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Messaggi - Apeiron

#976
@Duc, per piacere non iniziare a tirar fuori il versetto x:y, perchè so benissimo che Gesù richiede a quanto dice la totale sottomissione e non cito il versetto z:w perchè sinceramente sappiamo entrambi che il messaggio è fatto così, senza molti compromessi. Io vedo la cosa più come un'esortazione, tu lo prendi alla lettera. Non vedo come sia possibile continuare a discutere inutilmente specialmente in un topic dove non c'entra nulla.

E poi Duc vorrei anche capire dal tuo punto di vista cosa ne pensi dell'argomento del topic.

Citazione di: Sariputra il 21 Gennaio 2017, 00:34:41 AMCome mi è sempre ostico capire quando mi si dice 'Essere' o 'Ente'...se mi si dicesse 'essere un cane' o 'l'ente cane' forse capirei, ma così...cos'è 'Essere' se non un semplice verbo? E a scuola la maestra mi ha insegnato che i verbi stanno tra il soggetto e l'oggetto del discorso e stan lì per predicare...Poi arriva qualcuno e ti dice che l'essere 'è'. Ma chi è che è?...E' troppo comodo dire solo che 'è' e dimenticarsi il soggetto che è...da piccolino ho visto il film su Mosè e questi, chiedendo al roveto ardente che bruciava senza consumarsi:"Chi sei?" la pianta gli rispondeva "Io sono colui che è"...al che ho incominciato a riflettere...ma...se lui è quello che è, vuol dire che tutti gli altri non sono forse? Infatti provai a mettere la manina sul fuoco per vedere se bruciavo senza consumarmi ma...beh, potete immaginare il seguito...Allora compresi che non sono come quello che è. Da quel giorno, quando qualcuno mi chiedeva. "Chi sei?" gli rispondevo :" Io sono colui che non-è"...fu in quel periodo che mia mamma cominciò a preoccuparsi seriamente nei miei riguardi...povera donna...immaginate poi quando le dicevo:"Anche tu non sei 'é'". Certo che la grammatica ti ingarbuglia tutto...si finisce sempre per non capirsi . A volte ti scrivono che l'uomo ha l'anima, altre volte che ha lo spirito, alcuni tutti e due ma non ne vedono neanche uno, allora pensano che sia l'Io..ma no! Dicono altri...si tratta del sé...me è il sè normale o il vero sè? e che differenza c''è tra quello finto e quello vero? Insomma...un guazzabuglio grammaticale. Poi arrivano i filosofi, nome pomposo per definire quelli che pensano invece che lavorare, e miscelano sapientemente tutti i termini grammaticali, così ti chiedi:" Ma l'Io di Platone è lo stesso Io del tedesco baffuto?". Poi ci si mettono pure i traduttori che magari ti traducono anatman con non-Io, altri con non-sè, altri con non-anima e il Nirvana come essenza della mente...alla fine, noi poveracci, non ci capiamo più niente. A dire il vero non solo noi poveracci perché anche quel poeta inglese, quello Schakespeare...beh, ci finì pure lui nella confusione e si mise a chiedere :"Essere o non Essere?" ( E' meglio l'ente o è meglio niente?)...forse tutto si semplificherebbe se invece 'essere' lo sostituissimo con 'esistere'. Sentite come suona tutto più logico: "Io sono colui che esiste"..."Esistere o non Esistere, questo è il dilemma". Lo stesso potremmo fare con quell'altro termine, con 'ente'...si potrebbe volgarmente chiamare 'cosa'...ma, c'è un ma...non capite che se lo chiamiamo esistere o cosa perde quell'aura profonda, filosofica, che tiene lontano noi buzzurri...perde quel..quell''essenza che lo fa essente? Perché se diciamo esistere o cosa subito, anche al più tardo di noi, gli vien in mente qualcosa di concreto, con delle caratteristiche ben precise, chi una dea, chi un asino, chi una zappa...ma ente? Che ti vien in mente? Proprio ni-ente!...E' proprio perché non vedi niente nella zucca che ti dicono che è filosofico...non si finisce mai di imparare...è l'essenza ti dicono...Quindi il poveraccio si chiede."Ah! E' semplice, potevano dirlo subito. Se strizzo l'ente esce l'essenza, come quando strizzo la tetta esce il latte"...Allora ti sforzi di immaginare di strizzare il verbo essere e vedere se ne esce l'essenza...ma...ma...balbetti...non si vede ni-ente!". "Scemo" ti dicono "non la vedi, ma devi crederci che ci sia l'essenza". "Se lo dicono loro che son dei gran pensatori vuol dire che ci sarà sta cosa, sta essenza" ti rincuori "Ma...se nessuno l'ha mai vista, come fanno a dire che c'è?". "Asino! E' la logica e il pensiero che te lo dice. Studiati il verbo essere e stai zitto, che non sei ni-ente e non sai ni-ente!". E così, frastornato, inizi: Io sono tu sei egli è Noi siamo Voi siete Essi sono Lo stolto che riconosce la sua follia è, in verità, saggio. ma lo stolto che si crede saggio è veramente folle. (Dhammapada, 63)

Ho già definito l'errore "Essere=Ente" come il "peccato originale" della filosofia occidentale. Come ho già avuto modo di affermare c'è l'ente Apeiron, l'ente Sari, l'ente cane, l'ente gatto ecc. Di certo non voglio convincerti che c'è l'essenza anche perchè non saprei darti la prova. Tuttavia concordo con te che tantissimi problemi filosofici sono errori linguistici. Il linguaggio si è preso una vacanza. In altri contesti invece è proprio l'uso del linguaggio che illumina la comprensione.
Per quanto riguarda il roveto ardente un parroco teologo mi ha detto che il tetralemma non vuol dire esattamente "io sono l'essere" ma aveva a quel tempo un altro singificato che ora non ricordo.
#977
Duc dopo anni di dubbi e riflessioni in cui ho scoperto di non sapere nulla capirai che sto cercando ancora la mia strada. Credo che tale strada debba anche essere percorsa con la filosofia. Come puoi immaginare anche io vorrei che "ci amassimo gli uni con gli altri" e con questo concordo con quanto dice Gesù e  come ho già detto in altre sedi trovo il messaggio splendido. Questo è sufficiente a definirmi cristiano? Purtroppo no! So solo che mi viene molto più naturale pensare ad un etica simil-cristiana dove ci sono identità indipendenti. Ma questa è solo la mia opinione e spero un giorno di trovare la mia strada. Chiaramente il cristianesimo però è una religione rivelata quindi si tratta di accettare o non accettare. In ogni caso quello che non mi convince è che il cristianesimo mi pare che veda un po' troppo il mondo in "bianco e in nero", basta guardare tradizionalmente dove "finiscono" le persone dopo la morte. O salvezza eterna (magari dopo un tempo più o meno lungo di sofferenza) o dannazione eterna. Oppure "chi non è con me è contro di me...". In sostanza mi pare "incompleto" visto che sinceramente io non ho mai visto persone "completamente" cattive e "completamente" buone ma una sorta di scala di grigi (motivo per cui ho difficoltà a dire che ci si può salvare da soli). Detto questo l'amore buddista è diverso perchè riconosci di non "essere separato" e quindi in sostanza aiutare l'altro è un bene anche per te e viceversa. Inoltre c'è un elemento di fede anche nel buddismo. Soltanto i buddha si salvano da soli. Tutti gli altri ahrants, bodhisvatta, monaci delle varie scuole e laici si salvano perchè si affidano completamente al messaggio trasmesso dal Buddha.

Con la questione dei greci volevo semplicemente dire che il messaggio cristiano ha attecchito facilmente anche tra i filosofi greco-romani perchè anche loro avevano indipendentemente scoperto (è la parola giusta?) concetti simili come: la contrapposizione tra "questo mondo" (qui Duc ti dimentichi chi è il principe di questo mondo per il cristianesimo) e l'"altro mondo perfetto", l'esistenza dell'anima, la condizione umana come una "caduta" da uno stato ideale.... E Angelo Cannata in sostanza aveva già sottolineato che il tardo Antico Testamento ha avuto possibili influenze dal mondo greco. 

Così però stiamo andando fuori tema (eh sì come sempre quell'insopportabile di Apeiron centra sempre con le divagazioni  ;D ), consiglio di magari aprire un topic nella stanza della Spiritualità sulla questione.

P.S. Nel messaggio di prima ho scritto "cristiani dei primi secoli". Perdonatemi l'errore, volevo scrivere "missionari cristiani", probabilmente comincio già ad avere problemi neurologici  ;D

Duc guarda la concorrenza mi paga milioni... Tornando seri credo che i dibattiti ci aiutino a vedere se un percorso o l'altro sia più "ragionevole" però d'altronde su queste cose una componente di fede c'è...
#978
Varie / Re:Un sontuoso banchetto
20 Gennaio 2017, 20:33:34 PM
Apeiron passa dalle storie ad associazioni libere

Il vento stava agitando l'asta della bandiera del tempio del Sesto Patriarca Hui-neng e due monaci disputavano tra loro.
Uno diceva che era la bandiera a muoversi; l'altro, che era il vento.
Poiché continuavano a discutere senza giungere a una conclusione, Hui-neng disse: "Non è il vento a muoversi, né la bandiera: è la vostra mente a muoversi". (koan)

"Un sacerdote, incontrò un giorno, un maestro zen, e, volendo metterlo in imbarazzo, gli domandò "Senza parole e senza silenzio, sai dirmi che cos'è la realtà?". Il maestro gli diede un pugno in faccia." (koan)


«L'uomo perfetto è senza io, l'uomo ispirato è senza opera, l'uomo santo non lascia nome». (Zuanghzi)

Il fuoco sopraggiungendo giudicherà e condannerà tutte le cose (Eraclito)


Perchè un corvo è simile ad una scrivania? (Alice nel Paese delle Meraviglie)
#979
Citazione di: Duc in altum! il 20 Gennaio 2017, 11:22:59 AM** scritto da Apeiron:
CitazioneMa è anche vero che il buddismo non è lo schopenhauerismo (che però diciamo è il buddismo per come noi possiamo comprenderlo, secondo me) in quanto nel buddismo la rinuncia e misericordia ("metta")è uno dei valori più riconosciuti.
Scusa ma come ci si "ama", nel senso di donarsi totalmente per il prossimo, nel buddismo?
CitazionePersonalmente non capisco come si possa "voler salvare l'altro" senza pensare che abbia un'identità separata, però come spero di aver fatto capire questo è anche dovuto al fatto che penso in modo troppo "occidentale
E io, anche se ignorante in materia, confrontando questa tua riflessione con ciò che io credo mi chiedo: ma chi ci dice che siamo salvi al punto di poter pretendere di salvare l'altro, oppure, ma se io sono ancora sulla via della salvezza come mi permetto di voler salvar l'altro se non ci sono ancora riuscito con me?

Allora l'amore nel caso buddista credo che nasca proprio dalla consapevolezza che l'"altro" non è "separato" da "te". Su come nella pratica questo si attui e su come l'amore buddista sia diverso nell'esperienza da quello cristiano non so di certo dirti, credo che uno scelga la via che si sente più incline a scegliere. Fai conto che sia nel pensiero cristiano che in quello greco (non  a caso il cristianesimo si diffuse proprio nella cultura greca) assume identità separate negli esseri umani e ritiene il mondo una sorta di "caduta" (vedi Anassimandro, da cui il mio nick) e in ambo i casi si guarda alla speranza di un "mondo migliore". In ogni caso il Theravadin ritiene che Buddha ti può salvarese se segui i suoi insegnamenti perchè lui ha ottenuto la prajna e la conoscenza assoluta del karma. A questo ci puoi credere o no, tua scelta. Nel caso Mahayana invece i bodhisattva in modo simile ai cristiani dei primi secoli rimangono nel samsara a trasmettere gli insegnamenti del Buddha a loro rischio e pericolo. Mi sembra una pratica molto simile a quella cristiana. Chiaramente la dottrina buddista sembra voler dire che bisogna riconoscere di non essere separati dal "resto del mondo" e da qui abbandonare tutti i desideri egoistici. Nel caso cristiano invece si afferma l'identità di ognuno e si vuole trasmettere l'amore tra individui. Come spero tu intuirai non c'è così tanta differenza tra i due messaggi. In ogni caso molto probabilmente non capiremo mai buddismo e simili perchè siamo troppo occidentali

Ritornando in topic a mio giudizio secondo me è più "bella" l'idea (utopica) di avere individui separati che interagiscono tra di loro in modo di "reciproco volersi bene" piuttosto dell'indifferenziazione. E contro Hegel ritengo che la dialettica positivo-negativo sia - visto che gli enti sono separati e quindi "singoli" - una dialettica della possibilità e non di necessità. Ossia ogni essere indipendente può cambiare (e nel cambiamento rimanere uguale a se stesso - paradosso) e il cambiamento forma l'identità dell'essere del singolo. Hegel come diceva Kierkegaard a fatto un sistema che era come un castello perfetto e lui è andato a vivere fuori di esso (ossia si è dimenticato del singolo).

L'errore a mio giudizio di Anassimandro (e di Platone...) è che lui pensava che il fatto di possedere un'identità finita era una "caduta" di per sé. A mio giudizio può essere una caduta.


Chiaramente libero arbitrio e "identità separata" sono ovviamente legati tra di loro...
#980
Domanda per il Sari: il Dhamma affinchè il buddismo abbia senso deve essere immutabile, eterno e assoluto. Altrimenti non sarebbe possibile liberarsi "ascoltando e mettendo in pratica l'insegnamento di Gotama". Mi chiedo: non è che il Dhamma fa il ruolo di un Dio non-personale, ossia una Legge Eterna, nel buddismo? E Gotama in questo senso sarebbe una sorta di " "messaggero" (tra virgolette perchè è insostanziale  ;D ) di questa Legge". In sostanza per te il Dhamma è al di fuori dei condizionamenti?
#981
Citazione di: Duc in altum! il 19 Gennaio 2017, 10:33:09 AM** scritto da Apeiron:
CitazioneCosì in modo simile il buddismo con l'assenza di enti distinti può essere inteso come "nichilismo compassionevole" (a la Schopenhauer) nel quale si fa tutto per sfuggire ad un'esistenza del dolore togliendo il problema alla radice.
Esatto, si fa di tutto, ma chi ci è riuscito davvero a sfuggirlo, quando quantunque vi si dovesse riuscire il solo fatto che un amico o una persona a noi cara non ce l'abbia fatta, ci farebbe di nuovo sprofondare nel dolore. Purtroppo il dolore, quello dell'animo, nasce con l'amore, quindi, secondo me, estirpare il problema alla radice significa non amare o amare poco (che poi in fin dei conti danno lo stesso risultato); tralasciando che poi la stessa natura umana, fattasi per amare, così facendo genererebbe un dolore maggiore, apparentemente non rilevato, ma col tempo ben manifestato: basta guardarsi intorno. P.S. = riscontro che la "divinità" che davvero unisce noi amanuensi (donandole la nostra fiducia) del sito è: Il Piacere dello Scrivere! ;D 8) ;D

Sono d'accordo con te, Duc. Infatti il pregio del concetto cristiano dell'amore come servizio e disponibilità a condividere il dolore con l'altro mi paiono più realistici dell'"assenza di dolore". Voglio dire: che "valore" ha un atto di carità se in esso non c'è della fatica, della rinuncia da parte nostra? Ma è anche vero che il buddismo non è lo schopenhauerismo (che però diciamo è il buddismo per come noi possiamo comprenderlo, secondo me) in quanto nel buddismo la rinuncia e misericordia ("metta")è uno dei valori più riconosciuti. In entrambi i casi l'obbiettivo non è far soffrire sé e l'altro (dolorismo) ma aiutare sé e l'altro. Comunque una delle grandi differenze tra il buddismo theravada e mahayana è che il buddismo mahayana (di cui la scuola madhyamaka - che è quella che mi pare che segua il Sari - fa parte) ritiene migliori i bodhisattva, ossia coloro che rinunciano alla Liberazione e rimangono nel samsara,rispetto agli arhant, coloro che hanno ottenuto la Liberazione individuale. Anzi alcune tradizioni del buddismo mahayana ritengono la Liberazione individuale una contraddizione in termini (appunto perchè non ci sono "sé" separati ma solo esistenza condizionata) e cercano la Liberazione di tutti gli esseri senzienti e quindi il bodhisattva si sacrifica (e a volte arriva a qualcosa di simile al martirio...) per cercare di salvare gli altri esseri. Personalmente non capisco come si possa "voler salvare l'altro" senza pensare che abbia un'identità separata, però come spero di aver fatto capire questo è anche dovuto al fatto che penso in modo troppo "occidentale".

Citazione di: Sariputra il 19 Gennaio 2017, 11:59:49 AMCredo che l'incomprensione del vero cuore di una filosofia come quella del Buddha , nasca perché noi la giudichiamo secondo le categorie di pensiero occidentale ( sostanzialmente sulla base della filosofia greca da quello che capisco...). Secondo queste categorie l'Essere e il Divenire sono incompatibili, si negano a vicenda, sono opposti. Secondo il pensiero buddhista ( ma forse orientale in genere, e qui sono solo parzialmente d'accordo con Coomaraswamy) l'essere è ( esiste quindi ) nel divenire e non può che manifestarsi nel divenire. Essere e divenire vanno a braccetto, se così si può dire e si sostengono a vicenda, dato che non è possibile l'uno senza l'altro. Il Buddha non si è mai occupato della questione del Vero Sè, giudicandola non rilevante all'interno del suo Insegnamento, in quanto inteso non come "Annientameto dell'essere" (Schopenauer, accidenti a lui e al tutto il male che ha fatto per la sua superficiale conoscenza di queste filosofie...) ma come annientamento del dolore insito nel divenire continuo. Questo annientamento del dolore non si può intendere in maniera nichilistica, altrimenti non verrebbe data nessuna enfasi alla dimensione non-dolorosa che esiste ( il non-nato, non-divenuto, non-composto, ecc.). Se però si intende questo stato non-composto come una divinità o come un Essere in sé ( induismo) il buddhismo diverge totalmente perché pone questa dimensione spirituale all'interno del divenire stesso ( i confini del Nirvana sono i confini del samsara). Per il buddhismo tutto è natura e nulla trascende la natura ( nemmeno il Nirvana). Nella mia personale concezione del Dharma ( perché , come ogni cristiano ha la sua personale riflessione e visione di Dio, anch'io ho maturato la mia su questo tema... ;D) questo non "abbassa" l'esistenza rendendola un cieco vortice di semplici cause e condizioni , ma invece la "innalza" perché non ponendo distinzioni tra il divenire e lo stato che non-diviene rende il divenire manifestazione di quello stato inesprimibile, pertanto il buddhismo "santifica" ( usando un termine giudaico-cristiano) in un certo modo il divenire stesso che la filosofia Parmenidea e poi la teologia giudaico cristiana aveva relegato nella categoria del male ( L'Essere è il bene - il Divenire è il male e dentro questo dualismo si è sempre mossa e compiaciuta). Infatti Nagarjuna afferma " All'interno del samsara sono contenuti infiniti mondi di Buddha"( Buddha qui è sinonimo di "Mondi di libertà dal dolore" e non come divinità...).

Pel la scuola theravada dire "il samsara e il nirvana sono la stessa cosa" è affermare una sorta di "eresia":
http://www.accesstoinsight.org/lib/authors/bodhi/bps-essay_27.html
Traducendo un pass: "Le scuole Mahayana, a dispetto delle loro grandi differenze, concorrono nell'appoggiare una tesi che dal punto di vista Theravada confina con l'essere oltraggio. Questa è l'affermazione c'è nessuna differenza ultima tra nirvana e samsara, purezza e profanazione, ignoranza e illuminazione...". Per questo motivo la scuola Theravada riconosce l'Anatta ma è dualistica. La cosa interessante è che il Nirvana della scuola Theravada è anch'esso "senza sé", tuttavia è "permanente, non originato...". Con questo voglio dire che gli stessi buddisti a quanto pare hanno grosse difficoltà a capire la loro dottrina... quindi non è un problema occidentale.

Comunque il cristianesimo non mi pare che dica che il divenire in sé è un male, ma il divenire che non "segue la volontà di Dio lo è".

@maral, a mio giudizio la dialettica di Hegel è errata perchè il movimento dialettico è visto come una necessità. Ritengo invece come Kierkegaard che la dialettica sia condizionata dalla possibilità e quindi dal libero arbitrio: le nostre scelte condizionano il nostro essere. Tramite le nostre scelte diventiamo e il nostro essere coincide con ciò.

Da qui l'importanza dell'etica e con ciò della fede. Vista la nostra imperfezione (e dal "pentimento" che essa comporta...) secondo me è impossibile fare una vita completamente senza "peccati" o azioni "che producono karma negativo". La fede in sostanza è riconoscere di avere bisogno d'aiuto. Duc forse potrà chiarirci meglio sul fatto che a mio giudizio nel cristianesimo il bene lo si fa perchè si sceglie di "lasciarsi andare" e "far agire l'amore divino in sé". Personalmente però ho difficoltà a accettare la dottrina cristiana per come essa è.


P.S. Voglio anche spezzare una lancia a favore di Schopenhauer. Schopenhauer ritiene che in sostanza la causalità e l'io sono espressioni del mondo fenomenico - ossia oggettivazione della Volontà - e la Liberazione consiste nel "rinunciare" alla Volontà di modo da "nullificare il fenomeno". Con questo Schopenhauer in sostanza voleva dire che l'io, la causaltà e gli enti sono prodotti dalla nostra intima tendenza all'attaccamento. Rinunciando all'attaccamento e riconoscendo che il proprio io è illusorio sembra non rimanere che il Nulla. Ma per lui rimane la Liberazione. Tuttavia ritiene che le dottrine dell'Advaita e del Buddismo siano "mitologie" della sua che è più "razionalistica". Mitologie perchè vogliono dire ciò che è ineffabile, ossia l'Estinzione della Volontà. In questo Schopenhauer mi sembra molto simile al buddismo.
#982
Il buddismo - come filosofia - ha lo stesso problema di Schopenhauer. Nel caso di Schopenhauer l'ascesi serviva per passare dalla voluntas alla noluntas. Il punto è che se "tutto è Volontà" allora estinguere la volontà diventa "nichilismo":

In tal guisa adunque, considerando la vita e la condotta dei santi, che raramente ci è concesso invero d'incontrar nella nostra personale esperienza, ma che dalle loro biografie e, col suggello dell'interna verità, dall'arte ci son posti sotto gli occhi, dobbiamo discacciare la sinistra impressione di quel nulla, che ondeggia come ultimo termine in fondo a ogni virtù e santità e di cui noi abbiamo paura, come della tenebra i bambini. Discacciarla, quell'impressione, invece d'ammantare il nulla, come fanno gl'Indiani, in miti e in parole prive di senso, come sarebbero l'assorbimento in Brahma o il Nirvana dei Buddhisti. Noi vogliamo piuttosto liberamente dichiarare: quel che rimane dopo la soppressione completa della volontà è invero, per tutti coloro che della volontà ancora son pieni, il nulla. Ma viceversa per gli altri, in cui la volontà si è rivolta da se stessa e rinnegata, questo nostro universo tanto reale, con tutti i suoi soli e le sue vie lattee, è – il nulla. (Arthur Schopenhauer, Mondo come Volontà e Rappresentazione)

Secondo Schopenhauer tutto nasce proprio dalla Volontà che si "oggettiva" nelle cose. Tolta la Volontà cosa rimane?
Così in modo simile il buddismo con l'assenza di enti distinti può essere inteso come "nichilismo compassionevole" (a la Schopenhauer) nel quale si fa tutto per sfuggire ad un'esistenza del dolore togliendo il problema alla radice. Di certo i buddisti stessi non dicono che l'Estinzione/Nirvana sia il Nulla ma una Realtà incomprensibile a noi.
#983
Citazione di: Phil il 18 Gennaio 2017, 17:41:40 PM@Sariputra @Apeiron Se si sostiene (spero di non aver frainteso) che il Bene agisce tramite il viandante del sentiero del Dharma (lunga parafrasi per non dire "l'ex-io illuminato") e che in fondo l'identità personale è un'illusione, cosa rende tale il Bene (e il Male)? In una prospettiva di causazione, interdipendenza ed assenza di Io, che senso hanno "bene" e "male"? Non c'è semplicemente un meccanicismo causa/effetto senza una connotazione etica (che presupporrebbe invece un io fortemente individualizzato)? Che c'è di male nell'indugiare nel samsara (il dolore? "soffro ergo sum" come diceva il masochista, quindi se soffro so per certo che esisto come io individuale...) e cosa c'è di bene nel raggiungere il nirvana (in cui dissolvo l'auto-identificazione del mio-io, ma dovrò pur sempre lavarmi i denti per non farli cariare... o no?)?

Secondo il buddismo l'io è insostanziale quindi porre l'io è un ostacolo al messaggio che si diffonderebbe meglio senza messaggeri. Rifiutare l'ente significa rifiutare il messaggero. Nel cristianesimo invece si vuole il ruolo attivo del messaggero che sceglie di essere il tramite della diffusione. Quindi nel cristianesimo l'io è reale e si vuole la perfezione dell'io. Il buddismo invece vuole che si rinunci ad essere un io e quindi in questo modo il messaggio passa spontaneamente.

Concordo con te che l'io e la distinzione Bene/Male non si possono abbandonare.

Citazione di: Sariputra il 18 Gennaio 2017, 15:45:11 PM
Citazione di: Apeiron il 18 Gennaio 2017, 15:20:51 PM"Suicidio epistemologico" perchè in sostanza è la fine delle congetture, delle teorie e della razionalizzazione della natura. La razionalità ha bisogno di etichettare, il Nirvana è proprio l'antitesi e quindi in questo senso "suicidio epistemologico". Personalmente ritengo che noi siamo entità indipendenti e quindi più che il Bene che lavora da solo, siamo noi che dobbiamo essere il tramite per fare del bene e qui concordo con la visione cristiana. Mi pare che Santa Teresa d'Avila dicesse che lei in sostanza era in certe occasioni, nei momenti in cui non peccava, una sorta di "perfetto tramite" della volontà di Dio: è come se l'Amore Divino ossia il Bene agisce in questo caso tramite l'io che non è illusorio. In sostanza la visione cristiana non rinuncia all'io perchè secondo essa dobbiamo essere "messaggeri" dell'amore e per portare il "messaggio" serve il messaggero. Nel caso buddista invece il messaggero "sparisce" per far andare il messaggio liberamente senza ostacoli (ma qui come ci può essere messaggio senza messaggero ? ;D ). Comunque concordo con te che la tendenza della Chiesa odierna post-Concilio e in generale di persone come San Francesco è proprio quella del "salviamoci insieme". In sostanza in ogni caso la differenza è proprio che credo nell'indipendenza degli enti:)
Quindi, riassumendo, sei attratto dal Dhamma di Gotama e lo conosci piuttosto bene, ma...c'è un ma...non sei disposto ad abbandonare la tua idea di Io ( per adesso... ;D ma forse verrà il tempo... ;) ). Se tutti vivessimo nel non-attaccamento non ci sarebbe alcun messaggio da portare da qualche parte, non trovi?... Se tutti fossimo dei "risvegliati" non ci sarebbe alcun risveglio e nessun buddha apparirebbe sulla Terra...già...sembra semplice in teoria, ma chiaramente non lo è...perché non-siamo ( risvegliati) e quindi il messaggio corre su fili penzolanti ( i nostri poveri ego instabili...). Però basta intravvedere uno squarcio di pace , una frazione di cielo azzurro dopo essersi smarriti in una foresta impenetrabile e... Realizzare completamente qualcosa che viene definita come "illuminazione" ( manco fossimo dei lampioni che si devono accendere... ;D ) è sicuramente cosa che appare sovrumana, ma anche una piccola torcia illumina un poco. La luce in definitiva è luce. Poi, può essere anche bello essere umilmente una piccola torcia accesa nel bel mezzo delle tenebre. "Io" ( adesso mi toccherà metterlo sempre tra parentesi se no mi si rinfaccia subito:"ma tu hai detto che l'Io non esiste..." ;D ;D ) ho accettato da lungo tempo che non potrò, in questa vita, essere più che , al massimo, un fiammifero...( senza intenzioni incendiarie). Nella prossima ti saprò dire... 8)

bellissimo post. Non me la sento di rovinarlo commentando adesso.
#984
Il mio post era volutamente provocatorio. Volevo mostrare che in sostanza il buddismo e l'Advaita devono per forza vedere il Nirvana e Moksha come una realtà e non un semplice stato, perchè altrimenti non sarebbe poi così diverso dal senso oceanico che danno alcune droghe. Ma allora questo Nirvana sarebbe un altro "io", un Ente! Come si può andare oltre il concetto di esistenza?

Chi è che mi fa porre queste domande? La parte più autentica di me. Dove arriverò? Boh

grazie comunque bluemax, ciao:)
#985
Varie / Re:Un sontuoso banchetto
18 Gennaio 2017, 15:36:50 PM
Intanto questo Apeiron mangia e si diverte qui a Villa Sari (e ringrazia Sariputra..) mentre nelle altre stanze è tutto serioso. Finalmente si può sfogare. Ma sa in fondo al cuore che tutto questo è impermante  ::) però se lo dimentica e gode.

Edit: passano le ore e il buon Apeiron alza un po' troppo il gomito e si rivela insopportabile e si mette a raccontare quanto bella era la "storiella giapponese" bombardando la gente di citazione di quell'anime (si chiama Evangelion e l'ha già citato nell'Hotel Logos in un thread sulla coscienza collettiva). "Estote parati"
Non devo fuggire, non devo fuggire, non devo fuggire, non devo fuggire! (Shinji) (e lui continuava a fuggire :) )

Ritsuko: Conosci il racconto intitolato Il dilemma del porcospino? [...] Il porcospino avrebbe voluto fare amicizia con il prossimo, ma quando si avvicinava a un suo simile entrambi si ferivano con gli aculei che ricoprivano i loro corpi. Lo stesso capita ad alcune persone: Shinji in fondo al suo cuore, è spaventato dal dolore che potrebbe provare e questo lo rende freddo e riservato.
Misato: Mah, presto si renderà conto anche lui che crescere in fondo è un continuo provare ad avvicinarsi e allontanarsi l'un l'altro, finché non si trova la distanza giusta per non ferirsi a vicenda. (Misato)

CitazioneQuesto è il mare di LCL. Siamo immersi nel brodo primordiale da cui ha origine la vita.
Un mondo in cui non occorrono più A.T. Field, dove ciascuno ha perso la propria individualità corporea.
Un mondo ambiguo, che non consente di percepire il confine materiale tra le creature che lo popolano.
Un mondo incoerente in cui si vive dappertutto e dunque non si esiste in nessun luogo.
[...] Tutto sta diventando una cosa sola. (Rei)

CitazioneREI: Noi siamo la speranza che le persone riescano un giorno a comprendersi a vicenda.
KAWORU: E contemporaneamente siamo le parole "Ti voglio bene".

Le persone che odiano se stesse non sono in grado di amare né di credere nel loro prossimo. (Rei)

Eva [ossia "Evangelion" la storia di cui sto parlando] è una storia che si ripete.
E' la storia di un protagonista che, malgrado la reiterazione delle stesse esperienze, si rialza costantemente.
E' la storia di un tentativo, quello di avanzare, di procedere almeno solo di un passo.  (il creatore della serie, Hideaki Anno)

Detto questo Apeiron però non consiglia di guardarla a molte persone perchè il contenuto di quella storia potrebbe "risultare pesante". Tuttavia in queste parole si ritrova molto. (Gergo: "AT-FIELD: mura inviolabili dell'anima", "LCL: brodo primordiale che secondo la storia è l'origine della vita").

Detto questo Apeiron capisce di essere stato eccessivo e spera che Sariputra e gli altri abitanti del Logos lo sopportino per quello che è...
#986
"Suicidio epistemologico" perchè in sostanza è la fine delle congetture, delle teorie e della razionalizzazione della natura. La razionalità ha bisogno di etichettare, il Nirvana è proprio l'antitesi e quindi in questo senso "suicidio epistemologico".

Personalmente ritengo che noi siamo entità indipendenti e quindi più che il Bene che lavora da solo, siamo noi che dobbiamo essere il tramite per fare del bene e qui concordo con la visione cristiana. Mi pare che Santa Teresa d'Avila dicesse che lei in sostanza era in certe occasioni, nei momenti in cui non peccava, una sorta di "perfetto tramite" della volontà di Dio: è come se l'Amore Divino ossia il Bene agisce in questo caso tramite l'io che non è illusorio. In sostanza la visione cristiana non rinuncia all'io perchè secondo essa dobbiamo essere "messaggeri" dell'amore e per portare il "messaggio" serve il messaggero. Nel caso buddista invece il messaggero "sparisce" per far andare il messaggio liberamente senza ostacoli (ma qui come ci può essere messaggio senza messaggero ?  ;D ). Comunque concordo con te che la tendenza della Chiesa odierna post-Concilio e in generale di persone come San Francesco è proprio quella del "salviamoci insieme".

In sostanza in ogni caso la differenza è proprio che credo nell'indipendenza degli enti:)
#987
Finalmente mi son deciso ad aprire questo "topic infuocato". Per prima cosa definisco i termini.
Nirvana (Buddismo): realizzazione dell'Anatman (Non-Sé) portata alle sue più radicali conseguenze. Visto che il mondo è vuoto di sé indipendenti (eterni o no) allora ci si libera dall'ignoranza togliendo la tendenza di identificarci e pensare in termini di "io, mio...".
Moksha (Advaita): realizzazione che c'è un unico Sé e che questo non è né una cosa del mondo né il mondo intero ma semplicemente l'ente astrattissimo "Brahman senza attributi".
Karma: sistema causale delle azioni volitive. Ben che ci vada seguendo la via del "karma" ossia accumulando karma positivo finiamo nel mondo dei devas, che tuttavia rimane impermanente e quindi dukkha.


Ora l'essere umano non-risvegliato alla morte rinasce in uno dei 31 piani dell'esistenza del samsara, ossia rimane "ingabbiato" nella trappola di Mara cioè rimane nel "regno della morte". La descrizione che il buddismo (e certe sette induista) da del mondo in sostanza è il perpretarsi di un continuo errore in cui gli esseri continuano a voler vivere per voler vivere. La vita mondana perciò è un errore, qualcosa che non va e con vita mondana si intende tutta la vita dei non-risvegliati, devas compresi. Dopo il risveglio non si rinasce più e si esce dal regno di Mara e si entra nella "dimensione" dell'amrita ossia la dimensione del "senza-morte". Fatto ciò il risvegliato deve ancora "scontare" il debito karmico residuo e otterrà la Completa Liberazione (Nirvana o Moksha) solo dopo la morte fisica. A questo punto sappiamo che il risvegliato ha vinto contro Mara perchè ha rotto la catena della prigione del karma e quindi non rinascerà più. Notate che in modo alla fine qui l'obbiettivo è salvarsi dalla schiavitù data dal "karma", ossia dalla schiavitù data dalla stessa nostra volontà di conservare il nostro essere. In sostanza la volontà di vivere come in Schopenhauer è per così dire il "peccato originale" di tutti gli esseri che non fa altro che far persistere l'errore.

Ora supponiamo che tutti gli esseri dei 31 piani dell'esistenza (dal più basso gradino dell' "inferno" fino al più alto gradino del "paradiso") ottengano la Liberazione? Non sarebbe una sorta di "eutanasia" completa, ossia una dolce "cessazione" o morte, non sarebbe il trionfo del Nulla, della Morte? In sostanza perchè se l'obbiettivo è "l'estinzione" il Buddismo e l'Advaita non sono in fin dei conti eutanasie mascherate?
Dunque ottenuta la completa liberazione cosa succede?

P.S. La tradizione non-duale taoista invece "direbbe" che ottenuta la Liberazione la Storia continuerebbe perchè in fin dei conti loro hanno una visione positiva della vita.
#988
Varie / Re:Un sontuoso banchetto
18 Gennaio 2017, 09:31:22 AM
La mia versione trasformata a quanto pare se la sta spassando, beato lui  ;D
Tuttavia con l'aria che a volte tira in questo Hotel non vorrei che ci fossero duelli durante il banchetto.

Comunque volendo fare il nerd cito un anime giapponese, che mi pare in tema:
Shinji: Chi sei?
L'"altro" Shinji: Shinji Ikari.
Shinji: Quello sono io.
L'"altro" Shinji: Io sono te. Ciascun individuo ha dentro se stesso un altro se stesso, ogni individuo è in effetti costituito da due diversi se stessi.
Shinji: Due se stessi?
L'"altro" Shinji: Il se stesso che è soggetto osservante e il se stesso che è oggetto osservato. Ogni oggetto di osservazione ha però natura molteplice, ed esistono quindi molteplici Shinji Ikari. Lo Shinji Ikari che è dentro il tuo animo, Lo Shinji Ikari che è nell'animo di Misato Katsuragi, lo Shinji Ikari dentro Asuka Soryu, lo Shinji Ikari dentro Rei Ayanami, lo Shinji Ikari dentro Gendo Ikari. Ognuno di essi è un diverso Shinji Ikari, ma sono tutti il vero Shinji Ikari. Tu hai paura degli Shinji Ikari contenuti negli altri individui.

Così i vari Apeiron ormai hanno vita propria e l'Apeiron nell'Hotel Logos intando se la "tira" con la sua prodezza nel ballo ;D
#989
@Sariputra,
il motivo per cui finiamo sempre per fare dissertazioni buddistiche che purtroppo non ci portano al Risveglio è che il buddismo è unico. La sua unicità (anche se secondo me il taoismo è molto simile) sta nel fatto che prevede l'"abolizione" degi enti, dell'identità ecc. Vista la sua peculiarità è di forte interesse chiarire come "spiega" cose che sembrano necessitare l'introduzione di identità separate come ad esempio l'etica. E siccome noi in occidente abbiamo la "fissa" di cristalizzare il mondo ponendo etichette, identità separate e substantie anche dove evidentemente è una "stupidata" (prendete questo termine bonariamente, per favore  ;D ) metterle ci fa un po' strano ragionare in termini buddistici. Inoltre mi fa strano anche che "tu" (assumendo che sei un io empirico) voglia sapere la differenza tra ente e niente visto che il Maligno Tentatore Re della Morte Mara vuole proprio tentarti ragionando secondo "enti". In sostanza il Nirvana è come ho letto da qualche parte quel suicidio epistemologico per il quale il Bene agisce senza essere ostacolato dall'illusorio io.

Ritorno subito in topic dicendo ripetendo la definizione di ente: l'ente è ciò che possiede un'identità indipendente. Ma da questa definizione devi anche notare che non segue che gli enti siano indipendenti nell'esistenza (ossia che siano necessari o assoluti) o che siano eterni. CI possono essere anche enti mortali in sostanza, nulla lo vieta. In sostanza una filosofia con enti in relazione tra di loro vede la rete di Indra con nodi reali e distinti tra di loro, mentre il buddismo abolendo gli enti vede solo la rete. In sostanza abolisce gli interagenti mantenendo l'interazione, ma possono esserci interazioni senza interagenti?
#990
@Sariputra,
infatti non ho mai detto che il buddismo "viola la dignità" dell'uomo, anzi il percorso buddista - come ho già detto più volte - secondo me è una delle meraviglie di questo mondo. A mio giudizio però affinchè l'etica abbia senso dobbiamo ragionare in enti (d'altronde la responsabilità necessita un portatore della stessa...) e distinzioni (non tutto è proibito ma non perchè lo dico io ma perchè è così...). La Liberazione sarebbe una sorta di svincolamento dalla necessità di porre distinzioni, ossia si va oltre l'etica. D'altronde se uno è così diciamo "pervaso" dall'amore non necessita più dell'etica perchè d'altronde la sua volontà è purificata e quindi non può "peccare". Tuttavia questi eventuali esseri perfetti e puri a mio giudizio sono sovrumani. Noi come uomini dobbiamo "accontentarci" di fare il più possibile per essere puri, motivo per cui lo stesso buddismo lo riconosce e dice che ogni persona non risvegliata deve coltivare hiri (disgusto per le azioni malvagie) e ottapa (paura delle conseguenze delle azioni malvagie) e dunque essere sottomesso all'etica oggettiva data dal karma e le rinascite. Fatto tutto questo percorso allora si può "accedere" alla liberazione. Perciò il buddismo vede l'etica come appunto una fase preparatoria che molto spesso noi occidentali ci dimentichiamo di associare al Dharma. Invece è molto più importante di quanto pensiamo.

Detto questo io ho la mia opinione e secondo me l'etica - visto che siamo umani - è irrinunciabile. Opinione che d'altronde posso capire che non sia universalmente accettata. In ogni caso il relativismo e il nichilismo possono essere molto pericolosi come già tu hai osservato.

Concordo poi sulla definizione di libero arbitrio. Ma se l'io è illusorio chi sceglie :D ?