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Messaggi - paul11

#961
Citazione di: Kobayashi il 13 Settembre 2018, 11:57:04 AM
Citazione di: paul11 il 13 Settembre 2018, 10:54:00 AML'autoinganno, nel contesto spirituale/religioso, lo si ha se si traggono giudizi senza sapere di cosa si parla. ............... Se una persona è interessata ad un argomento, acquista un libro, si informa, ecc. Ritornando all'esempio tuo sulla trinità, faccio un esempio per ipotesi. Acquisto un libro di un teologo, o "spiritualista" moderno, che mi da la "sua" interpretazione. Mi documento sull'autore e sui suoi riferimenti biblici che interpreta. Vado a verificare sul testo biblico che i riferimenti siano giusti. Appurerei di altre tesi di altri autori(che magari fanno parte di altre scuole di pensiero). ma comunque inizierei dal confronto che costò scomuniche al primo riferimento storico in cui nacque il concetto trinitario.

Non hai colto l'aspetto filosofico della questione.
È ovvio che una persona su un determinato tema si documenta.
Ma vedi, al di là di casi specifici, capita che ci si trovi con una pluralità di interpretazioni, tutte ben fondate.
Allora vuol dire, forse, che la scelta di fare propria una certa prospettiva ermeneutica non è basata solo sulla razionalità delle argomentazioni ma anche su qualcos'altro, qualcosa di non così puro e disinteressato, qualcosa che rimanda alle proprie esigenze vitali magari inconsce etc..
La consapevolezza di questo "resto" riporta la filosofia e le dottrine spirituali e religiose sulla terra.
E se anche vivo la mia fede come un assoluto, quel "resto" mi dice che quell'assoluto è un inganno.
Ma non stavi studiando Nietzsche?
....non è proprio così.
Lo scienziato osserva un fenomeno--------- un teologo legge un testo sacro scritto
Lo scienziato interpreta il fenomeno così come il teologo

Dirimiamo la questione: 1) ciò che è il più possible oggettivo  è dato dal fenomeno fattuale nella scienza e in teologia dallo scritto "originario"  2) e non interpretazioni di interpretazioni.......

Quindi dividere il più possibile ciò che  ha valenza oggettiva dalla soggettività interpretativa.
L'origine deve essere sempre il fenomeno fattuale per lo scienziato e lo scritto sacro per il religioso/teologo.
Diversamente parliamo di ippogrifi e Topo Gigio.

Il processo, perchè questo è un processo conoscitivo, prescinde che lo scienziato si un riduzionista o un ebreo ortodosso,
vale a dire  non "cosa", ,ma "come" interpretano e con quale chiave di  lettura, in altri termini, quanto ci mettono del "loro" dall'osservazione del fenomeno e dallo studio su un testo sacro.

Questo è metodo, e questa discussione la stò ponendo sul metodo, non sul mio giudizio valutativo di cosa penso di un testo sacro, della trinità e del peccato originale.

Il tuo è già un giudizio di sintesi finale, di cui non capisco le premesse argomentative.

Certo che stò finendo  Così parlò Zarathustra
#962
Citazione di: InVerno il 13 Settembre 2018, 09:40:12 AM
Citazione di: paul11 il 13 Settembre 2018, 00:15:58 AM
Nell'esempio che tu fai sulla trinità, ad esempio, Gesù chiama Dio, come Padre così come vine scritto dello Spirito Santo.
Se chiama Padre, Dio, ovviamente implica che Lui sia il Figlio.
Se nelle scritture sacre, non ve ne fosse traccia, qualunque interpretazione sarebbe un'astrazione priva di un contesto sacro.
E' altrettanto chiaro che Gesù non costruisce una dottrina logica, una forma di protocollo religioso, insomma quelli che saranno chiamati dogmi.
Qualunque sacra scrittura non è un manuale con formule ch spiegano tutto.La narrazione lascia tracce, le forme spesso sono metaforiche ed allegoriche, cariche di simboli e rimandi, quì sta la base della pensiero razionale dottrinale, unire l simboli costruendo la forma, dare senso alle tracce dentro la narrazione.Ed è chiaro che è ermeneutica, esegesi con correnti dottrinarie che impiegano diverse chiavi di lettura.
Ma questo tuttavia non implica nulla riguardo la trinità.Anzi apre ulteriori ipotesi di esegesi perchè "essere figli di Dio" nella tradizione ebraica e come compare nell'antico testamento non è una descrizione, è un titolo. Quando e dove questo titolo ha acquistato valore descrittivo? E  la faccenda si complica ulteriormente perchè i vangeli differiscono nel considerare qualora Gesù fosse cosciente della sua divinità o meno o quando e come l'avesse acquisita (per nascita, per esaltazione sulla croce o per incarnazione). Anche prendendo in considerazione Giovanni dove Gesù sembra completamente cosciente del suo essere divino, ed essere tale addirittura dall'inizio dei tempi, questo non dice assolutamente nulla della trinità dottrinale, e questo è un problema evidente visto il profluvio di scuole di pensiero che si sono susseguite nel tempo che stanno a testimoniare appunto quanto il NT sia insufficiente a concordare una posizizione cosmologica. Persino Newton (unitariano) aveva una propria versione della trinità!
Qual'è allora il giusto criterio per valutare una posizione dottrinale sulla trinità delle infinite formulate in questi due mila anni?  Sono d'accordo che anche la fede segua un ragionamento, per forza di cose perciò non tutti possono essere corretti, e ad oggi l'unico criterio è stato quello "evoluzionista", cioè ha vinto il criterio dottrinale che è risultato più resiliente degli altri (per forza di cose, era protetto da uno stato). Ma è davvero questo il metro di valutazione più affidabile per ricondurci al significato di quelle tracce di cui parli? O quale altro? Nessuno lo sa, credo quia absurdum, che è l'autoinganno di cui parla Kobayashi.
Leggi le profezie e leggi nel Vangelo l'adempimento delle profezie: più chiaro di così.
Il titolo di Messia è conseguente alle profezie, per cui ,ad esempio, sarebbe dovuto appartenere alla tribù di Davide.

Gesù dichiara, nei Vangeli, davanti ai sacerdoti nel Tempio, di incarnare la profezia di Isaia:più chiaro di così

Lo scopo della discussione è discutere sull'inconciliabilità fra scrittura e fede, dove la scrittura è quella biblica,  o del dogma della trinità, di cui mi pare si siano aperte discussioni sia nel vecchio che nel nuovo forum?

L'autoinganno, nel contesto spirituale/religioso, lo si ha se si traggono giudizi senza sapere di cosa si parla.

...............
Se una persona è interessata ad un argomento, acquista un libro, si informa, ecc.
Ritornando all'esempio tuo sulla trinità, faccio un esempio per ipotesi.
Acquisto un libro di un teologo, o "spiritualista" moderno, che mi da la "sua" interpretazione.
Mi documento sull'autore e sui suoi riferimenti biblici che interpreta.
Vado a verificare sul testo biblico che i riferimenti siano giusti.
Appurerei di altre tesi di altri autori(che magari fanno parte di altre scuole di pensiero).
ma comunque inizierei dal confronto che costò scomuniche al primo riferimento storico in cui nacque il concetto trinitario.
#963
Citazione di: InVerno il 12 Settembre 2018, 11:58:57 AM
Mentre la maggior parte dei ricercatori spirituali si concentra tra le differenze tra il pensiero razionale e il pensiero fideistico, poco vengono discusse le discrepanze tra le scritture e la dottrina. Per chi si è interessato di studi filologici inerenti le sacre scritture, ancor prima che storici, è entrato facilmente a contatto con queste contraddizioni. Spesso queste contraddizioni vengono giustificate attraverso il concetto di "mistero", il problema è che dal punto di vista filologico queste contraddizioni hanno spesso una lunga storia e sono frutto di antichi dibattiti di cui possediamo i carteggi, e che non hanno nulla a che fare con la rivelazione e con i testi più antichi ma spesso sono interpretazioni successive, spesso di molto successive e che non hanno nulla a che fare con una supposta contradditorietà inerente la rivelazione e perciò con un mistero divino. Può un mistero nascere nell'800DC (esempio) mentre prima non se ne aveva alcuna nozione? Parrebbe di si. Esistono casi molto noti di falsi all'interno delle sacre scritture, ma eviterò di prenderli in esempio perchè non sto parlando di essi. Prenderò in esempio le scritture cattoliche, ma lo stesso concetto si applica anche ad altre scritture di tutte le fedi.


Un esempio lampante di ciò è la trinità cristiana. Concetto di cui non si ha una nessuna nozione esplicita all'interno del nuovo testamento, ma che verrà in seguito discusso secondo differenti scuole di pensiero, dal separatismo, al modalismo, al docetismo.. nei primi secoli del cristianesimo c'è un fiorire di scuole di pensiero che tenta una soluzione logica alla natura del Cristo. Sarà solo con Tertulliano che nascerà il concetto di "trinità" anche se in senso diverso da quello che intendiamo modernamente. Tertulliano infatti credeva che non potessero esistere 3 manifestazioni onnipotenti (una avrebbe annullato l'altra) e per forza di cose solamente una di esse (Dio) fosse realmente onnipotente mentre le altre due agissero su un piano diverso (inferiore se si vuole). Oggi la dottrina predica una trinità completamente differente sia da quelle delle scuole di pensiero che hanno perso la battaglia teologica, sia di quella che ha vinto con l'interpretazione di Tertulliano, ma di tutte queste versioni non esiste traccia nel nuovo testamento se non in un passaggio di Giovanni che peraltro è palesemente un addizione postuma. Di questo passaggio infatti non esiste alcuna traccia in nessuna delle migliaia di versioni greche a noi disponibili, e compare solamente nelle versioni in latino, cosa a cui verrà "posto rimedio" da Erasmo da Rotterdam che tradurrà dal latino al greco il passaggio e lo inserirà nella primaversione del testamente in "greco" stampata.
Questi passaggi filologici non sono misteri, ne dispute aperte, è semplice fattuale che questo passaggio non esiste nelle versioni greche del NT e che negli altri vangeli non si faccia menzione esplicita del concetto trinitario così come la dottrina lo descrive, ne in altra sua forma. E' la trinità quindi un mistero della fede, o un mistero della logica tertulliana?

Due grandi scuole di pensiero si accostano oggi all'interpretazione delle scritture. Quella che considera la rivelazione come un evento accaduto (e testimoniato appunto nel "testamento") e quella che considera la rivelazione come una "rivelazione continua". La seconda non ha nessun tipo di problema ad ammettere "rifiniture" come quella trinitaria, perchè la considera un accumulazione, un evoluzione della rivelazione continua.. la prima ha parecchi problemi, ed è quella che va per la maggiore tra i "conservatori" cattolici e va per la maggiore anche tra i credenti. Qual'è quindi il giusto valore delle rivelazioni testamentarie e quale il giusto approccio alle scritture di fronte a problemi filologici di questo tipo?
Ciao Inverno,
non esiste un pensiero semplicemente fideistico che regga senza un ragionamento.
Chi avesse fede solo per emotività personale, credendo in Dio come sua ancora psicologia ai suoi problemi esistenziali, prima o poi la perde come l'ha acquistata; accade nella spiritualità come in politica.
E' il ragionamento che tempra la fede e passa per le esperienze della vita che la mettono alla prova.
Quindi un base di razionalità, e la dottrina è il tentativo di razionalizzare "tracce" scritturali,deve esserci necessariamente, affinchè, come dici giustamente, non sia solo personalizzazione spirituale.

Tutte le sacre scritture sono narrazioni, con diverse parti e per scopi diversi.Vi sono vicende storiche come romanzi, vi sono parti prescrittive rituali, vi sono parti sapienziai,ecc.

Nell'esempio che tu fai sulla trinità, ad esempio, Gesù chiama Dio, come Padre così come vine scritto dello Spirito Santo.
Se chiama Padre, Dio, ovviamente implica che Lui sia il Figlio.
Se nelle scritture sacre, non ve ne fosse traccia, qualunque interpretazione sarebbe un'astrazione priva di un contesto sacro.
E' altrettanto chiaro che Gesù non costruisce una dottrina logica, una forma di protocollo religioso, insomma quelli che saranno chiamati dogmi.
Qualunque sacra scrittura non è un manuale con formule ch spiegano tutto.La narrazione lascia tracce, le forme spesso sono metaforiche ed allegoriche, cariche di simboli e rimandi, quì sta la base della pensiero razionale dottrinale, unire l simboli costruendo la forma, dare senso alle tracce dentro la narrazione.Ed è chiaro che è ermeneutica, esegesi con correnti dottrinarie che impiegano diverse chiavi di lettura.
Altro esempio, il peccato originale.E' vero che non è concettualizzato all'interno della sacra scrittura, ma se si ritene che l"ammutinamento" di Adamo nell'Eden sia un peccato e la conseguenza sia un uomo che dovrà vivere schiavo della terra fino alla prima venuta di Gesù che monda i peccati del mondo con il suo sangue, il filo, le"tracce" si legano in un pensiero razionale,così come già Gesù dice di una sua seconda e finale venuta, appare altrettanto chiaro che dall'anno zero di Cristo ad una sua eventuale venuta, si aprono interpretazioni scritturali sul pensiero e scritti dei profeti, evangelisti e patristi come S. Paolo.
E' a Gesù nei Vangeli che vengono attribuite parole come"si compiano le scritture, le profezie...."

Ora di argomenti come la trinità ".......generato e non creato della stessa sostanza del padre...." o sul peccato originale, ve n'è da discutere.
Diffido ancor di più chi attualizza storicamente le dottrine, secolarizzandole:questo è ancor più pericoloso.
Il più grande rischio, insomma, è quello di prendere una scrittura sacra e reintepretarla in chiave attuale seguendo le attuali "mode" culturali.
#964
Il problema fra lo stato etico, che vine spacciato per dittatura da l pensiero liberale che si piega al liberismo economico,
pone il paradosso di cosa sia la libertà personale.

Se pensiamo che ognuno è libero anche di farsi plagiare, perchè le patologie dello shopping o di chi entra in sala giochi e non sa ...fermarsi senza andare in malora, o dell'ipocrisia del vendere sigarette con scritto "guarda che muori..." questa traborda il concetto di libertà, va oltre i l"buon senso" comune.

Il problema dei lavoratori è la ricaduta di riflesso ad una precisa volontà del "mercato" e applicazione degli studi psicologici sulle compulsioni agli acquisti, di veicolare gli istinti  più cretini  e relativi comportamenti .
Non c'è solo la droga fisica, c'è la predisposizione psicologica e mentale al plagio.
Non mi stupirei come ormai non mi  ha stupito vedere aperto un supermercato la mattina del Natale,  odi organizzare il capodanno con menù degli alimentari venduti in quel supermercato...a buon prezzo.

Non so dove sia il confine fra cretinismo e patologia riconosciuta dalla medicina, l'importante è acquistare e fare fatturati, spendere soldi per essere plagiati e poi rispenderli per poter guarire dai fantasmi compulsivi.

Questa società è malata e quest'uomo è plagiato. Lo Stato deve vedere come spettatore, essendo espressione del sociale, e assecondare il cretinismo, divenendo lui stesso plagiatore e "markettaro" del voto,salvo poi dire come opinione pubblica che questo è "populismo", o porre un limite?
Non so se avete mai studiato gli stili di vita sociologici che sono fra i fondamentali del marketing, quelli sanno meglio dei cretini il comportamento di questi ultimi. 
Un tempo c'era il pudore, oggi siamo più liberi ed emancipati.
C'è da ridefinire termini e significati....................
#965
Avrebbero dovuto fare aperture a turno come le farmacie.
Quando si liberalizza accade che tutti debbono adeguarsi.
Ma guardatelo da un punto di visto economico: tener aperto 7 giorni invece di 5-6 ha aumentato i fatturati.....di tutti?
Quanti veramente fanno la spesa nei centri commerciali, o invece bighellonano avanti e indietro con mariti esausti.....
Ma c'è l'aria condizionata d'estate e non fa freddo d'inverno.
Ci ha guadagnato la grande distribuzione sul negozietto e i negozi in franchising, le catene di negozi con lo stesso marchio., che hanno ammazzato il negozietto.
Ma non gli conviene tenere aperto 7 giorni perchè il giorno in più non è che fa spendere di più le famiglie, semplicemente fanno meno la spesa negli altri giorni. Rimangono aperti perchè non possono lasciare occasioni alla concorrenza di vendere e tutti si sono adeguati.
Ma sono aumentate le spese di gestione , quelli generali di energia elettrica e hanno compresso i lavoratori.
I contratti nazionali prevedono tante flessibilità festive e la tassazione in Italia arriva all'aliquota del 30 e passa % per cui non conviene nemmeno lavorare di più.Meglio stare a casa che lavorare di Domenica.Le cassiere sono quasi tutte in part-time e contratti da precari .Insomma il dover tener aperti in continuazione non ha aumentato i fatturati , ma aumentano le spese , e il primo costo da contenere è quello del lavoro che si flessibilizza,si rende elastico negli orari settimanali con turnazioni.
La gente crede che sia il mondo dei balocchi, tutte quelle luci, ci si incontra: è una città nella città, ma a temperatura mitizzata,Invece dei vecchi portici, eccoli, la massa che continua a  girare.
Provate a chiedere ad un ebreo praticante  di non santificare il sabato o ad un islamico il ramadan...............forse sono dei retrogradi, e noi siamo la massa del progresso, avanti tutta...una,due, tre vasche e poi a casa davanti alle tivu....ma che bella giornata.
#966
Tematiche Filosofiche / Re:Scienza e scientismo
10 Settembre 2018, 00:35:07 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 08 Settembre 2018, 14:39:55 PM
A Paul11
Beh, direi che Heidegger riteneva Nietzsche l'ultimo metafisico proprio perchè, secondo lui (Heidegger)
la metafisica è nata nel momento stesso in cui è stato affermato il "divenire" (e con esso, naturalmente,
un "iperuranio" di entità indivenienti).
Quindi Nietzsche ultimo metafisico in quanto ultimo (definitivo?) "tecnico", laddove per "tecnica" si intenda
appunto il rimedio contro l'angoscia suscitata dal divenire (dunque la volontà di potenza come tecnica in
tal modo intesa).
Che dire? Questa è null'altro che una interpretazione; ma, personalmente, è quella che, diciamo, "preferisco"...
E' chiaro che l'"oltreuomo" nietzschiano (che in troppi traducono con "superuomo"; e già questo è indicativo
di come Nietzsche sia stato frainteso) non è un uomo meschino, che cerca potere e denaro. Ma, di fatto, nella
"morte di Dio" l'uomo questo è diventato.
Perchè Nietzsche, come del resto ogni filosofo, non inventa o crea un bel nulla; semmai "scopre", "denuda"
un qualcosa che già è (e questo qualcosa che già è, al tempo di Nietzsche, è appunto la morte di ogni valore
"eterno ed immutabile").
Nietzsche, nella veste di "oltreuomo" afferma: "vengo troppo presto" (ora non ricordo in quale opera è
questo passo). Ma non è, a ben vedere, un giungere che se fosse avvenuto nei tempi, diciamo, "dovuti"
avrebbe avuto successo. Non era allora e non è adesso il tempo per l'"oltreuomo" (se non forse, chissà, per
una sparuta ed insignificante minoranza di "eletti"), perchè nella morte di ogni valore "eterno" ad
emergere non è un uomo finalmente "libero" da ogni vincolo, ma un uomo che nel valore eterno trovava
un freno alla sua meschinità (adesso invece "libera" di esplicarsi a tutta potenza).
Un uomo quindi debole, e che in quanto debole non sa rassegnarsi all'indeterminatezza (da qui la sua
"ricostituzione dell'inflessibile" nelle "certezze" dello scientismo...).
Che altro dire? Certo sono consapevole che la mia lettura è quella di un conservatore, di un tradizionalista
(confesso che a certe conclusioni e riletture sono giunto soprattutto per "colpa" di Dostoevskij...), ma
a me sembra comunque quella "giusta".
saluti e stima.
Nietzsche, al di là degl "estremismi", fa notare a mio parere alcune cose fondamentalmente giuste.
La morte di dio(quì lo scrivo in minuscolo) rappresenta la fine di un'interpretazione, ribadisco il termine interpretazione perchè un attenta lettura degli originali "scritti sacri", come il peccato originale, sono invenzioni interpretative, anche se sono interpretazioni che hanno una logica di senso per certo versi.
Quindi la morte di dio è la fine dei sensi di colpa "originari".A modo mio, in senso diverso da Nietzsche, da quello che a mia volta ho letto su testi antichi, l'uomo semmai deve addebitare colpe, e non sentirsi in colpa per essere nato dal "fanngo".
Sarebbe in contraddizione Dio(quì maiuscolo) in quanto Lui avrebbe creato un essere "deficiente" che non capisce chi lo ha creato.
La morale che nasce da un'interpretazione sulla "colpa" non può che a sua volta interpretare l'esistenza terrena come una penitenza, come un patire e questo pone l'uomo già in condizioni di motivazioni sul come vivere come accettazione alle forme di subordinazione moral,e fisica sperando di salvare quella spirituale.
Francamente dal testo scritto di Nietzsche viene tradotto superuomo e non oltreuomo
Nietzsche crede all'eterno ritorno non al divenire come viene comunemente inteso.
Nietzsche non crede alla morte di TUTTI i valori, ribadisco che la potenza è interiore e non esteriore, ha una sua forma di religiosità che è però fondata sulla vita terrena e non sulla trascendenza ad una vita ultraterrena.
Tant'è che per Nietzsche Dio muore per compassione dell'uomo

Ha buon gioco  Dostoevskij, a dire che senza Dio si decade; la penso anch'io così.ma perchè la decadenza religiosa è corrisposta ad un subitaneo passaggio alla scienza moderna e al vento scientista.

L'umanesimo ha posto l'uomo falsamente al centro della cultura, perchè lo ha subordinato alla scienza e al divenire.
Su questo sono d'accordo con te e Severino in quanto la tecnica è l'insieme dei dispositivi culturali che credono ad un "tipo" di potenza "esteriore" dove in realtà è proprio la potenza esteriore che mette in subordine l'uomo rendendolo "schiavo" della tecnica. Ma il rimedio esteriore non può risolvere l'angoscia interiore.e questo la scienza e tanto meno lo scientismo non potranno mai risolverlo, proprio perchè la verità relativa è concentrata e appurata come prova sempre come una cosa fisica, mentre l'angoscia non è fisica.
Contraccambio la stima, ciao
#967
Citazione di: Phil il 09 Settembre 2018, 12:25:30 PM
Citazione di: paul11 il 09 Settembre 2018, 00:01:54 AM
si vede che sei ingegnere e fai il risentito.
Per quanto preferisca non parlare di me, devo smentirti: dico solo che "Phil" è sia inglese che latino (e non sta per Philippus), il resto lo lascio al tuo intuito... precisando inoltre che conosco un po' sia il mondo aziendale che quello della ricerca del lavoro, entrambi dall'interno, quindi più che "risentimento", c'è forse modesta consapevolezza.

Citazione di: paul11 il 09 Settembre 2018, 00:01:54 AM
Il mio discorso era general generico, e se un ingegnere frequenta un forum di filosofia, è perchè o la odia o ha una mentalità aperta.
Se ti va, prova a rileggere i miei interventi considerando che parlo dall'interno del discorso fatto da DeepIce (gli assomiglio più di quanto credi) e forse le mie osservazioni non ti appariranno critiche capricciose di un (presunto) ingegnere, ma considerazioni fondate, seppur personali, sullo stereotipo che i non-filosofi hanno dei laureati in filosofia (e sulla filosofia in genere).
Mi sembravi un pò risentito, tutto quì .Per quel che conta se tu fossi ingegnere, hai dimostrato e dimostri apertura mentale,
secondo il mio parere.
Ritornando sul mondo del lavoro, è una fortuna chi riesce  trovare un lavoro che lo appassioni e gli dia soddisfazioni.
Perchè il mondo del lavoro è coerente al mondo economico e a determinati modi di fare cultura.
Purtroppo ci vuole parecchio spirito di adattabilità e sopportazione e l'aspetto economico famigliare è fondamentale.
Altro aspetto sono le motivazioni personali.
La cultura aziendale riproduce in piccolo,microeconomia, la cultura macroeconomica.Il fondamento è fare utile.
Ognuno di noi è dentro in ingranaggi potenti e noi siamo  impotenti e soprattutto non abbiamo spesso ventagli di scelta
#968
Citazione di: Phil il 08 Settembre 2018, 16:56:24 PM
@paul11 e @Socrate78

Una declinazione dello "stereotipo del filosofo dalla mente aperta" (già commentato) è proprio quella del "filosofo personaggio scomodo", implacabile grillo parlante e strenuo difensore della Ragione e del Bene; caricatura che ironicamente alimenta di riflesso lo stereotipo del filosofo che non sa tenere in mano un cacciavite... che è esattamente l'immagine di cui alcuni filosofi si lamentano, non avvedendosi di come sia un'effetto collaterale inevitabile della loro (auto)promozione.

Un filosofo ha difficoltà a farsi assumere in fabbrica perché "i padroni" temono che la sua visione disincantata sobilli rivolte del "proletariato", oppure perché ha una formazione che sconsiglia l'inserimento in un contesto totalmente avulso al suo curriculum (e si sa che la pazienza di insegnare è un lusso che oggi pochi si possono concedere)?
Domanda (retorica) che mi sembra ancor più ragionevole e valida per altri ruoli che richiedono competenze ancor più specifiche e difficili da apprendere solo sul campo.
D'altronde, se doveste registrare operazioni contabili, curare un sito internet, organizzare un evento, etc. paghereste (di tasca vostra) un filosofo (senza altri titoli), rincuorati dal suo spiccato senso critico e analitico, oppure paghereste uno specialista? Siate onesti...
Non confondiamo filantropia e mecenatismo con il mercato del lavoro (che poi sia possibile sognare un mondo diverso, è fuor di dubbio...).

Il "filosofo disobbediente" (con in tasca "Il capitale" o "Così parlò Z." o "La critica della ragion pratica" o altro) è una macchietta fumettistica, disfunzionale nel senso deleterio del termine: se ogni ingranaggio volesse girare come e quando dice lui, sarebbero ben pochi i meccanismi funzionanti (non rispolvero la solita metafora del corpo umano...).
Se fossi filosofo e mi venisse chiesto di svolgere un compito esecutivo, di produrre un bene, o di fornire un servizio (che non trovo immorali e/o per i quali sono pagato), perché non dovrei obbedire e lasciare le mie velleità filosofiche sul comodino? Se poi ho la possibilità di proporre un miglioramento del servizio o una buona idea, difficilmente mi sarà impedito almeno di parlare (l'essere ascoltati e accontentati è altro discorso).

Davvero i filosofi sono "svegli" e pensano con la loro testa? Davvero il tecnicismo a discapito della preparazione filosofica è un male "mentale" per chi lo preferisce? In fondo, anche la filosofia è una forma di tecnicismo, per quanto possa risultare più simpatica e aulica di altre...
Come ricordato, la filosofia ha come sbocco lavorativo principale (e logico) il campo dell'istruzione, dove molti filosofi fanno giusto il loro "compitino", non hanno il dovere di produrre merci, non aizzano rivoluzioni culturali e portano a casa il loro stipendio obbedendo a chi gli è superiore per gerarchia (non per altro)... che il "filosofo supereroe" (e stipendiato!) sia da considerare un'eccezione?
si vede che sei ingegnere e fai il risentito.
Il mio discorso era general generico, e se un ingegnere frequenta un forum di filosofia, è perchè o la odia o ha una mentalità aperta.

Adatto che conosco bene il mondo industriale, meno nelle aziende del terziario dove si vende fumo,sappi che nelle selezioni dei ruoli in un ingranaggio aziendale vi sono due limiti da rispettare; il limite alla scemenza e quella dell'intelligenza.
il fordismo fu quella corrente filosficoindustriale per cui solo una certa mentalità riuscirebbe a sopportare certe lavori.
quando un lavoratore non sopporta accadono due cose: o si perde in un esaurimento personale o si incazza e va dai sindacati o dall'avvocato.
L'ultima cosa che vogliono in una azienda sono i rompicoglioni, perchè l'azienda è una dittatura di fatto:giusto o sbagliato, bella o brutta che sia.

Il filosofo che va in fabbrica a fare l'operatore sulle macchine difficilmente si adatterà e facilmente diventerà sindacalista di base.
in altre parole, ad ogni ruolo vi deve essere una mente con personalità e carattere con dei limiti inferiori e superiori per cui la persona è giusta se è all'interno dei due limiti.
Ho conosciuto flotte di capi del personale anche di chi dirge 7-8 mila lavoratori avendo come area di competenza l'intera Europa,
Sono laureati in scienze umane con predisposizioni alla socializzazione, a saper comunicare, a tenere rapporti giuridici di diritto, a tenere trattative sindacali.
Ho conosciuto parecchi dirigenti dal direttore di stabilimento ad amministratori delegati  di cui dottori e ingegneri e  i meno dotati ( non vuol dire che non ne hanno) di capacità visionaria sono gli ingegneri.L'ingegnere è bravo nel particolarismo del suo campo perchè gli studi lo hanno indirizzato e formato in una certa maniera.

ma soprattutto si sta dimenticando che le grandi aziende hanno percorsi formativi interni, sia di aggiornamenti , ma soprattutto legati alle qualità che si richiedono  per ogni ruolo aziendale.

Poi è chiaro che ci può benissimo essere l'ingegnere progettista e creativo e visionario  e il filosofo che fuori dal suo campo non sa nulla.
Ma proprio perchè il mio è un discorso generale e non personale, e spesso oggi in determinati ruoli cercano un certo tipo di personalità e di carattere.
#969
Citazione di: DeepIce il 08 Settembre 2018, 12:03:57 PM
Citazione di: Phil il 08 Settembre 2018, 10:51:30 AMMarchionne era laureato in filosofia, tuttavia ricordiamoci che dopo quella laurea ne prese una in giurisprudenza e poi fece un master in business administration... altrimenti forse non avrebbe mai nemmeno incontrato quegli ingegneri "da prendere per i fondelli".

Guarda, durante il mio dottorato c'erano professori che continuavano a ripetere le solite storielle dei manager laureati in filosofia e quanto i filosofi siano necessari alle aziende.
Con tutto il rispetto per chi la pensa così, credo che non ci sia cosa più lontana dalla realtà, in Italia e all'estero.

Il mio punto di vista è il seguente (naturalmente criticabile): chi ha una solida formazione filosofica, oggi, spesso è più un problema che una risorsa. Si tratta infatti di una persona che ha (o almeno dovrebbe avere) capacità di analisi, critiche, uno che pensa con la propria testa insomma. Lo vedete uno così trovare posto in una multinazionale oggi? Meglio uno meno sveglio con un CV ipertecnico-specialistico. Uno che fa il suo compitino e si inserisce perfettamente nei meccanismi del sistema economico-sociale.
infatti, questo è il problema in sistemi ipocriti quali le aziende nel mercato capitalistico che creano mission e codici etici interni.
Bisogna essere stupidi mentalmente e intelligenti specializzati, come cavalli con i paraocchi.
Bisogna essere educati ad obbedire, al servilismo strisciante.

Immaginavo che gli ingegneri  mostrassero i muscoli dopo il mio post.
E' chiaramente il mio un discorso molto generale e sicuramente non personale.

Ho visto carrieristi avere un'idea della propria esistenza alquanto meschina e pretendere che altri servano questa meschinità solo perchè erano "superiori" gerarchicamente.
Forse le caserme militari sono meglio delle aziende ,sebbene la mia sia ancora una generalizzazione.
Nella caserme sono chiare le regole, nelle aziende è tutto ipocrisia ed è coerente con l'ambiente mercato capitalistico.
Bisogna essere ottusi mentalmente per passare la vita a dire sì ad un cafone che magari è un capo e non capisce nulla.
Bisogna essere ammaestrati alla sudditanza
#970
Tematiche Filosofiche / Re:Scienza e scientismo
08 Settembre 2018, 01:33:14 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 07 Settembre 2018, 21:02:46 PM
A Paul11
Beh, come commentare in maniera appropriata queste acute riflessioni dell'amico Paul11?
Non sono troppo d'accordo sul punto ove dici della volontà di potenza "nietzscheiana", che sarebbe
di altro tipo rispetto alla potenza "scientifica" (anzi, che quest'ultima sarebbe un "tipo" - laddove,
presumo, quella di Nietzsche non avrebbe specificazione).
Proprio la deriva, l'"estensione" scientista di cui dicevo, dimostrerebbe che la potenza dell'apparato
tecno-scientifico ambisce a ben altro che non a stare nel "recinto" costituito dalla scienza vera e propria.
In questo senso, a me sembra, la potenza dell'apparato tecno-scientifico va sempre più costituendosi come
potenza senza alcuna specificazione (e cioè in maniera del tutto identica alla potenza "ontologica" di
Nietzsche).
Eccellente la tua riflessione sul nostro tempo, che affermi essere quello di S.Tommaso (chiaramente non
d'Aquino...). E' assolutamente vero ciò che sostieni sulla teoria della relatività, sulla meccanica classica
newtoniana, sull'utile e sul funzionale quali fondamenti della scienza e della cultura attuale, sulla
psicanalisi che perde nei confronti della neurologia.
Ma, mi chiedo, se l'"utile" domina incontrastato con quale strumento l'uomo fronteggia il pensiero del
divenire (prosaicamente: della malattia e della morte)? Non con il pensiero di Dio, mi verrebbe da dire,
visto che "Dio è morto" (e non è certo morto perchè l'ha detto Nietzsche...).
Non con lo scientismo, direi, che personalmente intendo come "una" tecnica; ma forse con "la" tecnica
(concetti che qui intendo in maniera speculare al tuo "tipo" di potenza) nel suo senso generico e
senza specificazioni.
Forse, cioè, con la volontà di potenza, cioè con il sostituire l'Uomo a Dio (anche la religione credo parli
in termini millenaristici di un tale evento, come la, o una, fase finale della storia...).
Ma dove può trovare, l'uomo, una potenza maggiore di quella che l'apparato tecno-scientifico gli offre?
Severino afferma che laddove la preghiera smuovesse le montagne, l'uomo sarebbe prontissimo a lasciare
l'apparato tecno-scientifico e ad abbracciarla, ma finchè ciò non succede...
Ecco allora che allo scopo di incrementare la propria potenza (in un gioco in cui mezzo e scopo si
confondono annullandosi), l'uomo estende e "potenzia" (con lo scientismo) lo strumento che gli fornisce
la maggior potenza: l'apparato tecno-scientifico.
saluti
Ciao Mauro(Oxdeadbeaf),
rispondo sulla parte a te non chiara: la potenza per Nietzsche.
Adatto che sto finendo di studiare(io non leggo, studio...)  Così parlò Zarathustra , il suo capolavoro, mi è chiara la sua chiave di lettura che si può sintetizzare in : ama la vita per quello che ti dà, non farti morali assurde su trascendenze divine che colpevolizzano la tua esistenza e dall'altra non essere un uomo meschino che cerca potere e denaro.
La volontà di potenza è interiore ,non è esteriore, e per questo Nietzsche è filosofo e Heidegger lo riteneva l'ultimo metafisico.
Fra i sensi di colpa di religioni che hanno ridotto l'uomo a sentirsi colpevole per essere nato e la tecnica della potenza esteriore che hanno alienato l'uomo ad essere un robot, non è ancora stata percorsa la strada di accettare la vita per quello che dà coltivando innanzitutto la propria interiorità maltrattata dalle religioni espiatorie e dalle tecniche dove potere e denaro sono lo scopo.

Come vado da tempo dicendo forse un rimedio è depotenziare le figure culturali che sono a fondamento della religione e della tecnica che entrambe colpiscono proprio quello che non accettano falsamente ,che un uomo possa essere semplicemente umano nella sua umanità,senza sensi di colpa e doveri verso qualcuno, senza pesi interiori che gli sono stati attribuiti dalla cultura, senza l'ipocrita ruolizzazione della tecnica che non ci accetta per quello che siamo ma per quello che esibiamo esteriormente all'interno della sua logica.
Forse se riuscissimo a toglierci delle zavorre, ci accorgeremmo di vivere più leggeri, di saper accettare la vita e semplicemente viverla giorno dopo giorno
#971
DeepIce, dipende...............
Alcuni proprietari di aziende e amministratori delegati di aziende private , hanno studi filosofici.
Dipende se oltre alla filosofia hai una specializzazione oppure esperienze lavorative.

La mia personale esperienza lavorativa mi insegna che sopra la supply chain c'è creatività, sotto c'è l'operation con specializzazioni ingegneristiche. Sopra c'è la strategia industriale, la mente, sotto c'è la logistica, le gambe.

Quando le aziende cercano ruoli mancanti all'interno delle aziende, vedono l'habitus mentale.
Sei pericoloso sotto la supply chain, perchè lì ci vogliono controller gestionali, ingegnerizzazioni dei costi,
A meno che fai il capo del personale ,ma dipende dalla tipologia industriale.
C'è una sorta di fordismo nell'azienda, essendo gerarco funzionale, per quanto decantino il contrario, l'ingranaggio
pretende fare efficientemente ed efficacemente "quel" ruolo determinato e assecondare il capo.
Non mi di lungo quì sulla filosofia di un'azienda, ma dipende davvero se è innovativa come una start-up, oppure
se è tradizionalista.
Il filosofo, e lo sanno benissimo, ha una mente più aperta di un ingegnere.L'ingegnere va bene in un limitato campo di azione specialistico,difficilmente è un creativo.
Marchionne aveva una laurea in filosofia e prendeva per i fondelli gli ingegneri.
...non desistere......
#972
Tematiche Filosofiche / Re:Scienza e scientismo
07 Settembre 2018, 18:32:27 PM
Siamo nel tempo in cui ha vinto S. Tommaso, deve vedere per  credere, è nel sensible e nella materia che riteniamo che vi sia la verità e questa strada culturale scelta, esplicitamente o implicitamente già da Aristotele la  scienza moderna lo ha enormemente ampliata dando un effettivo e reale potere sulla materailità.
Non è l'argomentazione, il procedimento teoretico la logica o la matematica, perchè la metafisca , la vera metafisca è rigorosa, basta leggersi testi di Tommaso d'Acquino sulla dogmatica o la scolastica.
Persino la dialettica "negativa" di Severino è rigorosa, e ha avuto"scontri" con docenti di logica senza perdere la tenzone.
Il fatto è che Dio, non l'ha visto nessuno e Gesù...........ma sarà davvero esistito o se è esistito ha davvero compiuto quello che scrivono i Vangeli?
Il fatto che Severino dimostra che l'eterno è vero e il divenire contraddittorio, ma la pratica,,,,,,,,,,,dice il contrario, avvalora
chei non è la logica, non sono i numeri a decidere la verità, quell'essere se si vuole anche irrazionale che è l'uomo segue
ciò che gli conviene all'uopo.

E' l'ontologia della materia che ha vinto sulla razionalità metafisca.Non c'è nessun ragionamento che tenga, logica o numeri.
LA potenza è piegare il dominio naturale, obnulare quello spirituale che è invisibile e quindi non veritiero.
La dimostrazione è la prova fisica, nessun ragionamento tiene nella scienza moderna senza un oggetto fisico-naturale.
Persino la teoria della relatività è dovuta essere accettata dopo dimostrazioni fisiche, anni e anni dopo Einstein.
Tutto questo è perchè la scienza dà potere all'uomo. ribadisco, un "tipo" di potere fisico.

La scienza teorica è già oltre quella sperimentale galileiana e la quantistica, la relatività sarebbero oltre la meccanica classica.......
ma ancora sussite e vince quella classica: perchè? Perchè è a misura di uomo con la natura del pianeta Terra.
La teoria della gravità newtoniana è utile e funziona(questi due termini utile e funzionale sono le fondamenta della scienza e cultura attuale) e va benissimo nella convenzione fisica del rapporto uomo che cammina e vive sul pianeta terra.
ma se esco dal pianeta allora ho necessità di altre teorie fisiche.
Il convenevole, la convenienza è ciò che permette alla teoria di essere avvalorata come pratica, come prassi e quindi di essere utilizzata....perchè funziona.

Perchè è scomparsa la psicanalisi e ha vinto la neurologia?Perchè l'effetto del farmaco è ritenuto superiore alla seduta psicanalitica ( e poi......il potere economico degli utili sui fatturati dell'industria del farmaco.....),  perchè è spiegato
come un aprire o bloccare trasmissioni di informazioni chimicofisiche, proprio come un antidolorifico.
Quindi la medicina segue la cultura scientifica e l'uomo è solo un corpo fisico, checchè se ne possa dire il contrario.

Fin da quando la cultura ha accettato che la prova fisica sia la verità(relativa, non assoluta) ha dispiegato la conoscenza nei diversi domini con la metodica scientifica e fin quando non troverà spiegazioni sulla teoria che vorrebbe la quantità di antimateria pari a quella della materia, che l'energia oscura e la materia oscura è inspiegabile domina di gran lunga la quantità fisica di ciò che è oggi spiegabile, non vedo alternative.Sarà la stessa scienza,come è già avvenuto ,ad entrare in contraddizione, nel rapporto fra fisica classica, relatività e quantistica e fin quando la "stringa", l'elemento oggi ritenuto fondamentale nella formazione delle micro particelle, non sarà scoperta, noi saremo condizionati dalla prova fisica che dimostra,che avvalora la teoria perchè l'uomo ha scelto questo tipo di cultura.
Lo scientismo è la pseudo filosofia che vorrebbe spodestare la filosofia a favore della scienza.
#973
Tematiche Filosofiche / Re:Scienza e scientismo
07 Settembre 2018, 00:45:08 AM
Non mi convince del tutto la tesi di Severino secondo cui la tecnica e quindi lo scientismo ( che è piuttosto ingenuo filosoficamente e già Hume lo aveva capito) sia il RIMEDIO all'angoscia del divenire e quindi dell'orizzonte del vivere che svanisce.
Soprattutto la scienza e la sua ingenua metafora scientista non si sostituisce a Dio.
Mi convince di più il pensiero di Nietzsche piuttosto che coglie la differenza.

Perchè la prassi terrena, l'esercizio della manipolazione della materia, dà POTENZA che è un "tipo" di potenza che si rivolge alla fisica alla natura,Un tipo di potenza in quanto ad esempio per Nietzsche la potenza è ben altro.

Dio, come concetto filosofico e se vogliamo religioso, nasce all'opposto della tecnica,Come "necessità" della stessa angoscia del divenire che ritiene che l'esistenza, la vita terrena sia già un patire, una sofferenza.
La differenza quindi è che la scienza invece si rivolge alla terra e all'esistenza in cerca di potenza, invece Dio contrappesa il premio eterno in funzione del patimento terreno (o almeno questa è un interpretazione filosofico/teologica che reputo....... quasi alla pari dello scientismo)..
Sono entrambi, scientismo e una certa idea di Dio, in errore.
L'uno esalta una forma di conoscenza perchè ritiene ingenuamente(il paradosso è che non ci crede nessun normodotato di intelligenza) che gli dia potenza e salvezza.
L'altra interpreta la vita come una espiazione: il peccato di vivere.Come se il nascere sia già una colpa.

Nessuna delle due ci "fa vivere serenamente", per questo oggi siamo nel relativismo perchè sono cadute tutte le certezze ingenue........ma non c'è un'alternativa, perchè il problema è nell'uomo.

Perchè da una parte l'uomo ritiene che la sua potenza e salvezza sia nella manipolazione della fisica e della natura,perdendo se stesso ed esaltando l'esteriorità del sensibile e del piacere dei sensi; l'altro batte il petto in un costante "mea culpa", mestamente e melanconicamente perdendo tutte le occasioni che la vita gli propone di gioire, vivendo sempre a metà i sentimenti, una mezza verità, come un mezzo dolore e una mezza felicità.

Lo scientismo è quella sensazione, quella percezione del mondo secondo cui un ponte è eterno e se crolla il responsabile dice :ASSURDO!Il contrario dell'assurdo scientifico è il MIRACOLO divino.
Crolla assurdamente un ponte e si salva miracolosamente qualcuno dopo un volo di ottanta metri................
Quel ponte stava in piedi fra un assurdo e un miracolo ,mentre lo scienziato fa il calcolo dell probabilità se domani salendo in aereo, treno o auto o passando su un ponte, la sera tornerà a casa.............

Nessuno di queste cose ci salva, perchè abbiamo sbagliato sensazioni e percezioni del mondo in termini di esistenza
#974
Penso che l'odio faccia parte dell'amore, dove la tendenza alla procreazione e alla socializzazione ci spinge più verso l'amore.
L'odio nasce da uno stato di amore negato.Vorremmo,,,,,ma non possiamo. L'indifferenza è lo stato neutro.
Direi quindi che siano eros e thanatos,così come attrazione e repulsione, il verso a cui spinge la vita.
Così come penso che il sentimento, o comunque lo stato emotivo contrario all'amore serva a temprare l'amore, come forma di difesa, di sopravvivenza. L'amore implica fiducia per attrazione, l'odio è sfiducia ma ancora con attrazione.
E' altrettanto vero, come è già stato scritto, che tanto più gli esseri viventi, in questo caso l'uomo, il rapporto amore/odio come nostro stato interiore sia una dinamica di equilibri in funzione del proprio carattere e personalità.
Ritengo comunque che l'amore sia la regola non solo dell'uomo, ma della natura, intesa come contatto di un insetto impollinatore, di una brezza che porta il polline della vita, di un sentimento umano che apre verso una relazione in cerca di una fiducia.
#975
Citazione di: Raffaele Pisani il 16 Agosto 2018, 16:28:22 PM
Avevo posto la questione sull'indagabilità del possibile ed ho potuto leggere una serie di risvolti che francamente non avevo pensato, d'altra parte è questa il l'opportunità che si può cogliere in un forum di riflessione.
bobmax scrive: "Se vogliamo davvero vedere le cose per come stanno, ossia che ciò che avviene può essere o solo o necessario o casuale, dobbiamo forzatamente ammettere che non vi è nessuna responsabilità individuale". Su questo mi sento abbastanza d'accordo. Che il libero arbitrio sia un'illusione, come dice poco dopo, mi pare invece alquanto discutibile, o meglio, ci sono scuole di pensiero che lo sostengono.
Tornando al discorso sul possibile e sulla sua indagabilità, io pensavo alla considerazione del suo contrario: il non possibile, altrimenti detto, impossibile. Sappiamo con certezza che certe cose sono impossibili, con gradi diversi di impossibilità: una montagna d'oro è meno impossibile di una senza avvallamenti laterali, la prima è ancora immaginabile, ciò che non vale per la seconda.
Ma è un'affermazione necessaria quella che dice: "E' impossibile che tutto sia impossibile" o anche"L'impossibile è impossibile". Ne segue che è necessario che qualcosa sia possibile ed è pure necessario che qualcosa di possibile si realizzi.
Possibilità, realtà e necessità non coincidono ma si trovano in un rapporto di inclusione.
La realtà non è tutta casualità né tutta necessità, quanto poi all'esistenza umana, è difficile negare la libertà, certamente non una libertà assoluta ma pur sempre una libertà, che in un certo senso (è chiaramente quello sartriano) ci condanna comunque ad agire.
Il possibile è indagabile razionalmente ed è coerente se il ragionamento logico è analogico al fenomeno naturale.

Il possibile e il necessario presuppongono condizioni affinchè esistano  o avvengano cose o fenomeni, eventi, così come un sistema può avere un limite, un campo di pertinenza.

La libertà a sua volta ha dei gradi di libertà, in funzione di vincoli e condizioni di sistema.
Nell'umano potrebbe essere il fattore genetico, poi l'educazione, poi la ricchezza o la povertà, poi i limiti del diritto che impongono limiti e condizioni intersoggettive.

Nella problematica ecologica, ritornando alla domanda originaria della discussione. dipende dal modello scelto.
Se il possibile è indagabile razionalmente e saremmo nella fase teoretica, l'azione che è prassi non  è detto che corrisponda interamente al pensiero
L'azione  ha  generalmente più vincoli della ragione, per cui se tutti potrebbero pensare che il problema ecologico sia importante,
non è detto che i comportamenti seguano coerentemente il ragionamento.
Quindi oltre al possible e impossibile, necessario c'è anche ..........un impraticabile che è sottovalutato, ma valutato nelle teorie dei giochi e delle scelte economiche e quindi politiche, in quanto appare ... la convenienza  e funzionalità