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Messaggi - Carlo Pierini

#991
SGIOMBO
Il mio modesto parere, diametralmente opposto a quello di Carlo Pierini, é che questa ipotesi logicamente corretta e confrontabile (falsificabile) con quanto scientificamente osservabile (in particolare nei cervelli), sia di fatto falsificata dall' imaging neurologico funzionale e da altre esperienze scientifiche (fra cui gli esperimenti di Libet), che mostrano che la fase di "ponderazione" che precede le decisioni ha un evidente corrispettivo cerebrale e non é "nulla di fisico-materiale" bensì solo "qualcosa di mentale" come necessariamente implicherebbe la proposta di Eccles.

CARLO
Non ho letto Liebet, ma probabilmente, egli fa di tutta l'erba un fascio, cioè non distingue le azioni istintive-impulsive (che la coscienza subisce passivamente) dalle azioni intenzionali (che hanno origine nella coscienza), facendo rientrare queste ultime nella categoria delle prime. Mentre Eccles, invece, parla di interazione  nei due sensi, cioè di azioni nelle quali è il cervello/corpo a condizionare la mente (istinti) e di azioni nelle quali è la mente a condizionare il cervello/corpo (intenzione, somatizzazione).
Per cui quello di Eccles non è un vero e proprio dualismo, ma una dialettica interattiva tra due enti. E il problema dell'unità (che Eccles non si pone) si risolve solo con l'ipotesi di una complementarità strutturale tra mente e cervello/corpo in virtù di un Principio ultimo di cui i due enti rappresentano le opposte polarità; nel medesimo senso in cui nella concezione taoista yin e yang sono le due diverse espressioni di un Tao-Uno che trascende entrambi (si veda il mio topic: Siamo liberi di pensare ciò che vogliamo?).


L'angolo musicale:
PORPORA: Il pastor se torna aprile, op. Semiramide
https://youtu.be/HRRjDiAq48c
#992
Tematiche Filosofiche / Re:L'inutile Popper.
30 Settembre 2017, 13:15:09 PM
Citazione di: sgiombo il 30 Settembre 2017, 09:48:55 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 30 Settembre 2017, 02:35:03 AM....
Tutto ciò significa che il cosiddetto "principio" di falsificabilità di Popper:
<<una teoria, per essere scientifica, deve essere "confutabile", cioè, in termini logici, dalle sue premesse di base devono poter essere deducibili le condizioni di almeno un esperimento che, qualora la teoria sia errata, ne possa dimostrare integralmente l'erroneità alla prova dei fatti>>
...è applicabile SOLO alle teorie che appartengono al dominio dei fenomeni misurabili e riproducibili sperimentalmente (ma in questo caso non c'era bisogno del suo "genio" per sapere che un esperimento che contraddice una teoria, ...confuta quella teoria!), e quindi il suo "principio" non serve a un bel nulla quando abbiamo a che fare con teorie che esulano dal dominio delle grandezze fisiche e dei fenomeni riproducibili sperimentalmente.

CitazioneNon serve a un bel nulla a chi é culturalmente molto rozzo (secondo la mia opinione, ovviamente) e si limita a credere acriticamente (e falsamente) alla verità assoluta (= non condizionata alla verità di alcune tesi non indimostrabili logicamente né provabili empiricamente) e non si pone il problema filosofico di chiarire significato, limiti, condizioni di verità delle proprie conoscenze.


Ancora non hai capito che per "verità assoluta" si intende proprio una affermazione che chiarisce "...il significato, i limiti e le condizioni di verità delle proprie conoscenze".

SGIOMBO
CitazioneNon ci vuole un gran "genio", ma comunque un minimo di perspicacia, per capire che la teoria falsificazionista di Popper e la sua definizione di "conoscenza scientifica" é appunto utilissima a criticare razionalmente le teorie che si pretendono (ma non sempre sono effettivamente)  scientifiche e per non confonderla con la banale ovvietà che "un esperimento che contraddice una teoria, ...confuta quella teoria".


CARLO

Non hai tenuto conto di quanto ho scritto sulla doppia accezione del significato di "scienza".

Cit. CARLO
Infatti il suo "principio" è forse applicabile al ...suo "principio"?

SGIOMBO
Ovviamente no, dato che si tratta di filosofia (epistemologia) e non di scienza!

CARLO
Appunto: una teoria epistemologica può essere valida anche se non-scientifica. Quindi a cosa serve questa distinzione tra "teorie scientifiche" e "teorie non-scientifiche", se anche una teoria non-scientifica può essere pienamente valida? A vendere libri a epistemologi sprovveduti?

Cit. CARLO
La "falsificabilità" di Popper è forse applicabile alla teoria "scientifica" (Darwin) riguardante la casualità delle mutazioni genetiche?

SGIOMBO
La teoria scientifica (senza virgolette) di Darwin non si limita certo a rilevare la casualità delle mutazioni genetiche.
Ma se (per assurdo, ammesso e non concesso) qualcuno un giorno scoprisse empiricamente l' esistenza di specie nell' ambito delle quali "a là Lamark" venissero trasmessi ereditariamente i caratteri morfologici o comportamentali acquisiti oppure che non funziona la selezione artificiale degli allevatori (che costituisce un cimento sperimentale "spontaneo e ante litteram" della teoria darwiniana), allora in perfetta concordanza con Popper, essa sarebbe falsificata.


CARLO
Certo, ma lo stesso identico discorso vale anche per la teoria finalista (che contraddice il casualismo). Per cui:
1 - quale delle due è scientifica e quale è non-scientifica?
2 - a che serve questa distinzione tra "teoria scientifica" e "teoria non-scientifica"?

Cit. CARLO
La "falsificabilità" di Popper è forse applicabile alla teoria "scientifica" (monismo) dell'identità mente-cervello?

SGIOMBO
Ovviamente no, dal momento che non é affatto scientifica, ma filosofica.

CARLO
Stai usando due pesi e due misure. Non c'è alcuna differenza tra il casualismo darwiniano e il monismo cervello/mente: sono entrambe ipotesi non suffragate da prove osservativo-sperimentali; quindi se il monismo è una filosofia, lo è anche il casualismo darwiniano. Eppure la stragrande maggioranza degli scienziati considera entrambe scientifiche, mentre ritiene non-scientifiche le teorie antagoniste (rispettivamente, il finalismo evolutivo e l'interazionismo di Eccles)


Cit. CARLO
In definitiva, Popper è un chiacchierone, e il fatto che gli epistemologi materialisti abbiano abboccato come trote alle sue vuote riflessioni, la dice lunga sulla loro intelligenza filosofica e sulla loro fretta di sbarazzarsi di un concetto scomodo come quello di "metafisica".

SGIOMBO
Questa prosa la dice lunga unicamente a proposito della tua propria "finezza" intellettuale e culturale!


CARLO
Riservo la finezza per pensatori fini, non per i chiacchieroni.



L'angolo musicale:
MOZART - A chi serena io miro, op. Scipione
https://youtu.be/TxW7TF3gYq4
#993
Se vado nel passato e uccido mia nonna, io non sarei mai nato e quindi non avrei mai potuto viaggiare nel tempo.

...Ma allora, perché mio nonno insiste che io vada?  ;D
#994
Tematiche Filosofiche / Cos'è il piacere?
30 Settembre 2017, 03:13:03 AM
Per capire meglio quel mistero che chiamiamo "essere umano" dal punto di vista di quell'altro mistero che chiamiamo "piacere", credo che non dobbiamo partire dalla domanda diretta: "cos'è il piacere?", perché ad essa non possiamo che rispondere: "il piacere è la soddisfazione di un desiderio". Dovremmo, piuttosto, cominciare col chiederci: perché certi desideri sani e propriamente umani - come il desiderio di una vita economicamente agiata, il desiderio sessuale, il desiderio di successo, ecc. -, si trovano spesso in conflitto frontale con un altro ordine di desideri (o di aspirazioni), anch'essi sani e anch'essi propriamente umani - come, per esempio, il desiderio di realizzare ideali di onestà e di solidarietà, il desiderio di fedeltà-appartenenza amorosa, il desiderio di contemplazione ascetica di noi stessi e del mondo, il desiderio di trascendenza, ecc.? 
Ecco se ci poniamo questa domanda, cominciamo già a capire che il famoso "principio del piacere", che Freud e il materialismo in generale pongono a fondamento dell'agire umano, si fa fumoso e ambiguo e che la felicità dell'uomo non dipende tanto da una passiva obbedienza a desideri già dati univocamente, quanto da una attiva e spiritualmente impegnativa impresa di armonizzazione-mediazione di desideri la cui natura è opposta per principio. E in questa impresa, solo la speranza che si tratti di una opposizione solo apparentemente contraddittoria, e che invece sia nella sua essenza complementare, può sostenerci quando le difficoltà di armonizzarle ci appariranno tali da consigliarci di lasciar perdere tutto e di "prendere la vita così come viene", sia pure nella sua trivialità. 

Era essenzialmente questo ciò che voleva dire lo C.G. Jung quando scriveva: 

"Il principio spirituale (qualunque cosa esso sia) si impone con forza inaudita contro il principio puramente naturale. Si può dire anzi che anch'esso è "naturale" e che entrambi i principi scaturiscono da una medesima natura. [...] Questa "cosa naturale" consiste in un conflitto tra due principi ai quali si può dare questo o quel nome, e che questo contrasto è l'espressione e forse anche il fondamento di quella tensione che definiamo come energia psichica . [...] Senza tensione è impossibile che esista un'energia, come disse anche Eraclito: «Il conflitto è il padre di tutte le cose»".  [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.62]   

"Il conflitto tra ethos e sessualità, oggi non è una pura e semplice collisione tra pulsionalità e morale, ma una lotta per il diritto all'esistenza di una pulsione o per il riconoscimento di una forza che in questa pulsione si manifesta, forza che, a quanto pare, non ha voglia di scherzare e di conseguenza non vuole neppure rassegnarsi alle nostre leggi morali da benpensanti. [...] 
Potremmo definire la sessualità il portavoce delle pulsioni, ed è per questo che il punto di vista spirituale scorge in essa il suo avversario principale. Ma non perché la dissolutezza sessuale sia in sé e per sé più immorale dell'avidità, della tirannia o della prodigalità, ma perché lo spirito fiuta nella sessualità un suo pari, anzi, un che di affine. [...] Che cosa sarebbe mai dopotutto lo spirito, se non gli si opponessero pulsioni a lui pari?". [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.66/67] 

"L'Io conserva la sua autonomia soltanto se NON si identifica con uno dei termini opposti, se sa mantenere una posizione equidistante tra gli estremi. Questo è però possibile soltanto se l'Io è cosciente non di uno solo dei termini, ma anche dell'altro". [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.236] 

"Gli istinti biologici urtano non solo contro barriere esterne, ma anche contro barriere interne. Lo stesso sistema psichico, che da una parte si basa sulla concupiscenza degli istinti, poggia dall'altra su una volontà diretta in senso opposto, che è forte almeno quanto l'istinto biologico. 
La volontà di rimuovere o di reprimere gli istinti naturali, o per essere più esatti di aver ragione del loro predominio e della loro mancanza di coordinazione, proviene da una fonte spirituale". [JUNG: Simboli della trasformazione - pg.159] 
 
"Il termine sanscrito per "coppia di opposti" in senso psicologico è dvandva. Esso significa anche coppia (uomo-donna), conflitto, litigio, duello, dubbio. Le coppie degli opposti sono state generate dal creatore del mondo. [...] «Il mondo ha sempre da soffrire a causa delle coppie di opposti», dice il Ramayana (II, 84, 20). È quindi un dovere etico di essenziale importanza non lasciarsi influenzare dagli opposti (nirvandva = libero dagli opposti), ma elevarsi al di sopra di essi, giacché la liberazione dagli opposti conduce alla redenzione. 
 Dal libro di Manu: «Chi si è affrancato progressivamente da tutti i legami e da tutte le coppie di opposti riposa in Brahman» (Manava-Dhar-masastra VI, 80 sg.)".    [JUNG: Tipi psicologici - pg.212] 

"Il problema dei contrari inteso come principio inerente alla natura umana rappresenta un altro passo avanti nel nostro graduale processo conoscitivo. Questo problema è un problema dell'età matura".  [JUNG: Psicologia dell'inconscio - pg.107] 

"Una teoria psicologica che voglia essere più di un semplice sussidio tecnico deve fondarsi sul principio dei contrari; senza tale principio potrebbe ricostruire soltanto una psiche nevroticamente squilibrata. Non esiste equilibrio e non esiste sistema autoregolantesi senza un termine di opposizione. E la psiche è un sistema dotato di autoregolazione".   [JUNG: Psicologia dell'inconscio - pg.110]
#995
Tematiche Filosofiche / L'inutile Popper.
30 Settembre 2017, 02:35:03 AM
E' necessario chiarire che, il termine "scienza" ha due accezioni di significato: una, più generale, che indica ogni forma di conoscenza che sappia fornire sufficienti garanzie della propria validità, e l'altra, più particolare, che si riferisce a quei domini di ricerca nei quali è possibile l'applicazione del metodo matematico-sperimentale a grandezze misurabili, che è tipica della Scienza propriamente detta e del metodo con cui la Scienza stessa garantisce la validità dei propri assunti.
E' allora evidente che la distinzione tra "scienza" e "non-scienza" non si gioca sulla conformità o meno con il metodo matematico-sperimentale - come invece credono certi "scientisti" - bensì sul significato della locuzione "sufficienti garanzie della propria validità". Cosicché, quando si ha a che fare con discipline che esulano più o meno parzialmente dal dominio delle grandezze fisiche misurabili e dall'ambito della verificabilità sperimentale (neurobiologia, psicologia, storia della cultura, giurisprudenza, epistemologia, logica, ecc.), la validità di ogni teoria deve essere valutata caso per caso sulla base della sua congruità-conformità alla realtà osservata; e non, aprioristicamente, sulla base dell'applicazione o meno del metodo matematico-sperimentale.

Tutto ciò significa che il cosiddetto "principio" di falsificabilità di Popper:
<<una teoria, per essere scientifica, deve essere "confutabile", cioè, in termini logici, dalle sue premesse di base devono poter essere deducibili le condizioni di almeno un esperimento che, qualora la teoria sia errata, ne possa dimostrare integralmente l'erroneità alla prova dei fatti>>
...è applicabile SOLO alle teorie che appartengono al dominio dei fenomeni misurabili e riproducibili sperimentalmente (ma in questo caso non c'era bisogno del suo "genio" per sapere che un esperimento che contraddice una teoria, ...confuta quella teoria!), e quindi il suo "principio" non serve a un bel nulla quando abbiamo a che fare con teorie che esulano dal dominio delle grandezze fisiche e dei fenomeni riproducibili sperimentalmente.

Infatti il suo "principio" è forse applicabile al ...suo "principio"?
E' forse applicabile alla teoria "scientifica" (Darwin) riguardante la casualità delle mutazioni genetiche?
E' forse applicabile alla teoria "scientifica" (monismo) dell'identità mente-cervello?
E' forse applicabile alla teoria "scientifica" (Freud) secondo cui Dio non sarebbe altro che la proiezione inconscia della figura paterna?
No, il "grande principio" di Popper non è applicabile a nulla di tutto questo, né aggiunge assolutamente nulla a ciò che la scienza già considerava come ovvio fin dai tempi di Galilei.
In definitiva, Popper è un chiacchierone, e il fatto che gli epistemologi materialisti abbiano abboccato come trote alle sue vuote riflessioni, la dice lunga sulla loro intelligenza filosofica e sulla loro fretta di sbarazzarsi di un concetto scomodo come quello di "metafisica".
#996
Citazione di: baylham il 27 Settembre 2017, 16:53:00 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 27 Settembre 2017, 15:37:32 PM
Gli elementi chimici di  4 miliardi di anni fa erano gli stessi di oggi. E non c'è alcun motivo di credere che leggi della chimica, della fisica e della biologia siano cambiate dalle origini della vita fino ai giorni nostri.  Questo intendevo per "grammatica".


In realtà sono stati prodotti nuovi elementi chimici, artificiali, i transuranici.


Io sto parlando degli elementi che costituiscono gli organismi viventi. E se ce ne sono alcuni che sono stati creati recentemente ex-novo, evidentemente non fanno parte della vita, o, almeno, non fino ad oggi.

BAYLHAM
Coerentemente con la mia concezione ritengo che ogni elemento chimico abbia una sua storia, con un inizio, sviluppo e probabile fine.
Lo stesso ritengo per le leggi fisiche, chimiche e biologiche (senza alcun dubbio per quelle biologiche, che sono appunto un'innovazione relativamente recente).

CARLO
Una concezione deve basarsi su osservazioni concrete, altrimenti è solo una fantasia. In questi ultimi decenni si sta scoprendo che gli elementi chimici presenti nell'universo si sono formati per fusione nucleare nelle esplosioni stellari (supernove) a partire da due soli elementi originari: l'idrogeno e l'elio, e che le loro proprietà siano rimaste immutate da allora. Per le leggi fisiche e chimiche vale l stesso discorso: non esiste nemmeno un motivo per corroborare l'idea di una loro evoluzione, mentre ne esistono a centinaia per credere il contrario.

BAYLHAM
Se una realtà, un universo fisico-chimico ha originato la novità biologica significa che il processo evolutivo è probabilmente connaturato, endogeno  all'universo, alla realtà. Mi sembra un valido motivo a sostegno della mia concezione.

CARLO
A me, invece, sembra ragionevole pensare che in quel gran salto qualitativo che noi osserviamo nel passaggio tra la chimica organica e la chimica vivente, la materia abbia generato in sé qualcosa di assolutamente nuovo e "altro da sé", che forse è la matrice originaria di ciò che i riduzionisti chiamano impropriamente "proprietà emergenti": una nuova esistenza che è "altro" dalla materia quanto può esserlo un figlio appena concepito rispetto alla madre ("materia" deriva da "mater"; e un figlio non è l'estensione dell'organismo materno, ma "altro" da esso): una nuova creatura, quel seme originario della mente che nell'uomo germoglierà e si innalzerà fino a trasformarsi in quel mistero che chiamiamo coscienza e a produrre "frutti", anch'essi assolutamente nuovi rispetto al passato (conoscenza, etica, arte, religione, civiltà, ecc.).
E' la comparsa della mente e la sua interazione dia-lettica con la materia che, secondo me, trasforma la chimica non-vivente in quel processo teleologico che chiamiamo "evoluzione darwiniana". E nessuno può escludere la possibilità che le famose mutazioni genetiche che sono alla base di questo processo non siano affatto casuali, ma che siano invece guidate in qualche modo dalla mente.
A questo proposito, mi sono andato a rileggere alcuni passi di un libro che lessi una decina di anni fa: "Entropia, sintropia, informazione" di G. e S. Arcidiacono (un fisico e un biologo), nel quale si dice:

"In questo modello di Universo [proposto nel 1957 dagli Arcidiacono], non abbiamo più separatamente i fenomeni entropici e sintropici, ma in ogni fenomeno (sia fisico che biologico) dobbiamo avere due "componenti", entropica e sintropica strettamente connesse ed inseparabili. Di conseguenza, otteniamo i fenomeni entropici puri quando la componente sintropica tende ad annullarsi, e viceversa [...] Otteniamo in questo modo una nuova versione perfezionata della teoria unitaria, cioè una concezione non più dualistica, ma unitaria della realtà". Infatti, nella nostra teoria le due componenti non sono più in opposizione, ma piuttosto "complementari" e indissolubili perché espressione della armoniosa unità del cosmo". [Giuseppe e Salvatore ARCIDIACONO: Entropia, sintropia, informazione - pg. 30]

Ecco, siccome è la mente - non la materia chimica - che presenta proprietà finalistiche, sono propenso a credere che sia la mente stessa a organizzare la materia in senso sintropico-evoluzionistico-finalistico. Infatti continuano gli Arcidiacono:

"Non solo nello sviluppo di un singolo vivente, ma anche nello sviluppo della Vita si dovrebbe osservare una differenziazione sempre più grande, mediante variazioni che non sono casuali ma orientate finalisticamente verso forme sempre più armoniche e complesse. Tale argomentare consente la risoluzione del problema relativo all'origine delle specie fornendo inoltre una conferma che i fenomeni della vita sono essenzialmente di tipo sintropico, in perfetto accordo con i dati geologici e paleontologici. Si spiega inoltre, in modo estremamente semplice, il fenomeno della variazione delle forme viventi e la ragione perché queste esistono, anche se la loro probabilità è pressoché nulla partendo da ipotesi di tipo entropico. Luigi Fantappiè sostiene che la coordinazione verso certi fini non deriva più dalla selezione naturale, che opera nelle forme più differenti conservando solo le più armoniche, ma è governata dal principio di finalità, che regola i fenomeni sintropici. Con tale asserzione non si vuole escludere l'azione della selezione naturale, ma sottolineare come la sua influenza per la evoluzione sia in effetti marginale, anche perché la selezione può agire solo a partire da forme pre-esistenti. [...]
Per concludere si può asserire che la formazione di specie sempre più differenziate non è prodotta da cause esterne, ma è mossa dai fini successivi, in coerenza con quanto richiesto dai principi base dei fenomeni sintropici".[Giuseppe e Salvatore ARCIDIACONO: Entropia, sintropia, informazione - pg. 67]

"Le mutazioni entropiche, come accettato comunemente, sono causate da raggi X, raggi infrarossi e ultravioletti oppure da "errori di trascrizione" nel processo di duplicazione del DNA. Sono mutazioni di scarsa entità e producono alterazioni casuali nella struttura del materiale ereditario. Se si tratta di alterazioni negative saranno "regressive" o anche letali e si trasferiscono in una teratologia marginale che non può nuocere alla grande stabilità della specie. Le mutazioni di questo tipo rappresentano proprio il disordine legato al fatale aumento dell'entropia. Le mutazioni sintropiche sono "spontanee", determinate da requisiti interni, logici e strutturali. Sono endogene e non causali ed involvono una modificazione stabile e diretta del DNA. [...] Tali mutazioni possono assumere una grande ampiezza e sono in grado di riaggiustare armonicamente l'intero programma che caratterizza un certo organismo
Le mutazioni neutrali mantengono le condizioni iniziali e possono essere identificate con l'equilibrio di Hardy-Weinberg. Un esempio lo si può trovare nelle alterazioni prodotte nella struttura del citocroma c. Accettando l'esistenza delle "mutazioni sintropiche" si riesce a spiegare il motivo per cui l'evoluzione non consista in un processo graduale e lento, ma in un processo che avviene PER SALTI, mediante bruschi passaggi da una forma verso un'altra". [Giuseppe e Salvatore ARCIDIACONO: Entropia, sintropia, informazione - pg. 67]


L'angolo musicale:
MOZART - Giovinette che fate all'amore, op. Don Giovanni
https://youtu.be/7hxAViUKDMk?t=18
#997
Citazione di: baylham il 27 Settembre 2017, 15:02:21 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 27 Settembre 2017, 12:11:20 PM
Stai scambiando la
"grammatica" (sempre uguale a sé stessa) con i "testi" (sempre diversi).

La mia concezione dell'evoluzionismo mi porta a sostenere che la grammatica, oltre che il linguaggio, sia soggetta ad evoluzione; lo stesso vale per il  meccanismo di riproduzione genetica. Infatti entrambe, la genetica e la lingua, sono innovazioni relativamente recenti nella storia del nostro universo, hanno un'origine, una storia.
Di stabile c'è solo l'evoluzione.

Gli elementi chimici di  4 miliardi di anni fa erano gli stessi di oggi. E non c'è alcun motivo di credere che leggi della chimica, della fisica e della biologia siano cambiate dalle origini della vita fino ai giorni nostri.  Questo intendevo per "grammatica".
#998
Citazione di: baylham il 27 Settembre 2017, 11:07:07 AM
Citazione di: iano il 18 Settembre 2017, 14:27:32 PM
Per chi crede poi nell'evoluzionismo difficile non pensare ad un inconscio ancor più collettivo,o se preferisci ancor più universale,condiviso fra le diverse specie.

Non comprendo da che cosa derivi questa tesi. Secondo me un evoluzionismo coerente, al contrario, non riconosce né alcun inconscio collettivo, né ovviamente alcun archetipo. Il nucleo dell'evoluzionismo è l'innovazione, la creazione ex novo, non la fissità universale dell'inconscio o degli archetipi. Un serio evoluzionismo è in antitesi con filosofie ispirate dalla teoria ideale platonica.

Stai scambiando la "grammatica" (sempre uguale a sé stessa) con i "testi" (sempre diversi). Scrive Jung:

"L'archetipo è una tendenza della psiche umana a formare rappresentazioni che possono variare molto senza discostarsi dal modello fondamentale".  [JUNG: Psicanalisi e psicologia analitica - pg.269]

"La verità eterna deve adottare un linguaggio che varii con lo spirito del tempo. Le immagini archetipiche sono suscettibili di metamorfosi infinite eppure restano sempre le stesse; ma possono essere nuovamente intese soltanto in forma nuova". [JUNG: Pratica della psicoterapia - pg.206]

In una analogia con il fenomeno dell'evoluzione, la struttura fondamentale del DNA e la "dinamica" della sua evoluzione sono uguali in tutte le specie; mentre è il suo contenuto in termini di informazione che cambia da specie a specie.


L'angolo musicale:
FOUR NON BLONDES: What's up
https://youtu.be/6NXnxTNIWkc
#999
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
26 Settembre 2017, 00:31:16 AM
Citazione di: Sariputra il 25 Settembre 2017, 17:51:06 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 25 Settembre 2017, 17:29:39 PM
Citazione di: Sariputra il 25 Settembre 2017, 09:52:52 AM
affermiamo che tutto è relativo... e che niente nell'universo è assoluto, permanente e duraturo. .... c'è un unico e solo sentiero di purificazione (visuddhimagga) e una sola e unica purificazione (visuddhi) e nessun'altra
Se nell'universo <<niente è assoluto, permanente e duraturo>>, allora nemmeno l'insegnamento buddhista è assoluto, permanente e duraturo. Quindi potrebbe esistere più di UN sentiero di purificazione, come sostenevo io giorni fa. Oppure tutto è relativo tranne ciò che predica il buddhismo?  :)

Il buddhismo non ha in sé il concetto di "eternità" e quindi vede l'insegnamento stesso come contingente all'apparire di un buddha nel ciclo dell'esistenza. Solo la presenza e l'insegnamento di un liberato mette in moto la ruota del Dharma ( dà il primo giro ...), ruota che può continuare a girare se l'insegnamento viene trasmesso o se altri liberati appaiono nel mondo condizionato, come sparire in assenza delle condizioni adatte. Prima di Siddhartha, su questo pianeta ( su altri non lo sappiamo... ;D ) non vi era conoscenza di questa possibilità di liberazione. Adesso, dopo 2.500 anni, ne è rimasta "pochina" e sta via via scomparendo o snaturandosi in altro ( vedo tanti spinotti attaccati sulle zucche di bonzi attualmente... :( ).
E' come dire. ci può essere insegnamento senza insegnante? Ecco quindi che anche il buddhismo, in assenza de un insegnante, non è assoluto, non è permanente e purtroppo (  a gusto mio ma molti altri ne sarebbero felici...) non può durare. Ecco quindi l'importanza della trasmissione di questo insegnamento per tenerlo "vivo"... :)
Nel buddhismo, pur rivendicando per sé l'aderenza al "vero ascetismo", non c'è denigrazione degli altri sentieri purchè conducano alla liberazione...
In ogni caso si tratta di una religione e ogni forma religiosa, chi più e chi meno, chi in modo tollerante e chi in modo intollerante, è un pensiero "forte", quindi vitale, che porta all'agire, ecc.


Vuoi dire che nell'universo tutto è relativo e impermanente, tranne le verità rivelate dei liberati? I liberati non fanno più parte dell'universo?
#1000
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
25 Settembre 2017, 18:18:24 PM
Citazione di: Sariputra il 23 Settembre 2017, 21:51:05 PM
Posto un contributo di Riccardo Venturini che lo spiega meglio di me:


La Realtà ultima, essendo nel buddhismo definita come Vacuità, risulta non oggettivabile, non concepibile, non raggiungibile dalla coscienza ordinaria. Non si ripeterà mai abbastanza che con Vacuità non si indica il nulla, ma la mancanza di esistenza intrinseca dei fenomeni, ossia l'aspetto relazionale e interdipendente della realtà fenomenica.

Nemmeno l'atomo, né l'energia, né i neutrini, né le leggi della Fisica, sono raggiungibili dall'esperienza diretta, eppure l'osservazione accurata e metodica del mondo (la scienza) li ha resi oggettivabili grazie alle loro manifestazioni osservabili. Questo vale anche per la Realtà ultima. La psicologia e la storia comparata dei simboli e delle idee religiose hanno scoperto, infatti, che  Essa si manifesta alla coscienza sotto forma di sogni, visioni, intuizioni, ispirazioni, ecc., in immagini simboliche riconoscibili per la loro struttura tipica, anzi, archetipica, diffuse universalmente in ogni tempo e in ogni luogo (si veda il mio topic: "Il concetto junghiano di archetipo"). Ed è lo studio di queste forme simbolico-archetipiche e delle loro proprietà ciò che trasformerà progressivamente la Realtà assoluta in un vero e proprio oggetto di conoscenza. Questa scoperta (ancora pressoché ignorata dall'intellighenzia "dormiente" delle religioni) produrrà nei decenni e nei secoli a venire una rivoluzione delle scienze dello spirito comparabile a quella che l'applicazione degli archetipi numerici ai fenomeni fisici (Galilei) ha prodotto nel campo delle scienze della natura. Come scrive Jung:

"L'ipotesi dell'esistenza di un Dio assolutamente metafisico, al di là di ogni esperienza umana, mi lascia indifferente; né io agisco su di lui, né lui su di me. Se invece so che Egli è un possente impulso nella mia anima, me ne devo interessare".    [JUNG: Studi sull'Alchimia - pg.59]
 
"Nel definire Dio o il Tao come un impulso dell'anima o uno stato psichico, ci si limita a compiere una asserzione su ciò che è conoscibile, e non invece su quanto è inconoscibile, intorno al quale non potremmo affermare assolutamente nulla".         [JUNG: Studi sull'Alchimia - pg.63]
 
"La scienza non ha mai scoperto Dio; la critica della conoscenza sostiene l'impossibilità di conoscere Dio, ma la psiche umana afferma l'esperienza di Dio. Se così non fosse, di Dio non si sarebbe mai parlato".    [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.353]

Ma, probabilmente, i religiosi saranno gli ultimi a rendersi conto e ad accettare questa nuova straordinaria prospettiva di avvicinamento dell'uomo alla Realtà Ultima, appartenendo alla componente più graniticamente conservatrice e dogmatica della cultura umana.
#1001
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
25 Settembre 2017, 17:29:39 PM
Citazione di: Sariputra il 25 Settembre 2017, 09:52:52 AM
affermiamo che tutto è relativo... e che niente nell'universo è assoluto, permanente e duraturo.
....
 c'è un unico e solo sentiero di purificazione (visuddhimagga) e una sola e unica purificazione (visuddhi) e nessun'altra 

Se nell'universo <<niente è assoluto, permanente e duraturo>>, allora nemmeno l'insegnamento buddhista è assoluto, permanente e duraturo. Quindi potrebbe esistere più di UN sentiero di purificazione, come sostenevo io giorni fa. Oppure tutto è relativo tranne ciò che predica il buddhismo?  :)
#1002
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
24 Settembre 2017, 12:11:56 PM
Citazione di: Sariputra il 24 Settembre 2017, 09:33:32 AM


L'esperienza della vacuità ( di esistenza intrinseca dei fenomeni, ma anche della brama, dell'odio e dell'illusione) non è un rifiuto, una fuga, ma punta verso uno stato di Medesimalità assoluta, di vuoto assoluto che è assoluta pienezza. Essa parte dal presente assoluto che è esperienza pura, una esperienza in cui non vi è differenziazione e tuttavia non è uno stato di puro nulla. Nell'esperienza pura non vi è distinzione tra "dovrebbe" ed "è", tra forma e contenuto, e quindi non vi è in essa giudizio.

Capisco cosa vuoi dire perché nelle esperienze che ho tentato di sintetizzare nella sezione "Tematiche spirituali" ho vissuto anch'io, seppure per brevi momenti (ma estremamente illuminanti), degli stati di coscienza riconducibili alla tua descrizione. E tra quelle esperienze ce n'è una (una delle prime che ebbi all'inizio della mia ricerca) di cui non ho parlato e che riguarda proprio il Buddha. Se non mi crederai, o se la riterrai solo una mia fantasia estemporanea per apparire un "mistico", avrai tutta la mia solidarietà, ma mi azzardo lo stesso ad accennartela perché per me fu una delle prime "piccole grandi" rivelazioni, il primo "piccolo grande" segno che la nostra esistenza non si esaurisce in ciò che vediamo e che sperimentiamo ordinariamente. Se dovessi darle un titolo, sarebbe: "Il nostro Universo è un Buddha in meditazione". Ebbi questa "visione" fulminea - come anche le altre - in un momento di studio e di grande concentrazione riflessiva; salto la primissima parte della visione perché mi richiederebbe troppo spazio di scrittura, sebbene dimostrerebbe che non si trattò di una semplice fantasia, ma di una vera e propria esperienza. Nella seconda parte di essa mi ritrovo a contemplare un cielo notturno meraviglioso e costellato di stelle "viventi"; poi, all'improvviso, sono proiettato a velocità inusitata verso di esso fino a trovarmi ...fuori dell'Universo, in una oscurità assoluta ma pregna di vita, di beatitudine, di pienezza e di pace perfetta (il "non giudizio" di cui parlavi tu). Poi, alle mie spalle, avverto una presenza "magica"; mi volto e, con grande stupore, vedo la figura maestosa, immensa, del nostro Universo: la sua forma è quella, meravigliosa e regale, di uno stupendo Buddha in meditazione illuminato lateralmente da una luce divina (la cui sorgente era "fuori campo"). Qualcosa o qualcuno mi dice che io ero uscito da quell'Universo-Buddha attraverso il Suo "terzo occhio". ...E a questo punto terminò la visione e tornai in me.

Per il momento termino qui, perché devo uscire. Commenterò stasera il resto del tuo post.



L'angolo musicale:
GRUPPO ITALIANO: Tropicana
https://youtu.be/_a8KJUsDrbw
#1003
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
24 Settembre 2017, 02:47:47 AM
Citazione di: Sariputra il 23 Settembre 2017, 21:51:05 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 23 Settembre 2017, 21:03:51 PM
Citazione di: Sariputra il 23 Settembre 2017, 18:09:08 PM@C.Pierini scrive: Continuo a vedere il buddhismo come una filosofia gravemente mutilata. Se all'uomo togli il mondo e il corpo (maya, impermanenza), la verità nella parola e nell'intelletto (la conoscenza), il suo "io" e la sua relazione con Dio, resta solo un ombellico individuale che, perdipiù, è ...vuoto! ...C'e qualcosa che non torna! No, resta un "regno" di consapevolezza non egoistica, non fondata sull'Io/mio, sui suoi attaccamenti e sul suo ritenersi altro da ciò che lo circonda.
La "con-sapevolezza" presuppone l'esistenza di un soggetto cosciente e di un oggetto di cui il soggetto è con-sapevole ("con-" presuppone una dualità). Ma se tu mi togli l'"io" - che rappresenta il soggetto - e poi mi presenti come illusorio sia il mondo esterno (maya) sia la realtà interiore (il vuoto), cosa resta da considerare come "con-sapevolezza"? Il Nulla assoluto? Se l'io è illusorio, come fa ad "attaccarsi" a qualcosa di altrettanto illusorio? Chi "si attacca" a cosa? Va bene rifiutare il Logos, ma se poi si vogliono scrivere dei testi sul buddhismo utilizzando il Logos, se ne devono rispettare le regole più elementari; oppure si sta in silenzio e non si scrivono libri. Insomma, non si può pretendere la botte piena e la moglie ubriaca. Vedo che c'è più Logos in questo topic sul buddhismo che in qualunque altro topic di questo forum. Per cui decidetevi, ...o buddhisti! O rifiutate il Logos e state in silenzio, oppure ne fate uso rispettandone i canoni. Altrimenti mi sembra troppo comodo fare affermazioni e poi nascondersi alle critiche con il pretesto che esse seguono le regole inaccettabili del Logos, come se le vostre affermazioni non facessero parte del Logos. ...Dico bene? L'angolo musicale: MARIE LAFORET - La vendemmia dell'amore https://youtu.be/q4oPhGUxFRk

Posto un contributo di Riccardo Venturini:

Il silenzio del Buddha sulla Realtà ultima non è dunque un silenzio agnostico o strumentale, ma — per usare un termine della tradizione cristiana — un silenzio "apofatico", aspetto essenziale non solo dell'insegnamento, ma della stessa dottrina. L'inesprimibilità della Verità ultima non ha, cioè, origine da un'insufficienza conoscitiva umana, ma è un carattere costitutivo della verità. Solo una via apofatica, una via "negativa", può essere quindi proposta riguardo a
essa, una via che si ponga al di là di tutti i dualismi propri dell'intelletto discorsivo e discriminante.
L'insegnamento supremo di tutti i Buddha è giocato continuamente nella dialettica tra verità convenzionale (e mezzi didattici "provvisori"), da un lato, e Verità ultima, inesprimibile, dall'altro. Leggiamo nel Sutra del loto:
Questo Dharma è inesprimibile, è al di là del regno dei termini, [...] non è cosa che possa essere compresa mediante il ragionamento discorsivo e la discriminazione; solo i Buddha possono conoscerlo.

Il rischio del metodo "apofatico" è che, se non è bilanciato dal suo opposto complementare "catafatico", a forza di "togliere" si finisce col non far restare nulla.
Voglio dire: è vero che la Realtà ultima in sé è inesprimibile, ma è anche vero che se Essa fosse assolutamente separata e isolata dalla realtà immanente, se fosse una assoluta "Vacuità", nessuno ne avrebbe mai avvertito la presenza, né mai se ne sarebbe sentito parlare. Mentre, al contrario, la storia umana è stracolma fino all'inverosimile di testimonianze di "contatti" attorno ai quali si sono cristallizzate miriadi di religioni e di civiltà fondate sui loro insegnamenti. Inoltre, non è concepibile che la nostra realtà immanente non abbia alcun legame con la Realtà assoluta, che sia, cioè, una sorta di accidentalità cosmica assolutamente illusoria e priva di senso e da cui non resta che "staccarsi" ("non attaccamento", ascetismo) per poi fuggire quanto prima e tornare al "Grembo materno" dell'Assoluto. Mi sembra molto più ragionevole credere che, se siamo stati "catapultati" da quel "Grembo materno" in questo nostro Mondo materiale, una ragione dovrà pur esserci; e mi pare altrettanto ragionevole pensare che questo stesso nostro Mondo non sia affatto un capriccio del caso, ma che derivi in qualche modo dall'Assoluto, che ne sia una emanazione "fatta a Sua immagine e somiglianza" e che, pertanto, come intuiva Tommaso, nella conoscenza profonda di esso sia possibile vedervi rispecchiato l'Assoluto stesso.
Se così fosse, allora, il nostro scopo non sarebbe quello di fuggire attraverso il "non-attaccamento" e l'ascetismo, ma quello di amare il nostro Mondo e di conoscerlo profondamente, sapendo di amare in lui l'immagine dell'Assoluto; un'immagine non più ineffabile e inesprimibile, ma perfettamente dicibile e rappresentabile come Principio del Mondo. ...E chissà che il famoso detto: "Chi vede me, vede il Dhamma", non voglia significare proprio questo; che il Buddha, cioè, non sia che un simbolo del Mondo in cui si rispecchia il Dhamma Assoluto, il Verbo creatore.


L'angolo musicale:
CATHERINE SPAAK: Quelli della mia età
https://youtu.be/hQJJR59LZU4
#1004
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
23 Settembre 2017, 21:03:51 PM
Citazione di: Sariputra il 23 Settembre 2017, 18:09:08 PM
@C.Pierini scrive:
Continuo a vedere il buddhismo come una filosofia gravemente mutilata. Se all'uomo togli il mondo e il corpo (maya, impermanenza), la verità nella parola e nell'intelletto (la conoscenza), il suo "io" e la sua relazione con Dio, resta solo un ombellico individuale che, perdipiù, è ...vuoto! ...C'e qualcosa che non torna!

No, resta un "regno" di consapevolezza non egoistica, non fondata sull'Io/mio, sui suoi attaccamenti e sul suo ritenersi altro da ciò che lo circonda. 


La "con-sapevolezza" presuppone l'esistenza di un soggetto cosciente e di un oggetto di cui il soggetto è con-sapevole ("con-" presuppone una dualità). Ma se tu mi togli l'"io" - che rappresenta il soggetto - e poi mi presenti come illusorio sia il mondo esterno (maya) sia la realtà interiore (il vuoto), cosa resta da considerare come "con-sapevolezza"? Il Nulla assoluto? Se l'io è illusorio, come fa ad "attaccarsi" a qualcosa di altrettanto illusorio? Chi "si attacca" a cosa?
Va bene rifiutare il Logos, ma se poi si vogliono scrivere dei testi sul buddhismo utilizzando il Logos, se ne devono rispettare le regole più elementari; oppure si sta in silenzio e non si scrivono libri. Insomma, non si può pretendere la botte piena e la moglie ubriaca. Vedo che c'è più Logos in questo topic sul buddhismo che in qualunque altro topic di questo forum. Per cui decidetevi, ...o buddhisti! O rifiutate il Logos e state in silenzio, oppure ne fate uso rispettandone i canoni.  Altrimenti mi sembra troppo comodo fare affermazioni e poi nascondersi alle critiche con il pretesto che esse seguono le regole inaccettabili del Logos, come se le vostre affermazioni non facessero parte del Logos.  ...Dico bene?




L'angolo musicale:
MARIE LAFORET - La vendemmia dell'amore
https://youtu.be/q4oPhGUxFRk
#1005
Citazione di: Apeiron il 22 Settembre 2017, 23:53:07 PM
@Carlo grazie della risposta sulla relatività con la quale bene o male concordo. Ecco la "fallibilità di ogni fallibilismo" è proprio quello che con il mio esempio volevo evitare: nella relatività ristretta c'è una "realtà" di base (quella empirica) su cui ci si confronta, una verità concettuale (la "veritas") che fa da "assoluto" "epistemologico" e infine una realtà metafisica (lo spazio-tempo) "assoluta" sulla quale si può discutere se davvero "ci sia" o "no" (ossia se è "reale" o solo una concettualizzazione).  Un fallibilista respira, corre ecc come ogni altro uomo  ;D quindi negare una realtà empirica condivisa è ovviamente completamente errato. Un fallibilista inoltre arriva certamente a dire che "esiste la verità" (altrimenti non si potrebbe nemmeno dire quando uno sbaglia  ;) ) ma rimane il problema sulla terza "componente" metafisica: davvero posso dire che lo "spazio-tempo" è fisico? A mio giudizio no, è qualcosa che non posso sapere, non ho una mente sufficientemente "perfetta" per stabilire una cosa del genere.

Non c'è bisogno di una "mente perfetta" per strappare al regno dell'ignoranza delle verità definitive e indubitabili, ma è sufficiente una normale "mente umana" capace di migliorare nel tempo e di affinare la propria arte di interpretare il mondo e quindi di conoscerlo. E' questo ciò che ci dimostra la storia della nostra cultura, la quale, dal buio dell'istintualità dei nostri antenati scimpanzè, si è innalzata-evoluta "in un batter d'occhio geologico" fino a costruire immense biblioteche di sapere e fino al punto di metterci in grado di inviare una sonda nel cielo e di farla posare su una cometa di passaggio.

...Se lo spazio-tempo è una grandezza fisica? La scienza non ne ha la più pallida idea! Si tratta di un concetto "di frontiera" del nostro sapere, cioè di un'idea ancora oscura e sicuramente incompiuta. Se non sappiamo nemmeno cosa siano in sé il tempo e lo spazio, figuriamoci cosa possiamo saperne dello spazio-tempo. Tuttavia, ribadisco, l'esistenza di un grande regno dell'ignoranza non annulla l'esistenza di un'isola, piccola quanto vuoi, fatta di conoscenze sicure e definitive; anzi, è proprio l'esistenza di questa piccola isola di luce che alimenta in noi la fondata speranza cristiana che nel mondo << ...non c'è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto>> (Luca 12:2).



L'angolo musicale:
VERDI - Mercè dilette amiche, Op. Vespri Siciliani
https://youtu.be/OpUaYwqKShM