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Messaggi - Apeiron

#961
@Inverno se fosse possibile fare quell'operazione avremo compreso il mistero della vita  ;D  a parte gli scherzi da quanto ci ho capito io Wittgenstein aveva notato delle "rassomiglianze di famiglia" tra i vari riti. E la più forte di tutte è che la parte più "profonda" di questi riti non era testabile. Esulava dall'analisi empirico-razionale. Posso provare scientificamente che se confesso i miei peccati Dio me li ha perdonati? No, altrimenti non sarebbe un rito e "avere fede" non avrebbe senso. Se io ho fede nel rito in questione il rito stesso lo percepirò in modo diverso da uno che è esterno al mio sistema religioso-rituale. Ma questa è "magia"? Forse sì, perchè in comune con la magia è che non è comprensibile. Ma non può essere magia in senso di "occultismo" (usavo in questo modo la parola "magia" nei miei post). Se credo nel karma o nella Provvidenza certi fatti li interpreterò in modo diverso da uno che non crede in nessuna delle due cose. Tuttavia si può parlare di "errori"? Certamente non dal punto di vista scientifico! E Wittgenstein non voleva affatto "creare" un modello, una teoria. A che sarebbe servita? Puoi davvero capire un rito senza viverlo? Wittgenstein si fermò a dire: ci sono dei riti e ci sono chiare somiglianze tra i riti. Ma non posso dire di più anche se ho la tentazione di connettere i punti.

Tutto ciò cosa c'entra con la metafisica? Beh se quello che penso io è vero ognuno di noi capisce la realtà in modo che dipende dal contesto in cui è e dalle sue caratteristiche individuali. Quello che capisce un giapponese della parola Dio ("Kami") e quello che capisce un indù possono essere due cose diverse. Questo perchè a causa delle nostre caratteristiche non possiamo che avere una comprensione della realtà incompleta e distorta e quindi "siamo costretti" per capire la realtà a trattarla come una "collezione di oggetti" - enti.
In modo simile posso impegnarmi finché voglio a capire la realtà senza ricorrere a pensarla come formata da "parti", "cose", "pianeti" tuttavia non ci riuscirò, secondo me, mai. Perchè? perchè è come "volare con le ali", cosa per noi impossibile. Sottolineo però "in modo simile" perchè a mio giudizio per come siamo, e come ragioniamo (non solo noi occidentali) se vogliamo "costruire" una teoria sul mondo non possiamo rinunciare a ragionare in termini di enti. Per lo meno una teoria che rinuncia a ciò non riesco nemmeno ad immaginarmela! Sarebbe ancora considerabile "teoria"?

Qualche anno fa lessi un esperimento mentale. Supponiamo che un'intelligenza viva in un luogo senza distinzioni come ad esempio un oceano estessissimo di modo che non ci sia niente da "contare e distinguere". Esisterebbe il concetto di "numero"? Se no riuscirebbe a fare una "matematica"? E tale disciplina sarebbe conforontabile con la nostra? Ma: una tale intelligenza può veramente esistere in un mondo indifferenziato, dove non c'è l'Altro (ossia un'identità separata, ossia un ente)? Ci può essere una mente senza che questa abbia come idee (innate?) "questo" e "quello", "me" e "l'altro"? Esiste una mente senza differenziazioni? Esiste una mente che è senza concetti come "verità", "etica", "esistenza", "io", "questo", "quello"? Perchè stiamo parlando di questo in questo thread. Eliminare la metafisica in toto secondo me è impossibile perchè servirebbe un'intelligenza diversa. Ma tale intelligenza sarebbe "intelligenza"? Potremo indagare tali intelligenze e teorie senza finire a dire insensatezze?
#962
Caro @Angelo Cannata la proposizione "i 31 piani di esistenza del samsara sono impermanenti" stando a quanto abbiamo detto non è "errata" né "corretta". Motivo per cui a questa "verità" (o sospetta tale) non possiamo far altro che porla al di là della critica, ossia rifiutarla o accettarla per fede magari dopo che abbiamo "provato a sentire" se ci fa star meglio o no.

Si potrebbe dire che la critica può rifinire la spiritualità fin dove essa può asserire qualcosa. Ma la critica non può "falsificare" le affermazioni delle varie spiritualità che sono oltre l'indagine critica stessa.

Lo scetticismo è non inconfutabile, ma apertamente insensato, se vuol mettere in dubbio ove non si può domandare.(Wittgenstein)


Se cerco di confutare una persona che crede alla seconda venuta di Gesù o all'esistenza dei regni dei devas indu-buddisti non ci riuscirò mai con la critica perchè sono affermazione non-testabili. Ma la non-testabilità a mio giudizio non implica l'insensatezza (come affermavano i positivisti logici) o la falsità. Questo è il mistero. Di certo se vuoi trovare certezza critica non riuscirai mai a trovare ciò in nessuna spiritualità e nessuna religione. A mio giudizo se vuoi incamminarti in un sentiero spirituale devi accettare anche che la critica ad un certo punto si fermi ed è proprio questa la difficoltà.


Ciao  :D

P.S. Nel passo evangelico che hai citato non vedo la "metafisica" di cui parli. Potresti in due righe scrivere come lo interpreti (se ti va)? :)
#963
Citazione di: Angelo Cannata il 29 Gennaio 2017, 14:24:27 PM
Citazione di: Apeiron il 29 Gennaio 2017, 13:42:25 PMci ho provato sinceramente - per quanto siano deboli le mie facoltà intellettuali - ma non ci sono riuscito.
Mi viene il sospetto che non trovi alternative valide perché cerchi alternative-copia. Per esempio, se mi serve un'alternativa alla penna, ma mi ostino a pensare che una vera penna deve necessariamente funzionare con inchiostro, non riuscirò mai ad immaginare una matita; tanto meno riuscirò a pensare alla possibilità di scrivere usando un computer. Anzi, mi viene in mente che proprio tantissimi anni fa, quando ancora i computer erano agli inizi, volendo acquistare uno strumento moderno per scrivere, un negoziante mi presentò una "macchina per videoscrittura", qualcosa di simile a un rudimentale computer, ma capace solo di scrivere testi e poi stamparli; mi disse che il testo andava prima scritto per intero solo su schermo e soltanto dopo andava stampato. Non l'acquistai perché non riuscivo ad entrare nella mentalità di scrivere su schermo senza che la scrittura apparisse immediatamente su carta, lettera dopo lettera, come avveniva con le macchine per scrivere meccaniche. Voglio dire, spesso nel nostro ricercare, in base alle mentalità che ci siamo costruite, poniamo così tanti paletti alle caratteristiche di ciò che ci aspettiamo di scoprire, da rendere a noi stessi praticamente impossibile la scoperta di sistemi nuovi. Se ti sei abituato a pensare all'essere in modo metafisico e non riesci in alcun modo ad immaginare un farne a meno, non potrai mai scoprire nulla di alternativo, poiché ad ogni ipotesi che ti attraverserà la mente chiederai che essa abbia le stesse caratteristiche fondamentali del pensare metafisico; cioè, ad ogni ipotesi chiederai di non essere altro che una copia del pensare metafisico. Per esplorare modi diversi di pensare credo sia necessario un po' di spericolatezza, come chi voglia provare a compiere un salto mortale a cavallo di una moto; solo che ad esplorare filosofie non si rischia la vita, come avviene con la moto. Eppure vedo che tanti hanno proprio questa paura, paura perfino di fare solo la prova, anche solo per gioco, a pensare in modi diversi: subito si mettono davanti tutti i pericoli (anarchia, fine del mondo, si salvi chi può, violenza sfrenata, sesso sfrenato, terremoti, guerre mondiali) e rinunciano anche al semplice ipotizzare.

Angelo - dico sul serio - sei veramente profondo e questa profondità purtroppo può essere molto dolorosa, specialmente se non trovi nessuno che la pensa come te. Ti faccio i complimenti per il coraggio.
Come critica in effetti ci sta. Che ci abbia rinunciato perchè volevo un qualcosa di (troppo) simile? Che lo abbia fatto per paura? Non nego di aver avuto (e di aver ancora) paura. Non nego che tu possa aver ragione, perchè in un forum di filosofia dovei "dimostrarti" che hai torto. Siccome non riesco a fare una cosa simile non ti dirò di certo che hai torto. 

A mio giudizio tuttavia dubitare sempre e non farlo mai sono due estremi. Non dubitare mai è pericoloso perchè conduce al fanatismo mentre dubitare sempre è come navigare nella bonaccia: ti sforzi continuamente e non vai da nessuna parte. Spero che il messaggio sia chiaro.

Per delucidare meglio la questione considera Buddha e Maharavira (fondatore del gianismo). Le loro due dottrine sono diverse, eppure entrambi ti promettono la Liberazione. Certamente Maharavira diceva di essere "onniscente" mentre Buddha in modo simile diceva di conoscere tutto il funzionamento del karma e si ricordava le rinascite. Allo stesso modo Buddha diceva che ogni piano di esistenza (i 31 livelli delle rinascite) erano impermanenti. Affermazione indimostrabile per due motivi: di alcuni noi non possiamo nemmeno avere esperienze e di certo non possiamo dimostrare la loro impermanenza. Di certo Buddha le presentava come verità assolute. Maharavira presentava come realtà assoluta che la jiva (anima) in ognuno di noi era eterna. Buddha non era d'accordo. Quello che in comune avevano era che per loro c'era una verità. Tuttavia entrambi non la imponevano. Ora Buddha poteva dire ai suoi discepoli "insegnate il Dhamma con la forza". Ma non lo hanno fatto. Come vedi Buddha e un dittatore sono conviniti entrambi di possedere la verità ma uno non la impone, l'altro la impone.  

Sul discorso della metafisica: non trovo alternative perchè non riesco a non pensare in termini di "cose", di "questo e quello", di "distinzioni" ecc e la metafisica a livello più basilare è proprio questo. Per fondare un altro tipo completamente nuovo di pensare dovrei smettere di ragionare in questi termini (e guarda a caso per dire ciò sto usando la logica, che si basa sulle distinzioni...).
#964
@Angelo Cannata

E su affermazioni indimostrabili/infalsificabili ci possono essere errori? Dire che ad esempio esiste una "verità assoluta" che noi conosciamo in modo approssimato e distorto è una affermazione indimostrabile. Ha senso però parlare di "errore" in questo caso?  :)
#965
@Inverno,

magia e arte hanno molto in comune. In entrambi i casi c'è il senso di "solennità", di "ciò che è più alto". Ma finisce lì l'analogia. La magia infatti di per sé è nascondere, celare e inoltre è anche imporre. L'arte invece NO.

C'è un modo tuttavia migliore di intendere i riti e la magia (ma a questo punto ha ancora senso chiamarla magia?). Se mastichi l'inglese ti consiglio il link che ho postato alle 11:33 di oggi.
#966
Citazione di: Angelo Cannata il 29 Gennaio 2017, 12:36:03 PM
Citazione di: Apeiron il 29 Gennaio 2017, 11:33:05 AMSecondo te si potrebbe parlare di "elettroni", "protoni", "umani", "pianeti" ecc senza partire dal concetto di "ente"? Secondo me no per il semplice fatto che per natura siamo costretti a far così.
Tu senza dubbio sei innocente, leale, ma secondo me non ti rendi conto della gravità delle tue affermazioni, di come esse si prestino all'esercizio delle più opprimenti dittature. Il metodo di imporre delle costrizioni attraverso il riferimento a ciò che siamo per natura è quello seguito oggi dalla Chiesa Cattolica per stabilire che gli omosessuali non sono persone normali (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2357: gli atti di omosessualità "sono contrari alla legge naturale"). Se io stabilisco che un negro, per legge naturale, dev'essere schiavo di un bianco, chi potrà mai smentire un'affermazione del genere? Qualsiasi riferimento a leggi naturali è infalsificabile, perché non esistono criteri per sottoporre a critica l'idea di naturalità. Non esistono leggi naturali, esistono solo nostre organizzazioni mentali per interpretare ciò che della natura sperimentiamo; chiamare leggi naturali le nostre interpretazioni è un ottimo strumento di potere.

Ti ringrazio Angelo per la descrizione che fai di me (non solo in questo post...). Anche tu mi sembri un sincero ricercatore della verità e ammiro la tua mentalità aperta.

In effetti sì hai ragione ho fatto un'affermazione pesante. Ma ho fatto anche un'affermazione ristretta a un modo di ragionare. Il problema è che il metodo di ragionamento che tu critichi è davvero alla base di tutto il sapere umano. Motivo per cui in quanto esseri umani credo che non potremo "sfuggire" a pensare in tale modo. Concordo con te che qualsiasi riferimento a leggi naturali è infalsificabile eppure mi pare così intrinseco al nostro modo di vivere che prima di abbandonarlo in toto vorrei trovarne un altro migliore. E ci ho provato sinceramente - per quanto siano deboli le mie facoltà intellettuali -  ma non ci sono riuscito.

Quando affermi sul Catechismo della Chiesa Cattolica sono d'accordo con te. E a mio giudizio un po' di "sano" metodo storico-critico potrebbe far desistere da certe prese di posizoni (o almeno porle in altra maniera...). Ma per collegarsi all'altro thread che hai aperto: questa è una critica che si deve fare all'interno della spiritualità della Chiesa Cattolica stessa.

Come hai già detto tu in altri post la natura e la storia sono piene di violenza, oppressione, ingiustizie e anche però di pace, amore ecc. E secondo me non avere un punto di vista oggettivo su tali cose mi pare anch'esso una cosa sbagliata perchè conduce all'imporabible "tutte le azioni sono lecite". Tuttavia concordo con te che un relativista non potrà mai imporre nulla e per questo motivo lo ritengo mille volte meglio (dovrei dire "infinitamente meglio"?) di uno che al contrario impone la sua verità.  

Secondo me - personalissima opinione - la "Verità" c'è ma nessun uomo la conosce (io no di sicuro), e anche se per assurdo la conoscesse ritengo assolutamente errato imporla, perchè la "Verità" uno la deve scoprire. Nella pratica non c'è davvero differenza tra le nostre due posizioni perchè entraambi non imponiamo nulla, la dittatura invece impone e opprime.

In sintesi pensare che ci sia una "verità assoluta" secondo me non è per niente collegato alla discriminazione, all'odio e alla dittatura. Se c'è una "verità assoluta conoscibile" conta anche l'atteggiamento che si ha con essa e l'atteggiamento che si ha con le altre persone. Secondo me invece tale "verità assoluta" non è conoscibile e perciò non ha alcun senso imporre. Se poi altri lo fanno, beh scelta loro.

P.S. La mia posizione epistemologica è appunto il "fallibilismo", ossia che noi non possiamo che avere una comprensione distorta delle cose. Motivo per cui specialmente quando si tratta di escludere e discriminare ci si dovrebbe conto della nostra limitatezza.
#967
Varie / Re:Un sontuoso banchetto
29 Gennaio 2017, 11:45:13 AM
Non avete notato che Apeiron non mette mai dialoghi nei suoi post  :-\  che egli abbia difficoltà ad immaginare i dialoghi con persone reali? Ma il forum non è esso stessso popolato prima di tutto da persone virtuali?

Shinji:
Volete dire che anche questa oscurità, questo mondo incompleto è qualcosa che io stesso ho voluto?
Rei:
Proprio così.
Kaji:
Tu hai voluto un mondo serrato piacevole per te solo!


Apeiron: Sariputra, grazie dell'invito e di avermi mostrato tutto ciò che mi hai mostrato. Ti ringrazio di avermi fatto conoscere V.
Sariputra: Metta!
Apeiron: Eh immagino, d'altronde amare significa aprirsi l'uno all'altro!
Duc in Altum: questo è anche amare il prossimo!
Apeiron: eppure a volte mi pare di essere solo proprio come l'Apeiron di Anassimandro. D'altronde senza i peirata (confini) uno è infinitamente solo.
Fharenight: eccolo lì che è alticcio
Apeiron: ma in questo banchetto c'è qualcuno che non lo è?

Proprio
#968
Citazione di: Angelo Cannata il 28 Gennaio 2017, 10:17:25 AM
Citazione di: Apeiron il 27 Gennaio 2017, 13:32:03 PM....non si può davvero uscire completamente dal pensiero metafisico...
È facilissimo per chiunque assumere una prospettiva e mostrarla come obbligatoria, imprescindibile, onnipervasiva. Io posso ritenere che il mondo è tutto fatto di fantasmi ed è impossibile per chiunque compiere alcuna azione senza avere a che fare con i fantasmi; o che il mondo è tutto politica ed è impossibile per chiunque compiere alcuna azione che non sia in fondo un'azione politica; o che tutto è sesso, ecc. ecc. Da questi esempi si evidenzia, o come minimo nasce il sospetto, che chi non riesce ad uscire da una qualsiasi di queste prospettive non è il mondo, ma colui che decide di adottarle come prospettive totalizzanti. In altre parole, mi nasce il sospetto che non è che non si possa uscire dal pensiero metafisico, ma che sei tu a non riuscire ad uscire dal pensiero metafisico.

Come dico sempre la metafisica puoi usarla male o puoi impegnarti ad usarla bene. Ad esempio la scienza stessa si basa sul pensiero metafisico. Secondo te si potrebbe parlare di "elettroni", "protoni", "umani", "pianeti" ecc senza partire dal concetto di "ente"? Secondo me no per il semplice fatto che per natura siamo costretti a far così.  Può essere d'altronde che come dici tu la mia mente è imprigionata dal linguaggio e potresti benissimo aver ragione  :D  Fin da quando siamo infanti vediamo un mondo fatto di "cose" e "distinzioni" e se vogliamo comunicare non possiamo far altro che parlare di "cose". Eliminando il linguaggio, rimane il Silenzio (su ciò di cui non si può parlare si deve tacere... Ludwig Wittgenstein). Ma il Silenzio - per essere vero Silenzio - è a-concettuale (d'altronde se fosse concettuale potrebbe essere espresso e se potesse essere espresso allora anch'esso cadrebbe nella metafisica). Il Silenzio arriva dove la Ragione - che ripeto pensa in "cose" e "distinzioni", perchè prima di essere sintetica è analitica - non riesce più a dire nulla. Non a caso i grandi filosofi e religiosi dopo un'analisi arrivavano sempre a dire: ecco qui mi fermo perchè ho trovato l'Ineffabile.

Se tu trovi un altro metodo di analisi della realtà che non si basa su "cose", "distinzioni", "nomi" ecc allora credo che ribalteresti il mondo molto di più di quanto hanno fatto Kant, Wittgenstein, Laozi ecc, i quali prima di arrivare al Silenzio hanno parlato in termini di "cose". Se trovi un tale metodo allora tutto il discorso sul Silenzio era sbagliato. Sinceramente ci ho provato e a volte ci provo ancora ma non riesco a liberarmi del linguaggio, della metafisica e del ragionare in modo analitico con cose, oggetti, distinzioni e nomi. Non a caso la scienza si è sviluppata proprio in occidente per la maggior parte dove si è usata sempre la ragione analitica e a differenza che in India non la si vedeva come un altro attaccamento all'inferno dell'esistenza condizionata (samsara).

Citazione di: Angelo Cannata il 28 Gennaio 2017, 14:52:19 PMCredo che la sete di magia sia un bisogno umano da apprezzare, ma necessiti di essere liberata dai fraintendimenti dovuti alla mancanza di critica. Il problema della distruttività del ricorso alla magia consiste nel pensare mondo fisico e mondo umanistico collegati da una comune visione metafisica: la metafisica dice che esistono oggetti reali; a partire da questa mentalità si pensa di poter trattare il mondo delle interpretazioni, dei significati esistenziali, come confinante, collegato al mondo fisico. Secondo questa mentalità, è possibile individuare forze fisiche che hanno a che fare con il destino, cioè con il senso della vita: si pensi come esempio all'oroscopo. È la metafisica ad indurre questa mentalità, perché secondo la metafisica ciò che conta è solo il reale, l'oggettivo; il soggettivo, l'opinione, il relativo, sono privi di importanza e di significato, in quanto relegati nel campo di potere e di conoscenza limitato di pochi soggetti. L'oggettivo vale, il soggettivo non vale. Che un pietra si trovi posata in un certo posto vale, perché è una verità oggettiva, valida per tutti, mentre le opinioni personali su quella pietra non hanno alcun valore, perché non sono altro che opinioni. È pure questa mentalità ad aver indotto papa Ratzinger ad affermare che la risurrezione di Gesù è un evento storico. Il ragionamento che sta dietro quest'affermazione è chiaro: - la risurrezione di Gesù è un evento oggettivamente fondamentale per tutti; - nulla può essere oggettivo e fondamentale che non sia fisico e reale; - dunque la risurrezione di Gesù deve necessariamente essere stata un evento fisico, reale e dunque storico. È questa mentalità a indurre anche certuni a collegare la spiritualità con la fisica dei quanti, oppure a parlare di "viaggi astrali", o a indurre l'utente Apeiron a dire "vorrei ben vedere se il Dalai Lama davvero smetterebbe di credere alla dottrina delle rinascite e della ciclicità del cosmo, cosa a mio giudizio essenziale affinchè la liberazione abbia senso, se la scienza provasse la dottrina falsa". Al contrario, in una visione antimetafisica, s'intende che mondo fisico e mondo delle interpretazioni, dei significati esistenziali, sono separati. Le interpretazioni e i sensi della vita sono creazioni soggettive, ma soggettive non vuol dire di valore nullo; vuol dire umilissime, ma umilissime non vuol dire zero; vuol dire solo consapevoli di essere creazioni strumentali al servizio di un tentativo di umanizzare il mondo e l'esistenza. Anche la fisica è soggettiva, mentre invece i metafisici ritengono che essa pretenda di stabilire verità oggettive valide per tutti. In una prospettiva antimetafisica il bisogno di magia può essere coltivato in maniera corretta, per esempio creando magie con l'arte, la musica, la poesia e, in generale, con la spiritualità.

Concordo con quasi tutto quello che dici. A modo suo però la soggettività può essere anch'essa oggettiva: ti posso d'altronde parlare delle mie esperienze e tu puoi capirne qualcosa. A mio giudizio è una oggettività di tipo diversa che nasce dalla condivisione delle esperienze - che per qualche motivo però rimangono parzialmente ineffabili - proprio come facciamo qui sul forum.

Sul Dalai Lama abbiamo a mio giudizio una visione un po' troppo "incantata" sulla saggezza orientale. Il concetto della rinascita è essenziale nella pratica buddista: se non ci fosse l'"altro mondo (loka)" dopo la morte allora solo chi raggiunge il risveglio si salva e tutto il discorso della moralità oggettiva cadrebbe. Ma come dice lo stesso Dalai Lama è "molto difficile" falsificare la dottrina della rinascita allo stesso modo per cui è impossibile provare che i fantasmi non esistono. D'altronde Buddha era l'unico che conosceva i "lavori del karma" (che ai non-risvegliati sono incomprensibili!) e dunque ci si deve affidare alle sue parole (così come ho fatto ammettere a Sariputra - ti devi fidare di Buddha per dire che tutti i 31 piani di esistenza (loka) sono impermanenti). Tutto il discorso del "non credete..." è simile in verità al "testate tutto, tenete ciò che è buono" di San Paolo. Consiglio questo http://www.roangelo.net/logwitt/logwit35.html
#969
Citazione di: Angelo Cannata il 28 Gennaio 2017, 10:03:56 AM
Citazione di: Apeiron il 27 Gennaio 2017, 13:06:00 PMLe spiritualità in generale sono definite da tre cose. Primo: l'obbiettivo (la "promessa"). Ad esempio la spiritualità di un filosofo greco è la conoscienza intellettuale, ossia il raggiungimento della verità tramite la ragione. Per un buddista è la salvezza intesa come liberazione dal samsara (l'inferno della trasmigrazione). Per un cristiano la salvezza intesa come comunione con Dio. Secondo: la "dottrina". Ossia il contenuto della spiritualità, ossia le cose che sono prese come "vere". Terzo: il metodo per raggiungere l'obbiettivo. Ogni spiritualità è definita da questo triplice vincolo che uno deve accettare se vuole seguirla (questa è la fede intesa appunto come "fiducia"). Se non lo fa "inaugurerà" una sua spiritualità, con obbiettivo, dottrina e il suo metodo. In ogni caso ammesso che la spiritualità abbia senso servono tutte e tre le cose (ad esempio una dottrina inutile al metodo cosa serve?). Dunque ogni spiritualità avrà un approcco Il problema della critica è che può essere fine a sé stessa e lasciare nell'oscurità il critico stesso, costretto a mettere sempre in discussione le sue dottrine, i suoi obbiettivi e il suo metodo. Con la sola critica non si va aventi. Presa allo stremo la critica è chiaramente incompatibile con la spiritualità e così lo è la scienza (vorrei ben vedere se il Dalai Lama davvero smetterebbe di credere alla dottrina delle rinascite e della ciclicità del cosmo, cosa a mio giudizio essenziale affinchè la liberazione abbia senso, se la scienza provasse la dottrina falsa). La critica in realtà può essere utile a cercare di migliorare la propria comprensione dei tre paletti della spiritualità di cui parlavo prima. Ad esempio capire che la cosmologia biblica non è importante per la fiducia in Gesù, oppure che la credenza per cui gli uomini vivevano migliaia di anni qualche eone fa (discorso presente nel Canone Pali) non è essenziale. Può servire a capire meglio, però all'interno dei paletti posti. Tuttavia non appena la spiritualità si assoccia ad altro avviene che la critica è malvista in toto.
Perché ingabbiare la spiritualità in questi paletti? Vuoi vietare una spiritualità che non intenda porsi alcun obiettivo? Vogliamo mettere in carcere quanti vogliano praticare una spiritualità priva di dottrine? Vogliamo mandare al manicomio quanti si proponessero di creare una spiritualità che non voglia adottare alcun metodo definito?

Angelo, non ho mica detto questo :) Ho detto che una critica senza obbiettivi è una critica cieca. Al peggio se è completamente senza obbiettivi diventa uno "sport". Secondo me la critica di cui tu parli, da quello che ho potuto leggere dai tuoi interventi su questo forum, è nient'affatto una critica senza una direzione predefinita. La tua critica ti vuole portare alla verità. E sincertamente la tua passione per la verità la si vede anche dal tuo cammino. Una persona non lascia una religione se non è mossa da una ricerca della verità.

Però bisogna anche essere coscienti che l'eccesso del dubbio è esso stesso pericoloso, motivo per cui può succedere che al manicomio uno ci vada per conto suo senza essere mandato là da nessuno perchè il dubbio è comunque sempre una sofferenza. Di certo l'ipocrisia di chi dice "io conosco la verità" senza mai aver avuto un fisiologico vacillamento nelle sue convinzioni (cosa che può avvenire solo con un minimo di critica...) è dovuta essenzialmente alla paura. L'ideale è a mio giudizio una sorta di via di mezzo.

E poi la mia era una critica alle istituzioni spirituali che non ammettono (o non ammettevano) nemmeno la critica interna.
#970
Ringrazio entrambi, in effetti Duc avevo notato anche io la (forte) somiglianza.

Ognuno deve a mio giudizio sperare. Che sia dunque il caso di parlare di rivelazione progressiva?
#971
A mio giudizio è impossibile andare completamente fuori dalla metafisica perchè richiederebbe "andare oltre" anche alla propria identità. L'uomo per sua natura deve pensare concettualmente e quindi in termini di "enti" separati. E già questa metafisica minimale che è indissolubile alla epistemologia mostra che non si può davvero uscire completamente dal pensiero metafisico. La stessa scienza è permeata dalla metafisica, anche se troppo spesso anche eminenti scienziati dicono che non è così. Il tutto lo si vede dal linguaggio. Andare oltre la metafisica significherebbe andare oltre al linguaggio (non a caso le maggiori religioni trattano come incomprensibili Dio, il Nirvana, Brahman, il Tao, la "pace dopo la morte, che è oltre ogni intelligenza" ecc)

Detto questo si può - anzi si dovrebbe - essere quanto più critici con la propria metafisica nel tentativo impossibile di raggiungere la metafisica perfetta ossia la perfetta comprensione delle cose. La critica dunque serve a purificare la metafisica dagli errori.
#972
Grazie ancora bluemax.

Comunque anche qui si fa vedere la differenza tra Theravada e Mahayana. Nel caso del buddismo Theravada l'obbiettivo è la Liberazione Individuale dall'inferno del samsara ("inferno" perchè ogni piacere del samasara in realtà è illusorio perchè impermanente) mentre per il buddismo Mahayana l'obbiettivo è la Liberazione di tutti gli esseri (e in effetti il buddismo Mahayana, in modo simile al cristianesimo, è più "missionario" perchè spera nella liberazione/salvezza di "tutti").

Nel caso del buddismo Theravada loro stessi ti dicono che il Nirvana NON è il Nulla. Con un'espressione che secondo me è del tutto mistica (e qui si vede che anche il buddismo è una religione) è lokuttara (ossia "oltremondana", cioè oltre il mondo della disgregazione), anatta (senza Sé - anche se non tutti i buddisti theravada sono d'accordo tant'è che Buddha non ha mai negato esplicitamente il Sé ma semmai diceva "questo non è il Sé, perciò non identificarti con esso"), profondo, incommensurabile, assoluto, incondizionato ecc. Tant'è che Thannissaro Bhikkhu ci dice che la similitudine del fuoco estinto non significa "morte" come la pensiamo noi, ossia come oblio eterno. Leggi http://www.accesstoinsight.org/lib/authors/thanissaro/nibbana.html . Ma qui a mio giudizio la dottrina buddista è perlomeno incompleta perchè non spiega come Nibbana e Nulla siano differenti

Nel caso del Buddismo Mahayana c'è un "trucchetto". Visto che il Nirvana è senza individualità allora la Liberazione in realtà non può essere davvero individuale. Motivo per cui la Liberazione cercata questa volta è rivolta a tutti gli esseri viventi dei vari piani di esistenza (loka). E questo in un certo senso è un progresso rispetto alla visione Theravada perchè la visione Theravada non spiega come possa esserci in un mondo senza "io" la liberazione indidivuale. Ma anche qui: se il karma finisce, finiscono le rinascite e dunque non ci potranno mai essere più esseri viventi. La vita dunque è finita. Rimangono solo fenomeni, magari anche un cosmo che fa i suoi cicli ma nessuna mente, nessuna coscienza e tutto è morto. Oppure finisce lo stesso cosmo e ariviamo al Nulla.

Lo stesso brahmanesimo ha un problema simile. L'unione con Brahman (nelle versioni panteistiche e nell'Advaita) viene vista come la Liberazione. La coscienza assoluta è simile a quella del buddismo perchè la Pace che si ottiene è più profonda del "sonno senza sogni". Nuovamente se tutti si riunissero a Brahman non ci sarebbero più menti e coscienze e tantomeno non ci sarebbero più esseri viventi. In tutti e tre i casi l'esistenza è vista come una prigione da cui liberarsi. Ma anche in quest'ultimo caso qual  è la differenza tra una Pace Assoluta più profonda di un Sogno senza Sogni e il Nulla?

P.S. Concordo con te che il Nirvana ha qualcosa di "postivo", non è solo un "non". Tuttavia il problema a mio giudizio di queste filosofie indiane  è che la dottrina così come è scritta è o incompleta o contraddittoria.
#973
Citazione di: Angelo Cannata il 26 Gennaio 2017, 15:28:28 PM
Citazione di: Apeiron il 26 Gennaio 2017, 11:29:32 AMI miei "two cents": tutto dipende dalle definizione che si danno alle parole. Allora se per spiritualità si intendo lo studio della nostra mente allora sinceramente non vedo conflitto tra ricerca e spiritualità. Ben diverso è se questo studio è in realtà rivolto ad esempio alla "salvezza", alla "liberazione" o all'etica. In tal caso la spiritualità per forza ha dei paletti che sono appunto i suoi obiettivi. La critica di cui parli è antitetica a mio giudizio ad ogni spiritualità di questo secondo tipo perchè la critica essenzialmente ha come metodologia il dubitare di tutto e se portata allo stremo diventa una ricerca completamente cieca perchè mette in discussioni oltre che il trovato anche il ricercato. Motivo per cui a mio giudizio prima bisogna scegliere che obbiettivo dare alla propria spiritualità e poi applicare una metodologia rigorosa e scettica al processo di ricerca. Ad esempio metti che vuoi "cercare la perfetta felicità". Compreso il concetto, se lo vuoi cercare fino in fondodevi prima di tutto togliere tutto ciò che non è la perfetta felicità. Quindi prima di trovare il ricercato devi averlo realizzato veramente e per fare ciò devi soprattutto capire cosa non è il tuo obiettivo. Tutte le "vie negative" mi piacciono proprio per questo motivo: hanno un obiettivo e lo ricercano in modo rigoroso, ossia "purificando" la propria comprensione dell'obiettivo stesso. Tuttavia a differenza della pura ricerca senza paletti, questa ricerca è direzionata. Detto ciò piuttosto di una ricerca senza paletti si dovrebbe scegliere il Silenzio.
Effettivamente, in ogni discussione riguardante la spiritualità è comprensibile che prima o poi venga fuori sempre il problema della sua definizione. È per questo che nel post di partenza ho cercato di usare soprattutto il plurale: le spiritualità, più che la spiritualità: mi sembra che sia più facile individuare singole spiritualità che trovare un significato chiaro e definito per la spiritualità in sé stessa. Se parliamo di spiritualità al plurale mi sembra possibile individuarle tenendo conto degli obiettivi che si propongono; al contrario, credo che individuare obiettivi per la spiritualità al singolare servirebbe solo ad avviare dibattiti infiniti, poiché la spiritualità in sé non può essere ingabbiata in un obiettivo predefinito; come minimo sarebbe un obiettivo non unanimemente condiviso. Una ricerca senza paletti rischierebbe di intorbidare l'essere stesso della spiritualità, se ancora ce ne fosse bisogno oltre il torbido che già c'è, così come avviene nelle arti: per esempio, leggendo certe poesie può nascere il dubbio se quella possa ancora chiamarsi poesia. Fermo restando che sono le pratiche, nel loro divenire storico, a definire, nel suo divenire, cos'è la spiritualità. Per una definizione di spiritualità che sia più utile e fruttuosa di quelle che circolano oggi, mi sembra ovvio che si dovrebbe mettere in conto anzitutto un sforzo di rispetto per come questa parola è intesa oggi, aggiungendo un lavoro di orientamento a rendere questa parola capace di sostenere il confronto con le pratiche culturali di oggi più serie e aperte.

Le spiritualità in generale sono definite da tre cose. Primo: l'obbiettivo (la "promessa"). Ad esempio la spiritualità di un filosofo greco è la conoscienza intellettuale, ossia il raggiungimento della verità tramite la ragione. Per un buddista è la salvezza intesa come liberazione dal samsara (l'inferno della trasmigrazione). Per un cristiano la salvezza intesa come comunione con Dio. Secondo: la "dottrina". Ossia il contenuto della spiritualità, ossia le cose che sono prese come "vere". Terzo: il metodo per raggiungere l'obbiettivo. Ogni spiritualità è definita da questo triplice vincolo che uno deve accettare se vuole seguirla (questa è la fede intesa appunto come "fiducia"). Se non lo fa "inaugurerà" una sua spiritualità, con obbiettivo, dottrina e il suo metodo. In ogni caso ammesso che la spiritualità abbia senso servono tutte e tre le cose (ad esempio una dottrina inutile al metodo cosa serve?). Dunque ogni spiritualità avrà un approcco

Il problema della critica è che può essere fine a sé stessa e lasciare nell'oscurità il critico stesso, costretto a mettere sempre in discussione le sue dottrine, i suoi obbiettivi e il suo metodo. Con la sola critica non si va aventi. Presa allo stremo la critica è chiaramente incompatibile con la spiritualità e così lo è la scienza (vorrei ben vedere se il Dalai Lama davvero smetterebbe di credere alla dottrina delle rinascite e della ciclicità del cosmo, cosa a mio giudizio essenziale affinchè la liberazione abbia senso, se la scienza provasse la dottrina falsa).

La critica in realtà può essere utile a cercare di migliorare la propria comprensione dei tre paletti della spiritualità di cui parlavo prima. Ad esempio capire che la cosmologia biblica non è importante per la fiducia in Gesù, oppure che la credenza per cui gli uomini vivevano migliaia di anni qualche eone fa (discorso presente nel  Canone Pali) non è essenziale. Può servire a capire meglio, però all'interno dei paletti posti. Tuttavia non appena la spiritualità si assoccia ad altro avviene che la critica è malvista in toto.
#974
L'EUTANASIA del titolo si riferisce alla rinuncia alla vita fatta però in modo da non soffrire più. Se vuoi è l'incarnazione dell' "ideale ascetico" alla Schopenhauer, ossia una pura negazione della Volontà. Lo scopo del thread era appunto questo: non è il buddismo (e simili) una sorta di tentativo di morire pacificamente?

O posta la domanda in altri termini: cosa accade secondo te all'universo una volta che tutti gli "esseri" (passami questo termine) dei 31 piani dell'esistenza hanno ottenuto la Liberazione?
Si conclude il karma e il ciclo di nascita, morte e rinascita e quindi la storia ciclica. E fatto ciò?
#975
I miei "two cents": tutto dipende dalle definizione che si danno alle parole. Allora se per spiritualità si intendo lo studio della nostra mente allora sinceramente non vedo conflitto tra ricerca e spiritualità. Ben diverso è se questo studio è in realtà rivolto ad esempio alla "salvezza", alla "liberazione" o all'etica. In tal caso la spiritualità per forza ha dei paletti che sono appunto i suoi obiettivi.
La critica di cui parli è antitetica a mio giudizio ad ogni spiritualità di questo secondo tipo perchè la critica essenzialmente ha come metodologia il dubitare di tutto e se portata allo stremo diventa una ricerca completamente cieca perchè mette in discussioni oltre che il trovato anche il ricercato.

Motivo per cui a mio giudizio prima bisogna scegliere che obbiettivo dare alla propria spiritualità e poi applicare una metodologia rigorosa e scettica al processo di ricerca. Ad esempio metti che vuoi "cercare la perfetta felicità". Compreso il concetto, se lo vuoi cercare fino in fondodevi prima di tutto togliere tutto ciò che non è la perfetta felicità. Quindi prima di trovare il ricercato devi averlo realizzato veramente e per fare ciò devi soprattutto capire cosa non è il tuo obiettivo. Tutte le "vie negative" mi piacciono proprio per questo motivo: hanno un obiettivo e lo ricercano in modo rigoroso, ossia "purificando" la propria comprensione dell'obiettivo stesso. Tuttavia a differenza della pura ricerca senza paletti, questa ricerca è direzionata. Detto ciò piuttosto di una ricerca senza paletti si dovrebbe scegliere il Silenzio.