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Messaggi - Sariputra

#961
Citazione di: Phil il 04 Ottobre 2017, 21:30:57 PM
Citazione di: Sariputra il 04 Ottobre 2017, 15:06:10 PMLa radice pensa: "io sono intelligente, stupidi rami: la polvere e la terra sono pieni, il cielo è vuoto." R.Tagore da Sfulingo https://www.youtube.com/watch?v=aLDLpqZdhX0
Il ramo pensa: "io sono intelligente, stupide radici: la polvere e la terra sono sporche, l'aria è pura" ;)

I rami pensano."Noi siamo stupidi,
ma abbiamo questa radice intelligente:
che con il suo umile lavoro,
ci nutre e ci sostiene, così che
possiamo ammirare questo vuoto cielo
terribile ma meraviglioso."
;D
#962
CitazioneLa radice pensa: "io sono intelligente, stupidi rami: la polvere e la terra sono pieni, il cielo è vuoto." R.Tagore da Sfulingo https://www.youtube.com/watch?v=aLDLpqZdhX0


Sari: ma questa poesia è un modo per dire che noi (la radice) non possiamo capire le "cose celesti" (il cielo)? In sostanza per Tagore la Teodicea si risolve in modo simile a quello cristiano, ossia accettare il "Mistero". Ha senso la mia interpretazione?

Io la vedo così l'interpretazione: La radice ( gli uomini) ritenendosi intelligenti  credono che il mondo che li avvolge ( polvere e terra) sia l'unica cosa esistente e negano che il tronco che da loro stessi sorge sbuca dalla terra e va verso il cielo , ritenendo che sia inutile andare (verso il cielo) in quanto vuoto ( privo di reale esistenza) quando invece, se lo facessero, si accorgerebbero che questo cielo vuoto permette la vita dell'albero e la sua bellezza che si protende verso l'Alto. Ossia ritorna il dilemma: Può qualcosa di finito ( l'intelligenza/radice) capire qualcosa di infinito? (della serie: Giobbe che stai a dì? Come pretende l'argilla giudicare il lavoro dell'abile vasaio? E lasciami lavorare!...).
#963
La radice pensa: "io sono intelligente,
stupidi rami:
la polvere e la terra sono pieni,
il cielo è vuoto."

R.Tagore da Sfulingo


https://www.youtube.com/watch?v=aLDLpqZdhX0
#964
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
04 Ottobre 2017, 00:27:24 AM
Credo ci siano pochi dubbi che Siddhartha Gotama sia realmente esistito. Dopo la sua cremazione , i suoi resti sono stati divisi e sono diventati le reliquie di otto stupa originali che, nel III sec. a.C., per volere dell'imperatore Asoka il grande, sono stati aperti e le reliquie divise tra circa mille stupa. Ancora oggi gli otto stupa originali sono oggetto di venerazione. Sul fatto dell'implausibilità della figura "infallibile" del Buddha storico, direi che un conto è l'atto di fede che compie il buddhista e un altro il rapporto critico che dall' esterno si stabilisce con questa figura. Vista con gli occhi razionali e scientifici questa infallibilità appare come mitologica, ingenua  e da boccaloni ( termine che ho imparato frequentando questo forum... ;D). Dal praticante che , giorno dopo giorno, riesce a maturare dei progressi nella sua vicenda spirituale seguendo l'insegnamento di questo personaggio, sorge invece una spontanea adesione  che sfocia in un' autentica certezza di essere su una strada veritiera. Come un cristiano , per esserlo veramente, non può dubitare dell'esistenza storica del Cristo e di tutto ciò che è stato riportato da coloro che si sono definiti come testimoni di quegli eventi, così un seguace del Buddha  non può dubitare dell'infallibilità del maestro nella comprensione del Dhamma da seguire per giungere "all'altra riva"...Altrimenti non sei un cristiano e non sei un buddhista.  Puoi essere un "simpatizzante critico"... ;)
Un conto è l'agiografia che si è depositata nei secoli sulla figura umana del Buddha, rendendolo quasi una divinità, un'altra è il riconoscimento della statura spirituale di quest'uomo che ha aperto una strada nuova per giungere al "senza-nome". Statura che ne fa, insieme a Cristo, una delle due figure più possenti apparse nella storia spirituale umana e che hanno così profondamento inciso in tutti gli aspetti della vita dell'Occidente ( per Cristo ) e dell'Oriente ( per il Buddha).

L'affinita' piu'sorprendente fra Gesu' e il Buddha riguarda il concetto di amore: entrambi, infatti, predicano la Regola d'Oro, in base a cui ogni uomo deve trattare il suo prossimo come se stesso. Molte delle piu' note affermazioni di Cristo, in ordine al fatto di porgere l'altra guancia, di amare i propri nemici; nonche' l'idea che chi di spada ferisce, di spada perisce, si rispecchiano nelle parole del Buddha.
"La dottrina morale del Buddha", osserva Burnett Hillman Streeter, illustre studioso di Oxford, "e' sorprendentemente simile al discorso evangelico". Inoltre, le parole dette da Gesu' sulla montagna costituiscono il suo piu' grande insegnamento, esattamente come il Dhammapada, concettualmente affine al Sermone, costituisce il libro piu' importante del buddhismo: se esso e' la trasposizione scritta in lingua pali della tradizione orale sorta tra i primi iniziati buddhisti, il discorso evangelico della montagna e altre parti dei quattro Vangeli vengono infatti attribuiti ai primi seguaci di Cristo.

Siddhartha era senz'altro umano e aveva anche dei dubbi, come quando non era convinto che i tempi fossero maturi per l'apertura del Sangha alle donne ma venne poi persuaso dalle suppliche della madre adottiva Mahapajapati, convertitasi al Dhamma del figlio...
Allora lascio due frasi tratte dai testi buddhisti per definire un pò la figura del Buddha:


Era esperto nel conoscere i pensieri e le azioni degli esseri viventi. VIMALAKIRTINIRDESHA SUTRA 2


"Non ho mai visto prima d'ora - disse il venerabile Sariputto - ne' ho mai udito riferire da alcuno di un maestro che parli cosi' amabilmente". SUTTA NIPATA 955

Ma è il Dhamma da seguire, non il Buddha!...Siddhartha è morto. Per vederlo ancora si deve necessariamente riconoscerlo nel Dhamma, nel suo insegnamento ( che poi esorta a farlo lui stesso, prima di morire, no?...) :)
#965
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
03 Ottobre 2017, 20:40:38 PM
@Apeiron
Questo che rilevi è un punto molto interessante. Concordo con la tua opinione che , nell'Occidente ateo e materialista, la visione mahayana è da preferire, anche solo perchè insinua il dubbio alle menti troppo facilmente pronte ad etichettare  ( pro domo sua...) il Dhamma del Buddha come un insegnamento ateo, materialista e relativo ( a certe situazioni o esperienze psicologiche...). Il canone Pali sorge in opposizione al brahmanesimo vedico e quindi a una società impermeata dal senso della divinità , legato al sacrificio, all'organizzazione in rigide e intoccabili caste che facevano dell'accesso alla spiritualità una possibilità rigidamente determinata. Il pantheon indiano era ( ed è) sterminato. Il Buddha proponeva la centralità della persona, al di là di ogni casta, come valore fondante di una nuova concezione del Dhamma spirituale, in cui la possibilità dell'incontro con la trascendenza e con la liberazione dal dolore e dalla catena ininterrotta delle rinascite era aperta a tutti ( addirittura alle bhikkhuni, alle donne...) e non solo ai brahmani. I testi pali riflettono anche nel linguaggio usato questo spirito di negazione della visione brahmanica e insistono proprio in questo per evidenziare la differenza del nuovo Dhamma con i precedenti millenari insegnamenti. In quell'epoca i brahmani godevano di un prestigio indiscusso  e svolgevano un ruolo cruciale nella vita religiosa, sociale e politica ( erano spesso ministri o dignitari dei re...). A un certo punto il ritualismo divenne così esasperato che si arrivò ad affermare:"Se il brahmano non celebra il sacrificio serale, il sole non tramonta": In una società come quella indiana del quinto sec. a.C. la figura del Buddha si erge come quella di un "rivoluzionario" che nega la possibilità che i sacrifici offerti agli dèi portino benefici spirituali ma che pone l'uomo come soggetto e agente della propria crescita spirituale e della propria liberazione, che è l'incontro con uno stato di reale mutamento interiore e di visione della realtà.IL Buddha non solo negò l'autorità dei sacri testi ( i Veda) ma mise in discussione la validità del sistema delle caste arriavndo ad ammettere nel Sangha addirittura i fuoricasta, gli intoccabili. Arrivò  dire che i veri brahmani sono coloro che hanno realizzato la Via che conduce al Nibbana (Sezione del brahmano del Dhammapada, da 383 a 423...):
Ma io non chiamo brahmano chi è nato
dal grembo di una brahmana, chi è nato
da madre brahmana.
Uno così è solo un arrogante, è uno che possiede
molto.
Ma chi non possiede nulla ed è libero da
attaccamento: costui io lo chiamo brahmano.
Nel testo originale, la brava traduttrice Genevienne Pecunia, mette in evidenza che c'è un'espressione efficace, bhovadi, cioè "che dice bho" dove bho è la consueta formula con cui ci si rivolge agli uguali o agli inferiori. I brahmani, che si ritengono la casta più elevata, si rivolgono agli altri come ad uguali o inferiori. Da questo si scorge la loro arroganza. Oltre a questo "possiedono molto", il che darebbe ad intendere che si facevano pagare profumatamente per celebrare i loro sacrifici ( ricorda qualcosa di nostrano?... :().

P.S. Tutta questa filippica solo per dire che ogni testo va inserito nel contesto culturale e sociale in cui nasce. Il linguaggio "duro" del canone Pali riflette questo contesto, ovviamente. Porta pazienza... :-[
#966
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
03 Ottobre 2017, 16:37:53 PM
@Apeiron
Non sono purtroppo a conoscenza di trattati specifici che parlino di "valori", nel senso comune che intendi .  I valori penso si possano trarre in maniera implicita dai discorsi stessi, ma certamente non sono trattati per esteso. Il bene o la virtù morale è fondamentale nel buddhismo, è quasi una condizione sine qua non per lo sviluppo spirituale e quindi umano ( se ti ricordi la famosa allocuzione più e più volte ripetuta dal Buddha: "Ecco la virtù, ecco la meditazione, ecco la saggezza...ecc.). 
Sul tenore del linguaggio , diverso tra il Canone e i sutra mahayanici, sono d'accordo e credo vada a indicare, oltre alla diversa epoca storica e culturale in cui sono stati scritti (India e cultura ascetico-itinerante i primi; Tibet-Cina in prevalenza i secondi ...) anche l'enfasi diversa che si voleva dare alle due "anime" del buddhismo praticato. Da una parte la visione più conoscitiva, speculativo/filosofica e dall'altra quella più devozionale-compassionevole ( a grandi linee s'intende che poi abbiamo ampie eccezioni da l'una e dall'altra parte...). Il buddhismo, come via di mezzo, si è sempre distinto per una posizione/non posizione lontana da ogni estremo. Ma se la pratica era più facilmente inseribile in questo contesto, il linguaggio invece, per sua natura , tende sempre a inclinare verso una posizione o l'altra, accentuando un aspetto o l'altro, ambedue presenti nell'insegnamento. Quindi il canone "pende" sempre per un'accentuazione, a mio parere, dell'aspetto dell'ascesi, del non-attaccamento e cioè di negazione di ciò che non è Dhamma . Il Mahayana invece usa un linguaggio più positivo, in cui vengono messe in evidenze le qualità e gli aspetti più decisamente trascendenti  ( assolutistici) del pensiero di Siddhartha. Ambedue gli aspetti sono però già presenti in  seme nel buddhismo originario. Nagarjuna infatti, pur considerato come l'iniziatore della riflessione mahayanica, ci teneva a specificare che il concetto di vacuità (shunyata) era ben presente già nei testi originali. Quindi si vedeva come uno sviluppatore di qualcosa predicato dal Buddha e che però era rimasto quasi in secondo piano a causa delle successive interpretazioni del primo Sangha, che vertevano molto sulla centralità dell'Abidhamma. Attualmente, a parte qualche scuola particolarmente tradizionalista, vedo che c'è un ampio uso di citazione di passi dei sutra mahayanici anche in autori theravada e viceversa. Questo dà l'idea che si cerchi una visione più complessiva, proprio per giungere a smussare le inclinazioni verso un estremo o l'altro che affiorano nei linguaggi scritti usati nei secoli. E questo è interessante e ci richiama il testo ecumenico che ho inserito sopra. Insomma, anche l'insegnamento cammina...
#967
Citazione di: Kobayashi il 03 Ottobre 2017, 09:40:45 AML'idea che noi abbiamo di Dio viene inevitabilmente dal cristianesimo, e il cristianesimo non ha fatto che riprendere il Dio dei Salmi. E' nel Salterio che va ritrovata la costruzione di una certa immagine di Dio. Ma in queste composizioni poetiche qual'è l'elemento dominante? Quello dell'uomo terrorizzato. L'uomo attaccato dai propri nemici, dalla povertà, dalla malattia etc. Un uomo che si avvicina alla morte in solitudine. Ma l'uomo è un mammifero sociale, non è capace di affrontare il terrore da solo. Ha bisogno di essere accompagnato. Così invoca l'aiuto di un Dio che gli sta accanto, che c'è, che è lì con lui. E' un'immagine di Dio che nasce nel deserto, dal terrore specifico del deserto. Finché l'uomo non si sente del tutto perduto, finché pensa di avere forze a sufficienza per rialzarsi da solo non conoscerà mai questa fede. Nelle difficoltà normali della vita farà affidamento alla propria ingegnosità, al proprio patrimonio, al proprio nome. Avrà sì fede in queste cose, ma la sua sarà idolatria. Quando invece non avrà più nulla a cui attaccarsi, ecco l'invocazione al Dio dei Salmi. A quel punto la questione dell'esistenza di Dio non si pone nemmeno... Il vero problema è superare la notte.

Bellissimo! Sono completamente d'accordo. E' nel terrore della propria solitudine di fronte alla morte, nel riuscire "a superare la notte" come ben scrivi, che sorge la fede nell'accompagnamento di un Dio. Un Dio che si nasconde nel deserto, che gioca a nascondino con l'uomo (da qui aridità della vita, idolatria, ecc.). Eh sì, il Salterio è illuminante al proposito... :)
#968
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
02 Ottobre 2017, 23:22:07 PM
@Apeiron
Il buddhismo è pieno di valori positivi: c'è la gioia, la libertà, la compassione, la benevolenza, la beatitudine, la calma, la tranquillità, per esempio.  Quindi non stiamo parlando del manuale del perfetto suicidio senza residuo. Nel Dhamma però manca totalmente l'idea , che viene dal pensiero greco-cristiano, che il mondo sia un "bene" e che la vita materiale e sensibile "nel mondo" sia bella ( perché voluta da un Dio-Bene che l'ha creata per noi...). Pertanto il concetto di "giusto" appare un pò diverso. E' giusto ciò che sopprime la brama , l'odio e l'illusione, perché questo permette di realizzare uno stato mentale di autentica compassione. Il bene autentico poi viene da sé, dalla mente liberata. La moralità (sila) è quindi fondamentale, è la pietra su cui costruire l'edificio meditativo  che può sfociare nella saggezza e quindi nel bene.  La vacuità dei fenomeni non li consegna all'irrealtà, ma toglie solamente l'illusione che siano dotati di "sostanzialità", ossia della proprietà di essere autonomi, separati . E' come svegliarsi da un lungo sonno. Mentre sogni ritieni vere le immagini e le vicende del sogno, ma al risveglio percepisci una realtà diversa e comprendi di aver solo sognato. Per questo Chokei (Chang-ching), dopo venti lunghi anni di studio del Dhamma, alzò la tenda e vide il mondo esterno, perse la precedente comprensione ( concettuale) e disse:
"Come mi sbagliavo! Come mi sbagliavo! Alzo lo schermo e guardo il mondo! Se qualcuno mi chiede quale sia la filosofia che io capisco gli darò immediatamente un colpo sulla bocca con il mio hossu"
Qui Chokei parla dell'esperienza del satori, dell'illuminazione e non solo non spiega con il linguaggio ciò che vide quando lo schermo fu alzato ( inteso come i kilesa,le contaminazioni mentali) ma respinge qualsiasi domanda che potesse essergli posta sull'argomento e giunge persino a "minacciare" l'interlocutore se anche lui non tiene la bocca chiusa. Chokei sa che, se qualcuno tentasse di pronunciare anche una sola parola, di dire "questo" o "quello", la reale definizione mancherebbe il segno.
Tu vorresti, "avresti bisogno" si potrebbe dire che i testi ti spiegassero concettualmente cos'è la Cessazione, ma qualunque definizione mancherebbe il segno, come racconta la storiella che ho riportato.
Io uso spesso , per definirmi, il termine "zucca vuota"  ;D. ..In realtà è un'espressione tipica buddhista quella di paragonarsi la testa ad una zucca...
La mente di Saichi è come una zucca sull'acqua,
che galleggia sempre, Sospinta dai venti,
Navigando
Verso la Pura Terra
La vacuità della mente ( dal peso della brama, dell'odio e dell'illusione...) le permette di "galleggiare" verso il Nibbana che non si ottiene con la volontà di ottenerlo, ma che si realizza quando si rende "vuota" la zucca...La vera esperienza della vacuità è quindi l'esperienza di una vita "trascendente".
Nell'Aranavibhanga sutta Siddhartha distingue due tipi di piacere: quello sensoriale e quello della rinuncia. Il primo è un piacere che acquisisce ( oggetti  ed esperienze e si lascia coinvolgere da essi..), il secondo è quello del Dhamma, ossia del lasciarli andare, del lasciarli sfumare, della loro scomparsa e della rinuncia al controllo.
Da ragazzino  ricordo che , qualche volta, mi capitava di avere dei pomeriggi senza compiti . Allora me ne andavo per la campagna, passeggiando tra i filari delle viti. Toccavo le foglie , mi fermavo ad osservare...in quei momenti non avevo desideri, nè voglia di giocare o fare qualcosa. Mi piaceva semplicemente assaporare la calma e la tranquillità .  Era un'esperienza di vacuità, in un certo senso.  La calma data dal pomeriggio "vuoto" dai compiti e da ogni impegno, da ogni gioco. E' uno dei ricordi più preziosi che serbo. Forse i pomeriggi più memorabili della mia adolescenza. Ero già un pò "strano"... ;D
Perchè la meditazione sia fruttuosa andrebbe praticata con lo stesso spirito. Non bisogna appesantirsi la mente con ogni sorta di concetti o di aspettative...si dovrebbe semplicemente dimorare nel piacere che dà la calma della mente, il suo acquietarsi. Sopra scrivevo dell'importanza della semplicità. Ecco...la semplicità è come piantare un seme: le cose poi iniziano a crescere da sé. Se il terreno è buono, non occorre controllare...che crescano. Nel buddhismo questa semplicità, portata nella meditazione, conduce ai jhana e quindi all'uscita dal samsara.
La meditazione quindi dà felicità autentica. Non c'è alcun annichilimento, alcun suicidio. E' proprio perché facciamo spazio ( vuoto) nella zucca che può dimorarvi una felicità e una compassione autentica.
E' una felicità dal gusto diverso da quella che otteniamo dal piacere sensoriale . Diventa un veicolo di quiete e poi, infine, di libertà...
Più si procede sul cammino della Cessazione e più , a parer mio, si capisce la genialità dell'insegnamento di Siddhartha.
Ti lascio con un altro passo del tuo collega fisico, Ajahn Brahm:
Quando si assapora uno stato di vera pace, fiorisce la beatitudine e allora tutto l'Insegnamento ci appare nel nostro stesso cuore. L'intero Tipitaka vi si schiude davanti, mentre i sensi svaniscono e la mente conosce i vari stati di beatitudine.. I khanda vengono visti nella loro realtà. capite perché si dice che i sensi sono in fiamme, perchè sono sofferenza, e provate un senso di stanchezza. Avete un moto di rifiuto, o nibbida; dalla nibbida viene il viraga (sfumare), e dal viraga la cessazione. Ecco in che modo ci si libera. Il sentiero, la comprensione, la gioia, la meditazione profonda, sono nel vostro cuore.
#969
Riflessioni sul Viaggio e in Viaggio / Re:Hotel Logos
01 Ottobre 2017, 23:51:50 PM
@Apeiron scrive:
Ad ogni modo ritengo che la possibile causa dell'inattività di alcuni è il motivo per cui @Angelo Cannata ci ha lasciati (spero temporaneamente   ): ossia certe discussioni effettivamente hanno toni a mio giudizio esagerati. Questo può allontanare alcuni utenti. Per questo motivo faccio del mio meglio a mantenere toni pacati quando discuto.


Mi associo al 100% a queste considerazioni di @Apeiron oltre a unirmi a lui ovviamente nella speranza che @Angelo Cannata ( e Duc ??) ci ripensi  e torni a frequentare l'Hotel Logos, portando le sue interessanti osservazioni e riflessioni.
#970
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
01 Ottobre 2017, 23:40:39 PM
Sicuramente chi si affida ad una particolare dottrina spirituale e vi ripone la sua fiducia non è un filosofo nel senso stretto del termine, ma aspira a qualcosa di enormemente grande. Vuole tutto in poche parole. Eppure per raggiungere questo tutto il sentiero che ti sforzi di seguire ti chiede, come nel buddhismo, di rinunciare a tutto, compresa la tua volontà di aver tutto. Oltre a questo ti chiede persino di rinunciare a te stesso, al tuo attaccamento all'idea di raggiungere la "verità". E questo non è un obiettivo che si pone un filosofo che vuol comprendere concettualmente una dottrina. Infatti è il filosofo che chiede: dimostrami  che la tua dottrina è vera, così che la possa preferire ad un'altra. Mentre l'aspirante al tutto, famelico di tutto, ode una parola ( di "vita eterna", come dice Pietro a Yeoshwa...) e corre ad investire la sua vita in quella precisa parola. Perchè è proprio quella parola che trascende, che crea uno squarcio nell'ossessione di "afferrare" la verità con il pensiero.
Nel caso del paticcasamuppada buddhista, la catena di co-produzione interdipendente, la coerenza appare al praticante, al meditatore tra le coppie stesse degli anelli. E', come dice il Buddha, perché esiste quello  che anche questo esiste.  E' nella pratica stessa che, per esempio, posso vedere che dal contatto nasce la sensazione, e come dalla sensazione nasce l'attaccamento all'esistenza , e così via...
Ma paticcasamuppada non può, come giustamente scrivi, essere definita come una teoria scientifica sulla realtà. Non è dimostrabile scientificamente. Paticcasamuppada è sempre un'esperienza  della mente che pratica "il vero ascetismo". Quindi si tratta sempre di un piano spirituale di conoscenza. O di un piano mentale se preferisci...
Il Buddha ha sempre messo in evidenza che il suo è un insegnamento (Dhamma) in cui si può trovare il vero ascetismo, vuoto di dispute e che invita a venire a vedere. Non ha mai affermato che non possano esistere altri sentieri in cui vi sia questo vero ascetismo. Quindi la centralità è sempre del Dhamma e non della figura storica o mitologica, leggendaria di Gotama Siddhattha. E' la medicina che guarisce la malattia, il Buddha è solamente il medico che invita a prenderla.  E  l'unica dimostrazione che può dare è il far vedere come la medicina l'abbia realmente guarito, come ha guarito lui stesso. E qui entra in gioco il discorso sulla "fede", che contraddistingue qualunque forma di pensiero religioso. Se non hai fiducia che la medicina che il Buddha ti invita a prendere sia  quella giusta ( "dimostramelo" dice il filosofo o lo scienziato al medico) non la prenderai, o la prenderai "un poco", giusto un assaggino per vedere che effetto fa, ma non andrai fino in fondo con la cura e quindi , in un certo senso, tu stesso la invaliderai, ritenendo alla fine che "non funziona". Ma è possibile anche che quello che non ha funzionato sia stato l'approccio...
Molti pensieri ed esperienze possono essere 'affini' a quello buddhista. La saggezza intuitiva naturale della mente (prajna) non è circoscritta a chi opera la tonsura e si infila la kesa ( tonaca ). Farsi monaco è utile casomai per avere uno stile di vita, un'opportunità per sviluppare con maggior vigore la pratica meditativa senza tutti gli obblighi e adempimenti della vita ordinaria nella società.
Poi , aver intorno a sé altre persone che condividono il cammino, può essere utile per approfondire, sviluppare o mettere in discussione la bontà del proprio impegno o della propria coerenza.
Ma si può praticare e seguire i cinque precetti anche senza farsi monaco. Vimalakirti viene indicato spesso come esempio di persona laica egualmente "illuminata".
Sempre restando nella metafora del medico e del malato  direi che il Dhamma originario di Buddha , come viene tratteggiato nel Canone Pali, è "duro", spietato quasi. Non lascia nulla alla consolazione umana. Sembra che il medico ti stia operando senza alcun anestetico. Non si cura di spazzare via tutto, senza lasciare un "contentino" all'io/mio del paziente. E' assolutamente pre-cristiano in questo senso. Sei avvolto nell'ignoranza, ti dice senza tanti giri di parole. Devi liberartene, punto. Il tuo bene non è "sentirti bene" ma liberarti dall'ignoranza. Non vuoi farlo? "Così come a te, ora, bene pare. vai in pace." Di fronte a questa asciutta schiettezza, questa sistematica opera di demolizione, capisco perfettamente che il daoismo, il brahmanesimo, le espereinze mistiche dei vari monoteismi, abbiano un sapore molto più "dolce". Questi parlano della gioia dell'incontro con l"assoluto" , con il "trascendente", quello invece si accanisce sulla tua sofferenza cercando di estirparti tutto il pus purulento...
Io, se fossi stato il Siddhartha di Hesse, sarei rimasto nel bosco di bambù, anche se fa molto male... :(
#971
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
01 Ottobre 2017, 18:00:46 PM
@Apeiron scrive:
 In sostanza il buddhismo in questo approccio non conterrebbe una teoria della realtà bensì sarebbe una sorta di tecnica, una "via" per raggiungere una "mente liberata". Personalmente appoggio questa seconda opzione perchè evita le difficoltà dell'affermare la teoria metafisica della vacuità.

E' esattamente questo il significato, secondo me, delle ripetute affermazioni di Siddhartha sul fatto che lui insegna solo il dolore e la sua cessazione. Buddha non ha interesse a formulare una nuova teoria metafisica, non è lo scopo per cui ha abbandonato gli agi e i piaceri del palazzo paterno. Ha visto" nascita, vecchiaia, malattia e morte" e vuole trovare un modo per sfuggire a questa sofferenza, non vuole più ri-nascere e continuare così a sperimentare nascita, vecchiaia, malattia e morte. Già in questa vita, con la realizzazione della Liberazione, non sperimenta più la ri-nascita del dolore causato all'attaccamento ai dhamma mondani: il dolore e l'angoscia esistenziale causati da questo. Il corpo, per effetto del karma precedente, continua la sua corsa finché, logoro, vecchio e ammalato non giunge alla dissoluzione. Il karma, invariabilmente, deve giungere a maturazione.
Quindi passa anche il Buddha Shakyamuni e resta il suo Dhamma, il suo insegnamento, come un manuale d'istruzioni per giungere a sperimentare quello stato libero dal fuoco dei dhamma mondani (dhamma come cose/fenomeni...),  quella libertà che dà vero sollievo, vera pace , quel ritrarre la mano ( la mente ) dal calore doloroso della vita ( "Tutti i dhamma sono in fiamme"...). Un manuale per poter vivere lo stesso stato vissuto da Siddhartha, e che lui ha definito come Nibbana/Nirvana ( estinzione/cessazione della fiamma.. questa inesauribile sete d'esistenza, quest'arsura dolorosa).

"Il buddhismo non porterebbe a negare l'io bensì a raggiungere uno stato in cui non si ha più la concezione di essere una entità separata e distinta. "

Qualora si realizzasse uno stato in cui non vi è più una concezione di "essere un'entità separata e distinta", l'io si sarebbe già dissolto perché la sua esistenza si fonda proprio sul fatto di ritenersi un'entità separata e distinta. L'io, come designazione mentale e innato senso di autoidentificazione che la mente fa dei suoi aggregati di cui fa esperienza, ovviamente esiste, ma è "vuoto" (shunya) di esistenza intrinseca, ossia vuoto di esistenza autonoma al di là dei fenomeni di cui può far esperienza. Nel buddhismo la consapevolezza/autocoscienza non è l'io , me è vinnana, il senso interno della mente. L'io è una struttura mentale che sta tra phassa ( contatto) e vinnana ( coscienza) ed è pertanto un prodotto dei cinque aggregati. Il Dhamma budhista mira ad ottenere uno stato in cui la mente, liberatasi della sua identificazione con il senso dell'io/mio, dimora in uno stato reale ( quindi non illusorio o concettuale) di saggezza "naturale" ( prajna) e di compassione "non pelosa" (metta/karuna).
Il Nobile Ottuplice Sentiero è la medicina , il purgante che indebolisce il poderoso senso dell'io/mio che giganteggia nelle nostre vite.
Nel buddhismo tutto passa nella relazione tra phassa e vinnana e viceversa tra vinnana e phassa, l'uno influenza l'altra, "c'è questo perché c'è quello"...tutto il processo è condizionato da avidya ( ignoranza della vacuità e relativo/conseguente inevitabile attaccamento a nama-rupa [nome e forma]...). Vinnana è l'elemento che è legato alle formazioni karmiche, pertanto è vinnana che ri-nasce di vita in vita, di esistenza in esistenza, sempre esperimentando dukkha (sofferenza). Pertanto c'è rinascita e non reincarnazione-trasmigrazione nella concezione buddhista. Non è l'io effimero che rinasce, ma le formazioni kammiche che alimentano la comparsa nel ciclo del samsara della coscienza/vinnana.

« Il Buddha disse: "Che cos'è che si chiama senso primo della Coproduzione condizionata? Perché esiste quello, esiste questo ...
Condizionate dall'ignoranza
compaiono i coefficienti karmici;
condizionata dai coefficienti compare la coscienza;
condizionati dalla coscienza compaiono nome e forma;
condizionati da nome e forma compaiono i sei sensi;
condizionati dai sei sensi compare il contatto;
condizionata dal contatto compare la sensazione;
condizionata dalla sensazione compare la "brama";
condizionata dalla brama compare l'attaccamento;
condizionata dall'attaccamento compare l'esistenza;
condizionata dall'esistenza compare la nascita;
condizionate dalla nascita compaiono vecchiaia e morte, tristezza e sofferenza.

È ciò che si chiama il grande aggregato intero dei dolori. È tale ciò che si chiama il senso primo della Coproduzione condizionata »
(Gautama Buddha, Nidānasūtra 124, 547b-548a)

Questo processo funziona esattamente anche all'inverso, per questo parlavo di come il contatto influenza la coscienza e di come la coscienza si crei il proprio contatto spinta dall'ignoranza e dall'attaccamento. :)
#972
Riflessioni sul Viaggio e in Viaggio / Re:Hotel Logos
29 Settembre 2017, 22:56:47 PM
@Jean scrive:
qualcosa non ha funzionato oppure questo è il massimo che si poteva ottenere?

Rifletto anch'io su questo e mi viene da pensare più alla seconda ipotesi.  Ci sono in giro per il web altri forum specializzati ( per scrittori dilettanti, per variopinti buddhisti, per cristiani che interrogano sacerdoti, ecc.). Però anche in questi si può notare che c'è un manipolo di frequentatori assidui e poi altri che vanno e vengono. Uno dei problemi, ma che non è un problema, del nostro Hotel Logos è sicuramente, a parer mio, il livello molto alto di gran parte delle discussioni. Questo non invoglia certo tutte quelle persone che "vorrebbero dire la loro" , ma che si sentono inadeguate ( come il Sari che però ha dalla sua una incredibile faccia di bronzo, in quanto seguace dell'anatta-non-sè...quindi non è un problema mio...quello che gli altri pensano di me ;D )di fronte alla complessità dei ragionamenti che vi circolano. Notiamo infatti una grande disparità tra il numero di quelli che si iscrivono e quello di coloro che effettivamente poi postano qualcosa ( intimiditi? ...). Mettiamoci pure una certa qual mancanza di "delicatezza" che a volte può urtare gli animi più suscettibili spingendoli ad abbandonare, il tutto condito dall'impermanenza di ogni cosa ( pertanto pure dell'interesse di diversi utenti, che muta...) e la pietanza è condita. Ma credo sia un pò in generale e non solo del nostro Hotel.. L'uomo si stanca di tutto, vuole sempre cambiare ( è il dukkha dell'uomo, è fatto così... :( ). Ci sono poi quelli che oggettivamente hanno più tempo  a disposizione , per mille motivi, e quelli ( come il sottoscritto...) che scrivono pure per il semplice piacere di scrivere ( ma nell'Hotel credo che siamo in pochissimi a nutrire questa passione "artistica"...). C'è poi il problema dei diversi interessi ( il filosofo a cui non interessa nulla di spiritualità o di arte. Quello a cui piacerebbe parlare di Cristo ma non incontra l'interesse del logico-matematico , ecc.). 
Sarebbe interessante sentire pure l'opinione di qualcuno/a che si è iscritto, le sue motivazioni per farlo e il perché poi non ha postato qualcosa di suo...
Utenti "silenziosi" fatevi avanti e aiutateci! :)
 
#973
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
29 Settembre 2017, 11:45:12 AM
@Apeiron

Il dottor David Bohm era anche molto vicino, simpatizzante direi, al pensiero di Jiddu Krishnamurti. Comunque anche il buddhismo attrae i fisici...Lo stesso Ajahn Brahm che ho citato , inglese d'origine, è laureato in fisica teorica a Cambridge e si è fatto bhikkhu theravada nel 1974. Adesso è l'eminente abate del più grande monastero dell'emisfero australe, a Perth mi sembra di ricordare.,,allievo del grande maestro della foresta Ajahn Chah. Poi c'è il famoso fisico Apeiron... ;D  ;D  ;D
#974
@Sgiombo scive:
Però non ho capito al faccenda del tradimento di Dio.

Mah! forse non l'ho capita del tutto neppure io. Ho scritto infatti che mi dava l'idea dell'incubo. Come quando litighi con una persona cara...e non sai veramente perchè! ???
Forse 'tradimento' perché un tempo ci si amava e poi...abbiamo voltato le spalle? A volte nella vita si scappa anche da ciò che amiamo, non solo da ciò che odiamo...
Per questo e su questo sono assolutamente d'accordo con Green: Dio non è un oggetto e noi non siamo macchine...

P.S. attento con le "pere"...se sbagli la dose potresti risvegliarti in un bell'ospizio con attaccato un pannolone! Della serie: dalla padella nella brace! ;D
#975
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
29 Settembre 2017, 09:25:54 AM
@ Apeiron scrive:
Il problema però è che la società ti fa "avere altro da pensare". Esempio (stupido ma rende): se ho una bolletta da pagare e dobbiamo fare una fila di ore alla posta o un (noioso) problema con la burocrazia (e in Italia da questo punto di vista sappiamo come siamo messi) abbiamo "altro da pensare": diventiamo infastiditi, irritati ecc. Certamente l'essere infastiditi è "dukkha" però è quasi inevitabile visto che la società stessa ci "distoglie".

Contemplare la sofferenza, propria e degli altri, non è semplice. Eppure, dopo tutto, il Dhamma è proprio questo: osservare la sofferenza ( la prima Nobile verità...). Sei in un ufficio pubblico in fila da tre ore per una pratica e sta per arrivare il tuo turno finalmente... I piedi ti fan male, le gambe sono anchilosate, la mente è piena di nervosismo, irritata...ma ecco! Adesso tocca a te...In quel preciso momento, come al solito, l'impiegato si alza e se ne va...è la pausa caffè! Terribile!...Vorresti ucciderlo.
Io mi arrabbio continuamente perché voglio controllare il mondo, voglio che le cose vadano come spero e progetto . Qualcosa va storto ( perché qualcosa va sempre storto...) e comincio a soffrire. Quando smetto di combattere con il mondo e inizio a comprendere questa irritazione, questa sofferenza, le cose cominciano a cambiare. Nel buddhismo questa nuova reazione viene definita nibbida . Nibbida è la risposta che nasce dal comprendere che qualunque cosa farai sarà insoddisfacente o che ci saranno problemi. A questo punto si dovrebbe ( si dovrebbe... :() essere abbastanza saggi da non evitarli e non cercare di cambiarli. I problemi fanno parte integrante del samsara. Quando si comprende questo la nostra reazione alla vita si trasforma. Con un esempio si potrebbe paragonare a quando cerchi di mangiare una mela guasta e continui a tirar via il marcio per mangiare il resto. Il problema del samsara, del resto, è che è tutto marcio. Allora si dovrebbe, per il buddhismo...gettare la mela, rendersi conto che non la si può mangiare, è tutta guasta. Capire che si può vivere anche senza la mela, disinteressarsene, lasciarla andare...
Comprendere quindi che il dukkha, la sofferenza, è connaturata al mondo e non possiamo controllarla. Non abbiamo il potere di risolvere questo problema. Al massimo possiamo continuar a tirar via pezzi, sperando che resti qualcosa di commestibile da mangiare...
Nel Dhamma non si cerca di controllare la sofferenza, ma di comprenderne le cause interiori che ci tengono aggrappati ad essa. Ajahn Brahm diceva che:
"Quando siete addolorati o in difficoltà ricordatevi sempre un'importante definizione della parola 'sofferenza': chiedere al mondo qualcosa che non può dare. Pretendere l'impossibile dal mondo. Se chiedete qualcosa che il mondo non può darvi, sappiate che state chiedendo di soffrire."