa prospettiva è dunque vero che non si può discutere la propria fede: non si può negare ciò che si percepisce. Anche se qualcuno potrebbe obiettare che bisogna dimostrarla a terzi altrimenti potrebbe essere frutto di autosuggestione.
E ciò che anima il mio intento (dall'intervento di Giuseppe in poi) è appunto esplorare a tutto tondo questo aspetto della fede.
E vorrei quindi "andare avanti" in questa direzione.
Pur tuttavia non mi sottraggo a quanto affermato nell'incipit e nei post successivi per onestà intellettuale e rispetto dei miei interlocutori.
Ed il problema, a mio avviso, nasce dal fatto che ci sono differenti gradi di fede. E non è facile esplorarli tutti. E poi bisogna anche distinguere: fede in cosa? Nel senso che io ho trattato la fede in Dio inteso come "architetto" della realtà ma poi, su iniziativa di diversi utenti, abbiamo allargato il campo alla fede cattolica. Comprensibile visto che siamo in Italia, ma non del tutto....come dire.....in topic.
Cercando dunque di rimanere al semplice credere in Dio o meno e assumendo questo credere come qualcosa che va dal semplice ragionamento logico al percepire, più o meno indefinitamente ma senza certezza alcuna, io penso che la posizione di chi crede sia sullo stesso piano di dignità intellettuale di chi non crede. E do per scontato che entrambe le convinzioni debbano essere considerate politicamente, socialmente insomma umanamente a 360° sullo stesso identico piano.
donquixote parla del "credere" argomentato da Giuseppe. Secondo quest'ultimo il vero "credere" cioè la vera fede è l'assoluta certezza, in quanto frutto di percezione incontrovertibile, dell'esistenza di Dio. In questo senso il credente va oltre il significato comunemente attribuito al credere dalla vulgata popolare. In questa prospettiva è dunque vero che non si può discutere la propria fede: non si può negare ciò che si percepisce. Anche se qualcuno potrebbe obiettare che bisogna dimostrarla a terzi altrimenti potrebbe essere frutto di autosuggestione.
E ciò che anima il mio intento (dall'intervento di Giuseppe in poi) è appunto esplorare a tutto tondo questo aspetto della fede.
E vorrei quindi "andare avanti" in questa direzione.
Pur tuttavia non mi sottraggo a quanto affermato nell'incipit e nei post successivi per onestà intellettuale e rispetto dei miei interlocutori.
Ed il problema, a mio avviso, nasce dal fatto che ci sono differenti gradi di fede. E non è facile esplorarli tutti. E poi bisogna anche distinguere: fede in cosa? Nel senso che io ho trattato la fede in Dio inteso come "architetto" della realtà ma poi, su iniziativa di diversi utenti, abbiamo allargato il campo alla fede cattolica. Comprensibile visto che siamo in Italia, ma non del tutto....come dire.....in topic.
Cercando dunque di rimanere al semplice credere in Dio o meno e assumendo questo credere come qualcosa che va dal semplice ragionamento logico al percepire, più o meno indefinitamente ma senza certezza alcuna, io penso che la posizione di chi crede sia sullo stesso piano di dignità intellettuale di chi non crede. E do per scontato che entrambe le convinzioni debbano essere considerate politicamente, socialmente insomma umanamente a 360° sullo stesso identico piano.