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Messaggi - Jacopus

#991
Claudia. Non so a quali testi fai riferimento, ma la deprivazione materna e i genitori maltrattanti continuano ad essere tuttora, anche nei testi neuroscientifici, come elementi di primaria importanza nella eziogenesi delle malattie mentali. Ovvio che vi sia anche una incidenza genetica e pertanto si possono verificare situazioni di orfani felici e figli di mammà, malati. A livello statistico in ogni caso credo che sia il motivo principale dei disturbi psicologici. 
#992
Claudia. Il paragone con il diabete è fuorviante. Il Snc non è paragonabile ad alcun altro organo, altrimenti non ci saremmo dotati della psichiatria. Sarebbe stata sufficiente la neurologia, non ti pare?
#993
Inizio dalla fine. Socrate: i neurotrasmettitori implicati nelle psicosi sono dopamina (troppa) e serotonina (poca). Se non ricordo male hanno anche individuato i settori del cervello mal funzionanti che sono connessi alla psicosi, localizzati più sull'emisfero sinistro, ma vado a braccio. Il discorso però non può essere organico, poiché il mal funzionamento del cervello dipende dall'ambiente. Ad esempio il cortisolo viene prodotto di più in situazioni di pericolo e di stress e se lo stress è continuo il livello di cortisolo diventa cronicamente elevato, anche in condizioni di relax, causando una situazione di disagio o di malattia cronica e il cambiamento radicale dell'intero Snc (visto che il Snc cambia per il semplice fatto di leggere questo forum, immagina il cambiamento (in peggio) in una situazione di stress.).
Insomma vi è una interazione continua up-down e down-up con continui feed-back fra ambiente e patrimonio genetico individuale. Oltre a ciò intervengono fattori culturali a rendere più complessa la cura o la cronicizzazione della malattia mentale. Una società non stigmatizzante verso la malattia mentale rende possibile maggiori livelli di guarigione, ad esempio.
#994
Il dilemma fra correlazione ambientale o correlazione genica e malattia mentale è simile, per quanto riguarda alla soluzione, al dilemma fra determinismo e libera volontà. Ormai si sono appresi molti meccanismi attraverso i quali la struttura genetica si modula attraverso l'espressione genica anche durante la vita del fenotipo e non solo del genotipo, che sono riassunti nello studio dell'epigenetica. Ciò ovviamente a maggior ragione quando si parla di comportamento, poichè è difficile, epigeneticamente, che ci spunti un sesto dito.
Di solito affermare la predominanza genica ha un effetto a catena piuttosto deleterio, ovvero fa presumere la possibilità di curare questi disturbi solo con la farmacoterapia. Una soluzione molto meno dispendiosa e molto più tecnica di un altra che invece produrrebbe un livello più alto di sanità mentale, ma intaccherebbe inevitabilmente la forma di produzione dominante, ovvero il capitalismo e il suo correlato individualistico e antisociale. Quello che voglio dire è che certe forme di alienazione e di dominio dell'uomo sull'uomo e ancor di più dell'uomo sulla donna o su minoranze o su soggetti ritenuti comunque diversi, sono le cause dirette di svariati tipi di patologie mentali. La patologia mentale per eccellenza, ovvero la psicosi, è semplicemente un modello di fuga rispetto a situazioni intollerabili. Esempio: un genitore che usa sessualmente la figlia. In questo caso una certa predisposizione genetica è necessaria per l'insorgenza della malattia, ma il fattore destabilizzante è il trauma, che incide ancor di più a seconda della sua reiterazione nel tempo, così come condizionano lo sviluppo della malattia, i successivi fattori protettivi o di rischio nella storia individuale della persona (che magari ha uno zio che ammira, oppure un amico con cui si confida, o una squadra di calcio che lo sostiene, e così via). Il delirio serve così a mascherare un dolore così forte, che se venisse alla luce potrebbe comportare fortissime motivazioni autolesive, fino al suicidio. Il soggetto per salvarsi da questo rischio, inventa un suo mondo. In forme attenuate questo meccanismo traumatizzante proveniente dall'ambiente è ripetibile per ogni forma di patologia, comprendendo nel discorso del trauma, anche quello, ad esempio di assenza di contenimento genitoriale (i famosi "no che aiutano a crescere"), che contribuiscono a generare caratteri narcisistici.
Tutto ciò ovviamente in assenza di alterazioni organiche, che però non sono di competenza psichiatrica ma neurologica.
#995
Per Anthonyi. Dal punto di vista psicodinamico (psicoanalisi), consigliare e sconsigliare è sempre rischioso, poichè pone in atto un atteggiamento valutante e giudicante che inficia il processo di analisi stesso, che deve essere il più neutrale possibile. Il cambiamento e quindi la guarigione, se avviene, avviene per un processo interno lento e individuale, nel quale il terapeuta svolge solo il compito di traghettatore e non certo di mentore, per il quale servirebbe un'altra disciplina, ovvero la pedagogia. Forse un lacaniano potrebbe lanciare un consiglio o addirittura un obbligo o un divieto, ma in chiave paradossale, così come la psicologia sistemico-relazionale. E' per questo che la psicoanalisi implica percorsi che durano molti anni con sedute anche tre o quattro volte alla settimana.

CitazioneQuesta, però, è la visione classico-romantica, figlia dei tempi in cui era impossibile studiare il cervello vivente, nonchè indagare sulle dinamiche di interdipendenza funzionale tra l'organo cervello e tutti gli altri organi.
Claudia k. Potrei risponderti dicendo che la tua visione è la visione di una parte della neuroscienze e non certo di tutta la disciplina neuroscientifica, e di quella parte ovviamente più scientista di tutte (fai riferimento ad esempio a Churchland). Ma gran parte delle neuroscienze è invece propensa a collegare gli effetti organici e la produzione di ormoni nell'asse surrene-ipofisi-ipotalamo, con gli avvenimenti esperenziali dell'individuo, poichè il nostro cervello con la sua plasticità e la sua capacità di identificarsi e collaborare con gli altri suoi simili, è un cervello esteso, collegato con quelli degli altri e con la storia della civiltà umana. Pertanto voler ridurre tutto a funghi somministrati dal Brucaliffo di turno mi sembra alquanto pericoloso e non rispondente neppure all'evidenza di una parte delle stesse neuroscienze.
Nel tuo intervento leggo quello che molti neuroscienziati pongono come critica alla loro disciplina, ovvero a considerarla come l'ultima e indiscutibile teoria veritativa, che finisce per sostituire, in campo psicologico, proprio quella teoria per molto tempo indicata come veritativa ed oggi in declino, che era la psicoanalisi. In questo senso la lettura della filosofia è invece un validissimo antidoto a questa deriva scientista e non a caso esiste una sottodisciplina molto interessante su questi argomenti che si chiama neurofilosofia (Northoff). Se vuoi avere invece un quadro ancora più affascinante su questi argomenti ti consiglio un piccolo capolavoro che ho recentemente letto, Mc Gilchrist, Il padrone e il suo emissario, che esemplica in modo esemplare il nesso cervello/mondo. Per non parlare del fatto che gli scompensi ormonali che provocano le malattie mentali sono un mix di cause ambientali e organiche, le quali a loro volta sono spesso ereditate da cause ambientali che vengono trasmesse attraverso processi epigenetici. Cose scoperte proprio grazie alle neuroscienze, che quindi rimettono in causa esattamente quei processi patologici ambientali che altre correnti delle neuroscienze tendono a trascurare o svalutare.
#996
CitazioneTi ringrazio della notazione, peró non capisco come possa essere coerente con quanto dici.
Se una persona ha problemi con il suo pensiero, qualcosa che genera pensiero come la filosofia può interferire in un itinerario di cura di quel pensiero. E come la persona malata di cuore che si mette a fare esercizio fisico, che normalmente fa bene alla salute ma nel suo caso comporta il rischio di un infarto.
Ciao Anthonyi. Il paragone non regge per il fatto che la mente/cervello non è un organo come gli altri, per i quali può essere applicato (parzialmente) il modello della cura tradizionale, diagnosi-prognosi-terapia farmacologica o altro.
La cura della parola, come declinata dalla psicologia è un'altra cosa, poiché non può essere fondata su un rapporto gerarchico fra medico/paziente. Un modello del genere potrebbe funzionare solo su persone particolarmente sottomesse e dotate di un falso sè, condannandole però a organizzarsi attorno al loro falso sè.
Tornando all'esempio. Se in un colloquio il paziente dicesse "sto leggendo dei libri di filosofia e ciò mi rende confuso", il terapeuta dovrebbe indagare questi processi e capire cosa significano per il paziente. Arrivare a sconsigliarne la lettura (e non il divieto, che è una semplice aberrazione), può essere un obiettivo dei colloqui ma per arrivarci occorre tempo e fiducia reciproca.
Il modello gerarchico fu applicato inizialmente dallo stesso Freud (che era anche medico, come quasi tutti i più noti psicoanalisti), ma ad un certo punto si accorse che il modello non funzionava. Per ottenere la guarigione, oltre a scoprire la causa della malattia psichica, occorreva l'alleanza terapeutica, che descrisse come transfert e controtransfert. E questo poneva medico e paziente in una relazione diversa e meno gerarchica.
Precisazione finale. La psicologia dinamica cura prevalentemente disturbi non gravi o medi, mentre per le psicosi e i disturbi depressivi maggiori la psicoterapia è di supporto a cure farmacologiche che hanno la prevalenza. In ogni caso aiutano anche in queste situazioni di disagio più grave. Altra precisazione. Quasi tutti gli psichiatri sono anche psicoterapeuti poiché ormai è dimostrato che i maggiori successi di guarigione avvengono in caso di terapia integrata farmaco/psicoterapia. Terza ed ultima precisazione. La psicoanalisi sta alla psicologia come la categoria "Renault" sta alla categoria "automobile".
#997
Rispondo alla prima domanda di Claudia K. Uno psicoterapeuta che vieta ad un paziente di leggere testi filosofici mi sembra surreale. Non escludo che possa capitare, visto che molti psicologi non sono sufficientemente preparati. In ogni caso si tratterebbe più di un santone autoritario che di uno psicologo. Per capire sinteticamente cosa fa uno psicologo, leggere gli interventi di Anthonyi.
#998
Ipazia: che Giuda non sia stato perdonato, deriva dal fatto che la religione degli ebrei e sequitur sia una religione ambivalente e contraddittoria. Essendo un prodotto dell'uomo, non potrebbe essere altrimenti. In realtà la domanda sulla possibilità del perdono dovrebbe presupporne una antecedente: "come si determina la responsabilità dell'azione che può essere o non essere perdonata?" Una volta risposto a questa domanda sarebbe essenziale a mio giudizio, organizzare una teoria del perdono che non sia un inevitabile dispositivo religioso. Per essere coerenti con Kant, il pensiero critico che abbatte i vecchi idoli deve anche essere in grado di trovare una "wohnungplatz" per il nuovo mondo,nel quale l'uomo non è più in uno stato di minorità imputabile a sè stesso.
#999
Questa discussione è un atto individuale del mio super-Io e quindi coerente con l'argomento (oltre a provare definitivamente che sono una persona ottocentesca, nata per sbaglio un secolo dopo). Ma veniamo al tema.

La società borghese dalla quale è emerso il capitalismo moderno produsse due grandi pensatori tedeschi che vorrei qui collegare: Freud e Weber.
Il tardo Freud si interessò più che di questioni cliniche, dell'applicazione della sua teoria, la psicoanalisi, alla storia umana, ai meccanismi collettivi, alla civiltà. E in questo modo si è conquistato un posto degnissimo nel mondo della filosofia, oltre che nel campo della psicologia. Nella sua opera fondamentale "Il disagio della civilità" scrive: "Il progresso viene pagato a prezzo di una perdita di felicità in seguito ad un accresciuto senso di colpa". La tesi è che l'abbandono della società bucolica e innocente da buon selvaggio, ha creato un reticolo di istituzioni, di legami, di obblighi, di sensi del dovere, tale da imbrigliare la spontaneità e l'affettività delle società tradizionali. E tale sistema di controllo è tanto più cogente, quanto più l'uomo diventa potente e separato dalle leggi naturali iniziali. Un sistema che usa "il senso di colpa" come freno, sia che esso sia proposto attraverso la religione, sia attraverso meccanismi sociali o interiorizzati a livello familiare. Weber chiamò lo stesso fenomeno, "gabbia d'acciaio".
Weber è anche famoso per il suo studio sull'etica protestante e lo spirito del capitalismo. In questo classico la tesi è nota: la capacità di accumulare il denaro come prova del proprio destino di "salvato" nel mondo extra-terreno. In parole povere: "solo i ricchi vanno in paradiso". Ma in questo mondo puritano, l'accumulazione diventa un fine in sé, in qualche modo estraneo a finalità di godimento, che anzi sono severamente condannate. Insomma il godimento escluso da Freud per senso di colpa, viene escluso anche da Weber che associa in modo brillante capitalismo e puritanesimo.
In questo modo, approssimativamente fino a metà del secolo scorso, si creò un equilibrio instabile fra istanze di soddisfazione personale e collettive, che hanno reso il "progresso", qualcosa che veniva comunque irradiato e autolimitato.

La patologia più comune in questo tipo di società è la nevrosi, che nasce proprio dalla difficile gestione del senso di colpa.

Oggi la situazione è completamente diversa. Il capitalismo globale è riuscito ad assorbire e a reinterpretare i movimenti libertari e antiautoritari degli anni '60, per buttare alle ortiche ogni senso di colpa. Analogamente i ricchi vanno in paradiso solo se lo costruiscono in questa vita. La vita futura non interessa più. L'individualismo più sfrenato, la ricerca della felicità rendono così possibile un trasferimento del senso di colpa, dall'individuo integrato a quello non-integrato, che deve sentirsi in colpa perché responsabile del proprio destino. Il senso di colpa diventa così un meccanismo culturale dedicato alle classi oppresse, mentre le classi dominanti possono farne a meno. Il senso di colpa, crea l'unione della collettività, come esemplifica in modo molto noto, il sacrificio nel Cristianesimo (ma se vogliamo scavare più in profondità potremmo scomodare anche Prometeo o Edipo). Ma questo non viene più riconosciuto, poiché interrompe il flusso edonistico che domina ovunque.

La patologia più comune in questo tipo di società è il narcisismo, che nasce dalla difficile gestione del proprio senso di vergogna (per non avere successo, per non essere famosi, per non essere belli, per non essere ricchi e così via).
#1000
@Davintro. Sulla deviazione COVID-19, effettivamente dipende da alcuni partecipanti al forum. Sul tuo discorso generale direi che, pur appartenendo alla corrente "scientifica" del forum, ho sempre letto con interesse chi proponeva argomenti più strettamente filosofici, soprattutto se esposti con grande competenza come i tuoi o come quelli di Bobmax o del quasi-disperso Paul. Personalmente credo che la relazione scienza/filosofia sia molto complessa ma è errato subordinare l'una all'altra. La scienza galileiana ha modificato irreversibilmente la filosofia moderna. Certe correnti hanno negato, poi, ogni possibile apporto della filosofia classica, ripetendo l'errore medievale di subordinare la filosofia alla teologia.
Quello di cui sono piuttosto convinto è l'anacronismo di voler tornare al passato. La scienza sarà ancora a lungo il controcanto della filosofia. Ma non deve arrogarsi il monopolio delle argomentazioni possibili. È, a mio parere, un dialogo che permette correzioni e visioni esterne (quindi critiche), mentre porre il focus solo su una delle due discipline ripete il rischio del pensiero unico e autovalidante.
#1001
Il complottismo è una risposta patologica della società o di parte di essa ad una patologia sociale ormai quasi irreversibile, ovvero il monopolio della verità da parte del denaro e della sua grande protettrice La Tecnica. A livello sociale accade quello che a livello individuale accade quando si subisce un trauma. Il trauma espone la persona a scindersi dalla realtà perchè la realtà è troppo dolorosa,  mettendo in atto così comportamenti patologici più o meno gravi.
#1002
Attualità / Re: Arrestate Putin!
19 Marzo 2023, 22:30:01 PM
CitazioneQuindi non nutri alcun interesse sulla vicenda della deportazione dei bambini?
Ciao Freedom. Penso che ogni guerra porti con sè un ampio spettro di violenze indicibili. Questo Tribunale vorrebbe separare le guerre combattute cavallerescamente da quelle sporche. A mio parere è solo una ulteriore arma di propaganda, per di più usata anche da chi ha già di suo le mani grondanti sangue innocente. Invece di questa pantomima, avrei preferito dei seri tentativi di mediazione e di compromesso, oppure continuare la guerra per quello che è: l'abolizione di ogni regola non fondata sulla forza militare.
#1003
Attualità / Re: Arrestate Putin!
19 Marzo 2023, 19:44:59 PM
Su di me, per quel che può contare, questa vicenda ha avuto solo l'effetto di rendermi più equidistante e quindi meno critico nei confronti di Putin. L'ipocrisia di questo supposto tribunale è stucchevole. Quasi tutti i presidenti USA avrebbero dovuto egualmente essere denunciati. Evidentemente si applicano al diritto gli stessi principi dell'esercizio arbitrario della forza, paludandoli di legittimazione e giustizia. Uno spettacolo inguardabile.
#1004
Attualità / Re: Arrestate Putin!
19 Marzo 2023, 08:15:36 AM
In ogni caso, gli USA, su questa vicenda, dovrebbero solo tacere, visto che non fanno parte di questa Corte. Come direbbe Balbontin, " troppo comodo fare i bulicci con il culo degli altri". Detto da uno che non si sente per niente putiniano.
#1005
Estratti di Poesie d'Autore / Stupore
18 Marzo 2023, 23:51:59 PM
Stupore

Perché mai a tal punto singolare?
Questa e non quella? E qui che ci sto a fare?
Di martedì? In una casa e non nel nido?
Pelle e non squame? Non foglia ma viso?
Perché di persona una volta soltanto?
E sulla terra? Con una stella accanto?
Dopo tante ere di non presenza?
Per tutti i tempi e per tutti gli ioni?
Per i vibrioni e le costellazioni?
È proprio adesso? Fino all'essenza?
Sola da me con me? Perché mi chiedo,
non a lato nè a miglia di distanza,
non ieri, nè cent'anni addietro, siedo
e guardo un angolo buio della stanza,
come, rizzato il capo, sta a guardare
la cosa ringhiante che chiamano cane?

Wilslawa Szimborska