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Messaggi - Phil

#991
@paul11

Sorvolando su osservazioni che (ti) ho già sottoposto in precedenza (se non sbaglio) ovvero che Wittgenstein è anche quello dopo il Tractatus (v. Ricerche, "giochi linguistici", etc.), che dopo Husserl (forse l'ultimo dei metafisici davvero attenti alle scienze) l'intenzionalità si è dimostrata sempre meno trascendentale (v. neuroscienze, etc.), osservando inoltre come sia piuttosto audace affermare che «un problema psichico» o «una compulsione, una paura, un'ansia» (cit.) non esistano(?), poiché di fatto si manifestano empiricamente al punto da essere, pur con tutte le inaggirabili difficoltà del caso, talvolta persino studiabili e quantificabili (azione dei neurotrasmettitori, pulsazioni, osservazione clinica, etc.), resterei focalizzato sul tema del ruolo del dubbio nella fede.
I due passaggi portanti mi sembrano questi:
Citazione di: paul11 il 21 Novembre 2020, 19:53:21 PMse chiedo da dove mai è uscita questa legge fisica e non esauritasi nel "come" del fenomeno , ma il "perché" l'uomo è riuscito con le sue qualità a costruire questa legge: ......tutti o  tacciono o "svicolano" con argomentazioni generaliste e superficiali, compresi gli scienziati che la studiano  e la applicano.
[...]
ho necessità di risposte per dare senso alla mia esistenza.
Cos'è che lega lo "svicolare" degli scienziati di fronte alla domanda sull'origine delle leggi fisiche e la tua «necessità di riposte» per il (tuo) domandare un senso per l'esistenza? Qual è il tabù che loro dissimulano e che spinge ad individuare le risposte di senso esistenziale nella fede? Il nesso essenziale, almeno dal mio punto di vista, l'hai ben individuato: l'ignoranza, il non sapere, la mancanza (in tutti i sensi); questo (alcuni di) loro si rifiutano di ammettere e questo dà un senso al salto nella fede.
Inevitabilmente, tanto il non-rispondere/"svicolare", quanto il rispondere teologico-dogmatico (assiomatico, se preferisci), non possono scongiurare la legittimità del dubbio, che resta dunque testimonianza della debolezza (empirica, intersoggettiva, epistemologica, etc.) delle risposte che dovrebbero addomesticarlo, ovvero il «non lo sappiamo ancora, ma lo scopriremo in terra» degli scienziati ed il «lo sappiamo già, ma lo troveremo "in cielo"» dei credenti.
E la logica? Avalla tale ignoranza e tale dubbio nel momento in cui la sua deduttiva formalità non è garante di verità (che il domandare invoca) e soprattutto nel momento in cui riconosce l'infalsificabilità delle risposte della fede (che non significa, a scanso di equivoci, mettere in concorrenza le tavole di verità della logica con le tavole della legge divina, perché sono tavole su cui "banchettano" domande ben differenti).
#992
Citazione di: paul11 il 21 Novembre 2020, 00:20:09 AM
Il "mondo della vita" non è affatto solo empiria, è una mente per niente empirica e una coscienza per niente empirica che decidono falsità verità giudizio. Il giudizio empirico  è solo una delle possibilità .
Rimane il problema di cosa si intenda "fantastico", se ritieni che sia impossibile dedurre e rimanere nell'induttivismo empirico.
Per sola  via logica formale empirica funziona un automa non un umano.
La mente e la coscienza (sorvolando sulla questione se siano solo empiriche o meno e sulla differenza uomo/automa) decidono solitamente della verità di un giudizio basandosi sull'empiria, così come decidono della validità di una conclusione basandosi sulla logica. Se consideriamo l'appello all'empiria in quanto «verifica oggettiva del contenuto dei predicati»(autocit.), quale altro criterio può essere utilizzato per assegnare valore di verità ad una proposizione? Essendo nella sezione «spiritualità», la risposta più ovvia è: la fede; altrove si risponderebbe con «l'opinione» (come quando affermo la "verità" della proposizione «la Gioconda non mi piace» o «è giusto votare "no" a quel referendum»). Tuttavia, come tutelare la fede da quelle che hai chiamato «fantasticherie», se non facendo appello ad un contenuto minimo di empiria? L'esempio che ho citato di Godel dimostra che la pura validità logica non mette al riparo da fantasticherie, così come P. Gosse, con la sua teoria dell'"omphalos", dimostra che se si è motivati a difendere una tesi, senza l'onere di attenersi sufficientemente all'empiria, si può sempre trovare un (fantasioso) slittamento semantico o interpretativo ad hoc, proponendo tesi infalsificabili (e "circolari").
Chiaramente, questo non significa che «sia impossibile dedurre»(?)(cit.), è semmai forse impossibile evitare di fare deduzioni; nondimeno per assegnare dei valori di verità non serve la deduzione, in quanto operazione formale, ma una evidenza/opinione/motivazione/etc. per "compilare" il valore di verità della proposizione. Ed è proprio questo lo spazio in cui accade il dubbio nella fede: come detto, per me essa nasce nel momento in cui si dubita dell'evidenza empirica e si inizia a credere che ci sia dell'altro, cominciando a postulare, quindi a dedurre, ad "affermare il conseguente", etc.

Concordo sul fatto che
Citazione di: paul11 il 21 Novembre 2020, 00:20:09 AM
una religione è strutturata in Sacre Scritture e una Rivelazione: il dubbio può sorgere quando la Parola Sacra si ritenga  incoerente nel mondo della vita.
e tale incoerenza con il mondo della vita (pertinente alla suddetta "empiria" che circonda il soggetto) apre ad un'interpretazione dei testi sacri (a scelta fra i numerosi disponibili) che, retta dalla sua infalsificabilità (come dimostra l'esempio del citato P. Gosse), trova nella fede (non nella logica, tantomeno nell'empiria) l'unico placebo al dubbio, fra "c'è dell'Altro" ed "è tutto qui".
#993
Citazione di: paul11 il 19 Novembre 2020, 20:57:40 PM
Utilizzare la ragione razionalmente significa costruire deduttivamente dei percorsi logici coerenti, affinchè davvero non si fantastichi e non è necessario che vi siano dati empirici, materici.
Una postilla di logica: un «percorso logico coerente», ovvero un ragionamento valido, non evita di per se "fantasticherie" avulse dalla realtà, poiché la validità formale non è da confondere con la verità contenutistica (delle proposizioni coinvolte). Quello che evita "fantasticherie" (e che è il principale problema da affrontare quando si vuole passare dal piano deduttivo-formale al "mondo della vita"), è proprio l'appello alla "empiria", intesa come verifica oggettiva del contenuto dei predicati in questione.
Detto altrimenti: non è la correttezza formale del sillogismo (o della deduzione in genere) ad evitare la falsità, ma è la verifica del valore dei predicati, ovvero non è la sintassi del ragionamento a salvaguardarci dal non-vero, ma il controllo della (verità della) semantica.
Come esempio richiamo, ancora una volta, la dimostrazione dell'esistenza di Dio proposta da Godel (link): formalmente ineccepibile, tuttavia, se analizzata contenutisticamente, i suoi presupposti rivelano che la correttezza deduttiva non è garanzia di verità. Godel stesso ne parlò come di un esercizio formale, ben sapendo che, coerentemente ai suoi teoremi di indecidibilità, le definizioni proposte a fondamento della dimostrazione non sono dimostrabili all'interno del sistema stesso (questo non vuole essere un giudizio sulla visione filosofica della verità secondo Godel). Inoltre, proprio non partendo da evidenze empiriche, nulla vieta di sostituire fantasiosamente i termini delle definizioni (ad esempio «Dio»), senza inficiare minimamente la validità formale del ragionamento, che si dimostra così, appunto, un mero esercizio di deduzione sganciato dal "mondo della vita" e senza attendibili ambizioni veritative.

Secondo me lo spazio più problematico del dubbio (nella fede e non solo), non è tanto quello formale-deduttivo (l'essere logicamente coerenti), ma quello della semantica del contenuto, del rapporto fra il ragionamento e la realtà (come ben dimostrano alcuni aspetti mistici e fideistici delle religioni). Per le questioni di teologia o filosofia teoretica (e suppongo forse anche di fisica teorica), l'adaequatio non è la soluzione, è semmai il problema (o meglio, l'aporia).
#994
Percorsi ed Esperienze / Re:Castalia
18 Novembre 2020, 13:36:42 PM
Ringraziando per il caffè virtuale, ricambio con la segnalazione di un'altra Castalia, quella del romanzo di Hesse. Pare che il nome derivi da «castità», ma giocando un po' con l'etimologia si può arrivare anche a «casta» come "illibata" ed escludente classe sociale di cui, forse, potremmo rinvenire traccia nel romanzo di Hesse (non l'ho letto).
#995
La fede religiosa, se concepita al di fuori del contestuale imprinting culturale, nasce in un certo senso anche dal dubbio: dal dubbio che la realtà materiale (con annesse astrazioni) sia l'unica esistente, dal dubbio che l'uomo sia solo corpo, dal dubbio che con la morte cessi la totale esistenza di una persona, dal dubbio che la giustizia umana sia l'unica tutela, dal dubbio che sia tutto comprensibile con scienza ed esperimenti, etc. tutta una serie di dubbi basati su una negazione implicita (la materia non è tutto, l'uomo non si esaurisce con la morte, la verità non è solo scientifica, etc.) dell'evidenza esperibile (per questo la fede è più "intuito" che razionalità). Potremmo dire che è un dubbio alimentato dall'atavico desiderio/volontà/pulsione di ulteriorità, di trascendenza, di "plusvalore semantico", dal rifiuto del «è semplicemente tutto qui».
La fede subentra in seguito come (dis)soluzione di tali dubbi alla "luce" dell'affermazione della verità della negazione dell'evidenza («sì, c'è anche un post-mortem», «sì, c'è altro oltre al corpo», «sì, ci sono verità non scientifiche», etc.), affermazione suggerita coralmente da gran parte delle religioni, che poi si differenziano man mano che si analizza il contenuto specifico delle rispettive affermazioni e dogmi.
Tuttavia il dubbio può sopravvivere alla sua (dis)soluzione proposta dalla fede, cambiando di senso e direzione, proprio perché ha radici anche nella completezza dell'evidenza esperibile: ad esempio, se prima si dubitava che la persona si spegnesse totalmente nella morte, poi si può dubitare che davvero ci sia dell'altro, poiché tale fede fornisce la desiderata ulteriorità ma non inappuntabili argomentazioni in merito.
#996
Attualità / Re:Integralismo Islamico
09 Novembre 2020, 12:03:50 PM
La nascita di "safe spaces" presuppone una certa forma di libertà, ovvero la libertà di scelta "programmatica" o gestionale, senza limitare radicalmente la libertà altrui; da non confondere con il caso in cui il "safe space" sia istituzionalizzato e forzato dal potere politico. (E)semplificando: se non vuoi vendere Harry Potter per motivi tuoi, sei libero di farlo, in fondo resto libero di acquistarlo altrove; se quell'università ha delle restrizioni sulla satira al suo interno, posso magari organizzarmi al suo esterno; se non è concesso al Papa di fare una lectio in aula, questo non gli impedisce certo di esprimersi in molti altri modi su molti altri canali, etc.
Sarebbe meglio se al posto di questa autoregolamentazione privata ci fosse l'obbligo statale di non poter scegliere se vendere o meno Harry Potter, non poter mettere delle "norme di condotta" nelle università o scegliere liberamente chi accettare come relatore, etc.?
Per inciso va notato come sia più non-violento (in tutti i sensi) rifiutare di vendere un testo che si ritiene inopportuno, piuttosto che pubblicare un testo violento (linguisticamente parlando) e, finché è la scelta di "obiezione" di un privato (non di un governo), mi pare ciò non leda alcuna libertà e non alimenti tensioni sociali.

Finché la risorsa di informazione/senso/culto/etc. resta reperibile, seppur non in tutti i luoghi possibili (a discrezione del privato che li gestisce), credo che non ci siano rischi di omologazione o sterilizzazione del dibattito. Nel momento in cui saranno le biblioteche pubbliche a mettere per legge all'indice Harry Potter, Twain, etc. allora scopriremo quanto è davvero inclinato quel piano che ora sembra, a parer mio, tutto sommato piuttosto "accogliente".
Chiaramente i casi singoli che fanno notizia, proprio finché fanno notizia, non sono necessariamente campanelli d'allarme, bolle in movimento sulla livella che indicano una pendenza preoccupante.
#997
Attualità / Re:Integralismo Islamico
08 Novembre 2020, 15:07:48 PM
Non conoscevo i "safe spaces" universitari, ma mi sembrano comunque confermare come nel nostro occidente (oggi, non mezzo secolo fa) non ci sia autentico rischio di una censura che istituisca un piano inclinato che un Kadyrov possa cavalcare per arrivare al potere (un campus universitario non è socialmente paragonabile ad un'edicola che, come hai giustamente osservato, non è comunque l'unica sede di discussioni critiche, siano esse satiriche o accademiche).
Come tutti i contesti regolamentati (dal calcetto al parco fino ai summit dell'Onu), si tratta di capire quale è lo scopo e quali le potenzialità e i rischi di tali spazi "safe" nelle università. Anzitutto, "safe" da cosa e per chi? Se si tratta di uno spazio che cerca di non diventare l'ennesimo ricettacolo di scurrilità, violenza verbale, luoghi comuni e (pseudo)argomentazioni da bar, allora il dibattito conseguente ne trarrebbe giovamento in termini di contenuti e serietà (che in un università, a mio avviso, non stonano affatto). Se si tratta invece di uno spazio in cui non si può criticare la posizione altrui, in cui ognuno può trincerarsi nella sua "filter bubble", con la certezza che a nessuno è consentito fargliela "scoppiare" (dialetticamente), allora credo non ne segua nemmeno un discorso: tutti in silenzio, ognuno con la sua verità autoprodotta o forse, peggio ancora, tutti a declamare la propria verità, a turni alterni, e nessuno a dialogare, in una babele di monologhi narcisistici (per non dire autistici).
Chiaramente, questi sono due estremi; verosimilmente i "safe spaces" attuali suppongo risultino qualcosa nel mezzo, ma si tratta comunque di discernere il ruolo di offesa ed argomentazione: si può difendere qualcuno dalle offese pur esponendolo ad una "spietata" controargomentazione, perché risparmiare offese non comporta l'astenersi dal confronto ragionato (che magari può mettere a disagio, ma non offendere, ed è una differenza che per essere rilevata non richiede una commissione di psicologi e semiologi). Banale osservare come, in generale, il ruolo del filtro, della regolamentazione, della selezione, etc. sia tanto socialmente funzionale (necessario) quanto potenzialmente deleterio.

Concordo che le università possano essere utili e formative anche in quanto "dangerous space", ma solo se il "danger" che vi si affronta non è quello della volgarità o dello scherno, ma quello della controargomentazione, senza "diti medi" e con molta "sostanza". Come già osservato, sebbene credo che esporsi alla satira (e anche all'offesa verbale) possa aiutare a "farsi gli anticorpi", tuttavia se un'istituzione culturale decide di lasciare alla strada, alle copertine satiriche e ai social la produzione di tali "anticorpi" (ruolo quindi non abolito ma solo demandato a dove è più spontaneo), per provare a privilegiare discorsi, argomentazioni e dibattiti seri "filtrati" nella forma, non nei contenuti, non mi sento di biasimarla (altrimenti diventa solo un'altra palestra di irrobustimento del carattere e ci si dimentica che oltre a saper incassare un'offesa può giovare anche imparare a controargomentare seriamente).
#998
Attualità / Re:Integralismo Islamico
07 Novembre 2020, 18:47:42 PM
@InVerno

Due appunti:
- definisci la Russia «stato pienamente occidentale»(cit.), tuttavia credo che la sua definizione di «manifestazione non regolare» che hai citato la differenzi abbastanza nettamente dell'Occidente europeo a cui mi riferivo (soprattutto la fase della «sparizione degli arrestati»). Se a questo accostiamo che «in Russia la satira è pienamente accettata»(cit.), mi/ti chiederei: meglio avere la satira e rischiare di sparire nell'oblio per aver alzato un braccio in piazza, oppure non avere la satira e poter manifestare almeno con un cartello bianco? Noi che abbiamo entrambe le "opportunità", quanto siamo "fortunati"?
- il "revenge porn" l'ho citato alludendo al discorso delle priorità di cui la legge si occupa, non come paragone per la satira o la libertà d'espressione (non vedo alcun nesso con entrambi).
#999
Attualità / Re:Integralismo Islamico
07 Novembre 2020, 15:00:21 PM
Citazione di: InVerno il 07 Novembre 2020, 13:17:55 PM
Non è una fallacia scivolosa, è una conseguenza inevitabile della regolamentazione di qualcosa estremamente "scivoloso" per natura quanto il linguaggio in generale
Non concordo pienamente sull'inevitabilità delle conseguenze della regolamentazione, basate sulla parzialmente condivisibile scivolosità del linguaggio: la legge stessa dimostra che non tutte le interpretazioni sono legittime, sebbene la flessibilità ci sia e alcuni termini siano ambigui. Difficilmente (estremizzando per chiarire) «le tesi su Feuerbach» di Marx, pur sintetiche e schiette, potrebbero essere classificate come «satira» o una copertina di Hebdo come «argomentazione». Ci sono sicuramente zone anomale di confine, ma pensare che (ripeto: non è quello che mi auspico) censurare Hebdo, o "satira" affine, abbia come «inevitabile conseguenza» arrivare a censurare «le tesi su Feuerbach» mi sembra, magari sbaglio, piuttosto sdrucciolevole come conclusione (almeno dalle nostre parti, diciamo Europa occidentale in genere).
Concordo che se si volesse giocare a fare gli inquisitori, sarebbero (come anticipato dal «benaltrismo» di davintro) altre le priorità in lista, chiaramente mutevoli a seconda dell'orientamento di chi gioca a fare l'inquisitore; tuttavia in questa sede, più che argomentare sulla censura della satira (misura per me eccessiva e controproducente) o di paragonarla ad altri fenomeni (se non erro, parlando di priorità, si è da poco legiferato sul «revenge porn»), mi interessava capirne i meccanismi e la reale importanza.
#1000
Attualità / Re:Integralismo Islamico
07 Novembre 2020, 12:23:04 PM
Citazione di: InVerno il 06 Novembre 2020, 20:56:04 PM
Tutto questo (e molto altro, ma non ho voglia di continuare) perchè c'è  qualcuno che non sa sopportare uno scherzo, e vuole rischiare la sua e altrui libertà di espressione, dando allo stato una valanga di motivi per censurare ad libitum qualsiasi espressione, nella speranza che il governo rimanga democratico, e non arrivi un Kadyrov a sfruttare codeste leggi per instaurare un regime totalitario, forse proprio per il fatto che il "Kadyrov" anzichè esser relegato all'operetta come meritava da un comico, è stato preso seriamente "per costrizione". Allora e solo allora, quello che prima voleva la censura alla satira dirà "Eh no, scusate, con Renzi non mi andava bene, ma ora che c'è Kadyrov posso prenderlo per il culo? Per piacere.."
Premesso che non sono sostenitore della censura della satira (pur non amandone troppo lo spirito, lo riterrei eccessivo, essendo comunque un'utile valvola di sfogo), quello che non mi convince è questa sopravvalutazione del suo ruolo, il ritenerla puntello di tutte le libertà espressive, tolto il quale una presunta «valanga di motivi»(cit.) potrebbe innescare la censura "ad libitum" di qualsiasi espressione (falso dualismo e non sequitur scivoloso affine a quelli del tipo «prima vietano di fumare nei luoghi chiusi, poi bandiranno le sigarette, poi gli alcolici e poi i sindacati», oppure «iniziamo con il lockdown e l'app "Immuni", poi finiremo con la legge marziale e chip di sorveglianza sottopelle»). La caratteristica principale di dittature e simili non credo sia quella di proibire la satira, ma di proibire quasi tutto il resto delle libere espressioni, che noi diamo per scontato e di cui possiamo parlare apertamente e, volendo, persino seriamente.
Suppongo nessuno creda che sia la sola nostra libertà di satira ad impedire ad un Kadyrov di prendere il potere, come se non ci fossero altre motivazioni serie a rendere tale scenario improbabile, rispetto alle quali la satira su papi e governanti conta poco o niente. D'altronde se, per assurdo, salisse al potere un Kadyrov e la nostra reazione fosse «posso prenderlo per il culo? Per piacere...»(cit.), allora non mi stupirebbe troppo chi sia finito con il lasciarsi governare da chi.
#1001
Attualità / Re:Integralismo Islamico
04 Novembre 2020, 23:51:58 PM
@InVerno

Ispirandomi al tuo «mal capiterà chi vorrà trovare un atto di violenza nella storia perpetrato con una commedia in mano»(cit.) mi è venuto da sottolineare che non può essere altrimenti, perché la violenza (fisica) e i cambiamenti sociali non sono fatti dalla satira e della commedia (è una precisazione banale, forse avevo sopravvalutato la banalità stessa della tua affermazione).
Con "adolescenziale" mi riferivo non solo ad Hebdo, ma, sempre banalmente, a tutte quelle forme di satira che presentano appunto i tratti adolescenziali che ho accennato sopra (e che credo molti di noi potranno associare alla propria adolescenza o al proprio "adolescente interiore").
#1002
Attualità / Re:Integralismo Islamico
04 Novembre 2020, 18:06:26 PM
Citazione di: InVerno il 04 Novembre 2020, 14:53:20 PM
I discorsi più pericolosi sono quelli più seri
Sono infatti i discorsi seri/pericolosi, una volta applicati e soppesati anche con vite umane, ad aver reso possibile la stampa della satira odierna (non certo la satira stessa). Nonostante l'anatema «una risata vi seppellirà», non è con lo scherno che sono stati seppelliti in occidente tutti quei contesti in cui la satira non aveva posto (e che hai ricordato: teocrazie, dittature, etc. per quanto non estinte ovunque). Per questo i cambiamenti, che talvolta hanno richiesto violenza, non sono avvenuti (e non sarebbero potuti avvenire) «con una commedia in mano»(cit.): la satira, essendo ancor meno seria ed argomentata della commedia, non può essere (pro)motrice di autentici cambiamenti sociali, ma solo di fugaci colpi di gomito e ghigni fuor dall'edicola (per chi ha umorismo confacente ai suddetti toni adolescenziali, che non è certo un reato).
Ribadisco che, secondo me, non si tratta di bandire la satira e la blasfemia (imparagonabili ad omicidi e stragi), né di "difendere" religioni o assolutismi (almeno nel mio caso), tuttavia non vedo nemmeno il motivo di osannarle come baluardi anti-totalitaristi o emblemi della libertà di espressione, forse confondendole con ben altro (sarebbe come affermare, per riprendere la tua immagine, che è lecito credere all'incarnazione di Cristo solo se nei vangeli c'è esplicita testimonianza delle sue "strombazzate"; forse l'importante è altro?).

P.s.
Credo che non sarebbe poi male se il terrorismo rispondesse «occhio per occhio» alla satira, ovvero satireggiando a sua volta, piuttosto che alimentare i necrologi.
#1003
Attualità / Re:Integralismo Islamico
04 Novembre 2020, 13:20:53 PM
Citazione di: Jacopus il 04 Novembre 2020, 13:08:13 PM
"La satira è un genere della letteratura, delle arti e più in generale della comunicazione, caratterizzata dall'attenzione critica ai vari aspetti della società, mostrandone le contraddizioni e promuovendone il cambiamento" (da wikipedia. Chi vuole può approfondire).


Scambiare la satira per violenza e aggressione da bulletti non mi sembra corretto.
Credo che la satira qui in questione sia principalmente quella antireligiosa, nella fattispecie quella di C.Hebdo; non a caso ho usato spesso fra virgolette alte la parola «satira» riferita a quel tipo di vignettistica, proprio perché secondo me
Citazione di: Phil il 01 Novembre 2020, 14:45:05 PM
La satira è infatti scherno basato su contenuti, non fine a se stesso.
Suppongo basti guardare l'ultima copertina su Erdogan per capire che quello di Hebdo non sia esattamente un sagace umorismo di contenuto, volto a risvegliare coscienze sopite.
#1004
Attualità / Re:Integralismo Islamico
04 Novembre 2020, 12:08:27 PM
Gli aspetti sociologici attuali mi pare raccontino le incertezze tipiche di una fase di transizione culturale: festeggiamo ricorrenze religiose, soprattutto a scuola, dove però il crocifisso inizia ad esser visto come manipolatorio o persino "offensivo"; rivendichiamo il diritto alla blasfemia per poi magari criticare il dilagare di polarizzazioni acritiche (che la satira alimenta); il Papa apre le porte all'omosessualità, ma indugiamo ancora nel ricordare le crociate, Bruno, etc.; difendiamo la "satira", ma poi la troviamo inopportuna se prende di mira il nostro orticello (ponte di Genova, terremoti, Rigopiano, etc.).
Di certo la "satira" in questione, proprio come i "cinepanettoni", la pornografia, etc. parla il linguaggio degli adolescenti (non necessariamente quelli anagrafici, sicuramente quelli "interiori"): espressioni e umorismo da bagni di liceo, passione per l'antagonismo, ricerca dell'eccesso, avversione per la profondità e l'analisi concettuale, etc. magari sotto l'egida della fallacia di falsa dicotomia: se non fosse consentita la satira, l'alternativa certa è l'inquisizione o la dittatura (confondendo così la libertà di satira/blasfemia con quella d'espressione di opinione: per assurdo, bandire la prima non implicherebbe affatto bandire la seconda, così come proibire i vestiti da clown non comporterebbe incitare al nudismo).
Personalmente credo, come Sariputra, che mettere in circolo avversione (essenza della satira) e violenza (seppur solo verbale) contribuisca ad aumentare la complessiva quantità di tensione, avversione e violenza nella società, dando una direzione poco ospitale alla vita comune. Nondimeno, l'esposizione all'ostilità verbale potrebbe, in generale, servire anche a sviluppare anticorpi antisatira (per "saturazione satirica"), proprio come il bulletto che in classe manda tutti a quel paese, dopo un po' non risulta più offensivo per quasi nessuno (e viene magari compreso per la sua necessità di esternare frustrazioni nate altrove). Il problema potrebbe essere che nel frattempo quelli mandati a quel paese (circolo dell'antagonismo) mandano all'altro mondo i presunti amici del bulletto (talvolta il bulletto stesso); reazione di certo esecrabile e giustamente punita dalla maestra che tuttavia, a furor di classe, "deve" garantire al bulletto la libertà di sbeffeggiare alcuni compagni, consentendo che serpeggi tensione e antagonismo (nella consapevolezza che la goliardia è comunque una valvola di sfogo). Questo significa essere favorevoli all'abolizione della satira, voler ripristinare la censura, purghe varie e i campi in Siberia? Ovviamente (spero), no; una volta che si hanno chiare le dinamiche, (non) si può (non) accettare di stare al gioco, sapendo di essere liberi di poter pubblicare online una vignetta sacrilega e satirica (ognuno secondo le sue possibilità comiche), nella duplice certezza che il male lo fa chi uccide per quella vignetta e che non tutti possono "perdere tempo" a fare/leggere analisi serie e ragionate (che, a differenza della satira volgare, hanno utilità sociale in termini di consapevolezza politica, critica del sistema e antidoto ai totalitarismi).


P.s.
In fondo, nello sport (attività comunque basata sulla competizione) la provocazione e l'offesa all'avversario vengono in genere redarguite o sanzionate (secondo i canoni del gioco); tuttavia, quando ci sono di mezzo la "verità", la "libertà" e l'autoaffermazione, la sportività di base passa spesso in secondo piano (non mi riferisco solo ai terroristi, pur senza paragonarli minimamente a satiri, talentuosi o di bassa lega che siano).


P.p.s.
Citazione di: InVerno il 03 Novembre 2020, 14:46:12 PM
quando Hebdo fà una vignetta sull'Italia dipingendola come un pezzo di sterco a forma di stivale, è mosso dall'anti-italianità, dal considerarci rozzi creduloni, e dalla voglia di bastonarci perchè ci ritiene dei subumani?
Comunicazione di servizio: pare che quella copertina fosse una bufala.
#1005
Attualità / Re:Integralismo Islamico
01 Novembre 2020, 14:45:05 PM
Concordo pienamente sul fatto che le "nostre" istituzioni non debbano tutelare visioni strampalate tappando la bocca a chi ne dimostra l'infondatezza, ma, appunto, dimostrarne l'infondatezza, argomentando, non è prenderle in giro e, masochisticamente, provocarne la prevedibile violenza. La satira è infatti scherno basato su contenuti, non fine a se stesso. Per inciso, il postmoderno ("capro espiatorio di default" che accomuna credenti e non credenti), piuttosto scientista di natura, non son sicuro faccia "lagne" per preservare (terra)piattismi culturali, e riguardo al suo rapporto con le religioni credo sia sufficiente ricordare in quale "culla paradigmatica" sia nato, soprattutto in Francia. Macron ha ricordato doverosamente i fondamenti libertari della repubblica; come detto, sta poi ai singoli usare avvedutamente le libertà di cui dispongono, almeno tanto quanto sta ai governi contrastare il terrorismo, mettere museruole, incatenare e sopprimere.