Ciao eutidemo! E' una bella domanda, quella che fai, anche se per me alcune consequenzialita logiche sono discutibili.
Intanto non vedo perché l'esistenza di un inferno dovrebbe presumere un Dio che ci punisce? L'inferno potrebbe esistere indipendentemente dalla presenza di Un Dio che lo abbia creato. L'unica condizione essenziale per l'inferno é l'esistenza di un aldilà, di uno stato di coscienza, dopo la morte, che può essere di gioia, nel caso del paradiso, e di sofferenza, nel caso dell'inferno.
L'altra questione che poni é quella dell'equità della pena dell'inferno. Anche qui la presunzione che quella dell'inferno sia una pena per i peccati compiuti é discutibile.
Infatti con la confessione, in teoria, uno può compiere tutte le nefandezze che vuole e poi, in punto di morte, confessarsi.
Inferno e paradiso sono destinazioni funzionali al nostro stato interiore. Chi compie peccati sviluppa uno stato interiore che lo spinge ad aderire sempre più a quel modello comportamentale.
Come ha detto Gesú, ma anche khrisna: "chi opera il male diventa schiavo del male".
Ora nel momento della morte, se questa schiavitù é presente, vuol dire che la coscienza della persona é in grado di concepire solo il male e prova una repulsione per il bene, per cui non sopporta neanche di andare nel luogo dove c'é solo il bene, ma va volontariamente laddove ci sono gli altri come lui, altri spiriti, tutti vocati al male.
Intanto non vedo perché l'esistenza di un inferno dovrebbe presumere un Dio che ci punisce? L'inferno potrebbe esistere indipendentemente dalla presenza di Un Dio che lo abbia creato. L'unica condizione essenziale per l'inferno é l'esistenza di un aldilà, di uno stato di coscienza, dopo la morte, che può essere di gioia, nel caso del paradiso, e di sofferenza, nel caso dell'inferno.
L'altra questione che poni é quella dell'equità della pena dell'inferno. Anche qui la presunzione che quella dell'inferno sia una pena per i peccati compiuti é discutibile.
Infatti con la confessione, in teoria, uno può compiere tutte le nefandezze che vuole e poi, in punto di morte, confessarsi.
Inferno e paradiso sono destinazioni funzionali al nostro stato interiore. Chi compie peccati sviluppa uno stato interiore che lo spinge ad aderire sempre più a quel modello comportamentale.
Come ha detto Gesú, ma anche khrisna: "chi opera il male diventa schiavo del male".
Ora nel momento della morte, se questa schiavitù é presente, vuol dire che la coscienza della persona é in grado di concepire solo il male e prova una repulsione per il bene, per cui non sopporta neanche di andare nel luogo dove c'é solo il bene, ma va volontariamente laddove ci sono gli altri come lui, altri spiriti, tutti vocati al male.