Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - Sariputra

#991
Citazione di: Lou il 21 Settembre 2017, 19:04:07 PM
CitazioneSicuramente questi allegroni di hamish ( si fanno di quelle cantate corali memorabili... :o ) non fanno ricerca scientifica.
Beh, ma in base al principio di "reale utilità e necessità", all'occorrenza, se ne avvalgono, della ricerca scientifica. ;)

Certo! sono molto pragmatici... ;D
#992
Citazione di: InVerno il 21 Settembre 2017, 16:32:18 PM
Citazione di: Sariputra il 19 Settembre 2017, 16:06:38 PM@inVerno ormai alle porte scrive: Ipocrisia e crassa ignoranza scientifica mescolata. Non è che la stufa "efficiente" è cascata dal cielo mentre passava babbo natale, è il risultato di tante altre piccole scoperte "inutili" e un generale livello scientifico migliorato anche in campi che agli amish "non piacciono", tra le quali l'elettricità, la meccanizzazzione grazie alla quale possono comprarla ad un prezzo irrisorio, la scoperta di isolanti efficienti e materiali complessi etc etc etc. Sarebbe come fondare un movimento luddista che però ha grande rispetto per le missioni spaziali. Il fatto che devono comprarla e non se la possono autoprodurre con i loro calessi dovrebbe essere sufficientemente rivelatorio riguardo alla loro cecità. Sicuramente ipocriti ( probabilmente però non più ipocriti della maggior parte di noi... ;) pensiamo a come tuoniamo contro lo sfruttamento delle risorse del terzo mondo e poi, nessuno di noi, è disposto a rinunciare all'ultimo modello di Suv o all'ultimo Iphone, o vacanza low cost in un bellissimo resort luccicante al centro della miseria...) , ma a me premeva mettere in evidenza che, il fatto di ritenersi fuori dal progresso scientifico, non necessariamente crea in tutti un senso di angoscia e di alienazione o di timore per il futuro. Questi beccaccioni di hamish fanno figli, non vanno mai dallo psicologo, hanno un bassissimo livello di conflittualità e di criminalità, idem per i suicidi ( al contario di coloro, tipo i giapponesi, che godono ampiamente di tutti gli ultimi gadget tecnologici...). Quindi la teoria dell'amico antonhy, per me, non regge molto... Poi loro, da quel che ho letto, non sono contrari al progresso, ma ogni innovazione deve rispettare il principio di " reale necessità e utilità". Al massimo quindi si potrebbero definire come dei fautori di un'estrema lentezza del progresso e di una finalità che deve essere condivisa dall'intera comunità hamish ( infatti ci discutono sopra moltissimo prima di accettare un'innovazione...). A noi nessuno ci chiede l'accettazione o ci spiega la finalità di tantissimi progressi tecnologici. In sostanza ci vengono "imposti" da lobby, multinazionali e scienziati più o meno pazzi... Intendiamoci, non sto facendo l'apologia del movimento mennonita, ma... dopo tutto... da quale magnifico pulpito li giudichiamo? Cosa abbiamo realmente da insegnare ? mah... :(
Beh da qualche pulpito, io faccio la critica sovente allo sfruttamento del terzo mondo e non ho ne suv ne l'ultimo iphone, in generale mi tengo lontano da tutto ciò che non è necessario o utile, come ho già "rivelato" vivo una vita agreste e parca con un reddito minimale, non ho nemmeno internet (vi rispondo quando mi aggancio a qualche rete, ma questa più che una scelta è una costrizione). Non so se potrei entrare negli amish, ho una bella stufa anche io ;), ma posso sicuramente dire che anche se applico nella mia vita un "non so che di amish" quello che dicono non ha alcun senso. Il progresso scientifico non ha alcuna necessità e utilità, come ho visto recentemente ribadire ad un fisico del Cern di Ginevra a cui veniva chiesto il "ritorno economico" di questa ricerca, potrebbero essercene tanti o nessuno, non è che chi ha "scoperto" le onde elettromagnetiche aveva in mente il forno a microonde, si fa ricerca scientifico e le applicazioni (forse) arrivano dopo, forse dopo un anno, forse dopo cento, forse mai, forse solo se avviene progresso anche in altri settori. Quindi seppur sia convinto che un consumo critico sia l'unico modo per far realmente pressione sulle lobby e i gruppi di potere (altro che scioperi), questo non ha nulla a che fare con il progresso scientifico. O sbaglio?

Sicuramente questi allegroni di hamish ( si fanno di quelle cantate corali memorabili... :o ) non fanno ricerca scientifica. Presumo che non gliene interessi assolutamente un piffero, visto che sono tutti contadini o carpentieri, con le mogli casalinghe o maestre. Non so se pensano che la Terra sia ancora piatta, ma probabilmente poco ci manca...quindi penso che il loro rifiuto s'intenda rivolto alle ricadute tecnologiche della scienza che interrogano continuamente la loro volontà di vivere in un certo modo, del tutto legittimo a parer mio, visto che non fanno del male a nessuno ( sono superpacifisti convinti, e questo gli è stato riconosciuto anche dallo stato, visto che anche durante la II° G.M. hanno ottenuto di svolgere il servizio civile come obiettori di coscienza...). Il loro ritmo di crescita demografica è praticamente doppio rispetto alla media nazionale e, tra un ventennio, si stima saranno più di un milione. Il fenomeno delle "chiese libere" e delle varie nuove religioni spesso sincretiche o new age sta dilagando sia nel Nord che nel Sudamerica. D'altronde , nel vuoto siderale delle religioni tradizionali e della politica con la P maiuscola, è inevitabile che la gente cerchi delle certezze in chi gliele mette sotto il naso concretamente. Il senso di sicurezza è importante nelle persone, non tutti sono aspiranti filosofi ,scienziati, artisti o letterati. C'è una moltitudine di gente là fuori a cui il progresso tecnologico incessante ha segato le radici e adesso si trovano ad aleggiare per aria in balìa del vento...Prima ancora di capire quali erano veramente queste radici, gliele hanno sottratte...che presa per il sedere che è la vita, ridicola... se non fosse così dolorosa per tanta povera gente...mah!
#993
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
20 Settembre 2017, 23:55:56 PM
@Apeiron
Nessuna pazienza da parte mia,, anzi...è molto utile scambiare le nostre opinioni sul Buddhismo anche per il sottoscritto. Lo costringe a ritrovare , nella memoria, un filo di ricordi che rischia sempre di logorarsi, o di spezzarsi addirittura. Ci fu un tempo in cui Sari...beh!Lasciamo perdere... :D
Le difficoltà d'interpretazione del Nibbana non ci devono demoralizzare. Essendo una cosa che va realizzata e non "capita" intellettualmente, concettualmente, è inevitabile che, al momento di tentare di descriverla per concetti, si vada incontri a interpretazioni non omogenee. Ma sembra più un problema della concettualizzazione, dell'idea che ci siamo fatti del Nibbana che non del Nibbana in sé.
Se poi pensi che, dopo 2.500 anni, ci sono ancora differenze di visione tra gli stessi buddhisti, è assolutamente normale che ve ne siano anche tra noi, che magari non abbiamo nemmeno praticato tanto come loro il Dhamma. Quello che so è che, a tutt'oggi, non ci sono scuole  e tradizioni buddhiste che abbiano un'interpretazione negativa del Nibbana. L'annientamento totale, il nichilismo, non è accettato da nessuna di queste ( anche se , a volte, alcune traduzioni che arrivano in Occidente sembrerebbero "tirare" da quella parte...ma io mi fido del parere del grande Nyanaponika Mahathera al riguardo... ;) ).
Il Nibbana non è "niente" , ma non è nemmeno "qualcosa". Quando si afferma questo è come un tentativo di trascendere il dualismo tipico della mente umana: qualcosa-niente, soggetto-oggetto, ecc.
Come si fa a definire correttamente come "qualcosa" uno stato da realizzare che trascende il linguaggio? Allo stesso tempo come si fa a definirlo "niente", visto che c'è, che si realizza? Se lo si definiva come "qualcosa" si rischiava di "entificarlo", come "niente" si cadeva nell'estremo del nichilismo. Purtroppo il Nibbana sfugge ad ogni definizione che possiamo dargli usando i mezzi limitati del linguaggio umano. Il Nibbana si realizza, ne possiamo fare esperienza. Quando brama, odio e illusione sono sradicate...eccolo realizzarsi, è lì, c'è sempre stato. Se lo vediamo "fuori" non lo troviamo. E' in questo corpo ( alto cinque piedi, ecc.) che c'è il sorgere del dolore e il suo svanire , la Cessazione ( Cessazione è un termine bellissimo se ci pensi,  nel Buddhismo non viene mai inteso, come da noi, in senso negativo ma è...la cessazione del dolore e il risveglio alla nostra vera natura, al Nibbana...).
Quando Siddhartha si è trovato sull'orlo della morte, per la durissima, inumana ascesi. Spossato nel corpo e nella mente, disperato per constatare che gli enormi sforzi fatti lungo sette anni non l'avevano portato a superare il dolore...è una bella immagine che ho trovato in un testo di Thich Nhat Hanh...si trova sul punto di gettare la spugna. L'impresa sembra impossibile. Quando...osservando un giovane pastore di bufali che stava facendo abbeverare gli animali al fiume, ha un'intuizione che è un ricordo. Si ricorda che, una volta, mentre stava osservando i contadini al lavoro nei campi, sotto l'ombra di un albero, aveva provato una pace senza parole, una calma consapevolezza della mente, un riposo fuori dal tempo si potrebbe dire...allora pensa:"Quello stato che provavo era privo di dolore, c'era serenità e gioia in me, non vi era traccia di brama, odio e illusione"...ecco l'intuizione fondamentale che lo porterà alla Bodhi. Il Nibbana è sempre con me, devo solo "togliere", non "aggiungere". Ecco il Dhamma del non-attaccamento, del non-aggiungere ( altra brama, altro odio, altra illusione...). Se pensiamo che il Nibbana è qualcosa di mostruosamente "trascendente" saremo solo impauriti, presumiamo di non essere all'altezza, di essere troppo limitati, imperfetti, condizionati dalle cose. Ma se invece lo sentiamo in noi le cose cambiano, forse si comincia a "vedere"... ( e poi si fa sera, e la pioggia cade, e riposiamo nel suo lento tintinnare ...). :)
#994
Citazione di: Angelo Cannata il 20 Settembre 2017, 20:29:31 PMSariputra, non mi sognerei mai di pensare male di te. Io mi riferisco a meccanismi che avvengono in tutti, senza che ce ne accorgiamo, in me, in te, in tutto il mondo. Sono idee che si fanno strada nei nostri cervelli e li condizionano, mentre noi siamo in buona fede e non vi facciamo caso. Quando in un essere umano di affaccia l'idea che il suo prossimo potrebbe essere da manicomio, s'innesca da sé un meccanismo di affermazione di sé, a sfavore dell'altro: io sono nel giusto, quello è da manicomio. Questo avviene anche quando semplicemente proviamo a pensare alla cosa come pura ipotesi. Se io dico "Immaginiamo che ci sia qualcuno che dica che la luna è nel pozzo e quindi questo qualcuno sia pazzo", questo semplice immaginare porta già con sé condizionamenti mentali che mi portano ad autoaffermarmi, a svantaggio dell'altro. Ciò può sembrare falso a causa della sua scarsa rilevanza, a causa del mio essere in buona fede. Ma che questo condizionamento non sia nullo è dimostrabile dal fatto che se io ripeto centinaia di volte al giorno quest'ipotesi, si rafforzerà sempre di più in me l'abitudine a ipotizzare me stesso come colui che ragiona e gli altri come coloro che sono pazzi. Tutto ha rilevanza nella nostra mente, tutto ci condiziona. Tu non imponi verità ad altri per due motivi: 1) non hai sufficiente potere (politico, economico, sociale); 2) hai alle spalle una formazione che ti ha abituato a considerare le cose cum grano salis, cioè con un granello di sale, un po' di misura, di buon senso, e anche di umiltà. Ora considera l'opposto: uno che abbia in mano un enorme potere e non ha alle spalle un'educazione al rispetto. Se costui si mette in testa un verità certissima, non abbiamo ottenuto altro che Hitler. Allora si capisce che tutti siamo dei piccoli Hitler, perché tutti abbiamo qualche granello di potere, qualche lacuna formativa e qualche convinzione di certezza. Come ho scritto sopra, un relativismo intelligente non cade nell'ingenuità di sostenere che tutto è relativo, ma piuttosto descrive il percorso compiuto, dalla metafisica alle sue contraddizioni. Tutto ciò non obbliga al silenzio, per il semplice fatto che per compiere una scelta, fare un gesto qualsiasi, non è necessario possedere al riguardo certezze inconfutabili: è possibile vivere la vita di ogni giorno col risultato di una semplice differenza: si vivrà con un po' più di umiltà e si sarà un po' più attivi nel curare il proprio crescere.

Questo che esponi non è relativismo assoluto, è fallibilità umana ( in questo concordo con il giovane filosofo Apeiron). E' molto diverso il sostenere che ogni verità  e relativa rispetto a "ogni verità enunciata dall'uomo può essere falsa". Il secondo concetto implica che si può ottenere ( seppure in via ipotetica) una verità che non è fallibile, mentre il primo lo nega in senso assoluto,  per principio,
Qui mi sembra che correggi un pò il tiro. Infatti l'umiltà di  rendersi conto che le proprie certezze possono essere false, non riguarda esclusivamente l'uomo che ha certezze che riguardano valori da lui ritenuti assoluti, ma pure quello che sostiene di averne di relative. Certamente, sia colui che sostiene di avere certezze definite assolute, sia colui che sostiene di averle relative, non possono spingersi sino al punto di negare la certezza evidente che "un cane non è un gatto", giusto? Quello di presumere di essere superiore a colui che vede gatti al posto di cani è una cosa diversa, che si basa sulla  presunzione che ha la sua radice nell'"Io sono".  Da questa radice nascono: "Io sono più grande", "Io sono uguale" e "Io sono meno". Si possono definire come presunzione di superiorità, d'uguaglianza e d'inferiorità e sono caratteristiche psicologiche che alimentano il nostro ego ( proprio quel soggetto che tu ritieni sia importante valorizzare...). Infatti non siamo certo disposti a sentirci "superiori" a nostra madre demente che vede persone immaginarie, anzi soffriamo per la sua sofferenza, perchè non ci confrontiamo con la sua figura, ma lo facciamo con l'estraneo per rafforzare la nostra presunzione di superiorità...
Hitler imponeva con violenza inenarrabile le sue "certezze" perché questo serviva ad alimentare il suo mostruoso ego, la sua presunzione di superiorità su ogni uomo.
Le "certezze" non erano la causa della sua violenza, lo era il bisogno psicologico profondo di imporre la sua presunzione di superiorità. Le sue certezze erano semplicemente funzionali al processo di gonfiamento egoico. Dall'altro lato abbiamo una figura come quella del Buddha ( tanto per cambiare... ;D ) che presentava le sue certezze a chi voleva ascoltare, e molti se ne andavano in pace, senza abbracciarle, salutati con la tipica frase "Così come, ora, bene ti pare." Questo perché il Buddha aveva spazzato via la presunzione dell'ego e non si confrontava più con nessuno.
Pertanto vi propongo un esercizio che facciamo spesso in famiglia. Per una settimana proviamo a non confrontarci con nessuno; esercitiamoci a non paragonarci con nessun altro. Ogni volta che siamo consapevoli di esserci confrontati prendiamo nota su un foglio. Sembra facile il non confrontarci, ma vi assicuro che non lo è. Questo esercizio è molto utile per smascherare le dinamiche interne del nostro "Io". E queste dinamiche sono interiori a tutti, assolutisti e relativisti... :)

Provare per credere ( ops!..L'ho detto...D).
#995
Citazione di: Angelo Cannata il 20 Settembre 2017, 17:53:52 PMSariputra, io apprezzo molto la tua sensibilità per la concretezza; mi sembra che ti manchi però un'adeguata ponderazione di quanto, oltre alla concretezza, sia pesante la teoria. È questo che crea difficoltà di comprensione tra me e te: per te esiste la pratica, basta e avanza; per me la teoria ha un peso tale da dover essere presa in considerazione con estrema serietà, perché è in grado di influire pesantemente sulla pratica. È nella teoria che nascono i problemi tra verità e relativismo. Ma andiamo a ciò che hai scritto. Adesso sarei io che faccio la vittima che viene spedita dal medico. Ipotizziamo che sia così. Però, appena continuo la lettura, trovo "almeno per chi s'intende comunemente sano di mente"; più avanti parli di "scienziato pazzo". Dunque, sono gli altri a fare le vittime, però tu ti riservi comunque di stabilire chi è pazzo e chi no. Non ti sembra un po' contraddittorio? Capisco benissimo che non lo fai per male: è il tuo andare al pratico che ti tradisce. Ma il pratico senza teoria, come anche la teoria senza pratica, sono sempre a rischio di oppressione sul prossimo. Il ricordo di tua mamma, a cui ti sei riferito, mi ha toccato un po', perché anche a mia mamma accadde questo, prima che morisse. Si arrabbiò guardandomi con occhi seri e offesi, dicendomi "Se non si vedesse chiaramente, che su quel balcone c'è uno che sta raccogliendo della legna, potrei capirti, ma è lì, sotto i tuoi occhi; come puoi dirmi che non si vede?". Nel pratico facciamo tutti allo stesso modo in questi casi. Ma nella teoria non esiste alcuna possibilità di stabilire che fossi invece io a vedere male. Il fatto è che ciò è importante. Hai scritto diverse volte "evidenza": questo è senso pratico, non è attenzione alla teoria, perché la teoria ti dice subito che ciò che è evidente per uno o per alcuni non è detto che sia oggi e sempre evidente per tutti. A questo punto vale la pena di chiarire a cosa serve affrontare la teoria del relativismo, una volta che ciò che ultimamente ci interessa è la pratica, e tu sei molto attento alla pratica. Ecco alcune note sull'importanza di ospitare nel proprio cammino un'attenzione al relativismo teorico. 1) Un'abitudine a mettere in questione ogni assolutezza crea le premesse per garantire a se stessi una crescita il più possibile completa: se io do troppo per scontato che era mia madre ad avere le traveggole e la chiudo lì, ritenendo che la questione non abbia bisogno di approfondimenti, non saprò mai se in me c'è qualcosa da correggere in merito alla percezione delle cose, delle questioni, dei problemi: mi abituerò a dare per scontato che ciò che sembra giusto a me debba sembrare giusto a tutti; farò enorme fatica ad instaurare un dialogo con chi la pensa diversamente da me; farò enorme fatica ad esplorare modi di pensare che non coincidono con le mie abitudini. Ma questo è ciò che ha portato all'oppressione dell'uomo bianco sull'uomo di colore: perché l'uomo bianco era convinto che ciò che sembrava giusto a lui era e doveva necessariamente essere giusto per tutti. 2) Non tutti se la sentono di mettersi continuamente in discussione su tutto ed è anche giusto avere rispetto di chi non ce la fa. Ma esercitarsi in questo conduce anche a cercare metodi per riuscire a farlo al meglio e ciò significa progredire nelle possibilità dello spirito. Al contrario, chi è restìo a mettersi in discussione non farà certo molta strada riguardo alla propria crescita spirituale. 3) Che tu stabilisca chi è pazzo e chi no è, come giustamente hai detto, un'innocente battuta. Ma c'è una cosa al mondo che purtroppo è in grado di togliere l'innocenza a tutti ed è il potere. Una parola al riguardo detta da persone che hanno in mano un enorme potere di influenza sull'opinione pubblica può creare disastri e tragedie. Pensa, ad esempio, alle innocenti battute sui gay o sulle donne o sulle persone di colore: una sola battuta detta da uno come me o te, è quasi niente. Quasi. Se sommiamo queste battute in miliardi di persone, tra cui chi ha tantissimo potere in mano, otteniamo una storia di oppressioni, drammi, persecuzioni, violenze di ogni genere. Una delle caratteristiche del camminare spirituale è questa: fare attenzione anche alle piccole cose, perché quelle giganti spesso non sono altro che la somma di miliardi di piccole cose che sembravano insignificanti. Ecco il tremendo peso della teoria sulla pratica, ecco perché è importante renderci conto che, quando uno parla, è sempre uno che parla, con tutti i limiti di uno che parla, non è il Portatore Ufficiale della Verità Oggettiva. Se io accompagno mia madre dal neurologo, c'è molta, estrema, gigantesca differenza, tra il farlo pensando sbrigativamente che sia scontato che la malata è lei e il farlo coltivando in me l'interrogativo, più vivo che sia possibile, se in quello stravedere di mia mamma ci siano cose che io farei bene a saper vedere (non mi riferisco a entità, forze, fantasmi, per carità: anche questo sarebbe ancora un inseguire certezze, che fa perdere di vista il mettersi in questione nelle maniere più totali possibili). Mi sembra che queste cose siano importanti per la vita concreta.


Ma...Angelo, non è che hai un leggero complesso di persecuzione?  ???  Addirittura pensi che io intendevo che tu non fossi "comunemente sano di mente" quando la frase si riferiva a quelli che ritengono che "un cane è un gatto". E' vero che preferisco la pratica al continuo teorizzare. ma non disprezzo la teoria, se è questo che intendi.  Quando affermo che "un cane non è un gatto" non impongo nulla a nessuno, essendo una verità evidente. Nessuno mi ha imposto di considerare o mi ha insegnato di considerare un cane diverso da un gatto. E' una cosa che ho imparato da solo, semplicemente osservando la differenza tra un cane e un gatto. Poi , un'obiezione che già ti ho fatto sul fatto che, chiunque abbia delle verità non si mette in discussione. Sempre si mette in discussione e se trova che una verità non lo convince più passa ad un'altra che gli appare più convincente ( anche qui...cercare qualcosa di vero non significa essere sempre dei dogmatici fideistici prepotenti e impositivi). Non trovo il nesso logico, obiettivamente, nel ritenere che il pensare che sia possibile ottenere una verità su qualcosa ( su qualsiasi cosa) automaticamente diventa un'imposizione  ad un altro. Tra il credere in qualcosa e imporre quel che si crede c'è una bella differenza. Poi, il discorso che bisogna stare attenti a quello che si dice per non urtare la sensibilità altrui o imporre le nostre idee agli altri...ma questo non deve ridurci ad una sorta di annichilente "nessuna opinione". Il pensare  stesso vive di opposizioni di concetti.Tu stesso stai esprimendo un'opinione ( tutte le verità sono relative...) che io potrei percepire come un'imposizione al mio sentire e che mi potrebbe far soffrire togliendomi ogni speranza, ancorchè la mia fosse una speranza soggettiva, malriposta, illusoria.  E allora che facciamo ? Ci consegnamo ad un più saggio silenzio? Ma tu stesso dici che il teorizzare è importante...Mah! Non ti seguo , francamente. Saranno limiti "pratici" miei, che ti devo dire... ;D

P.S.E pensare che le mie donne  mi rinfacciano quasi quotidianamente che sono uno "con la testa tra le nuvole" e che sono "poco pratico"...( Un pò mi adorano anche per questo devo dire...cosa  di cui gli sono grato, ovviamente  ::) ...)
#996
@A,Cannata
Non vorrei imbarcarmi con te in un'altra infinita discussione tra relativismo ( o più precisamente la tua concezione dello stesso) e assolutismo. Già lo abbiamo fatto ...con pessimi risultati!
Non capisco perché accusi sempre gli altri di volerti spedire dal medico... :( la mia era un'innocente battuta non riferita a te , ma in generale a chi vuole negare anche l'evidenza stessa, perchè è un'evidenza percettiva che "un cane non è un gatto", almeno per chi s'intende comunemente sano di mente. Quando mia mamma ha cominciato a vedere persone che non esistevano passeggiare per l'aia, io e altri che non vedevamo simili persone passeggiare abbiamo ritenuto razionale accompagnarla dal neurologo. Questo non per "imporle" la nostra percezione relativa...ma per aiutarla! Penso che avresti fatto lo stesso, o no?...E' ovvio che una verità è sempre riferita a qualcosa. Infatti si definisce come "la verità di...". "Verità" da solo, che vuol dire? Nulla!...Possiamo avere verità innegabili, come quella che afferma che "un cane non è un gatto", e verità riferite a qualcosa di non dimostrabile, come la verità "che Dio esiste" o quella che "Dio non esiste". La verità che "un cane non è un gatto" è sostenuta dalla comune evidenza percettiva, che non riguarda solo il soggetto uomo che la esprime, ma pure per un cane  "un cane non è un gatto" e pure per un gatto "il cane non è un gatto", visto che agiscono coerentemente con questa loro innata evidenza percettiva comune... :D Tu dici che si trascura il soggetto, ma ci sono , secondo me, verità puramente soggettive e verità intersoggettive, come quella che "un cane non è un gatto". Le prime hanno un valore di verità riferito esclusivamente al soggetto che le ritiene verità ( per es. "Dio esiste" ), altre che sono universalmente e sempre vere, come quella che "un cane non è un gatto" ( ameno che uno scienziato pazzo non trovi la formula che trasforma un cane in un gatto, ma allora la verità sarebbe che "prima era un cane e adesso è un gatto" ... :)).
Quindi...come ci sono donne e donne, ci sono verità e verità.
Io lascio qui perchè l'argomento non mi "trascina", anzi mi esaurisce... :(
#997
@ A.Cannata scrive:
 Ogni innegabilità è relativa a chi la sostiene.

Oddio! Angelo...se io sostengo che "un cane non è un gatto" affermo qualcosa che "dovrebbe" essere innegabile anche per un altro ( a meno che non si giunga a dubitare e affermare che "un cane è anche un gatto", in questo caso forse una visitina dal medico sarebbe consigliata... ;D ) . Quindi colui che enuncia  la verità che "un cane non è un gatto" afferma qualcosa di condiviso e non relativo al soggetto che la esprime. Credo che Carlo Pirini intenda "verità" in questo senso e non come imposizione metafisica di cose indimostrabili. Se ho ben compreso ovviamente, perché in questo periodo mi sento un pò "tardo a capire" :-[...
#998
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
20 Settembre 2017, 01:01:21 AM
@Apeiron
Bisognerebbe intendere il buddhismo come una specie di coniglio. Come fai a tenere fermo un coniglio? Lo afferri per le orecchie...Ecco, le orecchie del coniglio rappresentano il Dhamma. Se afferri il Dhamma tieni ferma l'intera speculazione costruita su questi. Quindi, avendo ben chiaro che si tratta di "una manciata di foglie" l'Insegnamento e che dopottutto si tratta solo del dolore, della sua causa e dalla sua cessazione, domande metafisiche classiche come "Esiste un Principio originario?", "Il mondo è eterno oppure no?" non sono rilevanti per la pratica tesa al fine della liberazione dal dolore. Quindi cosa risponde Siddhartha a tutti quelli che gli oppongono le loro opinioni, i loro dubbi, le loro domande metafisiche?  Se ne sta in silenzio!...Ma è un silenzio "assordante", perché invita a rientrare in sé, a spostare il fuoco dell'attenzione. "Sauron" non spazia più con l'occhio per la Terra di mezzo, ma si osserva... ;D
Nella pratica il Dhamma buddhista potrebbe risolversi in questo: osservare la propria mente con attenzione e consapevolezza. Ma ovviamente non è tutto qui perché, per arrivare a questa osservazione in modo proficuo, ci si deve agganciare ad una condotta di vita morale ( e qui inizia il discorso religioso...), e la consapevolezza non può che sostenersi con la saggezza ( satipanna), tanto che le due cose non possono che andare avanti insieme. Scrivi:

Posso capire che un uomo con meno attaccamenti è "più forte" ma l'uomo senza attaccamenti è qualcosa di qualitativamente diverso dall'uomo. Così come l'infinito è qualcosa di qualitativamente diverso dal finito.

L'uomo con meno attaccamenti non è più "forte", semmai è più libero di un uomo pieno d'attaccamenti ai fenomeni condizionati. La natura di ambedue è uguale. In ognuno risiede la possibilità di liberarsi dall'attaccamento. La natura priva d'attaccamento  ( di contaminazioni) viene vista nel buddhismo come la condizione naturale della mente, mentre l'attaccamento è una forma di distorsione di questa qualità naturale, limpida della mente. Perché allora ci attacchiamo? La risposta che dà Siddhartha, che crede di aver trovato, è che ci attacchiamo a causa del desiderio ( di possesso, di esistere, di ri-esistere, di non-esistere, di piacere, ecc.). Anche il dubbio stesso viene visto come una forma di attaccamento, perché si dubita di tutto perché non si vuol arrivare a mettere in discussione il proprio desiderio, al quale si è tenacemente aggrappati per timore di "sprofondare" nella noia, per non osservare la propria fragilità e impermanenza. Naturalmente , se non si lascia andare l'attaccamento al dubbio ( che non significa diventare delle persone acritiche...) , se non si "apre la mano", si finisce per soffrire di tutto questo dubitare; non troviamo alcuna pace nel dubitare continuo...( problema che riguarda tutti noi, perché il dubbio in un certo senso è anch'esso una componente naturale della mente, che fa della sua stessa distorsione   un elemento sul quale fare "sostegno", in mancanza di una chiara comprensione...il dubbio te lo ritrovi sempre durante il cammino , per chi segue questo sentiero, è l'ultimo baluardo di Mara :P ).

Inoltre non vedo cosa possa c'entrare il BuddhaDhamma col fatto che il monismo sia falso che non ci sia un Principio Generatore ecc (tutte "eresie" rifiutate senza un minimo di argomentazione. Solo perchè sono tacciate con la sigla "papanca", proliferazione concettuale. O forse solo perchè il buddhismo nel tempo "voleva distinguersi"? Perchè ad esempio uno non può credere al Buddha e al Dao... ah giusto il Dao è eterno ma siccome non ci sono cose eterne perchè così è stato stabilito il Dao non esiste    questo non è spirito filosofico).

Il buddhismo rifiuta ogni forma di eternalismo che consista nel credere in una sostanza o entità permanente, sia essa concepita come una moltitudine di anime o di identità personali, create o meno, o come una monistica "anima del mondo", o come una divinità di qualsiasi tipo, o una combinazione di tutte queste. Nel Samyutta Nikaya troviamo questo discorso :
"Questo mondo solitamente dipende da un dualismo: dal credere nell'esistenza o non-esistenza...Evitando questi due estremi, il Perfetto espone la dottrina di mezzo: le formazioni kammiche dipendono dall'ignoranza...Al cessare dell'ignoranza , le formazioni kammiche cessano..."
I due termini esistenza (atthita) e non-esistenza (natthita) indicano la dualità imprigionante il pensiero nella visione buddhista. Questi due termini alludono alle teorie dell'eternalismo e del nichilismo, le fondamentali concezioni errrate della realtà secondo Siddhartha. Questi due punti divista  concordano nel presumere  qualcosa di statico, che può essere di natura permanente o impermanente. Il Buddha  invece ritiene che la realtà, nella su vera natura, sia un flusso continuo di processi materiali e mentali che si manifestano a causa di condizioni appropriate. questo processo cesserà solo quando queste condizioni verranno a cessare.
Insondabile è l'inizio di questo flusso, ma non si può ritenere eterno perchè, in mancanza di condizioni (materiali e mentali) appropriate , verrà a cessare. La cessazione di questo flusso nell'individuo è il Nibbana, l'estinzione delle formazioni karmiche che lo alimentano. L'elemento del Nibbana "trascende" questo flusso ma, per non farlo ricadere all'interno delle due concezioni ritenute errate, lo si definisce solo in negativo: non-nato, non-divenuto, non-composto, ecc.
La produzione condizionata (paticcasamuppada), essendo un processo ininterrotto, esclude la credenza in una inesistenza assoluta, o nulla, al termine dell'esistenza individuale, mentre la cessazione condizionata esclude la credenza in un'esistenza assoluta e permanente. Agganciandosi alla pratica questi due stati indicano il sorgere e il cessare di ogni fenomeno ( materiale e mentale) di cui si può far esperienza.
Il buddhismo vede anche delle radici emotive profonde che alimentano l'idea dell'eternalismo e del nichilismo, degli atteggiamenti fondamentali nei confronti della vita. Propendere per l'una o per l'altra può riflettere gli stati d'animo dell'ottimismo o del pessimismo, della speranza o della disperazione, del desiderio di sentirsi "sicuri" trovando un sostegno metafisico, oppure dal desiderio di vivere senza restrizioni in un universo concepito materialisticamente.
Pertanto l'individuo, nel corso della vita, può cambiare spesso i punti di vista teorici dell'eternalismo e del nichilismo, in relazione ai corrispondenti stati d'animo o bisogni emotivi.
Il Nibbana non può essere oggetto di speculazione teorica. Queste speculazioni sulla sua natura sono viste come "futili" o persino di ostacolo allo sforzo rivolto alla realizzazione di questo stato. La Terza Verità del buddhismo deve essere realizzata: non deve essere capita ( come la Prima), né sviluppata ( come la Quarta).
Il Nibbana è così elusivo al ragionamento che gli stessi autori buddhisti, molto spesso, non seppero evitare una visione parziale e limitata. I Sautantrika, per es., avevano una concezione negativa, mentre le visioni mahayana delle "Terre di Buddha", del Buddha Primordiale, del Tathagatagarbha, ecc. favorivano un'interpretazione positiva e metafisica.
Non dovremmo però intenderle come dogmi, come affermazioni arbitrarie e non argomentate, ma come  degli "indicatori", delle frecce che indicano una via da realizzare... :)
Penso che sia un pò limitante valutare una religione solo approfondendo la sua componente filosofica, soprattutto se non si compie un eguale sforzo verso la sua componente pratica. Sarebbe come studiare la teologia cristiana e non perdere un attimo di tempo per aiutare un sofferente. La possiamo veramente capire?... :(

P.S. Apeiron, conosci indubbiamente in profondità la filosofia buddhista ma non ti senti di definirti un buddhista. Io penso che, per noi occidentali, sia veramente difficile definirsi, se non un pò folkloristicamente come dei "buddhisti", in quanto, come giustamente osservi, bisogna in un certo senso abbarcciare anche il retroterra culturale che lo differenzia in tante scuole  anche così diverse fra loro. Quindi anche l'importanza, all'interno delle varie tradizioni, del mito popolare sviluppatosi sopra. Per me, per esempio, ho trovato che una parziale definizione  ( al netto che io odio le definizioni...) potrebbe essere "ispirato dal Dhamma"... ;D

P.S.II Le affinità tra buddhismo ed epicureismo ci sono, e sono pure notevoli. Ma ci sono pure molte cose che li differenziano. Sarebbe interessante aprire una discussione sul confronto tra i due sistemi...
#999
@inVerno ormai alle porte scrive:
Ipocrisia e crassa ignoranza scientifica mescolata. Non è che la stufa "efficiente" è cascata dal cielo mentre passava babbo natale, è il risultato di tante altre piccole scoperte "inutili" e un generale livello scientifico migliorato anche in campi che agli amish "non piacciono", tra le quali l'elettricità, la meccanizzazzione grazie alla quale possono comprarla ad un prezzo irrisorio, la scoperta di isolanti efficienti e materiali complessi etc etc etc. Sarebbe come fondare un movimento luddista che però ha grande rispetto per le missioni spaziali. Il fatto che devono comprarla e non se la possono autoprodurre con i loro calessi dovrebbe essere sufficientemente rivelatorio riguardo alla loro cecità. 

Sicuramente ipocriti ( probabilmente però non più ipocriti della maggior parte di noi... ;)  pensiamo a come tuoniamo contro lo sfruttamento delle risorse del terzo mondo e poi, nessuno di noi, è disposto a rinunciare all'ultimo modello di Suv o all'ultimo Iphone, o vacanza low cost in un bellissimo resort  luccicante  al centro della miseria...) , ma a me premeva mettere in evidenza che, il fatto di ritenersi  fuori dal progresso scientifico, non necessariamente crea in tutti un senso di angoscia e di alienazione o di timore per il futuro. Questi beccaccioni di hamish fanno figli, non vanno mai dallo psicologo, hanno un bassissimo livello di conflittualità e di criminalità, idem per i suicidi ( al contario di coloro, tipo i giapponesi, che godono ampiamente di tutti gli ultimi gadget tecnologici...). Quindi la teoria dell'amico antonhy, per me, non regge molto...
Poi loro, da quel che ho letto, non sono contrari al progresso, ma ogni innovazione deve rispettare il principio di " reale necessità e utilità". Al massimo quindi si potrebbero definire come dei fautori di un'estrema lentezza del progresso e di una finalità che deve essere condivisa dall'intera comunità hamish ( infatti ci discutono sopra moltissimo prima di accettare un'innovazione...). A noi nessuno ci chiede l'accettazione o ci spiega la finalità di tantissimi progressi tecnologici. In sostanza ci vengono "imposti" da lobby, multinazionali e scienziati più o meno pazzi...
Intendiamoci, non sto facendo l'apologia del movimento mennonita, ma... dopo tutto... da quale magnifico pulpito li giudichiamo? Cosa abbiamo realmente da insegnare ? mah... :(
#1000
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
19 Settembre 2017, 00:06:50 AM
@ Apeiron
Hai toccato tanti punti che però mi portano a considerare  il tuo come un tentativo di dare un'impronta "eternalistica" alla figura del Buddha. Siddhartha Gautama, il Buddha storico, è realmente esistito, i vari stupas con reliquie fatti edificare dall'imperatore Asoka ce ne danno testimonianza. Ed è un uomo che è morto . Morto pare a causa di un'intossicazione alimentare. Niente di particolare. Una fine che poteva capitare a chiunque in quell'epoca. Quest'uomo, dopo aver praticato una terribile ascesi e seguito per anni vari asceti famosi del tempo, raggiunge un'"illuminazione", un'intuizione profonda delle cause che portano sofferenza  e che costringono a far rinascere continuamente questa sofferenza, in questa e in successive forme d'esistenza, che si generano dall'attaccamento illusorio  ai fenomeni condizionati e alla sconsiderata assunzione dell'io personale come entità reale, duratura e permanente. La ri-nascita nel buddhismo non può essere intesa come un mito. essa è considerata terribilmente reale, ancorchè priva di esistenza intrinseca, ma che viene continuamente in essere per il nostro continuo ri-afferrarsi alle cause che la generano. 
Se pensiamo al Buddha, raffigurato seduto sotto un albero, che più tardi sarà chiamato albero della Bodhi (illuminazione), non possiamo non vederlo come un essere umano storico. Nei commentari si sottolinea questa umanità proprio per esaltare la figura dell'uomo Siddhartha. Infatti non ci sarebbe nulla di prodigioso nell'Illuminazione se fosse stato un dio. Dio o gli dèi, nelle religioni teiste, possono fare qualunque cosa con facilità . In effetti , a parer mio, una delle cose più belle riguardo al Buddha è proprio il fatto che egli sia nato, sia cresciuto e abbia raggiunto la conoscenza/saggezza attraverso i suoi sforzi come uomo , mostrandoci qual' è questa possibilità per tutti noi. Quindi diventa per noi una fonte di ispirazione che egli abbia indicato la via per giungere a questa comprensione/liberazione, se siamo disposti a compiere lo sforzo necessario ( il che non è facile ovviamente...). Gli insegnamenti buddhisti posteriori hanno perso , secondo me, questo sapore senza uguali dando rilievo all'aspetto meraviglioso,e costruendo su di esso una specie di teologia in cui il Buddha viene "divinizzato". Penso che lo stesso Siddhartha avrebbe condannato queste speculazioni.
Le opinioni e le speculazioni fanno parte delle orde di Mara ( lett. "Il distruttore") che indicano le contaminazioni. Nei templi vengono raffigurate tutte intorno al Buddha , mentre siede ai piedi dell'albero della Bodhi. Questa è una esteriorizzazione dell'ultima battaglia interiore che poi sfociò nell'Illuminazione. Questa "illuminazione" non viene concessa a Siddhartha da qualche entità superiore, ma fu il risultato dei suoi stessi sforzi. Infatti viene chiamata sambodhi, che vuol dire "illuminazione da se stessi". Però questo non sminuisce la figura del Buddha, che anzi dai buddhisti è molto più meritevole di riverenza rispetto a qualsiasi Dio, proprio perchè il suo è un conseguimento da essere umano che indica agli altri la via per fare altrettanto.
L'Illuminazione è stata descritta dal Buddha in molti modi diversi, come quando negò di possedere l'onniscienza, ossia di conoscere tutto in una sola volta, ma affermò che qualunque cosa verso cui si volga la mente illuminata può essere conosciuta. La "saggezza infinita" può essere intesa in questo modo: che tutto poteva essere conosciuto da Siddhartha, ma una parte di quella conoscenza era inutile ai fini pratici che il Dhamma si proponeva. L'Illuminazione veniva spesso descritta nei termini delle Tre Conoscenze:
-delle vite passate
-del kamma e dei suoi risultati
-dell'estinzione delle contaminazioni (asava) che sono il livello più profondo di "distorsione" nella mente.
Per un buddhista il termine "Supremo nell'universo" significa, per es., che non si può trovare in qualsiasi altro mondo un Maestro più grande del Buddha. Possono esserci altri risvegliati, altri Buddha pari a...ma non superiori. Perché il "livello" più alto di maestria è quello di aver sottomesso la brama, l'avversione e l'illusione come li aveva sottomessi Siddhartha.
La domanda che viene rivolta ad un buddhista: "Quindi tu prendi rifugio in un maestro morto più di 2.500 anni fa?" trova la sua risposta nella pratica. Più si pratica il Dhamma, l'insegnamento  di Siddhartha, più il Buddha viene trovato nel proprio cuore. Se nel cuore vengono sviluppati virtù, meditazione e saggezza (sila,samadhi, prajna), in quel preciso punto vi è il Buddha. Infatti la ha ben detto:
"Chi vede il Dhamma, vede me; chi vede me vede il Dhamma. Quindi è sempre nell'esperienza diretta che si consolida, prende forma questo "rifugio". :)
#1001
Citazione di: iano il 18 Settembre 2017, 11:47:33 AMProviamo allora a metterla così. La notizia cattiva è che la scienza logora chi non ce l'ha? ;D La notizia buona è che credersene fuori è una illusione,singolare...a dir poco.

Questi qui non sembrano molto logorati ( fanno 6-7 figli di media a famiglia e godono ottima salute  ;D ):

Gli Amish e la modernità
È comune pensiero che gli Amish rifiutino ogni tipo di oggetto moderno: questo è vero solo in parte. Oggetti che non portino valori inutili o indesiderati nella casa e non provochino crepe nella struttura sociale sono i benvenuti, soprattutto se si rendono manifestamente utili, sono però esclusi i prodotti giustificati solo da un desiderio vanitoso e soprattutto superflui.
Per loro la tecnologia non è dannosa di per sé: è l'uso smodato e acritico da parte dell'uomo che viene condannato. Una stufa a legna moderna, per esempio, è per loro un'ottima scelta in termini di costi-benefici. Pretendere la riproduzione fedele di una stufa antica sarebbe inutile e ingiustificatamente costoso anche nell'efficienza; infatti nelle case Amish è frequente trovare ottime stufe a legna chiaramente moderne e di eccellente efficienza energetica. Allo stesso modo, una donna può trovare una buona soluzione cucire con filo di nylon o di fibre di alta qualità anziché di cotone, o lasciare andare a pattinare sui rollerblade le figlie (l'attività fisica è apprezzata), rigorosamente vestite con vestitini lunghi, grembiuli e cuffiette. Gli Amish aborrono la televisione (e come dargli torto?... :( ) che eroga esempi di costumi e comportamenti imposti che sono a loro estranei, e invece amano leggere libri e riviste, se non offendono i loro princìpi.
Le comunità non sempre riescono a fare a meno dell'elettricità: gli Amish commerciano in prodotti caseari e i meccanismi di refrigerazione possono richiedere elettricità, che viene fornita da generatori a gasolio. Il gasolio viene comprato quando serve e trasportato sui caratteristici "buggies", i semplici calessi neri coperti e tirati da cavalli. Con l'adozione delle energie rinnovabili, anche di alta tecnologia, (solare e del vento), i bisogni di combustibili fossili sono comunque in declino. Se la necessità li spinge al di là di quello che di norma essi giudicano ragionevole, anche gli Amish possono fare eccezione, e fruire di alcuni dispositivi moderni altrimenti vietati: per costruire una fattoria, ad esempio, può essere utile affittare una gru per sollevare carichi pesanti, (principio di maggior utilità). Sempre a patto però che sia di proprietà e la manovri un "esterno", una persona perciò non soggetta alle regole della vita Amish, che impedisce ai suoi membri di possedere e/o guidare un mezzo motorizzato.
Fondamentalmente, di fronte a una scelta tra moderno o non moderno gli Amish scelgono solitamente ciò che salvaguarda la salute fisica e morale della famiglia. Questo include l'atteggiamento verso la medicina: una famiglia Amish può non amare il curarsi in ospedale e preferire rimedi casalinghi, ma è improbabile che esponga qualcuno dei suoi a un rischio se è in corso un'emergenza. In tal caso il malato sarà portato al più vicino ambulatorio medico o ospedale.
Di fronte a un possibile cambiamento nello stile di vita inizia un piano di riflessione che ha lo scopo di decidere per il meglio; il piano di riflessione e di valutazione può richiedere anni, e lunghi dibattiti nella comunità, che deve essere concorde sugli eventuali cambiamenti da adottare, secondo i principi di utilità e reale necessità.

Forse, alla fine, è anche una questione di scelte, non trovi?  :)
#1002
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
17 Settembre 2017, 13:52:19 PM
Citazione di: Phil il 17 Settembre 2017, 11:45:37 AMCredo che la contestualizzazione storico-antropologica ricordata da Sariputra sia fondamentale per l'esegesi dei testi e anche per cogliere il nocciolo del pensiero buddhista (ancora non ho capito se si scrive con l'h o no ;D ): se la funzione sociale di una religione (e di una filosofia che viene "adattata" per essere anche una religione) è quella di fornire risposte alle genti (plurale ecumenico!), spiegazioni e verità, allora ogni religione non può esimersi, per essere "credibile", dall'avere una cosmogonia, un'escatologia (anche se ciclica), una spiegazione del post-mortem, etc. per saper cosa rispondere ai "domandoni" che gli adepti porranno per saggiare la portata soteriologica e sapienziale del culto proposto... Tuttavia, proprio come entrambi osservate (se non vi ho frainteso), si tratta di un guscio che va infranto e superato per raggiungere ciò di cui ci si può davvero nutrire, ciò che può orientare, o almeno consigliare, la nostra vita immanente e contingente, qui ed ora... I miti, le agiografie, i discorsi cosmologici, non sono forse ciò che ci attira sulla zattera, ma anche le prime corde da cui staccarci quando pensiamo di voler scendere? Augurandoci di essere davvero arrivati... altrimenti il pedalò di Patrick, in versione ONG, dovrà venire a raccoglierci in mare ;D

D'accordissimo con  Phil! Potremmo, con un esempio, paragonare i miti, le agiografie, la cosmogonia buddhista, ecc. con l'"abbelliomento " esteriore della zattera che ci dovrebbe portare all'altra riva. Sono i colori e le decorazioni esterne ai robusti tronchi che formano l'ossatura della zattera. Non sono inutili, se possiamo intenderli anche come un aiuto, intanto per avvicinarsi ( questo più per l'orientale che non per noi occidentali, penso...) ad un primo contatto con questa forma di filosofia/religione particolare che, non bisogna dimenticarlo, è ed è stata motivo di conforto e speranza per milioni di persone "semplici" ( quindi in difficoltà ad affrontare la speculazione filosofica insita nel buddhismo). "Semplici" detto senza presunzione ,in quanto vi è anche una profondità della "semplicità" stessa. I testi parlano anche a questi. Soprattutto considerando che questi testi vengono redatti quando già la diffusione del buddhismo è enorme nell'intero sub-continente indiano. Quindi presumo che le leggende popolari, i racconti e la filosofia si intrecciassero nel quotidiano di quei popoli. I testi ne diventarono probabilmente una trasposizione. Questo, a mio parere, ne aumenta il fascino e non lo diminuisce anche se, a noi occidentali, possono a volte sembrare ingenui, fantasmagorici quasi...noi vogliamo sempre qualcosa di razionale, di dimostrabile. Non pensiamo che i testi sono cose da "usare" in definitiva...
Son d'accordo anche con Apeiron che, coloro che supevisionarono quelle raccolte così "cariche" di Dharma e di credenze popolari nello stesso tempo, essendo all'interno di quella cultura specifica, non agirono in mala fede. Se leggiamo i grandi commentatori buddhisti ( da Nagarjuna a Buddhagosa, Chandrakirti, ecc.) non ritroviamo però tutti quegli elementi mitologici. Questo perché i commentari erano rivolti allo studio da parte dei monaci stessi e non erano testi di divulgazione alle masse. Poi, mettiamoci pure che il sangha dipendeva dall'offerta di cibo dei laici...non so se mi spiego...un pò presumo "bisognava" concedere ... ;) 
Il buddhismo, per secoli, è stato per l'orientale medio, semplicemente accumulazione di meriti in vista di un karma "felice" ( rinascita favorevole). Credo che teorie come l'anatta o la paticcasammupada fossero indigeste anche a loro... :) 
E' un problema comune a tutti i testi sacri di ogni religione, quello dell'interpretazione. Basti pensare al significato da dare al termine jihad nell'Islam...
#1003
Citazione di: acquario69 il 17 Settembre 2017, 03:31:18 AM
Citazione di: PatrickEzechieleArt il 16 Settembre 2017, 18:57:13 PMCiao a tutti cari utenti, vi propongo oggi il mio ultimo quadro come tema di riflessione. E' il ritratto di un momento passato sul pedalò poco distante dalla riva a Lazise, lago di Garda. Un momento in cui raggiunsi la pace dei sensi e desideravo con tutto me stesso non finisse mai.. fumavo il sigaro sul pedalò con 2 miei amici, tutti e 3 condividevamo quel momento speciale. L'avevamo chiamata "la giornata perfetta".. guardavo la spiaggia e pensavo: vorrei il tempo si fermasse qui! E' capitato anche a voi? Nel caos quotidiano, vorrei vivere momenti come questo molto spesso.. staccare da tutto e sentirsi immersi nella beatitudine :)! Che ne pensate? Vi riporto di seguito i dati e la descrizione del dipinto: DAL PEDALO' Acrilico su tela, 40 x 50 cm, 09/2017 Questa è la mia interpretazione di una foto che ho scattato qualche anno fa a Lazise (comune italiano della provincia di Verona in Veneto, situato sulla sponda orientale del lago di Garda). in quel preciso momento, ero così rilassato da sentirmi a mio agio col mondo, magicamente cullato dalle onde del lago e dal magnifico scenario davanti ai miei occhi. Mi auguro che il quadro vi piaccia e di aver trasmesso ciò che provavo anche a voi. Video dimostrativo versione integrale: https://www.youtube.com/watch?v=expWNTsBSMI Un caro saluto a tutti.
Bellissimo! appena l'ho guardato la primissima cosa che mi ha trasmesso e' stato il movimento delle onde e mi pareva pure di sentirle, tipico di chi sta al largo e i rumori intorno si fanno più distanti ma nitidi allo stesso tempo..una bellissima sensazione che dona calma e pace e che provo sempre in quella circostanza. E poi il quadro mi ha fatto tornare alla mente un episodio bellissimo che mi capito' a Malta nell'agosto 1992. (Malta l'ho trovata stupenda..boh chissà ora!! ::) ) in questa vacanza ero con un amico, quella mattina avevamo comprato un piccolo gommone gonfiabile. cosi quando abbiamo trovato una spiaggetta,lui e' rimasto a prendere il sole io invece ho preso questo gommone e mi sono avventurato a largo. A un certo punto sento un rumore, il gommone avrebbe come urtato qualcosa..strano perché intorno non avevo visto niente, poi spunta fuori dall'acqua una ragazza...mi avvicino, un po sorpreso cerco di prenderla con la mano, lei si aggrappa al gommone...i visi a un certo punto inevitabilmente si avvicinano tantissimo..e scatta il bacio...fu un exploit di sensazioni ed emozioni, tutte concentrate in quel preciso momento e in quella precisa situazione davvero speciale

Sicuro che non si trattasse di una sirena?...Vedi l'effetto che provoca il fumare strani "sigari" sui gommoni?... :o


Patrick, questo mi sembra il lavoro migliore tra quelli che hai postato fin qui sul forum. L'acqua del lago è paricolarmente viva e c'è un'armonia della pennellata complessiva che, per esempio, in parte mancava nel precedente ( contrasto tra la "durezza" delle nuvole e le rotondità del primo piano...). Ha un vago sapore impressionista, con la predominanza del tentativo di afferrare la luce che crea le sfumature d'azzurro. Dimmi se sbaglio...
#1004
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
17 Settembre 2017, 00:39:44 AM
Sfrondare il Canone Pali da tutte le mitologiche e agiografiche aggiunte non solo è inutile ma va anche contro la dimensione culturale e poetica dei testi stessi. Ultimamente si è acceso un dibattito su cos'è il "vero Dharma". Ossia in che cosa consista effettivamente l'originario pensiero di Siddhartha. Sappiamo che il Canone Pali , questa sterminata raccolta di testi e discorsi, data tra il primo sec. a.C. e il secondo d.C. Abbiamo quindi quattrocento anni di trasmissione orale e tre o quattro concili prima della stesura dei testi.  Questo è un bel problema . Quei testi hanno il loro più genuino significato all'interno della cultura che li ha partoriti. Per questo il buddhismo, giunto in Occidente, rischia di diventare veramente qualcos'altro. Scrive Marta Sernesi:
Il Western Buddhism si propone pertanto come un nuovo buddhismo che pretende di sintetizzare il meglio dell'insegnamento religioso tradizionale, di porsi cioè al di sopra delle tradizioni regionali buddhiste, includendole, valorizzandole e superandole in efficacia in relazione agli adepti contemporanei. Ricompare qui la retorica dell'ekay≈na: il nuovo veicolo è la summa dei precedenti, i quali sono disposti in una scala gerarchica di progressiva approssimazione all'ideale. Seppur riconosciuti quali abili strumenti d'insegnamento nell'ambito delle varie culture del mondo, sono considerati inadatti alla nuova tipologia (o famiglia: gotra) di buddhisti, quella degli occidentali. Ancora più in generale si nota un afflato universalistico: il nuovo buddhismo è la religione più adatta all'uomo moderno, quella che meglio risponde alle necessità del mondo contemporaneo: ecco dunque che la retorica del modernist Buddhism mostra ancora tutta la sua vitalità.
Il buddhismo e i vari testi tramandati dalla tradizione, tradotti dal pali in una molteplicità di lingue dell'intero continente asiatico e poi ritradotti in inglese ,e da qui ritradotti in italiano rischia e rischiano di perdere  il loro autentico significato, ed io  sono convinto di questo. Non c'è una chiesa che impone quali siano i testi ufficiali e quali quelli da scartare. Insomma, diventa una specie di babele per noi , estranei a quelle culture, in cui è facilissimo perdersi o travisarne il senso.
Il buddhismo non è soltanto una religione, ma è anche una civiltà, una cultura che ha influenzato e permeato di sé la vita sociale, politica, la storia, il pensiero e l'arte di quasi tutti i popoli dell'estremo Oriente. Come ogni religione, anche il Buddhismo si rivolge ad una collettività fatti di individui e culture con sensibilità, psicologie e rituali diversi. Questo adattamento comporta che ogni cultura , dall'albero della bodhi, tragga differenti frutti e differenti interpretazioni. Sempre Sernesi:
Bisogna sottolineare come sia stato necessario ogni volta un lungo processo di dialogo, integrazione, traduzione ed esegesi dei testi, ri-negoziazione rituale e attuazione di strategie politiche per arrivare alla creazione di quelli attualmente noti come 'buddhismi regionali' . Gli studi degli specialisti nelle diverse aree geografiche evidenziano problematiche e dinamiche ricorrenti, anche se le necessità e le risposte locali variano sensibilmente; per questa ragione questi studi potrebbero illuminare, in comparazione diacronica, anche i processi di cambiamento in atto nel buddhismo durante la sua diffusione in Occidente. Una delle tematiche più interessanti in questa prospettiva –ma certamente non l'unica degna d'attenzione – è quella della legittimazione dei testi, delle dottrine e delle pratiche buddhiste, dell'individuazione e della definizione di criteri per individuare la religione buddhista 'corretta' o 'accettabile' e per orientarsi all'interno della moltitudine di insegnamenti differenti. 
Come fa il Sari ad orientarsi all'interno di questo sterminato universo di testi, correnti, veicoli, culture? Prende pochi testi di autori veramente importanti, li confronta con la propria pratica e la propria intuizione al riguardo... ;D  ;D Cerca di discernere ciò che gli sembra coerente con le semplice , essenziali verità formulata da Gotama e poi giudica i testi e gli elementi mitici o agiografici sulla base di quelle. Garanzie di accuratezza e di precisione ? Nessuna!... :( Rischio di fallire ? Altissimo!Però spesso si notano facilmente "incoerenze" nei vari testi. E qui il Sari fa uso dell'unica arma a disposizione...il sano "buon senso"! Per es. proprio usando la citazione dal M.Par:Nib.Sutra che riporti subito il Sari si chiede. "Ma se l'insegnamento ha come sua base l'impermanenza di ogni cosa, come fa il corpo di un uomo ( Siddhartha) a posticipare la morte per un'intero eone, o addirittura non morire mai, a piacimento? Non stanno qui deificando la figura del Buddha? Se prima viene affermato che il kamma invariabilmente giunge a  manifestarsi, anche nel corpo di un risvegliato per effetto delle azioni passate., com'è che adesso si sfugge a ciò?E' contraddittorio, pertanto questo non è Dharma autentico, ma abbellimento agiografico a scopo di impressionare le masse con racconti di carattere soprannaturale, miracolosi, ecc."
Certo che rischio anch'io di inserirmi in un approccio Western Buddhist ma me ne tengo alla larga comprendendo che la sottomissione del messaggio religioso all'esame di una supposta superiorità razionale dell'Occidente ripropone solamente datati schemi ideologici di opposizione tra Oriente e Occidente, subordinando il Buddhismo a modelli euristici scientifico-razionali.
Ben vengano quindi i miti , testimonianze di popoli e culture, purché non mi tengano avvolto in una specie di "nube" che mi impedisce di fatto di scorgere la sorgente...
#1005
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
15 Settembre 2017, 17:36:36 PM
Citazione di: Apeiron il 15 Settembre 2017, 12:56:29 PME pensa che qualcuno se la prende con la filosofia dei theravada thailandesi della tradizione della foresta perchè ci vedono dell'eternalismo (la "citta eterna") ;D ovviamente non sono d'accordo. Concordo su quanto hai scritto. Sì il Dhamma chiaramente trascende il mito e le agiografie e anche della vita personale del Buddha (un po' come Brahman esiste per gli induisti anche quando nessuno ne parla ecc). Però c'è anche scritto nello stesso Canone Pali che l'effetto dei discorsi del Buddha era alquanto miracoloso, alcuni ascoltavano e divenivano subito almeno "sotapanna". Idem per le vite precedenti di Sariputta (che era Krishna secondo le suttas), il Buddha principe ecc. A mio giudizio allora "prendevano" molta più presa proprio perchè la gente era meno scollegata dal mythos. Oggi noi deridiamo il mythos e vogliamo cancellarlo ma non siamo davvero pronti a farlo secondo me (credo che gente come Shinran e chi segue la scuola del Buddha Amitaba qualche cosa l'ha capita da questo punto di vista). ;) P.S. http://www.accesstoinsight.org/lib/authors/hecker/wheel273.html qui puoi leggere la frase "If Mara had not intervened, Ananda would have asked the Buddha to accept the burden of a prolonged life, out of compassion for the world. But Mara prevented it, because innumerable beings would have escaped his clutches in such an event." L'ho letta su questo sito che è della tradizione della foresta e mi pare anche su una delle loro traduzioni in inglese del Mahaparinibbana - se la trovo te la faccio leggere. P.S. Sono molto contento delle visualizzazioni

Non nasce una religione universale che dura da 25 secoli se non c'è davanti l'esperienza di un uomo eccezionale. Siddhartha lo era. E' giusto provare un senso di profonda ammirazione per il Buddha, al di là delle divisioni settaristiche sorte nel tempo all'interno del buddhismo. Mi ricordo che, da giovanissimo, ero attratto proprio dalla figura, dalla "forza" che esprimevano quei racconti  e spesso galoppavo con l'immaginazione dentro "boschetti di bambù notturni, illuminati da torce, in cui si ascoltava il Buddha e si discuteva il Dhamma"... :)  :)  Ah! Bei tempi... :'(
Questo ha a che fare con il mito ? Anche, sicuramente e la nostra eventuale venerazione lo alimenta. E' una cosa che, in fondo, scalda il cuore...almeno a me sembra che possa essere così.
I discorsi spesso provocavano "miracoli" interiori, nei presenti, perché qualcosa di profondo rispondeva, in un certo senso, soprattutto in personaggi che arrivavano,già carichi di un percorso spirituale  alle spalle, davanti a Gotama. Penso che qualcosa di simile succedeva nelle moltitudini che ascoltavano Yeoshwa. Un carisma, un'intrinseca "autorità" spirituale che emanava da questi uomini, la percezione del "vero" (inteso in senso non filosofico ma umano, con il proprio essere...) che colpiva nell'intimo...va beh! Riflessioni personale...
Sono d'accordo con te che è importante "anche" questa dimensione del mito, soprattutto all'inizio , quando ci si ...avvicina ad una figura come quella del Buddha. Il mito come attrazione verso...

P.S: Ti assicuro che, in una mia vita precedente, non ero Krshna... :D  ( Beh! Almeno non credo di esserlo stato...mumble...mumble...però, ora che mi ci fai pensare, perché ho scritto di Krshna e delle sue gopi? Coincidenza? ...Bisogna chiederlo a Jean, forse... :-\  )