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Messaggi - paul11

#976
Citazione di: Kobayashi il 27 Agosto 2018, 08:38:56 AM
Per paul11.
Cit. paul11: "La filosofia nasce come indagine". È esattamente quello che mi interessava contestare.
L'ossessione della filosofia per la verità e la conoscenza di Dio dipende dalla dimenticanza di una distanza tra filosofia e sapere.
Come dicevo, se tra filosofia e sapere non c'è identità ma solo un'alleanza strategica significa che le finalità del filosofo non coincidono con quelle del sapiente (la ricerca di una verità assoluta).
Dunque si conclude che la sua tendenza a scodinzolare intorno alla scienza o a proporsi come metafisica non è attinente alla propria natura.
Che nell'antichità Diogene di Sinope fosse considerato un filosofo di grande importanza ci dovrebbe far riflettere sul fatto che forse si sono smarrite le domande più importanti.
forse ,non hai letto i mie post precedenti.

La verità assoluta o è ritenuta religiosa da terza parte(Dio) come verità rivelata, o è indagine UMANA.
Se l'uomo fosse verità assoluta,sicuramente non non ne siamo coscienti: avremmo  già il sapere senza necessità di conoscere.
Se avessimo quindi la verità assoluta si tratterebbe comunque di indagare per conoscerla, per renderla cosciente.
#977
Citazione di: Kobayashi il 25 Agosto 2018, 10:53:21 AM
Il filosofo non è il sapiente, ma l'amico della sapienza (o saggezza).
Il che significa, per quanto sembri una bestemmia, che non è suo compito distinguere il vero dal falso (del resto come si può dimostrare la falsità di un'etica, di una morale?).
La sua è piuttosto un'opera finalizzata alla valutazione di una certa concezione nel senso della sua elevatezza o bassezza, della sua utilità a renderci liberi o piuttosto asserviti al potere.
Per questo motivo la questione della necessaria contestualizzazione non può preoccupare il filosofo autentico, ma solo coloro che si occupano di conoscenza, sapere, cultura, e che devono rispettare le regole del gioco.

Il filosofo non è nemmeno colui che cerca di costruire/tramandare una tradizione. Anzi, si può dire che la filosofia sia nata come critica della religione, quindi come un radicale ripensamento di ciò che in una comunità è dato come indiscutibile, come portatore di un valore in se'.
Il filosofo è per eccellenza un personaggio scomodo.
Impossibile pensarlo come il creatore di una visione assoluta che abbia un'origine e una fine, che sia funzione delle necessità religiose o metafisiche di un popolo.
Piuttosto il risorgere della religione deriva proprio dalla mancanza di autentica filosofia, una filosofia che sappia fornire al singolo quella prospettiva, quel punto di vista, attraverso cui potersi difendere dalle forze oppressive del mondo e sperimentare il senso di ciò che ci riguarda.

La filosofia come partenogenesi?
Mi sa che l'analogia non regge... da qualche parte dovrà pur venire il materiale genetico di base...
Piuttosto mi sembra che quella della filosofia sia una riproduzione sessuata con fecondazione multipla attraverso cui viene generata una creatura rabbiosa per via della presenza oppressiva e inadeguata (come sempre) di tanti padri...
la logica predicativa è nata da Aristotele e quella proposizionale dagli stoici.
Il vero o falso sono quindi lo svolgimento argomentativo dentro regole appunto logiche e nasce dalla filosofia.
La religione pone un problema morale e non necessariamente logico .Saranno poi gli "interpreti " delle religioni, i teologi a porre oltre a problematiche di bene e male quello di vero e falso in termini logici, come nel tomismo, come nella scolastica.

La filosofia non nasce affatto contro la religione, basta leggersi attentamente i dialoghi socratici di Platone,
Socrate, nel Fedone, argomenta su tre piani : quello di Zeus e degli dei, che è indipendente dal culto orfico-pitagorico e della metempsicosi in cui credeva Socrate, e  ancora il ragionamento dialettico coni suoi discepoli e la relativa maieutica .
In sintesi, Zeus e gli dei non impediscono a Socrate di credere nel culto orfico pitagorico e sia Zeus che glidei e il culto orfico pitagorico non gli impediscono di RAGIONARE.
La filosofia nasce come indagine non si pone contro nessuna religione, anzi, le religioni prenderanno dalla filosfia le regole logiche argomentatative, perchè tutti i patristi avevano anche basi filosfiche

Il filosofo tramanda prima di tutto una forma linguistica e un approccio, poi costruisce una sua teoretica che è sicuramnte influita dal suo tempo, ma la sua teoretica se fosse legata SOLO al suo tempo,, varrebbe ben poco filosoficamnte, perchè questo è semmai compito delle scienze umaniste.
La differenza fra il filosofo e lo scienziato è che il primo deve mettere in discussione sempre i principi costitutivi delle teoretiche se non vuole essere prigioniero del suo tempo.Lo scienziato scopre e inventa fisicamente è prassi soprattutto e in quanto tale è dentro la tecnica e le tecnologie, il filoso è "prima" come capacità d'impostazione del pensiero e anche dopo se la sua teoretica 
ha la forza di resistere al tempo.

Il filosofo in quanto tale non deve essere asservito a niente e nessuno, se non  a se stesso.
#978
Tematiche Filosofiche / Re:Critica all'emergentismo
26 Agosto 2018, 17:51:53 PM
Citazione di: SamuelSilver il 26 Agosto 2018, 11:00:01 AM

Per Paul11: per quanto riguarda i limiti del modello causa-effetto, vedi quello che ho scritto qui sopra. Per quanto riguarda la coscienza, la mente e così via, non sono di certo in grado di spiegarne l'esistenza, ma come ho detto inizialmente, se si vuole accettare il monismo materialista (che è quello che gli emergentisti affermano di fare), la spiegazione deve riguardare per forza proprietà e leggi della materia in quanto, secondo questa posizione, non esiste altro. L'acqua non è riducibile alle proprietà delle molecole che la compongono infatti, ma è riducibile alle proprietà e alle relazioni tra le molecole che la compongono. La casualità inserita nei modelli fisici potrebbe essere semplice ignoranza di tutti i fattori che entrano in gioco nei processi; la meccanica quantistica potrebbe provocare problemi a questa affermazione ma, secondo me, non può smentirla: in ogni caso si potrà dire che c'è qualcosa che non conosciamo che è la causa di in evento apparentemente casuale.
.......e allora rovescia il ragionamento.......
Se appaiono(emergono) delle ontologie, delle cose che sono e scientificamente esistono e la logica o il diagramma causa-effetto,non riescono a spiegarlo, significa che o il metodo scientifico attuale è inadeguato per queste nuove emergenze e/o la logica non è di utilità per spiegarlo,
In altri termini il problema è gnoseologico(o epistemologico) se ontologicamente accertiamo che una "cosa", un fenomeno, emerge nella complessità e non è spiegabile.
#979
Tematiche Filosofiche / Re:Critica all'emergentismo
26 Agosto 2018, 01:05:27 AM
...........e come spiegheresti la coscienza, la mente, il governo del corpo umano?
E' proprio nell'uomo che emergono facoltà non materiali e ancora inspiegabili nel modello causa-effetto, ma nemmeno in quello organicistico.
Sembrerebbe che al crescere delle complessità esistano "meccanismi" gerarco funzionali capaci di capire le priorità e "dare ordini" ai sottoinsiemi.

Il problema è che l'interazione ad esempio di due elementi ad esempio due atomi di idrogeno e uno di ossigeno per formare l'acqua, non è riducibile o riconducibile alla somma di proprietà e caratteristiche dei due elementi-atomi, per cui la molecola acqua, che è già una prima complessita è un'acquisizione di nuove caratteristiche e proprietà  con perdita di queste nei due elementi che lo compongono.
Se tutto fosse spiegabili dagli elementi primi, qualunque forma di complessità sarebbe spiegabile già appunto dagli elementi primordiali.

La soggettività umana e il fatto che non ci sono sue soggetti nell'intero insieme degli umani, che abbiano l'identica soggettività, non è riconducibile e riducibile ad un infinito diagramma causa-effetto,

Basta vedere quanti casi di "casualità" sono inseriti nei modelli fisici e biologici, come la catena del DNA, come la meteorologia, ecc.

Nelle organizzazioni sociali umane avvengono delle similitudine, se partiamo dal singolo umano, dalla coppia,poi, dalla famiglia, dalla comunità, fino allo Stato.Il compromesso affinchè avvenga una relazione di complessità fa perdere alcune caratteristiche che erano nel singolo, in quanto emergono nuove condizioni
#980
Citazione di: InVerno il 24 Agosto 2018, 12:48:49 PM
Penso che la filosofia sia un processo partenogenetico del pensiero, perciò nasca dallo scetticismo (nel suo significato più alto) e cioè dall'assenza di condizionamenti. Da ciò ne deriva che da logica non nasce logica, da filosofia non nasce filosofia da arte non nasce arte. Il significato del processo filosofico è racchiuso e custodito attraverso la capacità generativa umana, un principio è conservato attraverso una contraddizione tra il contenitore (generativo-tradizionale) e il contenuto (non generato). Perciò esiste la dualità tra "storia della filosofia" e la "filosofia teoretica", tra l'agito e l'atto, tra il generativo e il non generato. Contestualizzare un opera è certamente importante, pena il travisamento di essa, ma la fede nella possibilità di raggiungere il significato originale è propria solamente della religione. La religione è contestualizzazione continua del messaggio, anche solo nel significato antico della religione "ripetizione", cioè il portare il significato nel qui eora, in maniera ossessiva, fino a "sentirlo". La filosofia è qualcosa di esattamente opposto, a meno che non la si intenda in maniera ascetica e misticista. Tanto più che l'interpretazione perfetta è una questione religiosa e che non ha niente a che fare con lo scetticismo tipico dell'indagatore del logos, non capisco la moderna ossessione per la storia della filosofia. Se non come "palestra del pensiero", dove antagonisti virtuali estratti dalle emozioni evaporate da un testo, ci aiutano ad affinare la tecnica della parola, ma mai a generarla. E' una filosofia sterile di neologismi, sia nel senso di parole che di logiche, è una palestra continua senza mai la pretesa di sferrare un gancio.
La religione, nel significato tradizionale del termine, è un "contenitore" stabile poichè è indissolubile il legame testi sacri-parusia-escatologia. Il singolo religioso quindi interpreta la sua esistenza dentro limiti determinati da sacralità.

La filosofia è più libera dai vincoli, ma in certo qual modo cerca l'archè, l'episteme come una"religione più o meno  laica".

Ma che  cos'è la "tradizione" se non la tramandazione per generazioni di una cultura che identifca un popolo?

Uno dei problemi, e tra i più importanti è proprio la perdita di identità culturale in funzione della storicizzazione interpretativa di un tempo.

Se la libertà  può portare con sè allo smarrimento identificativo, individualizzazione personalizzazione e infine incomunicabilità, è proprio perchè si contestualizza(seguendo il significato di storicizzazione che indica Davintro) un pensiero privo di rimandi nella tradizione, vale a dire perdita delle radici culturali.
Spesso lo sbandamento è tipico di una decadenza culturale, priva di riferimenti. Entra in crisi, perchè forse ha mandato in crisi il retroterra storico-culturale, ma rimane senza risposte sui dilemmi umani che non hanno tempo e non avendo prospettiva, perchè un progetto di pensiero deve essere sostenuta da verità assolute(non ha importanza se siano verità, tautologie, postulazioni)
affinchè possa essere credibile e creduto in quanto tale.Oggi viviamo questo sbandamento, mai stati forse più liberi, ma che ne facciamo di una libertà come stato meno condizionato se privato di una teoresi che regga il divenire del tempo?
Quì ancora regge la religione che è infatti l'antagonista per antonomasia, più delle ideologie delle dottrine politiche(che infatti non reggono il divenire) della cultura contemporanea.

L'origine e il fine sono intrinsecamente necessari all'uomo, avendo in sè l'intellettività per capire una traiettoria che dal passato attraversa  l'oggi per proiettarsi nel futuro.Fuori dalla traiettoria, la narrazione umana diventa priva di senso e significati.
L'uomo si riduce a cercare pezzi di senso nella quotidianeità, ma che non hanno legami tra loro per formularne una toretica, per dare senso all'intera esistenza.
#981
Aggiungerei due aspetti che emergono nella modernità:
1) filosofi filo scientifici o anti modello scientifico
2) filosofi che ritengono che la modernità e contemporaneità siano"figlie" di dispositivi culturali che resistono al tempo,
in quanto fondamenti, architravi su cui poggiano l'intero sistema culturale occidentale soprattutto ,compresi i modelli scientifici moderni comprese le mutevolezze storiche.
E' come se vi fossero  dispositivi culturali costanti e variabili

Generalmente i filosofi inquadrabili  al punto 2) sono coloro che storicamente si rifanno a Platone/Aristotele ,  o comunque alla cultura greco/romana.

A mio parere, ci sono stati scienziati, impostati culturalmente come tali nella loro indagine, che sono di fatto filosofi,
come moltissimi che passano per filosofi e sono  o a mala pena pseudoscienziati, o.............opinionisti.

Ad esempio un Maxwell che unisce l'elettricità e il magnetismo, un Einstein che pone problematiche  nella relazione spazio/tempo,  i matematici che ripostulano interamente la matematica moderna, un Godel che interviene su problematiche logiche di coerenza e consistenza, fuoriescono dal canone di scienza, così come un Planck, perchè rimodellano come pensiero e come fisica naturale l'ontologia e il fenomeno, ponendo problemi epistemologici. per questo grandi scienziati innovativi diventano anche a loro malgrado dei filosofi .Infatti non credo all'antitesi filosofia - scienza, ma semmai uno scambio di saperi che influenzano e riaggiornano problematiche di "sempre"
#982
Parecchi anni fa lessi l'interpretazione di un etnologo che spiegava il cannibalismo come atto del mangiare l'anima del nemico affinchè poi facesse parte del proprio corpo, per rendersi ancora più forte, migliore.Quindi non era un atto semplicemente alimentare di sopravvivenza o addirittura di disprezzo con il nemico, tutt'altro.

C'è qualcosa di molto profondo nella buona-carestia.C'è un aspetto fisico, simbolico e condiviso. E' quindi molto potente perchè tocca un gesto che sta fra il mondo fisico e spirituale per fortificare un patto(come quando con un coltello si faceva fuoriuscire il sangue per mischiarselo, mano con mano in diverse tradizioni culturali).
C'è il "corpo" che entra a far parte del nostro corpo.
Il simbolo prima dal fisico, lo spezzare il pane(ostia) prima benedetta ,resa sacra, viene con-diviso anche nello spirito,
all'interno del gesto c'è un sacrificio.

Si potrebbe anche aggiungere: tutto ciò che è fisico, terreno appartiene al conflitto, certo; ma l'approccio dell'innocenza e della purificazione rendono sacro il gesto, per questo l'agnello di Dio si sacrifca.
Infatti appena prima del sacramento eucaristico, nella liturgia c'è la recitazione dell "agnello di Dio che togli i peccati del mondo..."
#983
L'argomento è complesso.
Mi accorgo oggi di avere lo stesso approccio che ebbi più di quarant'anni fa quando iniziai a  studiare la filosofia.
Ha due caratteristica: una storica e una teoretica che si compenetrano.
La storica a sua volta ha due premesse, il fatto, ad esempio che io oggi posso avere tutti i riferimenti filosofici e relative teorie argomentative di tutti coloro che hanno vissuto prima di me.Significa che mi confronto con precedenti teorie, con un retroterra storico culturale. L'altra è che la teoretica storico filosofica permea un tempo, lo "condiziona" come modello mentale.

L'altro aspetto decontestualizzato dai fatti storici è che ad esempio la metafisica, la logica non hanno tempo.
Semmai, come ho scritto precedentemente, la storia interviene  come apporto di un retroterra teorico già argomentato con cui ci si confronta.

La dialettica, inteso quì come confronto storico, è l'esperienza teoretica scientifica che può apportare, confrontarsi anche con divergenze, con il modello filosofico di un determinato tempo storico.

E' altrettanto chiaro che avviene un procedimento interpretativo , ermeneutico nel confronto dei testi dii uno studioso di oggi su un filosofo antico.Quindi quale fu il contesto storico, cosa e come possa aver influito la sua teoretica, ecc.

Personalmente trovo che proprio il processo interpretativo dell'oggi sul passato possa ( e lo è) essere  altamente ambiguo, perchè lo è già sull'interpretazione  della disciplina della storia in sè e per sè, figuriamoci degli influssi culturali.
Questo accade soprattutto nella nostra storia occidentale sul cristianesimo dove oltre all'ermeneutica vi è l'esegesi.

L'onestà intellettuale è nel metodo. Il problema non è far parte di una corrente di pensiero invece di un'altra, ma far capire il motivo per cui si pensa e si scelga  una determinata corrente interpretativa.Vuol dire dare una propria bibliografia di riferimento facendo capire quali argomenti sono gerarchicamente ritenuti più importanti di altri e perchè.

Quindi sono d'accordo con l'impostazione di Davintro.
Si tratterebbe di capire, e ognuno di noi in fondo fa queste scelte, quali autori e quali argomenti sono ritenuti a tutt'oggi ancora attuali e degni di essere "attualizzati" riapprofondendoli.
La forza di un pensiero in fondo è quello di vincere il tempo e i geni lo anticipano
#984
Si dice che un ospite a casa del filosofo Kant, fosse meravigliato di non vedere una grande biblioteca.
Fino a pochi anni fa, prima di internet, si esibivano salotti con biblioteche.

Mi limito a dire che chi ha un vocabolario di 10 parole, pensa anche con 10 parole.
Nella mia esperienza di vita ho avuto a che fare con dottori e ingegneri specializzati in varie discipline.
La loro conoscenza è pre-impostata, sono spesso incapaci di pensare fuori dalla loro impostazione mentale.

Il filosofo, il creativo, è colui che esce dagli schemi pre impostati e per far questo a volte deve addirittura andare oltre al proprio vocabolario, inventa nuove sintassi e semantiche.
#985
ciao Mauro(Oxdeadbeaf),
quando il generale, mi pare Eisenhower,sul finire della seconda guerra mondiale  vide le autostrade tedesche, si meravigliò della qualità.
La socialdemocrazia tedesca nacque ai tempi di Bismarck; quando conquistarono il lombardo-veneto, insegnarono la contabilità dello Stato ai milanesi e fecero del catasto tridentino l'unico a quel tempo probatorio ai fini delle prove di proprietà in quanto le volture erano eseguite in tempo reale.

Questo Stato che ha in mano il  demanio , ha dato in concessione a "porci" gli assetti idrogeologici, le coste italiane, i piani regolatori con il bene placito di destre, centro e sinistre. che hanno bivaccato e vettovegliato con  compiacenti  privati, alla faccia del popolo italiano "che gioca a carte e parla di calcio nei bar".

La legge che ha dato in concessione le autostrade è a dismisura a favore dei privati.
Una seria repubblica e democrazia, dovrebbe mettere nelle segrete galere  i rappresentanti "del popolo",coloro che hanno "secretato"  i contratti peggio del KGB.
Noi siamo lo Stato in cui le stragi e delitti di Stato non saranno mai risolti ,come i Kennedy in USA.

Non so se questo governo del "cambiamento" sarà in grado di poter quanto meno cambiare rotta, perchè c'è una tale sporcizia sotto i tappeti e scheletri negli armadi, da far paura: lo sforzo è immane anche per i più onesti e competenti che fossero al potere

Chi ha studiato la storia d'Italia nelle fasi del capitalismo, sa benissimo dell'arretramento da sempre strutturale delle infrastrutture che sono la spina dorsale della comunicazione, informazione, logistica dei trasporti,Prima la scelta del rotabile per il bene della Fiat, a scapito delle ferrovie, poi ci voleva il Berlusconi che da sempre entra nell'esercizio pubblico per salvaguardare i suoi interessi privati, fra qualche anno arriverà il 5G e le nuove frequenze digitali che riconfigureranno i diritti telefonici, radiofonici, televisivi.
Il giro di soldi è enorme perchè ci sono autostrade invisibili, oltre quelle stradali, in cui i grandi gruppi sono pronti a corrompere, colludere, il potere politico.
Vedremo..........si dice che il tempo è galant'uomo
#986
Nessuno, ma dico proprio nessuno, a mio sentire (del sentore dico dopo) ha parlato da "erudito", persino gli esperti ingegneri mi parevano alquanto imbranati.
Esistono nell'organizzazione dello Stato, e non sono da inventare, organismi attivi, consultivi e di controllo.
Chi sono i responsabili dell'organismo di controllo del Ministero delle Infrastrutture in Italia?
Un ponte non è eterno, come qualunque artificio umano ha un ciclo di vita.
Quando progettano un automobile ,il produttore sa benissimo il ciclo di vita e ha già studiato i cicli di manutenzione ordinaria e straordinaria, se accade un fatto "straordinario", attraverso le reti di vendita fanno un "richiamo" ai proprietari per aggiustare,  o cambiare un qualcosa di meccanico o elettronico.

Se quel ponte fosse stato sotto l'ANAS sarebbe ancora in piedi?

Quando il neo liberismo ha vinto la battaglia: meno Stato e più privato, lo fece cambiando gli indicatori economici e quindi facendo risaltare il deficit e le inefficiente dello Stato con un esercito di personale raccomandato  di fannulloni.
Mi rincresce dirlo, ma non avevano tutti i torti e la musica non è cambiata.
Non è cambiata perchè la classe politica è collusa con il mercatismo/capitalismo;e la democrazia come  è oggi è funzionale al mercatismo.
Una vera democrazia che individua in una società privata che ha in concessione un tratto di autostrada delle responsabilità  dovrebbe anche dire nomi e cognomi dei politici che redattero le leggi per le concessioni, perchè la responsabilità sta dall'una e dall'altra parte.
E sarebbe ora di smetterla con il motivetto italiano" chi "ha dato, ha dato e scurdammoci il passato", perchè le infrastrutture edili costruite in economia negli anni Sessanta hanno sessant'anni, e palazzine che crollano, ponti di pertinenza della provincia, dell'anas, sono già crollati. Le generazioni in politica si pigliano le irresponsabilità di vecchie generazioni e questi mantengono privilegi  acquisiti e nessuno dello Stato è mai perseguibile per immunità e impunità.

Non esiste che un ponte il cui il valore è iniziale è 100 abbia costi di manutenzione oridnaria e manutenzione straordinaria superiori alla quota di reintegrazione del capitale.
Voi  quando cambiate l'automobile? Quando vedete che invecchiando i costi delle manutenzioni e sostituzioni di organi meccanici ed elettrici superano il valore residuale dell'auto: questa è un dettame economico per il calcolo degli ammortamenti.
Un ponte se non viene ritenuto eterno così come un auto deve essere omologata per poter circolare in sicurezza e quindi c'è una revisione LEGALE, ripeto legale, non vedo perchè organismi competenti statali a loro volta non chiedano revisioni di sicurezza di opere edili, o chiedono solo ai privati che le caldaie, impianti elettrici debbano essere revisionati da professionisti riconosciuti
dall'albo professionale. Insomma è da matti dare in concessione ai privati, intascare i soldi della concessione e fregarsene dell'innalzamento dei ticket autostradali, tanto lo stato si becca una percentuale sull'IVA.
Facciamo un'altra authority che non serve a nulla, facciamo l'ennesima commissione parlamentare? Inventiamoci altri contenitori del nulla

E' tutto da rifare...........ma non c'è  più il tempo.
#987
Tematiche Filosofiche / Re:L'etica del nemico
18 Agosto 2018, 10:35:32 AM
Meglio un nemico vero e leale, che un amico disonesto e sleale.
Il nemico è la misura dei propri limiti con cui ci si scontra, che sia fisico, che sia intellettuale, che sia politico, che sia economico.
Lo scontro ,in fondo, è un incontro e qualcosa del nemico appartiene anche a noi: siamo tutti figli di questo mondo che il destino ha posto su barricate opposte.
#988
Citazione di: Phil il 17 Agosto 2018, 14:30:36 PM
Con questo tipo di temi, l'off topic è dietro l'angolo, eppure, secondo me, il discorso sul sacro (e quindi sulla eventuale sacralità della vita) è logicamente un punto di partenza prioritario rispetto alla tematizzazione diretta della pena di morte.
Se il sacro è un "espediente narrativo" della (post)modernità (ovvero una metafora sull'importanza di qualcosa, una copertura di alcuni dispositivi non-sacri) che nondimeno convive con le differenti tradizioni religiose e se la pena di morte è contemplata dal diritto di paesi in cui il sacro non è solo metaforico, è lecito chiedersi perché lo stato non debba decidere anche della vita di cittadini che hanno a loro volta deciso della vita di altri cittadini...
Se non c'è una sacralità della vita che prescinde dalla colpa e dai reati, se non c'è un'ordalia che rende superfluo il giudizio della legge umana (e nemmeno un capro espiatorio ad interrompere il ciclo della violenza, come ben osserva Kobayashi altrove), se l'essenza dello stato è essere approvato dai cittadini per poi poter disporre dei cittadini (secondo ciò che dovrebbe essere giusto e saggio) come conclude il condannato a morte la frase "no, non dovete uccidermi perché..."?
Se scardiniamo i concetti religiosi di "sacro", "colpa" e "perdono", il discorso sulla pena di morte diventa una questione fra giurisprudenza (pena proporzionale al reato) e sociologia (rieducazione sempre possibile?)... e non è detto sia un male  ;)
Se il sacro fosse un espediente narrativo, ma io direi più propriamente una metamorfosi, dove la sovranità ha mantenuto la forma del sacro per essere "al di sopra delle parti" come giustizia  ,ma svuotandola di significato in quanto non riflette assolutamente più il nomos i Pindaro ovvero l'ordine sacro fra cielo terra, fra natura e umanità.
Ora è davvero il capro espiatorio chi subisce la pena di morte, per semplice esempio, indipendentemente che meriti la morte.Quindi la sovranità commina la pena per opportunità di "ordine pubblico" non certo per sacralità o meno della vita.
Già S.Paolo diceva che la pena esiste perchè esiste la legge.Ma la legge in quale ordine , in quale contesto è riferita?
Daccapo, al nomos ,all'armonizzazione fra cosmo e homo, oppure all'interesse del sovrano  e lle transazioni economiche e interessi pubblici e privati? Se è quest'ultima, come storicamente è avvenuto, tutto diventa politica, in quanto è tutto interesse e utilità personale o di gruppi sociali.

Quindi se scardiniamo il concetto di sacro il "re è nudo",perchè la sovranità come è costantemente e storicamente data proprio nella modernità e soprattutto ai nostri tempi attuali, vive di "eccezionalità", perchè ormai tutto è emergenza.
L'eccezionalità della sovranità è porsi "in sospensione", " fuori" dalla legge.
Lo stato di eccezione è simile guridicamente all'homo sacer, nessuno dei due dipende più dalla legge, uno è bandito e l'altro si pone fuori dalla legge "ordinaria" , per costruire atti di emergenza richiamando l'eccezionalità degli eventi che possono essere
 di guerra , economici , cataclismi.

A me quindi sta bene Phil la tua ultima argomentazione, ma allora coerentemente discorsi di legalità e legittimità sarebbero a loro volta semplici ritualità laiche  perchè è un eccezione qualunque forma di privilegio, di inviolabilità verso la sovranità.Quindi lo Stato coerentemente si spogli della vestigia del  sacro, di aleggiare fingendo di essere al di sopra delle parti, e finalmente vedremo chiaramente che lo stato è solo un punto di equilibrio fra poteri economici, sociali, interessi privati e pubblici, dove persino la pena di morte sarebbe solo una deterrenza esemplificativa del potere monopolistico armato dello stato contro il singolo, ma soprattutto dove la vita è "nulla", un semplice dato anagrafico, non ha più assolutamente nulla di sacro.
#989
Citazione di: Phil il 16 Agosto 2018, 12:31:42 PM
Citazione di: paul11 il 15 Agosto 2018, 23:01:17 PM
Agamben ha speso anni a studiare l'homo sacer del diritto latino, questa sacralità della vita appartiene allo Stato o Dio, non all'individuo singolo.Ma il paradosso è che in realtà non appartiene a nessuno per questo rimane "sacro".
Curiosando ho trovato che l'etimologia di "sacro" può essere ricollegata anche all'accadico "sakaru" e alla radice indoeuropea "sak": interdire, sbarrare, recintare, separare ciò che è altro (il sacro dal profano, la spazio sacro del tempio dalla terra volgare della coltivazione, i giusti dai peccatori, etc.).
Proprio il citato Foucault, se non erro, accomunava "sociologicamente" (al netto delle ovvie differenze) istituti detentivi e comunità residenziali di tipo religioso: dove c'è costrizione da parte di un potere "centripeto", dove vige un legame (re-ligio) con regole coercitive o immodificabili "dal basso", dove il bios è recintato da paletti che affondano nella zoè (non puoi uscire, e se esci, oltre ad acquisire uno status iniquo e deprecabile, dovrai occuparti personalmente della tua zoè, mentre "dentro" i bisogni primari sono garantiti dall'Istituzione che governa il tuo bios), tale potere centrale non può che (auto)imporsi come sacro e inviolabile (e i tentativi di violazione saranno perseguiti secondo le norme pertinenti).
La sacralità dell'Istituzione confligge solo apparentemente con la sacralità della vita individuale, poiché è la prima a legittimare (e strumentalizzare) la seconda: ogni sacralità va sancita, e per sancirla è necessaria una sacralità superiore, verticale (sia la verticalità della gerarchia politico-sociale o la verticalità del Cielo). La vita del senza-dio che vivesse lontano dalla società, sarebbe sacra come quella di una zanzara (agli occhi di molti, non di tutti); non a caso la dignità dell'eremita è sempre connotata religiosamente: eremiti sufi, cristiani, buddisti, etc. ad un passo dalla santità, mentre l'eremita che non si richiama a un'Istituzione è ritenuto spesso un selvaggio, un passo indietro rispetto alla civiltà istituzionale.

Citazione di: paul11 il 15 Agosto 2018, 23:01:17 PM
Ma il fatto che nonostante tutto lo stesso Stato compianga il morte in quanto il rito prevede una confessione religiosa(se lo desidera il condannato), e la salma non viene "disprezzata", fa capire che quella sacralità è "intoccabile,"rimane inviolabile persino per un condannato a morte.
Più che l'intoccabilità, ci vedrei proprio il toccare, l'"impugnare" il bios (oltre che la zoè) del condannato a morte: prima e dopo la sua esecuzione, egli resta costantemente nella salda presa dell'Istituzione che ha deciso della sua vita; l'Istituzione gli fornisce conforto spirituale e "ultima cena", l'Istituzione lo sopprime e l'Istituzione si occupa del suo cadavere. La sacralità della vita (e della morte) del condannato, è subordinata e inglobata da quella omnipervasiva dell'Istituzione.

Citazione di: paul11 il 16 Agosto 2018, 10:46:23 AM
Il problema è che un ente che non ha nulla  di fisico ed è impersonale per sua natura,quale lo Stato, decide di un essere e della sua "nuda vita".
Eppure senza la zoè dei suoi cittadini, e senza il loro bios culturale, il Leviatano sarebbe solo un fantasma... come quelli che vogliamo tener lontani e che ci spaventano al punto da rispettare anche il cadavere del più deplorevole fra i condannati a morte  ;)

Citazione di: paul11 il 16 Agosto 2018, 10:46:23 AM
Quindi lo Stato compie un atto di violenza sull'individuo violento,non ne è superiore come diritto, ma solo come potenza e monopolio della violenza.Lo Stato può uccidere, l'individuo no.
La sacralità dello Stato, in quanto sublimazione della sacralità di tutti i suoi membri possibili (non solo attuali), per essere davvero sacra deve dominare quella individuale di ogni singolo possibile, almeno dentro il recinto ("sak") dei confini "sacri" dello Stato (a scanso di equivoci: sto solo descrivendo, non valutando né approvando...).
non avevo visto precedentemente questo post.
Il dibattito sembra allargarsi oltre il contenuto di questa discussione e sarei tentato di seguirne i meandri, ma tento
di seguire una disciplina interna al forum.

Il primo aspetto è che pensatori contemporanei, filosofi e non scienziati, vedendo contraddizioni nella forma dello Stato contemporaneo, hanno creduto e anche in maniera originale, di cercare di capire dove potessero esservi delle ambiguità di fondo che poi storicamente si sono rese evidenti.Una fra queste, come dicevo è la biopolitica.

Il concetto stesso di politica emerge assumendo un ruolo fondamentale nella società e nel governo dello Stato, proprio perchè vi sono fondamenti prima di pensiero e poi giuridici ad esso collegato che sostengono l'impalcatura del diritto  che potremmo definire come il rapporto fra individui e fra individuo e sovranità.
Fino al nomos di Pindaro ,il sovrano era ritenuto colui che stava fra cielo e terra e avrebbe dovuto portare l'ordine cosmico e della natura dentro l'organizzazione umana.In realtà e storicamente avviene proprio l'opposto, che sono i fatti umani, indipendentemente se ritenuti etici o morali, attraverso le transazioni economiche, attraverso il concetto di proprietà .

Il sacro che era nell'ordine superiore all'uomo si sposta all'interesse privato storicamente, alla "domus" famigliare.
Quel che rimane di quel sacro è il solo un termine metafisico spoglio del concetto teoretico e della prassi.
Questo non vale solo nei cicli di ascesa e decadenza delle singole potenze, imperi, Stati susseguitesi negli ultimi due millenni, è dentro le fondamenta giuridiche dello Stato, dentro  i codici. Oggi sono in crisi valori ,ma soprattutto termini come Stato, autonomia, volontà, democrazia, e passano le generazioni e non si riesce a mutare ciò che essendo costruito e creato ormai dall'uomo ,soprattutto con l'avvento del pensiero moderno che  si affranca, o  ne desidererebbe, da quel sacro antico, per dare più potenza alla creazione umana ,proprio a iniziare dalle organizzazioni sociali.

Ma veniamo al dunque: se il bios fu definito dalla cultura greca, la zoè (e lo dimostra la disputa sulle teorie dell'evoluzione naturale umana, a iniziare dal darwinismo) non è mai stata definita: è nel mistero.
L'"homo sacer" è un colpevole che la comunità mette al bando.Non è sacrificabile, in quanto era l'innocenza pura( e non la "nuda vita") che gli dei anelavano. Ma perchè allora è "sacer"? perchè mai ad un colpevole bandito dalla comunità diventa sacro?
Perchè era in mano al destino degli dei, gli uomini della comunità potevano ucciderlo, senza avere ritorsioni legali, o farne schiavo.
Il concetto è che l'homo sacer dimostra il complementare negativo della legge che per definizione diventa "positiva" come viene ritenuta giuridicamente anche oggi.
L'eccezionalità lo diventa anche per la sovranità; il condannato a morte, o se vogliamo l'homo sacer antico, poteva essere graziato solo dal sovrano(il governatore dello stato in USA); da noi in italia solo il Presidente della Repubblica può graziare un ergastolano.

Quì riappare la grazia divina e quindi il sacro originario, come elemento di eccezionalità, ma dentro un contesto che di sacro non ha più nulla. Significa allora che è l'elemento propriamente politico e niente affatto sacro, che emerge nel rapporto fra zoè e sovranità.Intendo dire che la decisione segue una regola di opportunità non più di sacralità, ma proprio a seguito del mutamento culturale in cui le utilità ,gli interessi umani, diventano superiori e spodestano  l'ordine sacro.
#990
Citazione di: cvc il 16 Agosto 2018, 14:44:26 PM
Ciao Paul. Dal punto di vista pratico il tutto si riduce ad una contabilità della morte, o al male minore se si vuole. Uccidere uno per risparmiarne tanti. Dal punto di vista etico ciò che fa lo stato è ciò che gli uomini che ne  esercitano il potere in effetti fanno. Se non ci fossero gli stati non è che per questo non si ucciderebbero gli assassini per evitare un numero maggiori di morti o che non si dichiarerebbero guerre se non ci fossero stati preposti a prendere tali decisioni. Semmai lo stato fa si l'eleminazione del serial killer  o di colui che compie gravi delitti (nessuno dice che si debba impiccare il ladro di mele) sia applicata secondo criteri possobilmente oggettivi. E sulle difficoltà dell'oggettivare il diritto si spalanca una voragine dalla quale mi sento io stesso risucchiato. Ciò che può e non può decidere lo stato in merito al comportamento di un individuo è poi anche legato alla stima riguardo alla sanità mentale del soggetto, e qui si apre un' voragine non meno spaventosa della precedente. Del resto.che il tema non è semplice lo dimostra anche il problema dell'autanasia. Quand'è che si può decretare legittimamente la morte di un individuo? Secondo alcuni nemmeno nei casi disperati. Quindi credo ancora che siamo al male minore. Ucciedere uno per salvarne tanti. Per preservare la società. Se poi non è morte fisica ma morte sociale (isolamento a vita), sempre di morte si tratta.
ciao cvc,
ma quale oggettività esercita lo Stato se non nel proprio diritto formulato?
Quello che forse non ho fatto capire, è l'ambiguità del rapporto individuo e Stato.
Se è lo Stato che accentra su di sè esercitando il monopolio della giustizia ,toglie la responsabilità al singolo persino del perdono se lo volesse.Il processo è deresponsabilizzazione individuale e passaggio di tutti  i concetti di vita, giustizia, legge, e persino dei sentimenti alla "rappresentanza" anonima dello Stato.

Provocatoriamente farei così: il signor x ha ucciso y.Chi ritiene di volere la pena di morte, in questo caso i famigliari di y, si piglia una pistola e compie lui in prima persona l'atto di vendicarsi uccidendo, secondo ovviamente un "rito" legale. Finalmente vedremmo la responsabilità tornare al reale e non come forma rappresentativa dell'anonimato., come il boia incappucciato.

Troppo facile mandare in guerra per uno Stato vite e non concetti astratti come popolo o società.Uno perde la vita in guerra per chi? per che cosa? Cosa si racconta ad un parente che è stato un eroe...di guerra?
E' tempo che ognuno si assuma davvero le proprie responsabilità e non alle forme rappresentate da procure, notai, avvocati, banche, Stato, società per azioni, suggellate dalla etericità di "enti" e traspaiano chiaramente nella realtà, uomini e non forme astratte, vite e passioni, non teatralità da commedianti.